Piero Melograni
Se Mosca fosse la capitale degli Stati Uniti. Un apologo fantapolitico su società industriale e libertà
"Corriere della sera"
9 gennaio 1985

Molti sostengono che esiste un'opposizione tra società industriale e libertà, tra capitalismo industriale e democrazia. Eppure, fin dal 1942, nel suo classico saggio dedicato a "Capitalismo, socialismo e democrazia", Joseph A. Schumpeter riconosceva che "mai come nella società capitalistica c'è stata tanta libertà per tutti e tanta disposizione a tollerare e perfino finanziare i nemici mortali della classe dominante".

Lo stesso Schumpeter metteva in evidenza la spinta egualitaria del sistema industriale: "La macchina capitalistica è, prima di tutto, una macchina per la produzione "in massa" e dunque necessariamente di produzione "per le masse".

Ma in Italia queste verità non sono mai state popolari, forse perché la cultura empirica non ha mai avuto fortuna. La scena è stata sempre dominata dagli idealisti, dai sognatori, dagli utopisti. Un po' più di empirismo non ci farebbe male. Ci permetterebbe di considerare il mondo come laboratorio sperimentale.

Proprio per dimostrare quanta influenza esercitino i paradossi, proviamo per un momento a fare un gioco. Fingiamo che il Paese capitalista per eccellenza - gli Usa - si comporti come di solito si comporta il primo Stato socialista del mondo, e cerchiamo di immaginare le conseguenze che questo spostamento delle parti avrebbe sulla pubblica opinione.


Nei grandi magazzini di New York e di Chicago mancano le scarpe, le calze e altri generi di prima necessità. Lunghe file di cittadini attendono di acquistare prodotti molto spesso scadenti. Solo i grandi capitalisti e i loro manager più fidati hanno il privilegio di accedere a negozi speciali privi di file e dove si può trovare perfino merce di importazione.

Anche gli stranieri sono autorizzati a fare acquisti in speciali spacci, purché non paghino in dollari. La barca del capitalismo fa acqua e non è molto egualitaria.

Gli Stati Uniti attaccano il Vietnam. La stampa e la televisione americane non possono occuparsi dell'argomento se non riproducendo le circolari inviate dal governo di Washington. Gli americani ascoltano clandestinamente le radio a onde corte per sapere, dalle emittenti sovietiche, che cosa succede nel mondo. Nessuno può vedere sui teleschermi una sola immagine realistica della guerra.

Gli studenti ricevono la proibizione di organizzare manifestazioni di protesta. Chi ci proverà sarà arrestato e spedito nei lager dell'Alaska. Poche decine di anni fa, in quei lager, morirono milioni di americani e cinquecentomila di essi erano addirittura iscritti al partito del Presidente.

Ancora oggi molti scrittori statunitensi debbono far circolare clandestinamente, per ragioni politiche, le loro opere, che sono ricopiate a macchina e lette di nascosto. Migliaia di cittadini chiedono invano un passaporto.

Artisti e sportivi viaggiano all'estero sorvegliati da agenti della Cia e spesso, sfuggendo alla sorveglianza, chiedono asilo politico alla Bulgaria e alla Polonia pur di non far ritorno in California o in Ohio. Il capitalismo è morente e, nel vano tentativo di sopravvivere, viola le regole della democrazia.

Gli Usa, in passato grandi esportatori di grano, vollero introdurre riforme produttive di tipo capitalistico. Da quel momento furono costretti ad approvvigionarsi di cereali sul mercato socialista. Anche per questo, negli Usa, le elezioni si sono ridotte a una farsa. Alcuni anni fa, sul "New York Times", apparve la seguente lettera: "Caro direttore, avendo da poco compiuto diciotto anni sono andato ieri per la prima volta a votare ed ero molto emozionato. Mi recai al seggio nel tardo pomeriggio e grande fu il mio stupore quando il presidente mi disse: Non ti preoccupare ragazzo, abbiamo già provveduto noi a votare per te...".

La lettera è vera. Ma fu pubblicata sulla "Komsomols'skaja Pravda" come si può leggere in un libro di Roy Medvedev, La democrazia socialista, edizione Vallecchi, Firenze 1977, pagine 182-3.

Eppure in nessun altro paese dell'Occidente, come in Italia, il sistema dei soviet è circondato da tanto rispetto e si ha tanta paura di scegliere, abbandonandosi - in mancanza di meglio - ai sogni ricorrenti delle terze vie.