Piero Melograni
La sua rivoluzione è stata liberarsi dall'autocensura
"Mondo economico"
8 maggio 1992

Rispetto a tutti i suoi predecessori, Francesco Cossiga è stato un presidente della Repubblica italiana assolutamente eccezionale. Prima di lui, tutti i presidenti cercavano di rassomigliare ai sovrani di un tempo, regnavano senza governare e lasciavano campo libero ai partiti. Cossiga è stato il primo presidente che ha preferito mettere da parte la sacralità del potere e guerreggiare contro la partitocrazia.

Nell'estate del 1953, il presidente Luigi Einaudi si distaccò dalla logica partitocratica allorché affidò a Giuseppe Pella l'incarico di formare il Governo. Pella, democristiano, non era stato designato da nessun partito, neppure dal suo, e riuscì a governare soltanto per quattro mesi. La stessa Dc ne affrettò la caduta per riprendere il controllo della situazione.

Nel 1960, il presidente Giovanni Gronchi, che proveniva dalla sinistra democristiana e che cercava di dare un'impronta molto personale alla sua presidenza, violò le regole partitocratiche allorché, di sua iniziativa, affidò l'incarico di primo ministro al democristiano Ferdinando Tambroni. Anche Tambroni restò al potere soltanto quattro mesi. Benché fosse stato prescelto da un presidente di sinistra, si resse con i voti della destra, Msi incluso, e cadde per aver consentito che un congresso del Msi avesse luogo a Genova. I partiti approntarono insidie e trabocchetti per far precipitare al più presto quel Governo presidenzialè' e ci riuscirono molto bene.

Le impennate di Einaudi e di Gronchi, tuttavia, non sono paragonabili agli avvenimenti recenti. Cossiga non si è mai permesso di affidare l'incarico di primo ministro a persona ingrata alla partitocrazia e tuttavia ha assunto, nei confronti di quest'ultima, un atteggiamento molto più energico e devastatore.

Ma Cossiga si è distinto da tutti i suoi predecessori anche e forse soprattutto per il modo di comunicare con le masse. È vero che Sandro Pertini fu capace di portare in Quirinale uno stile nuovo, più popolare e bonario, rassomigliante a quello di papa Giovanni XXIII. Ma restò sempre un vecchio sovrano socialista, di continuo sorvegliato e tenuto a freno dai suoi più vicini collaboratori. È altresì vero che Giovanni Leone sapeva colloquiare in modo semplice e, talvolta, abbandonare ogni regale dignità. Memorabili le corna che egli fece un giorno davanti ai fotografi. Ma con questi gesti così poco elitari egli scalfiva appena la superficie delle comunicazioni di massa e, a ben vedere, imitava l'antico re dei suoi antenati, quel Francesco II di Borbone, detto Franceschiello, il quale si permetteva licenze anche più plebee.

Cossiga non è stato nulla di tutto questo e ha usato televisione e radio con grande professionalità e molto ardire. Chi ha sostenuto che egli avesse ragione nella sostanza e torto nella forma ha spesso sottovalutato il fatto che lo stesso Cossiga, ponendosi a diretto contatto con le masse, stava percorrendo una strada nuova e accidentata. Stava difatti infrangendo l'antico tabù del capo di Stato sottoposto a un perpetuo regime di censura e sostanzialmente tenuto a bada in un cantone. Il mondo cambiava e Cossiga ne traeva le conseguenze.

Pensiamo ai giganteschi cambiamenti che hanno di recente sconvolto perfino i cerimoniali pontifici. Pio XII appariva ieratico, sacro, solenne e separato dal mondo. Parlava di se stesso al plurale e, come un monarca orientale, si faceva circondare dai portatori di flabelli. Giovanni XXIII cominciò a semplificare i rituali, discese fra gli uomini e si recò in viaggio per l'Italia rivolgendosi ai fedeli con notevole franchezza. Ma restò pur sempre un re-contadino. Con Paolo VI le innovazioni continuarono finchè, con Giovanni Paolo II, l'antica regalità è stata sostituita da un'autorità di tipo moderno. L'attuale papa usa da anni i mezzi di comunicazione di massa con una libertà che nessuno dei suoi predecessori si permetteva. Alla Radio Vaticana, tempo fa, si potè udire un'intervista improvvisata, sull'aereo che trasportava il papa negli Stati Uniti, durante la quale i giornalisti si permettevano di rivolgere al pontefice domande molto spregiudicate sui preti, le monache e la modernizzazione. E il papa, con grande pazienza e rispetto verso i suoi interlocutori, rispondeva. Aveva luogo un botta e risposta che perfino ai tempi di Paolo VI sarebbe apparso inconcepibile. Si trattava di una caduta di stile? No. Si trattava del nuovo stile di vita con il quale, piaccia o non piaccia, il mondo nuovo deve convivere.

Si dirà che il presidente della Repubblica italiana non è né il papa né il presidente di una Repubblica presidenziale ma, in base alla Costituzione del '48, qualcosa di rassomigliante a un pupazzo. Ebbene, Cossiga ha commesso la grave mancanza di non voler restare imprigionato in questo ruolo di pupazzo quasi completamente passivo. Naturalmente, come sempre accade in politica e più in generale nella vita, Cossiga si è mosso perchè ha avuto la sensazione di doversi assolutamente muovere per salvarsi e sopravvivere. Era consapevole del fatto che la caduta del comunismo stava provocando anche in Italia cambiamenti politici enormi. Intuiva che l'elettorato cessava di orientarsi in base alle fantasie ideologiche, misurandosi sempre di più con i problemi concreti. E nello stesso tempo egli vedeva che un partito trasversale, conducendo un gioco di potere di stampo antico, lo attaccava con l'intenzione di liquidarlo molto prima della scadenza, facendogli fare la stessa fine di Giovanni Leone. Non c'è da stupirsi per la foga, la fermezza e la perseveranza con le quali ha reagito per non farsi annientare. Ha avuto successo, e tutto fa pensare che egli possa ulteriormente sfruttare questo successo. Infatti, dopo quasi cinquant'anni di sostanziale immobilità dovuta alla presenza, sulla scena italiana, del più numeroso Partito comunista dell'Occidente, un grande sommovimento politico sembra finalmente attuarsi. E questo sommovimento potrebbe offrire a Cossiga nuove occasioni per intervenire con l'abilità, la spregiudicatezza e l'ardire, che ha già dimostrato di possedere.