(Tratto dal secondo Capitolo). Ecco che travolto dalla precipitazione,
trepidante, vado a caccia di mamole.
Mamole. Non le viole
odorose, simbolo di modestia e pudicizia, bensì le rappresentanti dell'onorato
mestiere di cortigiana.
A scatti, muovendo gli
arti come un automa alessandrino, mi dirigo al sestriere di Rialto e comincio a
gironzolare sulle Fondamenta di qua dal Ponte delle Tette, la miglior zona di
ritrovo per simili avventure. Sul ponte superaffollato vedo sporgersi le
cortigiane con le facce pesantemente truccate, gli abiti bizzarri e discinti,
alcune con il seno nudo. Alzo gli occhi al balcone che dal mio lato sovrasta il
ponte. E' affacciata una col vestitino di un vivace verde chiaro, la bella
cortigiana ha ravvivato i capezzoli col carminio e tiene la scollatura abbassata
per mostrare un seno prosperoso.
Sento una fitta di
desiderio. Agito il berretto e la cortigiana ricambia mollemente il saluto ma
appena dopo, a gran voce, cerca di adescare due nobili d'oltralpe, vestiti alla
moda raffinata dei ricchi di Francia:
«Benvenuti a Venessia,
la mona del mondo!».
La bella cortigiana mi
attizza fin troppo, ho deciso che fa al caso mio, devo andarci prima che 'sti
qua me la soffino, ha salutato prima me ed io ho la precedenza. Però uno dei
due francesi, butterato per giunta, ha colto al volo l'invito, mi precede sulla
soglia e con male maniere mi da uno spintone perché mi tolga di mezzo.
D'istinto poso la mano sul manganello e tuttavia mi blocco, interrotto da un
ripensamento. Meglio abbandonare il campo a questo guastafeste, gli sbirri sono
lesti a sbucare per ogni nonnulla e non è il caso di cercare rissa, tanto meno
per una cortigiana. Neanche fosse l'unica sulla piazza! Ho tutto il tempo per
sceglierne una anche più bella di questa. E' la prima volta che vado a mamole e
voglio spendere bene i miei soldi.
Nell'angolo fra due
pareti vedo la moretta, una maschera nera ovale che vien tenuta su con la bocca,
stringendo i denti su un bottoncino. Il gran mantello che avvolge la prostituta
rende inquietante quell'apparizione silenziosa. Appena gli sono vicino la
cortigiana spalanca con le braccia il pesante mantello, sotto è nuda, divarica
un po' le cosce per mostrare meglio il pelo, ma ha le gambe magre e secche da
far impressione.
Proseguo. Altre
cortigiane. Le passo in rassegna sempre più indeciso. Questa è troppo bassa,
questa ha le tette fiappe, sta' qua puzza come un letamaio, st'altra ha la
mandibola in fuori, questa poi... sembra la madonna addolorata.
Obliqua nella penombra,
avanza una cortigiana che finalmente mi piace, accattivante, alta e snella, con
lunghi guanti sulle mani affusolate.
Ha la mascherina sugli
occhi ma la bocca scoperta e abbondantemente cerchiata di rossetto:
«Ciao, sono Lilith».
Che voce profonda e
sensuale. Il suo profumo dolciastro mi inebria, sa di mangereccio e godereccio.
Vista da vicino ha lineamenti corporei veramente eleganti.
La sto già spogliando
con gli occhi.
«Ti piaccio?» chiede.
«Certo che sì. Ma...
ma mi consentiresti di tenere il viso coperto?» balbetto.
«E' tuo diritto, non
preoccuparti è una domanda che mi sento rivolgere spesso. Né tu né io ci
toglieremo la maschera», mi rassicura.
«D'accordo Lilith,
terremo su la mascherina però... ci toglieremo tutto il resto», aggiungo in
preda all'eccitazione.
Con il dito guantato mi
fa cenno di andarle dietro. La seguo su per la scala esterna della casa. La sua
camera è più che decorosa, le tende del letto sono ricamate e il pavimento è
coperto da un tappeto di pelliccia. Appena entrato la spingo sul letto e mi
avvento su di lei per alzarle la gonna. Ma quella, incredibilmente, fa
resistenza:
«Aspetta! Aspetta un
momentino».
«Che c'è?»
«E' meglio di no, sono
vergine. Te lo prenderò in bocca».
«Che? Una puttana
vergine, roba da matti, ma perché diavolo tutte a me devono capitare!»
«Non arrabbiarti,
stavo scherzando, possibile che tu non sappia stare al gioco» e appoggia le sue
labbra serrate sulle mie, come per farsi perdonare.
Irritato e perplesso mi
tolgo con la mano il rossetto che mi ha lasciato addosso:
«Ma a che gioco
giochiamo, se sei mestruata dillo subito così me ne vado».
«Ah no, non ho mai
avuto le mestruazioni in vita mia».
«Impossibile, tutte le
donne le hanno. A meno che...», a meno che non sia un uomo, finisco la frase
mentalmente.
Gli guardo di nuovo la
bocca mentre fa scivolare la lingua a inumidirsi le labbra e noto come il suo
collo paia essere un po' troppo prominente per una donna. Mi viene un dubbio
atroce: che sia un travestito? Per questo non vuole che gli alzi la gonna! Però
mi pare impossibile, è così carina e femminile. Seduto alla sua destra, le
accarezzo con le punte dei polpastrelli le guance imbellettate, su e giù in
contropelo per sentire la barba, ma la pelle è perfettamente liscia. E' una
prova certa, ho sbagliato a dubitare di lei. E adesso che cos'ha, sembra
turbata, deve aver capito il perché delle mie carezze in contropelo.
Impacciato, mi azzardo
a dire:
«Sai, di questi
tempi... con tutti i travestiti che ci sono in circolazione».
«Ma stai scherzando?
Secondo te che cosa sembro?»
«Una donna».
«E allora perché ti
fai tanti problemi».
«Sembrare ed essere
non è la stessa cosa».
Sospira esasperata,
poi:
«Ritieni che fare
l'amore fra uomini sia un'azione tanto abominevole?»
«Abominevole appunto».
«E se io fossi
veramente un uomo? Cercando ciò che non puoi trovare finiresti per soddisfarti
con quel che avrai trovato e così pian piano... scivolerai nell'azione
abominevole che hai tanto in orrore. Come puoi illuderti che trovandomi uomo
cesserai improvvisamente di desiderarmi, credi forse che possa sparire d'incanto
quel qualcosa che ti è piaciuto in me quando posasti lo sguardo sul mio corpo?
Al contrario, per appagarti ricorrerai ai mezzi offerti da un'immaginazione
scatenata, ti convincerai di potermi trasformare in donna o peggio di poter
diventare tu stesso donna».
Aveva un tono da amica
premurosa, provocava nella mia testa un confuso avvicendarsi di emozioni,
pensieri che nascevano da abbozzi contorti e si smorzavano prima ancora di
liberarsi dal bozzolo e di certo lei ne aveva in pugno le fila come se la sua
sottile ambiguità le desse prerogativa di tenermi in suo potere. Lilith sorride
e disegna le fossette sulle guance, mi spia con la coda dell'occhio, getta
indietro i suoi capelli neri, poi si avvicina, porta una mano alla mia nuca e mi
bacia sulla bocca con impeto. Vacillo e cedo, ricambio il bacio, mi lascio
trasportare in un molle abbandono, la mia mano accarezza i suoi fianchi da
sirena, scivola sotto la veste a palpare il petto. E' un seno vero, non grande
ma morbido e cedevole sotto la pressione delle dita.
Senza preavviso la
cortigiana si slaccia la maschera e lentissimamente la fa scorrere davanti al
volto: è affascinante come me l'ero immaginata, grandi ciglia scure ed occhi
neri penetranti. E' una donna, pure se ha un che di efebico.
Mentre sta seduta sul
bordo del letto mi inginocchio davanti a lei per toccarle i polpacci, alzo un
po' la gonna e scopro le sue caviglie sottili. Le gambe sono assolutamente
glabre come quelle di una bambina. Lilith fa un timido tentativo per allontanare
la mia mano, ma appena salgo al ginocchio inizia a sorridere compiaciuta. Le
accarezzo le ginocchia e scivolo avidamente verso l'interno delle cosce mentre
lei allarga le gambe.
La sua voce sensuale
tradisce l'eccitazione:
«Golosaccio».
Punto deciso alla
radice della coscia e lei scatta in avanti col bacino offrendo il pube alle mie
dita che frugano:
«Go l'oseo!»
Un pene piccolo ma
duro, senza peli.
Mi fa ribrezzo:
«Ah!» lancio un urlo
alzandomi in piedi indignato.
E' un uomo. Mi fissa
come un animale braccato, con la bocca socchiusa e gli occhi spalancati. Per un
attimo il suo sguardo spaurito mi fa pena, ma a colpo mi giro. Me ne vado
scendendo le scale di corsa senza nemmeno ricordarmi di chiedere i soldi
indietro. ENTRA