LUOGHI
STORICI
VALDESI

Piazza Castello a Torino

e il martirio di Giaffredo Varaglia

Veduta aerea di piazza Castello a Torino
Il cerchio rosso indica il luogo del rogo,
provate ad andarci sopra con il mouse.

Giaffredo Varaglia, nato nel 1507 circa a Busca (CN) e ordinato sacerdote nel 1528, fu un valente predicatore dell'ordine dei cappuccini ed un buon teologo. Le sue caratteristiche fecero sė che la Chiesa lo scegliesse per predicare nelle valli valdesi, vicino alla sua zona di origine.

Tuttavia lo studio delle dottrine valdesi lo portò verso i suoi quarant'anni a deporre il saio. Recatosi a Ginevra, nel 1557 diventò pastore e fu inviato nuovamente nelle valli valdesi, dove predicava al tempio del Chabàs.

Invitato a Dronero per disputare con il francescano Angelo Malerba, durante il viaggio di ritorno venne arrestato a Barge e condotto a Torino per essere rinchiuso nelle carceri del Parlamento. Sconsacrato nella cattedrale di Torino, il 29 marzo 1558 salė sul rogo in Piazza Castello: dopo un ultimo insegnamento alla folla accorsa per assistere allo spettacolo, fu dapprima strangolato, ed il corpo fu bruciato.


Uno storico valdese del tempo, il pastore Scipione Lentolo, ci ha lasciato una testimonianza dell'avvenimento.
Riportiamo dal suo libro un breve brano dal discorso di Varaglia sul patibolo:

«...Fratelli carissimi, primieramente io perdono a tutti quelli che sono cagione della mia morte, molto volentieri, perciochè in vero non sanno quel che si fanno, e prego Dio che li voglia illuminare...
In quanto poi alla causa, per la quale io sono posto a morte, è per tenere e fare una medesima confessione di fede, che ha tenuto e fatto S. Pietro e S. Paolo e tutti gli altri Santi Apostoli e Martiri per la difesa dell'Evangelo del Signor nostro Gesù Cristo...
... vi esorto a ricercare la S. Scrittura, e governarvi secondo quella, che sola contiene la regola del ben vivere.
E sappiate ch'io credo alla S.Chiesa Cattolica e non ricevo nessuna invenzione umana, ma mi appoggio alla sola parola di Dio. Alle quali umane invenzioni vi prego di non voler credere, perciochè sono molto dannose.»

(Scipione Lentolo, «Historia delle grandi e crudeli persecutioni fatte ai tempi nostri... contro il popolo che chiamano valdese...»)