Piero Melograni
Salviamo le immagini che hanno fatto l'Italia
"Corriere della Sera"
31 ottobre 2003

Caro direttore, l' interesse del Corriere nei confronti della storia mi induce a chiedere ospitalità per sottolineare che l' Italia possiede un grande patrimonio di immagini cinematografiche, fotografiche e televisive capaci di documentare il suo passato, ma che non lo valorizza abbastanza e rischia addirittura di perderlo. Le statue romane resistono da duemila anni. La necropoli etrusca di Cerveteri conta duemila e seicento anni di vita. I nuraghi sardi sono ancora più antichi. Ma quasi tutte queste testimonianze del passato si sono conservate perché costruite in pietra e magari perché nel corso dei secoli le pietre sono rimaste sottoterra, senza che il clima e gli uomini riuscissero a danneggiarle. Per di più i tecnici delle Belle arti hanno avuto agio di acquisire nel tempo vaste competenze al fine di conservare, restaurare, catalogare, selezionare le antiche opere d' arte.

Il patrimonio delle immagini fotografiche, viceversa, ha cominciato a formarsi appena da un secolo e mezzo, quello cinematografico da un secolo, le registrazioni televisive da pochi decenni così che le tecniche per la conservazione e l' utilizzazione del patrimonio cine-fotografico-televisivo non hanno ancora avuto il tempo di raffinarsi. Come se non bastasse, questo patrimonio si deteriora molto facilmente essendo collocato su pellicole e su nastri costituiti da sostanze chimiche rapidamente alterabili. Per la loro conservazione devono essere rispettate determinate condizioni di luce e di clima non sempre ottenibili. E sembra che, in futuro, anche i compact disc possano diventare illeggibili sia per l' incessante modificarsi delle tecnologie sia a causa di talune muffe. È quindi necessario e urgente promuovere un' iniziativa diretta a salvare il grande patrimonio di immagini storiche di cui attualmente l' Italia dispone. Di certo non lo si potrà salvare per intero, poiché si tratterebbe di un obiettivo economicamente insostenibile e praticamente ingestibile, ma lo si potrà salvare almeno in parte. Già esiste un primo nucleo di tale patrimonio storico, costituito dagli archivi dell' Istituto Luce, i quali contengono una eccezionale documentazione cine-fotografica del secolo XX. Ma sarebbe augurabile che a questo primo e prezioso nucleo si associassero privati ed enti, al fine di costituire una vera e propria «Società della memoria», un' impresa capace di assumere proporzioni notevoli.

Oltre che proteggere e conservare, essa dovrebbe promuovere un' intensa e qualificata utilizzazione del materiale documentario. Le televisioni di tutto il mondo si interessano sempre di più alla storia e alcune hanno già inaugurato canali dedicati esclusivamente a essa. Occorre, inoltre, tenere presente l' enorme efficacia didattica della documentazione visiva. Nelle scuole e nelle università gli insegnanti possono parlare di De Gasperi, di Togliatti o di Giolitti. Ma quali immagini appaiono nelle menti dei giovani? Forse c' è il vuoto assoluto, poiché nessuna testimonianza visiva di quei personaggi è stata loro mostrata. Un filmato ben costruito potrebbe invece coinvolgere i giovani rendendoli più propensi ad apprendere. La memoria di ogni individuo - in ogni epoca della storia - è soprattutto memoria visiva. E oggi, in piena civiltà delle immagini, non si può pensare a una didattica che faccia a meno delle immagini filmiche. Mostrare film sulle guerre o sui campi di sterminio è spesso ben più impressionante che parlarne. Ai tempi della Prima guerra mondiale, l' Inghilterra e la Francia si servirono di tutti i mezzi disponibili, anche di quelli fotografici e cinematografici, per dimostrare all' opinione pubblica americana quanto fosse stato grande il loro sforzo bellico.

Gli italiani, invece, non fecero praticamente nulla. Se ne lamentò lo stesso ambasciatore d' Italia a Washington, Vincenzo Macchi di Cellere. E i giornalisti americani, che nel 1919 arrivarono in Italia al seguito del presidente Wilson, espressero stupore allorché videro coi loro occhi che il Paese, dal punto di vista militare, civile e industriale era tanto diverso da come se l' erano fino a quel momento immaginato. È lecito supporre che il mediocre trattamento riservato agli italiani nel 1919, durante la Conferenza della pace, dipendesse in qualche misura dall' incapacità di valorizzare se stessi. Più in generale va detto che il patrimonio cinematografico, televisivo e fotografico abbraccia a sua volta tutto il tradizionale patrimonio artistico di una nazione, nonché il suo paesaggio. Gli abitanti della Terra sono alcuni miliardi. La grande maggioranza di loro non ha visto né vedrà mai l' Italia, ma si costruirà un' immagine dell' Italia attraverso le riproduzioni visive. Un numero altissimo degli stessi abitanti della penisola conosce gran parte dei beni culturali italiani soltanto attraverso tali riproduzioni. E del resto, per comprendere la reale potenza che hanno le immagini, basti ricordare che oggi, perfino fra le persone istruite, l' idea prevalente di Roma antica non è fornita dai suoi ruderi, bensì da film americani come Ben Hur di William Wyler o Spartacus di Stanley Kubrick. Riterrei molto opportuno, alla luce delle considerazioni fin qui esposte, invitare le forze politiche, istituzionali e culturali, e in primo luogo il ministro della Cultura, ad aprire una discussione per tentare di passare, il prima possibile, dalle parole ai fatti.