Aldo Capitini, l’ideale della compresenza
di Fabio Montevecchi (da "Rocca" del 11-11-1996)

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Credo che nel complesso la cultura italiana debba ancora saldare un grosso debito nei confronti della figura di Aldo Capitini (Perugia 1899-1968) filosofo, pedagogista e soprattutto propugnatore della teoria e della pratica della nonviolenza. E difficile, ad esempio, che il suo nome compaia anche incidentalmente sulle pagine culturali dei quotidiani, ma dobbiamo riconoscere proprio ad Aldo Capitini il merito storico di aver sempre lavorato, fin dai lontanissimi anni ‘30, alla costruzione di un movimento pacifista e nonviolento che è riuscito a crescere nel tempo nonostante la dittatura fascista e nonostante la contrapposizione ideologica del dopoguerra.

(...)La vicenda biografica e intellettuale di Capitini è di quelle che colpiscono per l’intima coerenza ed il coraggio delle scelte di vita. Laureatosi in Lettere a Pisa nel 1929 e rimasto dopo il perfezionamento alla Scuola Normale di Pisa con mansioni di Segretario, Capitini fu allontanato dal suo incarico per aver rifiutato l’invito di Giovanni Gentile, allora direttore della Scuola, ad iscriversi al Partito nazionale fascista. Negli anni successivi Capitini intensificò l’impegno antifascista e partecipò con Guido Calogero (1936-1940) all’esperienza del movimento liberalsocialista. Dopo gli arresti subiti nel 1942 e nel 1943 la Liberazione consentì a Capitini di fondare i Centri di orientamento sociale e di riprendere il suo posto di Segretario alla Scuola Normale, poi abbandonato per svolgere l’attività di docente universitario (dal 1956 insegnò Pedagogia all’Università di Cagliari e poi in quella di Perugia). La sua costante azione di propugnatore della nonviolenza si concretizzò, tra l’altro, anche nell’organizzazione della marcia per la pace che si svolse per la prima volta ad Assisi il 24 settembre 1961 e che da allora rappresenta uno degli appuntamenti fissi in cui si ritrovano i pacifisti italiani.
 

l’esperienza religiosa

Nella prima opera pubblicata da Capitini, Elementi di un’esperienza religiosa (Laterza 1937: le citazioni sono tratte però dalla seconda edizione del 1947), al centro della riflessione era la problematica religiosa. (...) In esso, Capitini sviluppava una profonda critica nei confronti di ogni forma di statolatria e di totalitarismo nel nome di una religiosità totalmente interiorizzata, fondata sull’unità amore con gli altri e, quindi, sulla scelta della "nonmenzogna" e della "nonuccisione". Nell’etica capitiniana era inconcepibile il principio della giustificazione dei mezzi in base al fine, anzi "la religione porta nel modo più risoluto l’attenzione sui mezzi: i mezzi religiosi della verità e della nonviolenza sono proprio l‘atto religioso; che non vale nella sua essenza perché è vantaggioso, ma in senso assoluto, per un amore che è superiore ad ogni considerazione di utilità" (pag. 79).
Capitini sosteneva il principio della non-collaborazione nei confronti di ogni forma di potere ingiusto e violento(...). Per Capitini la religione era, in definitiva, "educazione e realizzazione dell’amore" (pag. 136), qualcosa che andava al di là dell’istituzione concreta con i suoi riferimenti obbligati a capi, dogmi e fatti storici. Nell’Italia che proprio nel 1936 aveva celebrato la fondazione dell’Impero, salutando con un consenso popolare apparentemente vasto il compimento della politica coloniale del regime, il libro di Capitini era un severo richiamo agli obblighi della coscienza.
 

la nonviolenza

La scelta di Assisi come luogo di svolgimento della famosa marcia non era stato casuale. In effetti, San Francesco e Gandhi si configuravano agli occhi di Capitini come due straordinari maestri di nonviolenza. Nel libro La nonviolenza, oggi (Edizioni di Comunità, 1962) Capitini la definiva in questi termini: essa "risulta dall’insoddisfazione verso tutto ciò che, nella natura, nella società, nell’umanità, si costituisce o si è costituito con la violenza; e dall’impegno a stabilire dal nostro intimo, unità amore con gli esseri umani e non umani, vicini e lontani" (pp. 132-3). Il problema della difesa della pace e della costituzione di una società nonviolenta era per Capitini troppo importante perché lo si potesse delegare alle élites politico-economico-militari degli "imperi" mondiali.
Capitini chiamava ogni individuo all’assunzione delle proprie responsabilità, facendosi "centro di nonviolenza" senza
attendere che fossero altri ad aprire la strada. (...) La nonviolenza non era però soltanto una testimonianza etica individuale, dal momento che per Capitini nella sua pratica era implicito "un moto di trasformazione della società e della realtà" (pag. 103). (...) Proprio l’esperienza storica di Gandhi insegnava che attraverso mezzi tipicamente nonviolenti (marce, digiuni, boicottaggi e altre forme di obiezione di coscienza) un popolo poteva raggiungere obiettivi fondamentali di riscatto politico, conquistando la propria indipendenza.
 

scuola e onnicrazia

La riflessione pedagogica e lo studio dei problemi della scuola italiana costituiscono una parte importante dell’opera e dell’attività di Capitini. (...) Egli affermava di veder agire nel mondo contemporaneo due tendenze contrapposte, quella che da un lato cercava di diffondere ed imporre un modello sociale ed economico di tipo neo-imperialistico, basato su una struttura fortemente gerarchizzata del potere, e quella che invece cercava di diffondere una concezione onnicratica del potere stesso. È evidente da quale parte si orientasse il favore di Capitini, che auspicava una società in cui il potere fosse di tutti (onnicrazia) e, quindi, aperta e partecipativa in tutti i suoi ambiti. (...) Inoltre, Capitini indicava la necessità di valorizzare tutti quegli elementi che nella comunità scolastica favorissero l’autonomia, la democrazia, la libera convivenza tra soggetti di fede e culture diverse (ecco perché Capitini difendeva la scuola pubblica contro ogni forma di scuola confessionale). A suo giudizio, il compito della scuola non doveva essere semplicemente quello dell’accrescimento quantitativo delle conoscenze, ma quello di fornire allo studente gli strumenti concettuali che gli consentissero di essere il protagonista della propria ulteriore formazione.
Per Capitini si doveva dare più spazio all’insegnamento dell’Educazione civica, che non doveva però essere impartita come una "serie di obbedienze" ma come "un elenco di modi di partecipazione per la trasformazione continua della società" (pag. 122). Sostenitore di un riformismo graduale ma profondo, Capitini comprendeva quanto importante fosse il ruolo della scuola nella preparazione di una diversa e migliore società, e concludeva con una dichiarazione di grande fiducia nelle nuove generazioni: " I bambini sono il domani, cioè qualche cosa migliore dell’oggi, sono i preannunci di una realtà liberata dai nostri limiti; io sento davanti a loro un unico dovere: di concludere il passato meglio che posso. Ma sono aperto a che loro facciano meglio di noi" (pag. 125).
(...)

Fabio Montevecchi
 


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Profilo biografico:

ALDO CAPITINI (1899-1968) 

E' il padre della nonviolenza in Italia. Cattolico, prese pero' le distanze dalla Chiesa dopo il Concordato. Capitini, come scrive lui stesso in "Attraverso due terzi del secolo", era indipendente dalla religione tradizionale da anni prima del 1919, quando cominciava la sua formazione autodidattica. Dopo il concordato tra Chiesa e Stato Fascista decise di lavorare a una riforma religiosa ispirata alle fonti della spiritualità, a Gesù, a S.Francesco, a Gandhi, una riforma, come scrisse in varie occasioni, per una religione aperta, libera dai dogmi, dalle chiusure, dalle idolatrie, dai condizionamenti mondani non solo del cattolicesimo ma di tutte le religioni tradizionali. 
Ha fatto gli studi universitari a Pisa, all’Università e alla Normale. Nel 1933, per aver rifiutato l’iscrizione al partito fascista a causa delle sue idee favorevoli alla nonviolenza,  perse il posto di segretario alla Scuola Normale Superiore di Pisa. 
Partecipò alla resistenza non armata antifascista, di cui fu uno dei promotori più attivi in Italia, fino al 1943: come nonviolento non partecipò alla guerra partigiana, scrivendo in seguito che l'opposizione nonviolenta deve essere preparata estesamente prima del momento in cui dovrà servire. 
Il regime fascista lo incarcerò nel '42 e '43. Partecipò da nonviolento alla Resistenza e dopo la Liberazione fondò i COS (Centri di Orientamento Sociale), assemblee di partecipazione popolare in cui si discutevano i problemi alla prsenza degli amministratori locali. 
Dopo la Liberazione ha fatto aperta propaganda per una riforma religiosa, per la pace e l’obiezione di coscienza, per l’educazione degli adulti, per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica. Ordinario di pedagogia all’Università di Perugia, ha lavorato nel "Movimento nonviolento per la pace"; e alla direzione dei due periodici mensili "Azione nonviolenta" e "Il potere è di tutti". 
Nel 1961 organizzò la prima marcia per la pace Perugia-Assisi. Nel 1962 fondo' il Movimento Nonviolento e poi la rivista "Azione Nonviolenta". 
E’ morto a Perugia nel 1968. È stato il più grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. 
 

Opere di Aldo Capitini:

la miglior antologia degli scritti è (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977; recentemente è stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d’ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d’ombra, Milano 1991; egli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non più reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un’esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, postumo, 1969).

Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Brescia, Torino 1988; Fabrizio Truini Aldo Capitini, ECP, S. Domenico di Fiesole 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991. È utile anche la lettura dei due libri seguenti: AA. VV., Marxismo e nonviolenza. Lanterna, Genova 1977, e AA. VV., Nonviolenza e marxismo, Libreria Feltrinelli, Milano 1981.

Un indirizzo utile: segnaliamo particolarmente la rivista mensile del Movimento Nonviolento: "Azione Nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.

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