Per una mediazione culturale dell'annuncio all'altezza delle
sfide attuali
A cura di Marcello Menni
Se, citando una espressione cara al cardinale Paul Paupard, il
fucino dovesse preparare una piccola bisaccia e dovesse scegliere
cosa riporre in essa per un lungo viaggio, senz'altro uno delle
cose che la sua storia e la sua vita gli impongono di portare è
la "mediazione culturale". Espressione assai difficile
da decifrare perché si dispiega a fondo nella "vita
quotidiana" della nostra associazione e, e come tutte le
cose che si danno quasi per scontate, ci impone uno sforzo
ulteriore di chiarificazione e teorizzazione.
In essa al primato della dimensione spirituale si connette la
priorità dell'evangelizzazione della cultura, terreno
privilegiato in cui la fede si incontra con l'esistenza e la
storia dell'uomo.
Il Teologo Paolo Freschi ci fornisce una definizione generale di
mediazione culturale da cui vale la pena di partire:
"Si tratta di poter confessare in maniera autentica e
credibile il nostro sentire: le inesauribili domande di senso, di
futuro, di pienezza, di giustizia consumata, di emancipazione
dalle varie forme di dominio che, con diverse sensibilità e
accentuazioni, accomunano in fondo gli uomini e le donne viventi
in questa società e in questa storia, trovano nel cristianesimo
un accoglimento pieno e, d'altra parte, sembrano avere una
garanzia adeguata e definitiva solo se nella nostra vita abbiamo
la chance di incontrare il mistero dell'amore di Dio nel volto
umano di una persona concreta (per quanto essa ci metta, a sua
volta, in discussione).
E si tratta, nello stesso tempo, di essere e di testimoniare una
Chiesa contemporanea dell'uomo contemporaneo, aperta, viva,
estroversa, profetica; capace di ascolto, di dialogo franco, di
corresponsabilizzare, di rinnovarsi in un clima di libertà: una
Chiesa in cui creatività e fedeltà, autonomia e senso di
responsabilità, convinzione di coscienza e senso di appartenenza
alla comunità sappiano adeguatamente armonizzarsi, al meglio."
L'aspetto interessante di questa definizione è la sottolineatura
del carattere dinamico del concetto. La cultura non deve essere
considerato come un comodo "acquis", come la chiusa
conoscenza nozionistica di una disciplina ma citando Giovanni
Paolo II:
"L'uomo è cultura prima ancora di elaboratore di cultura;
la cultura costituisce la dimensione più propria dell'essere
dell'uomo: il modo specifico dell'identità grazie al quale i
singoli e le comunità si orientano nella storia e permeano di sé
il mondo".
Aggiunge Ivaldo che:
"questa concentrazione antropologica non assume affatto una
flessione antropocentrica. Già il termine colere è associato a
cultus, il quale significa sì cultura, coltivazione, cura,
educazione, modo di vita, ornamento, esercizio, ma anche
adorazione, venerazione, culto".
Veniamo, dunque, ad analizzare alcuni aspetti in cui si articola
e declina la "mediazione culturale", che non lo
dimentichiamo è il più serio e caratterizzante "biglietto
da visita" della Fuci.
Perché vi sia una mediazione culturale, matura, approfondita,
veramente ed autenticamente fucina:
1) Occorre essere percepibili come culturalmente contemporanei
del mondo contemporaneo. Significa per citare il Costa:
"avere una attenzione all'uomo, alla società, alla cultura,
al di fuori di chiusure integralistiche, ma sempre con un'attenzione
viva al rapporto profondo che legala fede alla Storia e quindi
non rinchiudersi" .
E ciò implica un'attenzione viva all'attualità e al pensiero
contemporaneo.
E come esserlo se non nell'amore all'Università che è per
citare Paolo VI:
"innanzi tutto istituzione superiore e sacra a cui è dovere
e vanto rendere onore in ogni sua cosa: nella sua autorità,
nelle sue tradizioni, nei suoi edifici, nella sua dignità
costituzionale, la quale non può non essere rivestita di
autonomia interiore e di giusta libertà, sebbene ciò debba
sempre essere in quell'ordine morale e civile, che l'Università
per prima vuole rappresentare e promuovere."
Non si è mai sentito che la FUCI, in tanti anni di vita non
sempre felice e tranquilla, sia venuta meno a questo appassionato
culto per l'Università. La Fuci è stata sempre fedele alla
legge intrinseca dell'Università, cioè all'impegno di studio e
di pensiero, ch'essa esige per essere quello che è;
"fedele alla vocazione spirituale e culturale, ch'essa
enuncia e coltiva, nel dramma della problematica universitaria
per la scelta e per l'orientazione delle vie del pensiero; fedele
al senso di gravità e di responsabilità del sapere, a cui l'Università
si sente legata per la sua stessa funzione di organo superiore
della cultura della comunità sociale; fedele soprattutto a
quella religiosità cattolica che non altera, non soffoca, sì
bene sveglia, presidia e alimenta la ricerca della verità, come
bene supremo a cui tende la scuola; e, con tutto questo, fedele
parimente alla giocanda e vivace espressione delle energie
giovanili, che la vita universitaria sa suscitare",
continua Papa Montini.
2) Esprimere una comprensione più matura del rapporto della
Chiesa con una società pluralistica ed insieme un autentico
spirito di libertà, corresponsabilità, dialogo all'interno
della comunità dei credenti.
È necessario che sia attivamente ricercato, per la parte che ci
riguarda, il pieno superamento di ogni forma di anacronismo
culturale storicamente determinatosi tra Chiesa e mondo, per
essere veramente - nel solco del Concilio Vaticano II, momento
che ha rinnovato e vivificato il nostro atteggiamento di
mediazione - una Chiesa contemporanea del mondo contemporaneo nel
senso di accogliere in sé, senza remore, i tratti più positivi
dell'evoluzione socioculturale. Di essa, infatti, bisogna saper
valorizzare gli atteggiamenti solidaristici, universalisti,
pacifisti, ma anche saper fare esercizio di discernimento attento,
avendo il coraggio di esprimere le proprie idee e i propri valori.
3) Valorizzazione in particolare del contributo offerto dalla
ricerca della teologia, campo che ci caratterizza in modo
positivo sulla scia del Concilio. Il Concilio stesso ci
suggerisce un approfondimento consapevole delle verità della
Fede.
La prospettiva aperta, e costantemente da valorizzare, di una
sempre più approfondita e diffusa formazione teologica dei laici
e il conseguente loro coinvolgimento sempre più a pieno titolo
nella vita ecclesiale possono permettere una riflessione
comunitaria più partecipata sul modo di incarnare e annunciare
il Vangelo nel nostro tempo.
Il Pontefice ci ha ricordato:
"La Chiesa…pienamente consapevole dell'urgenza
pastorale che alla cultura venga riservata un'attenzione del
tutto speciale… sollecita i fedeli laici ad essere
presentati, all'insegna del coraggio e della creatività
intellettuale, nei posti privilegiati della cultura, quali sono
il mondo della scuola e dell'università, gli ambienti della
ricerca scientifica e tecnica, i luoghi della creazione artistica
e della riflessione umanistica".
4) Avere un'attenzione, quella di integrare la specializzazione
dello studio universitario in un quadro dottrinale, che
stabilisca qualche rapporto logico con i vari ed immensi campi
dello sapere umano, e conservi allo studio universitario offrendo
così, diceva Paolo VI:
"il più prezioso contributo che lo studio universitario e
la sua pedagogia possano desiderare, quello della collaborazione
spontanea e complementare alla scuola universitaria, quello dell'allenamento
speculativo, quello della fiducia nella logicità e nella
obbiettività del pensiero, quello della tensione ideale, morale
e spirituale, di cui il giovane ha bisogno per vivere in bellezza
gli anni irrepetibili della stupenda primavera universitaria. L'aspirazione
all'unità del sapere, collocata non già nella visione immediata,
parziale, unilaterale, a cui ogni studioso d'una particolare
disciplina è tentato, ma al vertice delle ragioni supreme del
sapere, che hanno virtù di sintesi, perché si avvicinano alla
Fonte della verità, non più soltanto conosciuta, ma creatrice
ed informatrice dell'universo. Quest'ultima conseguenza della
formazione intellettuale, che la FUCI persegue, è cosa di grande
importanza. Non è che la FUCI sia sola a considerare questo
problema; e nemmeno si dice che spetti ad essa risolverlo. Ma
spetta ad essa di avvertirlo, di averne coscienza, di conoscerne
i molteplici aspetti, di favorirne le soluzioni possibili. Spetta
alla FUCI, profittare a fondo, dicevamo, dello strumento più
qualificato della cultura organizzata scolasticamente, e cioè
dell'Università, palestra quant'altre mai idonea ad allenare
uomini alle professioni culturali."
5) Difendere, quindi, un impegno cultuale; non significa che il
nostro "intellettualismo" sia un cerebralismo prezioso
e astruso, che esige iniziati e crea cenacoli chiusi e utopistici,
ma semplicemente una serietà di studio e di pensiero a cui ogni
vero studente può aspirare. Tale indirizzo costituisce non solo
lo stile mentale dello Studente universitario, ma lo sforzo
ascetico a cui è per vocazione votato, e da cui deve trarre l'arte
sua propria, quella di sapere studiare, quella di possedere le
virtù specifiche della vita intellettuale; esso inoltre non
impedisce:
"che i principii speculativi del sapere, le verità connesse
con la vita, diventino nello Studente esperienze interiori
vivissime, gli infondano inoltre sentimenti forti e sani pronti
ad effondersi nell'esercizio della carità e della preghiera, non
che emozioni talvolta tempestose e sublimi, e si traducano in
imperativi morali e sentimentali da esaltare in lui la generosità
delle azioni eroiche e la vibrazione lirica dell'espressione
artistica: ed infine presentare l'indirizzo stesso il problema
della cultura, nelle sue più varie istanze, alla considerazione
dello Studente universitario cattolico."
6) Impostare una progettualità.
Penso che una forma di servizio culturale, veramente fucina, al
bene comune possa essere offerta dall'attivazione di sinergie tra
i vari soggetti che interagiscono nella società al fine di
configurare un "polo culturale" , un laboratorio di
idee capace, attraverso la valorizzazione delle competenze dei
diversi componenti, per sviluppare creativamente analisi e
proposte culturali aggiornate rispetto a determinate questioni di
fondo, così come esse si pongono attualmente nei diversi settori
e nel nostro ambiente.
E capace di porsi in un rapporto di dialogo e di collaborazione
con istituzioni, soggetti culturali, politici e sociali rispetto
alle istanze della centralità e dignità della persona, della
solidarietà, , della definizione di nuove regole per la
partecipazione responsabile dei cittadini, e a tutti i problemi
connessi con il mondo dell'Università, nostro ambiente di
elezione.
7) Spronare il dialogo.
"Mediazione" oggi è un termine circondato da un'aura
di ambiguità, financo di sospetto. Suona più come "inciucio",
ormai, come mettersi d'accordo per bassi scopi.
Ma in un contesto in cui l'annuncio fa più che mai riferimento
alla decisione libera di soggetti che hanno conquistato un
preciso senso della loro autonomia, dice Freschi
"appare opportuno valorizzare momenti di dialogo e confronto
aperto e autentico sulle questioni di fondo e, insieme, quelle
realtà ecclesiali che si propongono sul territorio come cellule
vive di elaborazione creativa e di testimonianza profetica della
verità del Vangelo".
E' senz'altro opportuno che si esprima in maniera piena la nuova
comprensione del rapporto della Chiesa con una società
pluralistica
"nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli
altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità
tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli
quanto in quella sociale"
che identifica nel dialogo il metodo privilegiato per il
confronto con la stessa, il mezzo indispensabile per conoscere
direttamente motivazioni e sensibilità culturali, verificare
strumenti di analisi e di intervento operativo sulla realtà e,
nello stesso tempo, interpellare le coscienze indicando, alla
luce di Gesù Cristo, un determinato approccio al problema del
valore, della dignità, del destino ultimo dell'essere umano. La
passione per l'uomo, per la sua crescita e il suo vero bene,
infatti, è indisgiungibile dalla passione per la verità. Solo
questa coltivazione rende capaci di un dialogo fruttuoso, non
mistificato nel gioco di specchi di una vuota quanto inutile
"tolleranza" culturale. Il che comporta l'opzione
controculturale di non comprimere l'orizzonte del sapere dentro
il perimetro angusto delle funzionalità pragmatiche. E'
necessario tornare alla passione per la verità profonda e totale,
perché
"il nucleo generatore di ogni autentica cultura è
costituito dal suo approccio al mistero di Dio... E' a partire da
qui che si deve costruire una nuova cultura".
Un metodo che deve caratterizzato dalla gradualità e della
costanza, caratteristiche proprie di questo concetto.
8) Porre attenzione sull'importanza teologica del destinatario.
Occorre infatti "vedere" chiaramente il destinatario:
in un mondo diventato "adulto", in una società
pluralistica e policentrica con al suo interno chiare istanze di
libertà e di razionalità critica, l'annuncio fa più che mai
appello alla decisione libera di soggetti che hanno conquistato
un preciso senso della loro autonomia. E di conseguenza il
momento del "forum" (in svariate forme: tavola rotonda,
convegno, seminario, conferenza-dibattito, intervista, ecc.)
sulle questioni di fondo (antropologica, etica, esistenziale,
religiosa, ecologica, educativa, della pace, dei diritti umani,
della giustizia sociale, delle relazioni tra i popoli),
adeguatamente circoscritte e attualizzate, come luogo per una
ricognizione di elementi di conoscenza e di atteggiamenti
culturali, per una ricerca di convergenze, per l'elaborazione di
proposte. Iniziative, queste, che risultano credibili nella
misura in cui se ne coglie l'esclusivo interesse per una ricerca
autentica e un servizio del bene comune e non, viceversa, il
condizionamento ad opera di interessi di parte.
9) Creare collegamenti fra mediazione e multiculturalismo.
L'importante concetto e metodo della "mediazione culturale"
si può con facilità ricollegare al concetto di
multiculturalismo. Un campo assai significativo in cui si
articola il discorso è quella del dialogo intereligioso.
Molti cristiani, e non solo nella chiesa cattolica, vedono la
mano di Dio all'opera nella vita religiosa del credenti delle
altre religioni e ritengono che tutta l'umanità, e quindi anche
i popoli che aderiscono ad altre religioni, vivano sotto l'azione
dello Spirito, che in questi ultimi tempi, è stato donato a
tutti gli uomini (cf. Gl 3,1-5; At 2,17-21). La comunità
cristiana vive nella fiducia di essere guidata dallo Spirito, ma
la vicinanza di Dio agli uomini che si realizza ad opera dello
Spirito santo non può essere limitata alla sola comunità
cristiana. Lo Spirito è libero, e soffia dove vuole (Gv 3,8);
dove c'è lo Spirito del Signore, ivi c'è la libertà.
Il cordiale e pieno riconoscimento dell'azione dello Spinto nel
mondo e fra i non cristiani, in piena corrispondenza ai dati
biblici, si è avuto nell'ambito della chiesa cattolica
soprattutto grazie alle affermazioni coraggiose fatte da Giovanni
Paolo II. A proposito del riavvicinamento e del dialogo con i
membri delle religioni non cristiane, già nella sua prima
enciclica egli ricorda la ferma convinzione di fede che
accompagna molti di essi, e che può essere di esempio ai
cristiani: anch'essa è "effetto dello Spirito di verità,
operante oltre i confini visibili del Corpo mistico".
Parlando poi della missione della chiesa, ricorda come essa debba
accostarsi con rispetto "al magnifico patrimonio dello
spirito umano, che si è manifestato in tutte le religioni",
e debba quindi compiere la sua missione "con quella stima,
rispetto e discernimento, che sin dai tempi degli apostoli,
contrassegnava l'atteggiamento missionario e del missionario".
Egli fa quindi riferimento all'atteggiamento tenuto da Paolo ad
Atene nei confronti della religiosità degli ateniesi (cf. At 17,
22-31). "L'atteggiamento missionario inizia sempre con un
sentimento di profonda stima di fronte a ciò che c'è in ogni
uomo" (Gv 2,25), per ciò che egli stesso, nell'intimo del
suo spirito, ha elaborato riguardo ai problemi più profondi e più
importanti; si tratta di rispetto per tutto ciò che in lui ha
operato lo Spirito, che "soffia dove vuole" (Gv 3, 8).
La fede è capace di generare cultura: non precede la cultura, né
la coarta; vive in essa, ma ad essa non si restringe. Originata
dall'amore del Padre, manifestata nel Verbo fatto carne,
suscitata dall'opera dello Spirito essa conferisce alla cultura
capacità inusitata di umanizzazione e di profezia. La fede è
stimolo alla ricerca e dimensione profonda del conoscere, capace
di delineare orizzonti di senso e di promuovere esperienze
autentiche di dialogo culturale.
"Per rinnovare dall'interno e per trasformare alla luce
della Rivelazione le visioni dell'uomo e della società che
modellano le culture",
come ha sottolineato il recente documento pubblicato dal
Pontificio Consiglio per la Cultura. Cristo risorto è una Buona
Novella per tutti gli uomini, poiché ha "il potere di
raggiungere il cuore di ogni cultura, per purificarlo, fecondarlo,
arricchirlo e permettergli di dispiegarsi nella misura senza
misura dell'amore di Cristo" (Ibidem, n. 3). È quindi
opportuno far nascere e sviluppare un'antropologia cristiana per
il nostro tempo che costituisca il fondamento di una cultura,
come hanno fatto i nostri predecessori (cfr Enciclica Fides et
ratio, n. 59), antropologia che deve tener conto delle ricchezze
e dei valori delle culture degli uomini di oggi, seminandovi i
valori cristiani.