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Diagnosi prenatale:
l'amniocentesi diagnostica pag. 3 (di 3). |
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1. Introduzione | 5. L'attendibilità | ![]() |
2. Le indicazioni | 6. Le complicazioni | |
3. Il prelievo | 7. Notizie tecniche | |
4. Il laboratorio | 8. Un diffuso pregiudizio |
L'attendibilità dell'analisi cromosomica è molto elevata, raggiungendo circa il 99,7 %. Questo vuol dire che il margine di errore - possibile per qualunque attività umana, anche la più scrupolosa, - è di circa lo 0,3 % ovvero 3 casi su 1.000 analisi.
La Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) consiglia di eseguire l'indagine citogenetica sul liquido amniotico analizzando almeno 16 metefasi provenienti da 12 colonie. Ciò consente di escludere le anomalie cromosomiche "a mosaico", quando sono presenti in percentuali superiori al 30 %.
Naturalmente la presenza di un cariotipo normale e la normalità delle analisi biochimiche nel liquido amniotico non esclude completamente l'evenienza che il feto possa avere forme di ritardo mentale od anomalie congenite dovute ad altre cause, come, ad esempio, le anomalie genetiche o le malformazioni non legate ad alterazioni dei cromosomi.
Infine la possibilità che si verifichi un insuccesso della coltura delle cellule fetali - per cui potrebbe rendersi necessaria la ripetizione del prelievo - è intorno allo 0,5 % e cioè circa 5 casi ogni 1.000 analisi.
Nel II trimestre di gravidanza, periodo nel quale generalmente viene effettuata l'amniocentesi, l'abortività spontanea viene stimata intorno all' 1 %, in una popolazione di gravide considerate "a basso rischio ostetrico" [studio randomizzato danese: Tabor et alii, Lancet 1:1287, 1986].
Questo significa che circa 10 donne su 1.000, statisticamente, abortiscono naturalmente tra la 13° e la 26° settimana ovvero tra il IV ed il VI mese di gravidanza, indipendentemente dall'aver effettuato - o meno - un'amniocentesi diagnostica.
Nelle donne che si sottopongono ad amniocentesi viene riportato, nella letteratura scientifica, un rischio ulteriore di complicazioni fetali stimato intorno allo 0,5 %. Ciò equivale a dire che ogni 1.000 donne che effettuano il prelievo del liquido amniotico circa 5, statisticamente, potrebbero avere complicanze della gravidanza fino all'aborto .
Quindi il rischio d'aborto legato all'amniocentesi diagnostica effettuata nel II trimestre normalmente si intende come un rischio aggiuntivo rispetto al rischio naturale di abortività spontanea.
In sintesi, una donna che si sottopone ad amniocentesi nel corso del II trimestre affronta - complessivamente - un rischio dell' 1,5 % (circa) di avere un aborto: l' 1 % rappresentato dal rischio naturale (considerato inevitabile) più un ulteriore 0,5 % rappresentato dal rischio connesso con il prelievo.
Per garantire la sicurezza dell'amniocentesi è fondamentale ricordare che un ruolo di primaria importanza è attribuibile all'esperienza di chi esegue il prelievo.
L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda che "il prelievo venga effettuato esclusivamente da operatori adeguatamente preparati e di provata esperienza".
Per quanto riguarda le complicazioni materne le più frequenti sono rappresentate da:
perdite di liquido amniotico,
perdite ematiche,
contrazioni uterine.
Questi eventi sono facilmente riconoscibili e, se si verificano, in genere compaiono immediatamente o quasi subito dopo il prelievo.
Le norme di comportamento da seguire dopo il prelievo e le informazioni utili da conoscere sono le seguenti:
Periodo medio di riposo: | 3-4 giorni |
Astensione dai rapporti sessuali: | 1 settimana |
Controllo ecografico successivo: | 1 settimana dopo l'amniocentesi. |
Tempo medio per ottenere la risposta telefonica: | 2 settimane |
Tempo medio per ottenere la risposta scritta: | 3 settimane |
Il pregiudizio è che l'amniocentesi sarebbe utile soltanto se poi la coppia - in caso di risultato sfavorevole - decidesse di interrompere la gravidanza.
In realtà conoscere le reali condizioni del feto ha molte implicazioni dal momento che:
l'interruzione volontaria della gravidanza è solo una delle possibili scelte, che può essere riservata ai casi più gravi, come, ad esempio, quando purtroppo vi sia la certezza che l'anomalia fetale non è compatibile con la vita;
in questi stessi casi, se la coppia decidesse di proseguire la gravidanza, sarebbe ragionevole astenersi dall'eseguire - per una indicazione fetale - parti operativi piuttosto rischiosi per la madre, come il taglio cesareo o l'applicazione del forcipe;
in molti altri casi, invece, conoscere anticipatamente le condizioni fetali, attraverso una diagnosi precoce, permette di offrire una assistenza migliore alla coppia, grazie alla scelta della sede, del momento e della modalità ottimale per il parto;
può essere infine di qualche importanza avere il tempo di prepararsi psicologicamente alla nascita di un figlio con dei "problemi".
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Dott. Giovanni Pomili
Specialista in Ostetricia e Ginecologia Perugia |
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Questa pagina è stata visitata | Ultimo aggiornamento: 2 settembre 2001. |