Aldo Capitini, "padre" della nonviolenza in Italia maggio ‘98

    Fu l’iniziatore della Marcia per la Pace Perugia-Assisi

    [Capitini: l'ideale della compresenza] [biografia] [opere]
    Aldo Capitini (1899-1968) seppur poco conosciuto, è stato il più grande pensatore della nonviolenza in Italia.
    Quest'anno, ricorrendo il trentennale dalla morte, gli obiettori Caritas, hanno approfondito il suo pensiero.
    Innanzitutto, come è ben comprensibile guardando la data di nascita, Capitini ha trascorso i primi momenti della vita professionale in piena epoca fascista.
    Per le sue idee sulla nonviolenza, dovette lasciare il lavoro all'Università di Pisa, e in seguito venne incarcerato.
    Abbiamo rievocato questo clima di sopraffazione dell'individuo e di intimidazione, in cui dovette muoversi il giovane Capitini, grazie ad un documento filmato (“Mussolini” di R.Rossellini), che ricostruiva, anche con filmati dell'epoca, le origini e lo sviluppo del fascismo in Italia.
    Ed è appunto in epoca fascista (sono gli anni Trenta), che Capitini inizia a lavorare alla realizzazione del movimento nonviolento, di cui un segno tangibile, sarà la marcia per la pace, che si svolse ad Assisi per la prima volta nel 1961, e che si ripete ogni anno da allora.
    Per Capitini la scuola ha una importanza fondamentale; possiamo infatti dire che è dalla scuola di oggi che nascerà la società di domani.
    Per cui la scuola, oltre ad aumentare le conoscenze, deve fornire quegli strumenti concettuali, per permettere una trasformazione continua della società, che per Capitini doveva essere onnicratica, in cui il potere è di tutti.
    Ora possiamo sintetizzare che cosa è la nonviolenza per Capitini:
    E’ “la scelta di un modo di pensare e agire che non sia oppressione o distruzione di qualsiasi essere vivente, e particolarmente di esseri umani. Attiva apertura all’esistenza, alla libertà, allo sviluppo, alla compresenza di tutti gli esseri...”

    I punti caratterizzanti il pensiero nonviolento sono:

    • esistenza di un potere sovrano che sovrasta quello individuale,
    • unione degli individui (altrimenti, restando soli, non si cambia niente)
    • apertura mentale e accettazione dell'altrui opinione, con il rispetto integrale (fisico, psicologico e spirituale) della persona,
    • "Rivoluzione Permanente" interna ed esterna, che deriva dalla presa di coscienza degli individui, che poteri a loro estranei decidono su tutto, senza tener conto di ciò che essi vogliono. La violenza genera altra violenza, e questa porta al tormento l'umanità.


    La Nonviolenza, è:

    • lotta: contro le situazioni circostanti, le leggi esistenti,
    • non appoggio all'ingiustizia: quindi anche diffidenza verso il risultato di una violenza passata,
    • attiva e modesta: questi due elementi sono quelli tipizzanti la nonviolenza; attiva nel conoscere le ragioni della violenza, e modesta, perché il nonviolento non deve pretendere di essere superiore per il suo atto di nonviolenza.


    Perché la nonviolenza, allora? Aldo Capitini risponde così:
    Perché essa è aperta all'esistenza, alla libertà e allo sviluppo di ogni essere; non si prefigge di distruggere gli avversari, ma di lottare CON LORO col coraggioso metodo nonviolento.
    La nonviolenza attua l'informazione e la formazione dell'opinione pubblica, di cui ha la massima considerazione.
    La nonviolenza esige coraggio, tenacia, sacrificio e una partecipazione democratica e appassionata di persone.
    Oggi c'è bisogno di una democrazia diretta, dal basso, con il controllo di tutti su tutto, per smontare le violenze dei potenti.
    Il nonviolento accetta la legge buona e fa campagne di sensibilizzazione per sostituire quelle sbagliate.
    I passi da seguire, per risolvere un dato "conflitto", con il metodo nonviolento sono i seguenti:
     

    1. individuare il problema,
    2. analisi del problema (modo – persone – contesto)
    3. trovare la "verità"
    4. individuare i sostegni dell'ingiustizia.


    Volendo esemplificare, consideriamo lo sfruttamento del lavoro minorile.
    L’ingiustizia possiamo immaginarla come un triangolo che poggia su di un vertice; per non cadere viene sorretto da dei “paletti", che sono rappresentati ad esempio dal non rispetto delle regole, dalla povertà ed analfabetismo, ecc.
    La modalità di ragionamento del metodo nonviolento è tesa ad eliminare i singoli paletti, uno ad uno, fino a far cadere il "triangolo dell'ingiustizia".
    Una manifestazione nonviolenta volta a migliorare una situazione, come quella esistente durante la guerra nell'ex Jugoslavia, è stata fatta dai Beati Costruttori di Pace, nel '92, che volevano entrare in Sarajevo. Noi obiettori abbiamo visto due filmati che documentavano le fasi preparatorie della missione di pace e le tante riunioni sul campo, per decidere "cosa fare".
    Alla colonna di pullman (erano circa 500 persone) non fu permesso di giungere in Sarajevo, ma solo una delegazione poté entrare e incontrate i capì delle quattro religioni.

    G.M. – P. V.
     
     


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