Le storie che s'intrecciano intorno alla Fuci sono delle più strane, curiose, esperienze che com'ebbe a dire un caro amico pochi giorni fa vengono da tanto lontano ma s'incontrano su una storia, su un'affezione ,su un metodo.
Come la Chiesa Universale, la Fuci, forse più d'altri momenti aggregativi ha tutta la ricchezza di questa ricchezza di carismi, d'esperienze e di volti: un'esperienza multiculturale anche la nostra, dopotutto.
Da oggi e per i prossimi giorni comincerò a pubblicare su fucitalk una serie di riflessioni organiche (anche se non da intellettuale organico!) per cercare di dare un contributo alla commissione formazione.
Spero, con questo mio lavoretto, di portare un contributo e nello stesso tempo cercare di mostrare come mai come in questi momenti l'attenzione della Fuci della Diocesi di Milano e mia è stata viva per la Federazione.
Se leggendo Diocesi di Milano non avete già strabuzzato gli occhi e spento inorriditi il monitor potrete leggere i messaggi dei prossimi giorni con un'avvertenza.
Il nostro lavoro, mio, della mia co-presidente Alessandra, dei nostri sette responsabili, di tutti gli altri fucini come abbiamo più volte avuto modo di sottolineare, ha sempre avuto non dico l'ambizione, ma la volontà, spesso frustrata magari di agire su tutti i fronti con cui è chiamato ad impegnarsi un universitario cattolico.
La presenza di nostri gruppi in quasi tutte le università della Diocesi, contesti diversissimi per situazione ambientale, provenienza degli studenti, confronto con studenti stranieri, ideologizzazione variegata ci ha dato una conoscenza d'ampio respiro del mondo dell'Università ma in cui siamo riusciti ad essere riconosciuti, sempre, come interlocutori credibili.
La volontà della Diocesi, a cui siamo infinitamente riconoscenti, di riconoscerci come soggetti credibili con cui discutere di pastorale giovanile, in un contesto dove si discute con responsabili di movimenti che hanno migliaia d'aderenti e spesso hanno in Milano la propria base operativa, o con gestori di strutture che ospitano molte centinaia di persone.
Il crescente inserimento nella realtà sociale di una città su cui gravitano cinque milioni di persone ma che nel contempo conosce micio ambienti del tutto paragonabili a contesti di piccola città di provincia, tramite un riconoscimento costante e generoso delle nostre attività e un'attenzione alla nostra opinione (Finanziamenti da una parte ma anche inviti a tavole rotonde, discussioni "politiche" o di politica universitaria e richiesta della nostra presenza sul territorio).
L'attenzione ai gruppi fratelli della Diocesi ed ad essere sempre in prima linea per dare un'auto alla nostra regione ma non solo, visto le proposte e l'attività speculativa di cui abbiamo investito la presidenza nazionale.
Tutto ciò legato all'attenzione per i singoli gruppi, per la creazione di una comunità d'autentiche amicizie che cercano di contagiare il contesto in cui si trovano.
Noi non siamo i più bravi, nè vogliamo essere i primi della classe della situazione. Vogliamo solo che attraverso il nostro lavoro (non proprio da presidenti di gruppo in senso classico...) che dura da anni e che si è concretata nella presenza a Livello nazionale di due nomi Jacopo Machitz (tesoriere nazionale) e Chiara Guazzoni (segretaria del consiglio centrale), ma soprattutto la nostra esperienza possa dare frutto, o più semplicemente qualche idea agli amici in giro per il "bel Paese".

Con Amicizia


Marcello Menni

Diocesi di Milano




I discorsi fucini a tavola



Una delle cose che mi ha sempre più fatto imbufalire ( mi si consiglia di non usare il torpiloquio) è l'atteggiamento professorale di certa gente: si siedono sulla loro alta cattedra, comodamente impalati in una posizione del tutto innaturale ed in generale ti fanno sentire un emerito imbecille ( del tipo "cari ragazzi, c'è una differenza fra me e voi: io della letteratura Romanza so tutto e voi non sapete..." beh, si intuisce).
Io cari amici preferisco sedermi ad una bella tavola imbandita, che spero riusciate a immaginare anche voi, con ospiti che vanno e vengono e due commensali obbligati, i miei amici Simona e Vincenzo ( che da questo momento cominceranno a odiarmi e a non sedersi accanto a me nella realtà).
Siccome sono anche un discreto cuoco, fino a prova contraria, eccovi servito il primo piatto.

Circolo fucino asilo mariuccia o fuci corporation?


Quando sono stato nominato due anni fa responsabile del mio ateneo, pensavo di avere in tasca le chiavi organizzative per arrivare ad avere un gruppo di venti o trenta persone dalle tre (e spicci) del mio arrivo. E mi stupivo di come si fosse arrivati ad una consunzione così profonda. Non che avessi il patentino o il baby master del piccolo organizzatore, ma avendo lavorato per sei mesi come reponsabile delle relazioni esterne di un ente medio piccolo, e avendo lavorato ad un progetto internazionale sullo sviluppo sostenibile (OHHHHHHH! , niente di tanto eccezionale in realtà), mi sentivo un po' corazzato. Avevo forse la sindrome del piccolo Silvio Berlusconi, molto pericolosa e infettiva a Milano, che ha come sintomi quello di ragionare sempre e comunque con i criteri del Marketig.
Questo potrà far ridere ma pensate a quanto spesso noi ci muoviamo con questo bel criterio in testa: dobbiamo "vendere qualcosa", per es. il fatto che ci stiamo impegnado forte nello studio e quindi dobbiamo avere una certa considerazione fra gli amici ed in famiglia, ma siccome quasi tutti lo fanno, o dicono di farlo, ci sforziamo in ogni modo di rendere la nostra immagine più attraente, cercando in tal modo di accontentare la famiglia ("ma che bravo ragazzo il mio, signora Pina e come studia!"), gli amici ("senti, tu che sei bravo...") e nel contempo il proprio super egoistico bisogno che nessuno ci rompa.
Il marketing (economisti, pietà!) nasce e si sviluppa dal bisogno di allocare al meglio le risorse che un mercato produceva già in abbondanza.
Si potrebbe vedere il mercato come quello dell'università; i prodotti, le tante offerte aggregative, associazioni, seminari, compagnie che in essa si trovano. Fra i tanti prodotti da "vendere" c'è quello fucino. Per carità noi potremmo essere convintissimi della bontà del nostro stile e della nostra associazione, non volere sfruttare nessuno e anzi vedere la presenza della fuci come un momento importante per l'ambiente studentesco.
Ma ci sentiamo dimezzati, toccati sul vivo dal fatto che il nostro gruppetto è molto scarno (eufemismo), mentre vediamo che gli altri sono folle innumerevoli. E ci punge il fatto che i nostri amici ci dicano "ma insomma tutti responsabili e presidenti!".

Difficoltà fra le difficoltà d'essere fucino!
Partiamo da considerazioni delle diversità da un atteggiamento "marketing", proviamoci.
1) La fuci innanzi tutto non può imporsi una "missione d'impresa", il nostro scopo non è, infatti, quello di conquistare una fetta del mercato universitario. La nostra ragion d'essere che è quella di una testimonianza di cristiani seri, che vivono profondamente l'ambiente in cui si trovano, e che operano attraverso la via maestra di un approccio della riflessione e di mediazione culturale rispetto a ciò che li circonda, non consente di stabilire col bilancino (numero dei convertiti, numero degli iscritti...) quello cui siamo chiamati.
2) La fuci non ha un marchio di fabbrica da difendere ma una storia di serietà intellettuale e d'apertura al diverso. La nostra non deve essere per forza un'azione d'immagine, come del resto non deve essere un'azione d'immagine quella della Chiesa. Quella di essere sulle bocche di tutti, avere predisposto una buona pubblicità, aver distribuito milioni di volantini, non significa che stiamo facendo qualcosa d'indispensabile per sopravvivere. Essere fucini non è una situazione elitaria, ma un momento di faticosa responsabilità. Non si diventa fucini con delle tessere, nè partecipando ad una riunione od ad un consiglio, ma lavorando sul significato della propria vita ogni giorno, insieme a chi ci viene affidato.
Ricordate l'immagine delle sacre scritture, tanto cara ai ciellini, dei discepoli che si trovavano sotto il portico di re Salomone....
3) Il fucino non si pone limiti di tempo, a differenza dell'esperto di marketing, uomo stressato per antonomasia, nè altrettanto fa l'associazione.
Non siamo chiamati a presentare bilanci consultivi e definitivi, noi agiamo come cristiani per l'eternità. Questa non è una giustificazione per una pantofolizzazione. Se ad una cosa ci tieni, esami o non esami, ragazza o non ragazza a quella cosa dedichi tempo, i tuoi pensieri, la tua riflessione. Non penso che si possa voler bene alla scienza del marketing. Ma devi essere anche tanto umile da tiranti indietro quando non ce la fai più, da chiedere aiuto ai tuoi amici, e pregare per "nuove braccia per la mietitura"
4) Da fucino non si guadagna nulla, economicamente parlando, cosa che vi assicuro non è poi così pacifica da altre parti. Si diventa più uomini (Non nel senso "Macho, macho men") e non si aspetta l'assegno o la tessera dei punti Paradiso alla fine del mese (e si sa il centuplo quaggiù arriva in forme strane e misteriose, insieme alle persecuzioni...).

Ciò non toglie che qualche piccolo trucco dal marketing possiamo impararlo come vi dirò più avanti.
Ma veniamo all'aspetto Asilo Mariuccia, storica istituzione e sfottò milanese.
Il fatto di essere fra giovani, magari non troppo maturi (si sa la maturità quando arriva arriva, come il Natale). Può portare dei rischi nei gruppi della Fuci.
1) Il modello "Volemose bbene" è quello più facile da individuare: i fucini sono tanto amici far di loro, tante risa e scherzi... una vera bellezza.
Niente di male a ridere e scherzare ma quando li chiami per qualcosa di serio accampano mille scuse, non prendono molto a cuore le riunioni e sono i bambinoni senza opinioni nei momenti di condivisione.
2) il modello "i belli addormentati nel bosco" sono quelli che ti danno sempre ragione, fanno il loro piccolo percorso senza infamia e senza lodo, ma alla prova dei fatti non si prendono responsabilità (situazioni drammatiche quando bisogna preparare la successione).
3) Il modello "radical Chic", circolo fucino in cui si parla solo di cultura alta, con una certa puzza sotto il naso per i problemi concreti, intellettualmente gaudente, ma fatuo.

Comunità fucina, significa un'altra cosa: vivere con gli altri un impegno culturale e teologico, com'ebbe bene a ricordare la nostra amica Francesca a Camaldoli. Amici perché vivono con responsabilità l'amicizia al loro interno e si adoperano per arricchire alla radice l'ambiente in cui vivono, senza pretendere di illuminare dall'alto l'università (stile piccoli acciarini).
Poi si è giovani, la goliardia esiste per questo, e i nostri assistenti sono delle belle figure di mediazione censoria.
Un consiglio a costo di sembrare noiosi: per creare una comunità cercate di comprendere chi vi sta accanto e fatevi delle belle mangiate: "spaghetti cementatori dei popoli..."


Lo Staff Fucino



Ho appena ricevuto un simpatico messaggio in cui una persona che conosco appena "invita me ed i miei amici ad una riunione politica sul tema il disagio giovanile". Ora questa persona sa che non sono proprio su sue posizioni, e non si sforza nemmeno di farmi un colpo di telefono. Vi sembra una persona che sa organizzare?
Quando si organizza qualcosa, posto che vi siano delle idee che animano il tutto, bisogna seguire due regole innanzi tutto:
1) Seguire il buon senso
2) Evitare (corollario del punto 1) le tentazioni megalomani.

Quando si affronta una realtà difficile, spesso chiusa, non molto progressista e un po' snob come quella del sottobosco delle nostre università, non si può dar nulla per scontato e io vi suggerisco di partire da voi stessi, dal vostro gruppo, magari non troppo numeroso, certamente (si spera) entusiasta ma composto di persone che non hanno mai fatto il Pr di professione, lavoro onorevole ma in genere, citando un mio amico Pr, appunto, volto allo sfruttamento della prostituzione al fine del riempimento di discoteche.
Un gruppo fucino è un gruppo fatto innanzi tutto da persone responsabili e consce della propria responsabilità. Non è e non deve essere, quindi, un soggetto erogatore di servizi ma delle persone che si sono incontrate e hanno visto in uno stile particolare di Vita (lo stile fucino) un modo per vivere con pienezza la propria vita di credenti e di laici nel loro ambiente di elezione: quello dei giovani, ed in particolare quello dei giovani studenti universitari.
Che cosa significa responsabilità? Secondo me lo si potrebbe sostituire con l'espressione "aver cura di" (non dico I care, perché un po' troppo abusato).Ma cura di che? Non è il richiamo ad una generica filantropia illuministica od ad un solidarismo asoggettivo ma ad attenzioni ben precise.
1) Cura di se stessi. Non si può vivere con gli altri se non si vuole prima di tutto il proprio bene, la propria realizzazione, la propria crescita interiore. Il fucino ama se stesso, ha la gioia di vita e sa che non vuole buttare il proprio tempo. Il fucino non ha la sindrome del "super-rovo", dal nome di un ciellino mio grande amico, perennemente ammalato di bronchite cronica e ingessato a causa degli incedenti dovuti alla sua guida sbarazzina, tutto ciò a causa per un'ammirevole quanto autolesionistica e malintesa attenzione alla Comunità.
2) Cura degli altri. I vostri amici innanzi tutto, e degli amici del gruppo in particolare. Essere disponibili è una delle doti del fucino.

Un paio d'indicazioni pratiche:
A) Cercate di studiare assieme
B) Aiutatevi nelle piccole necessità d'ogni giorno: iscrivervi ad un esame, trovare la casa ad un amico comune, muovere le proprie conoscenze.
C) Siate disponibili con tutti gli studenti e i professori e non temete di spiegare che invece di prender un caffè con loro dovete andare ad una riunione. Testimoniare non significa andare in aula con la maglietta della fuci o scriversi sulle palpebre - se siete delle belle figliole - "Dio c'è" modello Indiana Jones. Bisogna farsi riconoscere dal poco, dalla propria apertura.
D) Non scandalizzatevi per ciò che si dice specialmente a sproposito sulla religione o sulla Chiesa: assai spesso questi "insultatori virulenti" sono proprio i più disponibili al dialogo se presi dal lato giusto; tutto il contrario dei finti dialoganti e dei "liberi pensatori"
E) Fra voi parlate di tutto senza preclusioni, soprattutto di ciò che succede intorno a voi, non temendo di nuocere ad una presunta aura d'impermeabilità e astoricità di questo gruppo.
Un gruppo di persone, quindi, amiche ma non semplicemente legate da amiconeria.
Ma come si mantiene vivo, come si da sostanza a questo rapporto, come lo si rende più intenso e più vero?
Una delle nostre più belle espressioni chiave: formazione integrale. Formazione integrale che consiste in un lavoro di ricerca, approfondimento personale e studio, confronto e apertura tramite scelte prioritarie quali:
1) un'elaborazione culturale
2) una formazione teologica
3) una cura per la vita spirituale

Un invito, quindi, prima di gettarsi in mille iniziative, tutte bellissime e tutte utilissime a ripensare il senso di un proprio cammino fucino, alla ricerca delle proprie radici e delle motivazioni profonde del proprio agire.
Tornado al discorso della responsabilità, pur come dicevo tutti i fucini essendo chiamati ad un ruolo d'impegno vivo e fattivo, ad alcuni tocca sostenere la (parte che il capocomico ci ha assegnato, mi verrebbe da dire) funzione di responsabile (di gruppo, delle matricole, del giornale, come vicepresidente, o tesoriere....), di presidente di gruppo o presidente diocesano, su su fino agli iperuranei fucini.
Alcune persone vengono scelte e si prestano ad un servizio più radicale, quindi, che li porta ad avere una particolarissima forma d'autorità.
Penso che una delle cose più belle della Fuci è la sua vocazione, magari un po' sfumata in quest'ultimo periodo, alla democraticità e alla meritocrazia.
Chi ha una carica è chiamato alla consultazione assidua, al conformarsi al giudizio altrui e non solo a prendere decisioni autoritarie: forma suprema di mediazione culturale se ci pensate perché da mondo e mondo chi è ricopre un incarico è portato ad usare ed abusare della propria influenza, magari paternalisticamente, ma comunque tenendo in scarso conto le opinioni dei "sottoposti". Primi inter pares sarebbe l'espressione adeguata.
Meritocratico in quanto chi ha maggiori capacità, interesse, propensioni, ad un ruolo che comunque è assai più difficile d'altri incarichi di responsabilità, proprio per le motivazioni prima esposte, non solo può ma deve ad esso essere destinato, pena lo snaturamento della funzione.
Legata alla meritocrazia vi è pure un discorso di decentramento e di competenze, necessari per evitare di far diventare alcuni dei veri e propri forzati delle Miniere fucine.
Quando occorre eleggere un responsabile, oltre che consultare il vostro assistente, che quasi sempre oltre che memoria storica del circolo (vista l'impressionante capacità di ricambio della Nostra associazione) è anche la persona che la sua particolare posizione è più portato a valutare le capacità individuali, occorrerebbe:
1) Evitare scelte frettolose o fatte a tutti i costi:
Le vostre richieste:
a) avranno come conseguenza che le persone non sapranno che cosa le aspetta poi
b) sono motivate da scelte che non fanno i conti con i meriti
c) non prendono in considerazione il fatto che spesso non è necessario un responsabile, perché il lavoro si può distribuire diversamente o l'entità del gruppo non lo giustifica.

2) Essere tutti ben consapevoli di cosa (impegni federali, rappresentanza esterna, responsabilità in termini di tempo) la ricarica comporta.
3) Valutate i requisiti personali:
A) le qualità personali, in particolar modo secondo le nostre parole d'ordine: formazione, mediazione culturale, goliardia (intesa nel senso d'entusiasmo, motivazione, capacità di trascinamento e di forte personalità)
B) Le capacità ed esperienze, non solo fucine, tenendo conto che una partecipazione politica, un impegno nel sociale, un gran numero d'interessi e una storia magari non proprio lineare e preordinata possono essere una risorsa.
C) Caratteristiche individuali: un responsabile è una persona che deve avere una forte carica d'umanità e dovrà entrare in contatto con moltissime persone, con cui il rapporto non sarà dei più facili. Regolatevi!

Luoghi principi di questo strano rapporto d'autorità
Sono l'assemblea per e la segreteria dei responsabili.



Un piccolo discorso a questo punto s'impone sulla spinosissima tematica del numero dei fucini, che ho già affrontato per accenni e che ora amerei sviscerare.
Tutti avete sentito durante qualche momento nazionale o locale sbandierare lo spauracchio del "forte ricambio", o del "salto generazionale" fra nuovi e vecchi fucini. Devo dire la verità che il discorso mi ha sempre piuttosto infastidito e... insospettito. Anche perché mi suonava sempre come "excusatio non petita", che come m'insegna Don Claudio Nora "accusatio manifesta est". Non potendo disporre di dati aggiornati ho avuto modo di interloquire con Chiara Guazzoni, che mi ha confermato che tranne l'anno del centenario (in cui vi fu un vero boom d'immagine) sono ormai più di dieci anni, se non più che gli iscritti alla fuci sono intorno alle 1000 unità. Io capisco che le pressioni, specie in determinate situazioni saranno molte, che questo essere pochi possa portare ad avere molti dubbi sul futuro.
Il mio dubbio è che non ci si sia ancora riusciti a liberare dei ricordi dei fasti del passato, della fuci di massa, dei grandi statisti che da lì uscivano; diciamoci da quell'aria di maestoso potere che si sprigionava al solo sentire parlare di fuci. Ed ad entrare in un'idea di Chiesa post conciliare che non è più la Chiesa di Stato e di potere, di milites Christi e crociate contro l'infedele. ; ma è una Chiesa "del piccolo gregge", una Chiesa che non vuole erigersi a potere egemone, a fonte di cultura dominante, ma cerca d'essere istanza vivificatrice del contesto in cui si trova, della cultura con cui si è immersi. Il nostro amato papa Montini, il gran papa Paolo VI non a caso affermava che una delle grandi grazie che la Chiesa aveva ricevuto era stata quella di perdere il potere temporale.
In questa situazione noi siamo più deboli ma abbiamo anche un indubbio vantaggio: possiamo evitare collateralismi politici e mediazioni forzate per non perdere i privilegi ottenuti.
Siamo pochi è vero ma questo non penso ci possa venir imputato a colpa. La strada del fucino non è una strada elitaria, ma è una strada faticosa di questi tempi soprattutto: strada di fatica di pensiero, di grande assorbimento nella vita universitaria, di "amore alla terra" di questo contesto. Non si può pretendere tanto da tutti ma fra chi ci sta è giusto chiedere molto, spesso "l'impossibile".
Spesso la tentazione di un'apertura a tutti i costi, anche al prezzo di snaturare i valori, di evitare le spine del cammino fucino a chi si accinge ad entrarvi, è forte: facendo una politica diversa, di "adesioni di carta" anche rispetto alle adesioni ad Azione Cattolica Giovani, abbiamo calcolato che avremmo potuto avere 150 aderenti, qui a Milano. Ma, vi dirò la verità, non sarebbe stato serio: quella trentina d'amici fucini oggi fra le mille difficoltà aderisce con un tale slancio e una tale gioia, che è come se fossero trecento per me.
La fuci può avere una funzione di gran valore per la comunità studentesca e può fornire a tutte le persone che non vi aderiscono, ma frequentano alcuni momenti qualificanti, un serio momento di verifica e arricchimento della propria persona.
Comunicare
Tutti i gruppi hanno sviluppato nei loro anni d'attività modalità di comunicazione varie, diverse, ma che hanno sempre cercato di fare i conti con il contesto ambientale in cui si sono trovati. Il fatto di avere tante università, qui a Milano ci ha permesso di sperimentare, all'interno dei vari gruppi, modalità d'approccio e rapporto con la realtà universitaria variegate.
Ma prima di affrontare il discorso dei mezzi e delle modalità due parole sulla comunicazione in generale.
Come abbiamo detto nel capitolo precedente l'attenzione all'altro, al diverso, anche a chi ci oppone non può che essere una delle vie maestre di noi fucini.
Interessarsi all'altro è uno degli ingredienti fondamentali della buona comunicazione. Se vi prendete la briga di dimostrare interesse, badando a ciò che dicono e dimostrando il vostro apprezzamento, li farete sentire importanti e per voi la porta sarà sempre aperta.
Se credete che gli altri contino, riuscirete a comunicare tale sentimento e loro stessi si sentiranno più interessati. Il che significa anche che saranno più disposti a ricambiare. Se ciò accade la comunicazione sarà ottima.
Ma quando si cerca di comunicare qualcosa d'importante per la propria vita spesso le difficoltà aumentano a dismisura: si ha paura d'essere parziali, di passare per fanatici, od essere sconvenienti. Io sono passato per un periodo, non molto saggio per un fucino, in cui sostenevo che lo studio della teologia servisse solo, o prevalentemente, per affinare le armi del ragionamento per convincere gli altri. Un atteggiamento magari ammissibile ai tempi della patristica, ma oggi un poco discutibile perché considera sempre l'altro il piccolo infedele mutilato dalla Fede, il buon selvaggio da convertire. Significa in ultima analisi erigersi a supplenti dello Spirito Santo, stile quei poveri supplenti delle superiori che in due giorni pretendevano di colmare le lacune di una vita con mezzi alla Rasputin.
Un paragone che mi sembra bello potrebbe essere quello con l'innamoramento. Vi sarà capitato di esservi innamorati alla follia di una persona che con tutta probabilità non vi filerà mai, classico colpo di fulmine. Allora ci provate (mi scusino gli assistenti per la crudezza dell'esempio), attaccate discorso quando la incontrate in giro, cercate di capire che tipo è, fate dei discorsoni per fare i "simpatici". Ma poco a poco cominciate a scoprire un'umanità del tutto inaspettata, le parole di questa persona che riecheggiano stranamente nella vostra mente. E vi rendete conto che a quella persona ci tenete sul serio, che indipendentemente da quello che succederà sentite che vi piacerebbe "restare amici" (frase classica degli scaricanti di tutti i tempi, che risuona tanto più strana detta da voi). Così quando uscite con questa persona una due, tre volte sempre con il pensiero di fare una bella dichiarazione stile commedia rosa americana, alla fine vi sentite così soddisfatti di quel tempo passato insieme che evitate accuratamente.
A parte l'esempio tiratissimo, che come capirete pesca in situazioni personali, spero che il concetto sia un po' chiaro.
Non la comunicazione del megafono, quindi, ma il passaparola al singolo, che vale perché è una persona e non l'astante di un convegno, lo spettatore di un cineforum, il destinatario di una lettera o di un volantino.
Detto questo non bisogna però cadere nell'eccesso opposto alla "comunicazione del megafono": la "comunicazione della società segreta" ovvero "Catacomba, aspettami!".
La fuci nel e dal lavoro al suo interno per suo stessa natura si proietta nell'agone universitario. Comunicare è un processo dal doppio binario: comunichiamo per informare (con le attenzioni di prima): comunichiamo anche per capire meglio ciò in cui crediamo, il senso del nostro gruppo, il senso della nostra esperienza.
Proprio in questo contesto occorre comunicare bene.
E quali sono i vantaggi di una buona comunicazione?

· ottenere maggiore collaborazione dal contesto universitario
· incorrere in minore incomprensioni (soprattutto interne!)
· stimolare una maggiore disponibilità nei vostri confronti
· porsi come interlocutori credibili
· diventare più metodici
· migliorare la capacità di pensare con chiarezza
· gestire meglio ciò che fate

"Ti draso;" direbbero a questo punto i protagonisti della
Tragedia greca a cui state assistendo: "Che fare?"

Analizzeremo due situazioni, la prima propedeutica (come gli esami che non riuscite dare e fanno da catenaccio) alla seconda: comunicazione personale e comunicazioni in "Riunioni e meeting".
La comunicazione personale
Sicuramente il problema di come comunicare e farlo bene passa innanzi tutto dalla discussione col vostro amico, o con la persona a cui avete dato un volantino, o dal relatore che vi chiede delucidazioni sul suo intervento.
Eccovi alcuni esempi di una comunicazione non adeguata.
Segnali di scarsa comunicazione
Raramente la gente si prende la briga di esprimersi adeguatamente, anche per una certa confusione d'idee. Di solito è facile accorgersene specialmente quando il nostro interlocutore è schietto e fa affermazioni o domande del tipo:
"Ma non ho ancora capito che cos'è la Fuci"
"Io non pensavo che la fuci fosse un'associazione cattolica!"
"Chi era quel signore vestito di scuro e dal colletto bianco alla riunione di ieri?".
Assai spesso, però queste situazioni di confusione non vengono esplicitate. Allora subentra la componente della mimica o come preferiamo chiamarle da noi "le faccine": uno stato di disagio nell'interlocutore non è difficile da scoprire.
Non formulare correttamente i messaggi

Il processo tramite il quale vengono trasformate in messaggi da trasmettere deve essere considerato adeguatamente. E' sempre un'ottima cosa avere pensieri ed idee interessanti, ma esistono due fattori che possono influire negativamente su una buona comunicazione:
· l'incapacità di pensare con chiarezza e logica quanto deve essere comunicato del tipo "che ne diresti di venire al congresso della Fuci?", quando si tratta di una semplice riunione di poche persone.
· l'incapacità di comprendere gli interessi e la percezioni dell'ascoltatore e di adeguare il messaggio a fargli capire cosa tate dicendo: "Sai che alla SQ, un Ir mi ha parlato di mediazione culturale e multiculturalismo nel linguaggio teologico di Bart?"

Dare l'impressione sbagliata

Non ritengo che lo stile fucino imponga anche una politica dell'immagine pregnante ma tre cose offendono sempre ed in ogni caso un interlocutore:


· l'aspetto. Dell'abbigliamento penso che nel nostro ambiente non importi proprio a nessuno, ma un amore per se stessi impone un minimo di decenza. Andare vestiti di verde pistacchio per farsi notare e fare i simpatici, vi assicuro non è una grande strategia. Una maglietta col Che è ormai una moda, una maglietta di un gruppo si Metallari satanisti, una stravaganza che non solo io stenterei a comprendere.

· la terminologia. Ogni contesto ha il suo linguaggio e fra giovani si deve comunicare da giovani. Autocensurarsi, adottare un linguaggio aulico, fare citazioni bibliche a tutto spiano, può essere simpatico o significativo, ma il troppo stroppia.


· la puntualità. Gran neo fucino. In tre anni d'attività fucina non ho mai visto iniziare una riunione con puntualità, nè un fucino spaccare il secondo ad un appuntamento, Forse è il nostro peccato originale, retaggio di tempi andati e profondamente politicizzati.


Non ascoltare adeguatamente

Tutti presi dal nostro sforzo retorico non ci accorgiamo che l'altro ha fretta, deve andare in bagno, o preferirebbe leggersi il giornale.
Poche parole dunque, dette al momento giusto senza insistenza. Sarete assai più credibili, come il commensale silenzioso e non chiacchierone come me.


Comprendere il processo di comunicazione.



Non vi tedierò sulle modalità di funzionamento del cervello, di cui non si sa poco e di cui del resto io, sì figlio di un medico, ma studente di giurisprudenza, non saprei darvi.
L'idea


"Dacci delle idee!" spesso mi si chiede. In effetti io in questo campo non ho mai avuto problemi.
Le idee sono ciò che ci permette di costruire un progetto e un cammino fucino.
Non è necessario seguire una procedura: le buone idee, si sa vengono nei momenti più strani. Ma si possono canalizzare le forze intellettive del gruppo.
1) cominciate per tempo ad organizzare i vostri percorsi: una formalizzazione spesso non è necessaria. Ciò che è veramente necessario è darsi una tempistica.
Prima dell'inizio delle vacanze, un momento di ritrovo potrà essere un buon momento per
A) stilare un bilancio dell'anno passato
B) valutare le necessità e bisogni che emergono
C) fissare almeno i momenti pubblici, in cui magari sarà necessario invitare qualche ospite o trovare fondi.
D) fissare le riunioni dei responsabili

Quest'attenzione avrà alcuni effetti positivi
A) Vi obbligherà a prendere per tempo alcune decisioni, senza la scusa del rimandare a domani ciò che non si può fare oggi.
B) Vi aiuterà a far capire a tutti l'impossibilità di un impegno saltuario del tempo in fuci
C) Vi renderà più seri e credibili di fronte ai vostri interlocutori
D) Permetterà di evitare degli ingorghi spiacevoli
Con le altre attività della Chiesa locale, con le attività fucine regionali e nazionali, e con l'azione cattolica, con cui si spesso si condividono "le forze".

2) Datevi un tempo per il "brain stormig": nulla s'improvvisa.

3) A tutti, dai responsabili magari, venga fornito del materiale di lavoro in modo che tutti possano avere i mezzi per considerare:

A) La storia del circolo fucino, le sue tradizioni (da noi i momenti di ritrovo classici a livello diocesano sono la giornata della matricola, la due giorni teologica d'Avvento, il convegno Diocesano, gli esercizi spirituali di Quaresima), le tematiche già trattate che possono essere sviluppate. Da responsabile per esempio per l'attività del mio ateneo ho recuperato dall'archivio il materiale di un convegno fatto quindici anni prima sulla figura di Tommaso Moro.
Ciò implica però che venga tenuto un archivio storico in buon'efficienza o quantomeno si raccolgano gli appunti, i recapiti dei relatori, e le modalità d'azione di quello che stiamo facendo in questi anni. Occorre in definitiva avere un'attenzione ai fucini che verranno.
A questo livello possono essere molto utili i ricordi d'assistenti ed ex assistenti, ed ex fucini che di solito hanno sempre un gran piacere nel fare una chiacchierata con i nuovi responsabili.
B) Il percorso della diocesi, in particolar modo per quanto riguarda la pastorale giovanile.
La lettera pastorale del vescovo, un documento del sinodo locale, la riflessione di qualche associazione laicale, può essere spunto d'idee da cogliere in pieno stile fucino, cercando cioè di capire, rielaborare e metabolizzare. Quest'anno la nostra diocesi ha, ad esempio seguito un percorso teologico legato alla lettera pastorale del Card. Martini sull'estetica teologica. Discutere su come la fuci possa avere una ricaduta oltre che nell'ambiente universitario, o di studenti universitari, anche nella vita della diocesi, nei decanati e nelle parrocchie, può essere una ricchezza.
C) Il lavoro d'altri gruppi magari della stessa regione ma non solo che possono darci degli spunti, magari di facile attuazione vista la vicinanza dei contesti. Il gruppo della Cattolica ed il nostro hanno fanno uno sforzo formativo ed informativo rispetto al gruppo di Pavia (quanto utile, specialmente rispetto al nostro contributo vi diranno loro).
D) Il lavoro nazionale.
LA commissione formazione penso sia nata proprio per dare stimolo in questo senso ai gruppi.
Ma un importante momento è sicuramente quelle tesi congressuali, un documento con cui, specialmente coloro che non hanno mai avuto a che fare con la politica, si confrontano responsabilmente con le tracce di un discorso, ne discutono le idee fondanti ed imparano a prendere della decisioni da concretizzare in proposte.
E) I grandi documenti della Chiesa, specialmente quelli del Vaticano II che oggi più che mai chiedono di essere tirati fuori del cassetto, capiti e studiati. Ma anche i discorsi papali, i documenti della CEI, su cui ho lavorato a lungo con un gruppo di cattolici impegnati politicamente.
Avere un legame forte con la Chiesa Universale ci apre alla realtà e ai problemi del mondo, nonché ci fa ricordare l'ampio respiro della nostra missione universitaria. Tutto questo materiale si può ricercare facilissimamente su internet.
F) Cercare di partecipare se non ha tutti ad alcuni dei momenti culturali e teologici cui solitamente il circolo viene invitato. Gli inviti, si sa, assai spesso vengono cestinati, non per cattiveria ma per mancanza di tempo. Vi assicuro che perdendo qualche ora in una riunione organizzata da altri potrete risparmiare ore ed ore di sterili - ed incompetenti- discorsi da parte vostra.
G) Guardare con occhio attento all'attualità selezionando magari tre o quattro temi significativi per voi, da selezionare nel prosieguo del lavoro. Oltre alla stampa quotidiana, molti periodici cattolici possono fornire tracce interessanti. Civiltà Cattolica, ad esempio è una vera e propria miniera di riflessioni.
H) Per quanto riguarda l'ambito universitario il discorso si fa più complesso. L'attenzione alla riforma che un fucino deve avere, accanto a quella dei problemi concreti dell'università, non deve scadere in partigianeria, considerazione emotiva o impulsiva dei problemi. E' utile a mio parere far circolare nel gruppo qualche documento redatto da amici che in schieramenti diversi partecipano in prima persona alla vita politica universitaria.

Qualche parola riguardo alla vita politica universitaria e non che riguarda la Fuci.
Parto dalla nostra esperienza universitaria. Alcuni anni fa tre nostri responsabili si candidarono alle elezioni studentesche con un movimento di cui erano gli ispiratori. In due segreterie assai accese - è tutto a verbale - si contrapposero due opposti schieramenti. La vexata quaestio era il modo di intendere l'espressione "scelta religiosa". Tutti rimasero del loro parere, sancendo un bella spaccatura... Ma queste sono cose d'altri tempi.
"Scelta religiosa" cosa significa oggi? Sappiamo il contesto in cui è nato e in conseguenza a che cosa si era affermata una simile teorizzazione: banalizzando si potrebbe dire che ci si era accorti che un certo collateralismo politico che vedeva nell'unità dei cattolici la propria ragion d'essere non poteva più sussistere per la Fuci, l'Azione Cattolica e tutti i movimenti cattolici della nostra famiglia. I motivi (ma sto banalizzando ancora di più e me ne scuso) derivano da considerazioni teologiche legate al Concilio, che imponevano un atteggiamento diverso di fronte alla società dei cattolici, ad un certo decadimento ed ad un correntismo che aveva messo in luce quanti rischi ci fossero nell'idea di partito unico, forse anche la consapevolezza di quanto ingessasse l'azione dei nostri movimenti dover sempre riferirsi a referenti politici.
E la fuci oggi? Il percorso politico ha per noi un senso in quanto sensibilizzi:

1) Alla responsabilità del voto, qualunque esso sia
2) Al concepire il ruolo politico come un servizio, secondo la linea di responsabilità
3) A vagliare con cura i progetti e le persone in campo

Da noi non si è mai sentito il bisogno di organizzare momenti a hoc per parlare di politica perché c'è molto interesse, discussione, dibattito fra di noi. Le divisioni sono a volte forti, ma il fatto che ci siano quattro, cinque persone veramente interessate trascina gli altri.
Partecipare dunque alla politica secondo la lente d'ingrandimento dei nostri valori, delle nostre scelte ma rispettando la libertà e la storia di ciascuno di noi.
Saggio è poi, a mio parere che si sia deciso a più livelli per un'incompatibilità fra scelta di candidatura e responsabilità. Cercare di evitare il coinvolgimento politico- partitico dell'associazione evita il crearsi d'inutili rotture e all'opposto salvaguardare l'immagine di una fuci aperta a tutti senza steccati ideologici. Ciò non impedisce che la fuci possa e debba stimolare amici e contesti in cui può contare a prendere decisioni ponderate ed utili: chiedere non ha mai ucciso nessuno.


Stasera ho un ciellino per cena (ovvero affrontare alcuni problemi senza la logica di Hannibal the cannibal)


Dicevamo delle idee. Purtroppo non crescono sugli alberi nè si possono comprare al supermercato ma, e c'è sempre un ma, bisogna saper tenere gli occhi aperti. Imparate a guardare quella noiosissima serie di avvisi, avvisetti, striscioni, scritte di cui senza dubbio è sommersa la vostra università. Prendete qualche volantino (questione spesso di buon cuore) senza buttarlo, anche se non vi si pubblicizza CEPU, SPEU, Smao, Ciap, Sciop ed altre sigle "amene". Vi si dischiuderà un mondo di meravigliose follie, di utopisti, di fantasia mirabolanti, qualcosa di interessante, e sicuramente vi imbatterete con mezzo milione di associazioni, associazioncine, che spesso non si conoscono fra di loro e quasi sicuramente si fanno delle stupide guerre per l'assegnazione dei ridicoli spazi che l'Università dedica loro.
Non penso che la Fuci debba inserirsi un questa simpatica logica del massacro. Se creerete dei rapporti, anche formali con alcune di queste realtà vedrete che assai spesso raccolgono, molti dei segni positivi del mondo giovanile: il volontariato, la politica, lo sforzo culturale, la ricerca del bello, la voglia di stare assieme.
Magari la fuci non si interessa in prima persona a queste scelte ( penso al volontariato "sociale": la nostra associazione invita in senso ampio al servizio, non ponendosi come punto di riferimento in questo campo.
Anche se in passato, assai spesso i fucini partecipavano anche alla "San Vincenzo", ma forse allora la situazione sociale era tanto diversa che la stretta della povertà imponeva scelte di questo genere... fine parentesi). Ma non solo deve guardare ad esse con un occhio attento ed aperto ma deve sapere anche utilizzare dei piccoli "trucchi" che essi conoscono.

1) I finanziamenti. Purtroppo le università, a parte qualche Università cattolica molto lungimirante, non sono molto favorevoli ad una politica associazionistica e, comunque aggregativa. La carenza strutturale e diffusa di spazi da un lato fa sì che gli studenti "emigrino" finite le lezioni ( frase sentita da un professore). Dall'alto le associazioni sono scomode perché tendono ad essere ed ad informarsi più dello studente-singolo: fra soffiate, amici assistenti, qualche professore vicino e molta pazienza, la presenza in qualche organo (scarsamente) rappresentativo, riescono ad ottenere informazioni assai utili. E che smascherano spesso politiche e situazioni non favorevolissime agli studenti.
Non voglio adesso sollevare i soliti discorsi generalisti "Ah, i baroni", "professore borghese okkio", " Nel Sessantotto ti avrebbero gambizzato".
Io sono figlio di professori e potrei dire, con la mia solita moderazione linguistica, che in univerità ci sono nato, e so che sono spesso sciocchezze, che i professori sono sottopagati, sottoconsiderati...: ma non lo faccio. Soprattutto alla luce della nuova riforma il rapporto studente docente, spesso pessimo a causa del solito docente imbecille, ma non solo, dovrebbe prevedere delle nuove sinergie (dovrebbe e sinergie presi con le pinze...). Inoltre è nell'interesse di tutti, in un momento i cui le università stanno perendo gran parte del loro prestigio, sia nei confronto delle "sorelle parificate" straniere, sia verso nuovi e più flessibili forme di studio, rilanciare rapporti diretti, situazioni di confronto individuale, rilanciare l'idea del tutoraggio, della flessibilità.

Ma come fare a diventare dei soggetti credibili per queste istituzioni se non lo siete già? Il fucino ha, fra i tanti meravigliosi svantaggi (miniere fucine o persecuzioni che siano), qualche vantaggiucolo, qualche carta che bisogna calare al momento giusto (o strategia "del cala l'asse" (sic!) come diceva un vicino di spiaggia al mare al nipotino, "allevo di briscola").
La Fuci ha avuto un glorioso passato e questo lo sanno tutti. Quello che non tutti sanno è:

A) Che la Fuci non è potente come in passato. Spesso parlando con qualche sgarbatissimo funzionario, dopo avere parlato di "Fuci" e "presidente", ho colto un'inspiegabile quanto comico cambiamento di stile verso quello del tipo "Direttore Linguetta". Abusare della sprovvedutezza altrui è una bella bischerata ma non lo si fa a fin di male. E una volta capito la situazione, quella persona reggerà il gioco, magari perché gli siete simpatici e non avete fatto pesare la vostra "posizione".

B) Che la Fuci, essendo un movimento di Universitari ha "prodotto", qualche professore, o professore simpatizzante, e un bel po' di assistenti che magari conoscete.
Penso proprio che se chiedete a qualcuno di questi amici di venire a tenere un seminario (magari non assillandoli ed avendo molto tatto), saranno loro i primi a dirvi di sì, a farvi un po' di pubblicità, e a qualificarvi (un po' demenziale questo ragionamento, ma sicuramente valido in un luogo dove vige la professorocrazia, tendente alla teocrazia del docente) come studenti seri.


Tenete presente una cosa: l'Università tendenzialmente piuttosto che darvi mille lire li userà per placcare di rame gli angoli dei banchi, o per comprare una spilletta al capo bidello. Ma è pur vero che l'università è obbligata per legge a stanziare un apposito fondo che lo stato fornisce appositamente: la fantomatica ed un po' fantozziana richiesta di finanziamento per iniziative culturali e sociali di cui alla legge 3 agosto 1985, n. 429. Strumento cavilloso, di cui vi consiglio di informarvi all'ufficio affari generali della vostra università (ma se me lo chiedete ve ne darò conto).
Ma più difficile ancora perché li distribuisce ( ed a volte sono un piccolo patrimonio: la Statale di Milano stanzia ogni anno 500 milioni) un pool di burocrati e professori, che vi sarete dati un po' da fare, avrete raccolto le canoniche cinquanta firme, fatto una pratica "legale", un progetto fattibile, unito al fatto che vi chiamate circolo fuci vi darà dei bei soldini.

Ciò basti per l'Università.

Per quanto riguarda le banche stesso discorso di prima, fama, fucini e fortuna, le tre magiche effe. Ma tendenzialmente preferiscono, come tutti gli enti commerciale a finanziare progetti molto precisi, con un grande impatto di pubblico e di immagine.

Gli enti pubblici poi sono di una rara avarizia. MA sta proprio al bravo fucino solleticare il potente ( niente fine giustifica i mezzi ma alta strategia e qualche buona conoscenza personale), magari al tesoriere se c'è o al presidente dall'occhio lubrico, o dalla presidentessa stile saluto, sorriso maliardo al macellaio e "Senti, ciao, avrei bisogno di settanta chili di carne a piccole fette per una vacanzina: mi dai una mano?". Un bella faccia di tolla, insomma, si direbbe a Milano ( voi, traducete bronzo).

Un piccolo discorso sui soldi. Nessuno ci impedisce di fare senza, salvo poi confrontarsi colle adesioni. Ma sapete che i soldi non danno la felicità, ma aiutano; così aiutano anche a fare il vostro lavoro fucino. Teniamo presente che fra universitari l'autotassazione è possibile, ma è una misura eroica e non sempre richiedibile, specie a chi è fuori sede o studia con borse di studio.
Aiutano perché può sorgere la necessità di aiutare qualche amico in difficoltà per un viaggio "federale" o una vacanza fra voi amici.
Aiutano perché convincono relatori un po' refrattari, o personaggi troppo impegnati per sopravvivere solo di beneficenza.
Aiutano se non avete una sede e un telefono: le spese postali- leggi anche E-mail - e telefoniche sono folli, considerando che il nostro "pugnaletto" è la parola.
Aiutano per manifesti e volantini, che accanto al vostro lavoro porta a porta
sul cuore dei vostri colleghi, aiutano a dare visibilità, a creare la possibilità che anche sconosciuti vengano, a dare un po' di colore (considerazione stupidamente estetica).

Un altro discorso è la Chiesa locale. Penso che la fuci debba essere una risorsa, e io penso che siamo considerati tali in molte parti d'Italia, sicuramente a Milano. Non dobbiamo vergognarci a chiedere, con tatto e magari con canali riservati, un aiuto al nostro Vescovo.
La nostra ricaduta sul territorio, sia a livello di riflessione diocesana, ma anche locale, nelle nostre parrocchie, non può che essere valutata positivamente e incoraggiata da chi ha a cuore una ecclesialità che da voce al laicato e a esperienze come le nostre.

2) Gli spazi.

Tutte le università, salvo eccezioni, hanno dei piccoli spazi affidati agli studenti. "Accaparrarsi" per qualche ora uno di essi significa
A) avere spazio per le proprie riunioni e attività, cosa non proprio irrilevante per l'organizzazione di queste cose.
B) Essere identificabili, da amici, simpatizzanti aderenti, con un luogo fisico aiuta, perchè concretizza l'idea del gruppo: ricordate l'immagine del portico di re Salomone?

3) Il giornale.

Non so se tutti ricevono il nostro magnifico giornale "Fuoriorario" (di nome e di fatto per le bizze della pubblicazione), se no fatemelo sapere.
Il giornale è uno strumento un po' retrò, molto anno sessanta e settanta. Ma garantisce:

a) un ripensamento alle scelte del gruppo, un'individuazione sintetica delle proprie linee guida, degli interessi e obiettivi che si portano avanti. Biglietto da visita e manifesto ideologico, quindi.

b) uno strumento per un contatto veloce, anche se non attentissimo, da parte di altri studenti. Se avete notato avete, quando siete in università qualcosa di cartaceo da leggiucchiare o da spulciacchiare. Trovate i luoghi più adatto, quelli di passaggio o le biblioteche e garantite una fornitura costante: vedrete: pagherà.

c) uno strumento di dialogo con chi non la pensa come voi e vuole esprimerlo. O di chi la pensa come voi ma vuole chiarire alcuni punti.

Noi abbiamo due responsabili ad hoc per il giornale, scelta- quella della divisione di responsabilità auspicabile, se i numeri lo consentono, visti i problemi burocratici che esso implica. I finanziamenti sono concessi con generosità dalle università.



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