Una bevanda eccezionale con una storia affascinante
Nella foto: portuali che bevono il ponce (dal film
"Mare matto" , di
Renato Castellani)
Tra
le specialità alimentari che contribuiscono a rendere Livorno
una città unica al mondo, non possiamoassolutamente trascurare
il ponce, bevanda a base di caffè e liquore da non
confondere con un "corretto" qualsiasi.Tanto per
cominciare, il modo di preparare il ponce va ben al di là del
semplice "schizzo" di amaro o brandy in una tazzina di
caffè. Il ponce, poi, richiede l'uso di speciali bicchierini,
che non hanno niente a che vedere con quelli usati per il caffè
"al vetro".Oltre alla ricetta e al bicchiere, il ponce
ha una sua storia romanzesca e un'etimologia a dir poco
misteriosa... Cominciamo da quest'ultima: molti dizionari
liquidano la parola come "traduzione italiana di punch"...
Chi ha assaggiato tale bevanda sa benissimo che il confronto tra
ponce e punch è improponibile quanto quello tra una pantera nera
e un dobermann, o tra il riso cantonese e i bucatini
all'amatriciana... Se è vero che a Livorno, secoli fa, i
componenti della cosiddetta "Nazione Inglese" bevevano
il punch, è altrettanto vero che gli spagnoli bevono
tutt'oggi il ponche (se vi capita di vedere in tv una
partita di calcio giocata in Spagna vedrete che a bordo campo
troneggiano i cartelloni della marca " Caballero"), e
le due bevande sono diversissime tra loro. Potremmo liquidare il
tutto dicendo che ogni lingua (o vernacolo nel caso del
livornese) usa una parola che più o meno suona così per
indicare una specialità alcolica abbastanza
"vigorosa", ma che dire di fronte a chi giura che
Garibaldi, durante uno dei suoi passaggi per Livorno (e vi sono
molte targhe affisse su edifici cittadini a ricordarlo), avendo
assaggiato questa beva da disse: "Buono! questo riscalda
come il mio poncho"? Radici linguistiche a parte, il ponce
si prepara così: nel tipico bicchierino vanno messi anzitutto lo
zucchero e una scorza di limone (non è obbligatoria ma in quasi
tutti i bar livornesi questa è la condizione, diciamo, di
"default"), la quale viene denominata "vela"
(siamo in una città marinara, normale quindi che i ponci siano
"a vela"). Poi si versa il "rumme", il quale
-ovviamente- non è Bacardi o Havana Club, ma quel liquore
denominato "Rhum fantasia" o "Creola",
appartenente perciò alla famiglia delle cosiddette "bevande
spiritose" e non a quella dei distillati, in quanto ottenuto
con alcool, zucchero e caramello per dargli il colore scuro. A
Livorno e dintorni molti premiati opifici preparano il
"rumme" adatto alla preparazione del ponce. In altre
zone è molto difficile trovare qualcosa di adatto... Nella
ricetta del ponce si può usare questo liquore da solo, o un mix
di "rumme" e cognac, o "rumme" e
"sassolino" (da Sassuolo, liquore all'anice abbastanza
simile alla sambuca, ma di provenienza della cittadina in
provincia di Modena nota anche per le mattonelle in gres o
ceramica). In quest'ultimo caso, il ponce viene definito
"mezzo e mezzo" e, a volte, la diversa densità dei due
liquidi, quando ancora non si usavano le macchine espresso,
causava un curioso fenomeno di galleggiamento (da cui il nome,
anche, di "galleggiante"). La quantità di liquore
impiegata è importante. Normalmente, il giusto dosaggio si
ottiene usando come riferimento il bordo superiore dei semicerchi
che si trovano alla base del bicchiere. Quindi, con il beccuccio
a vapore della macchina espresso, si porta ad ebollizione, e si
versa un caffè ristretto fino a riempire il bicchiere. Il ponce
è pronto per essere bevuto, ideale conforto dopo un bel pranzo o
una bella cena, magari a base di cacciucco, o in una di quelle
giornate invernali rese gelide dal maestrale o dalla
tramontana... Anche se in molti bar livornesi è possibile
gustare un buon ponce, il tempio indiscusso di questa bevanda è
il Bar
Civili, in via del Vigna n° 53 (a due
passi dalla Stazione FS).
Un brano da "Elogio del ponce alla livornese" di Aldo Santini (Belforte Editore Libraio, Livorno)
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