Appunti di Psicologia
IL MODELLO TRANSTEORICOUna modalità eclettica di terapia
Dr. Valter Spiller (Psicologo-Psicoterapeuta)Dr. Maurizio Scaglia (Psicologo-Psicoterapeuta)Dr. Silvia Ceva (Psicologa)INTRODUZIONELe basi del modello transteorico vengono poste nel 1977 quando, nel corso di una analisi comparativa tra i diversi sistemi di psicoterapia esistenti, James Prochaska elaborò un modello integrato che permetteva di esaminare quali processi di cambiamento venivano presi in considerazione dalle varie scuole.All’interno di quel modello sono stati identificati 10 processi indipendenti di cambiamento. Il modello mostrò subito un buon potere esplicativo e negli anni seguenti fu applicato da J. Prochaska e C. DiClemente negli studi sul cambiamento intenzionale nei comportamenti di dipendenza (Prochaska e DiClemente, 1982). Gli obiettivi furono definiti in maniera più precisa e vennero elaborati alcuni strumenti di valutazione. L’elaborazione di questo modello è fondamentalmente derivata dalla necessità di disporre di una teoria "generale" del cambiamento che fosse in grado di comprendere sia il cambiamento spontaneo sia quello conseguente ad una terapia. Nella formulazione degli autori un modello transteorico deve fondarsi su alcuni presupposti generali:
GLI STADI DEL CAMBIAMENTOGli stadi del cambiamento riflettono l’aspetto temporale e motivazionale del cambiamento. Il cambiamento non è un fenomeno del tipo "tutto o niente" ma un processo graduale che attraversa specifici stadi, seguendo un percorso ciclico e progressivo.Al primo stadio, di Precontemplazione, caratterizzato dalla assenza di un riconoscimento del problema, segue lo stadio di Contemplazione, caratterizzato dall'emergere di dubbi e contraddizioni che portano ad una sempre più marcata ambivalenza sull'uso della sostanza. Dopo questo stadio, se si accentua la spinta al cambiamento, si raggiunge lo stadio della Determinazione (altrimenti noto come Decisione o Preparazione), in cui viene ricercata attivamente una soluzione, che, una volta messa concretamente in atto porta in paziente nello stadio di Azione, in cui i cambiamenti vengono concretamente sperimentati. Se hanno successo, dopo qualche tempo (circa sei mesi) il paziente entra nella fase di Mantenimento, in cui le nuove abitudini hanno il tempo di consolidarsi fino ad un eventuale definitivo abbandono del problema. Questo percorso non è lineare bensì ciclico in quanto in qualsiasi punto può verificarsi una Ricaduta che riporta il paziente agli stadi precedenti. ![]() Nell’approccio transteorico, gli stadi del cambiamento rappresentano sia un periodo di tempo sia un insieme di compiti indispensabili per il passaggio alla fase successiva. Il tempo di permanenza individuale in ciascun stadio è molto variabile, ma i compiti da eseguire per passare allo stadio successivo sono grosso modo gli stessi. Ad esempio, per passare dallo stadio della Precontemplazione a quello della Contemplazione, il paziente deve diventare consapevole del problema, affrontare quegli aspetti difensivi e abitudinari che ne rendono difficile il controllo, e iniziare a considerarne alcuni aspetti negativi DiClemente e Hughes 1990). Poiché ogni stadio richiede l’adempimento di determinati compiti, ne consegue che particolari processi di cambiamento assumano importanza diversa all’interno di ciascuna fase del cambiamento. E’ evidente, ad esempio, che i processi di contro-condizionamento e di controllo dello stimolo, fortemente legati alle capacità di mantenere l'astinenza, siano assolutamente impropri per un individuo che si trovi nelle fasi di precontemplazione o contemplazione; nonostante ciò in alcuni ambiti clinici e "terapeutici" questa strategia viene proposta. L’uso appropriato di specifici processi di cambiamento rappresenta il presupposto fondamentale dell’approccio transteorico. I PROCESSI DEL CAMBIAMENTOUn processo di cambiamento è un tipo di attività intrapresa o vissuta da una persona quando cambia modo di pensare, di sentire o di comportarsi riguardo ad un problema particolare. Sebbene le attività possibili siano infinite, sono stati identificati dieci principali processi indipendenti. Possiamo analizzare le tecniche impiegate nella psicoterapia in funzione di quali tipi di processi intendono promuovere o scoraggiare.Cinque processi riguardano un’area prevalentemente cognitivo-esperienziale e sono:
L’integrazione tra stadi e processi del cambiamento fornisce una interessante "guida" per la terapia: una volta individuato lo stadio in cui si trova il cliente, il terapeuta potrà adottare una appropriata strategia applicando il processo adeguato per far sì che proceda verso la fase successiva. La terapia procede più rapidamente quando il cliente ed il terapeuta sono focalizzati sullo stesso stadio e privilegiano gli stessi processi. Se il terapeuta applica strategie relative ad uno stadio diverso rispetto a quello in cui si trova il cliente, è molto probabile che si verifichino dei comportamenti di resistenza. I processi sono comuni a tutte le aree problematiche, e possiamo riscontrare importanti somiglianze anche nella loro frequenza relativa: per tutti i comportamenti di dipendenza considerati, relazioni di aiuto, aumento della consapevolezza e liberazione personale sono i processi più usati, mentre i meno frequenti sono la gestione delle ricompense e il controllo dello stimolo. Le ricerche condotte, tuttavia, rivelano differenze significative per quanto riguarda la frequenza assoluta dei processi tra le diverse aree. Ad esempio, esistono evidenze sperimentali che mostrano come gli individui impieghino processi di cambiamento simili sia per superare lo stress che per i comportamenti di dipendenza. Tuttavia, per superare lo stress psicologico si ricorre soprattutto alle relazioni supportanti e al risveglio della consapevolezza, mentre per il controllo del peso sono prevalenti l’auto liberazione e il controllo dello stimolo. Nella fase di Precontemplazione, gli individui usano i processi del cambiamento in maniera molto minore rispetto a chi si trova nelle fasi successive. I precontemplatori elaborano un minor numero di informazioni riguardo il loro problema, impiegano meno tempo ed energia nella propria rivalutazione di sé, sperimentano un minor numero di reazioni affettive verso gli aspetti negativi del loro problema, sono meno aperti verso le persone che più gli sono vicine, e fanno poco per risolvere il loro problema. Nella terapia, sono quei clienti che probabilmente "resisteranno" di più agli sforzi del terapeuta di aiutarli a cambiare. Importanti eventi personali o forti pressioni esterne possono rendere problematica questa situazione spingendo l’individuo nel cammino verso lo stadio successivo. I clienti nella fase di Contemplazione sono più disponibili agli interventi rivolti alla presa di coscienza del problema, come ad esempio osservazioni, confronto e interpretazioni; sono più consapevoli di sé stessi e del problema e disponibili a rivalutarsi sia da un punto di vista affettivo che cognitivo. La rivalutazione di sé comprende la definizione di quali valori il cliente vorrebbe realizzare e per cui è disposto a lavorare. E’ anche necessario determinare quali valori il cliente è disponibile ad abbandonare: quanto più l’origine del problema è vicina ad aspetti importanti della personalità del cliente, tanto più il processo di rivalutazione di sé richiederà cambiamenti nella consapevolezza di sé. Questi processi raggiungono la massima efficacia nello stadio di Determinazione, in cui l’insopportabile tensione fra lo stato presente del paziente ed i suoi valori personali spinge alla necessità urgente di intraprendere un cambiamento. Nella fase di Azione, è importante che il cliente parta dall’idea di una liberazione personale, che creda di avere l’autonomia di cambiare la propria vita. Deve anche accettare, inoltre, che la coercizione fa parte della vita nella stessa misura dell’autonomia. Il pericolo, in questa fase, è che il cliente subisca una ricaduta e, attribuendone la causa ad una mancanza di forza di volontà, per vergogna o senso di colpa rinunci a tentare ancora. Un altro rischio è che attribuisca il successo interamente al terapeuta o ad un altro tipo di supporto "esterno", con il rischio di diventare dipendente in maniera eccessiva da questa relazione. Il concetto di liberazione personale si fonda, in parte, sul senso di autoefficacia di Bandura (1977, 1982), e cioè la credenza che i propri sforzi giochino un ruolo critico nel riuscire in situazioni difficili. La liberazione personale, tuttavia, non può avere semplicemente una base cognitiva o affettiva: i clienti dovrebbero essere sufficientemente efficaci a livello comportamentale da modificare lo stimolo condizionato che li può spingere alla ricaduta. Il terapeuta può avere funzioni di consulente, per aiutare il cliente nei suoi sforzi di modificare il comportamento o l’ambiente in una direzione più libera e salutare, o può provvedere ad una fase di training per aumentare la possibilità che il cliente abbia successo in processi come il controllo dello stimolo, la gestione del rinforzo e il contro-condizionamento. La fase di Azione è particolarmente faticosa, e spesso crea senso di coercizione, colpa, fallimento e di limitazione alla libertà personale. E’ una fase in cui il cliente ha un bisogno particolare di sostegno e conforto, e dove affronta il rischio del rifiuto. La fase di Mantenimento, per avere successo, richiede che abbiano avuto luogo tutti i processi precedenti, tuttavia richiede anche una valutazione esplicita di quelle condizioni sotto le quali una persona rischia di venire spinta verso la ricaduta. I clienti hanno bisogno di conoscere le possibili alternative di comportamento di fronte alle situazioni che inducono al comportamento problematico senza ricadere in strategie difensive destinate all’insuccesso o in modelli di risposta patologici. E’ molto importante la sensazione di stare diventando quel tipo di persona che si vorrebbe essere: l’applicazione del contro-condizionamento e del controllo dello stimolo è più efficacie se si basa sulla convinzione che mantenere il cambiamento significa consolidare una immagine di sé valutata positivamente dall’individuo e da almeno un’altra persona significativa. I LIVELLI DEL CAMBIAMENTOI livelli di cambiamento rappresentano una organizzazione gerarchica di cinque aree distinte ma interrelate di problemi psicologici di cui si occupano gli interventi terapeutici. I livelli sono:
Solitamente l’intervento si attua, in primo luogo, al livello sintomatico/situazionale, in quanto il cambiamento si manifesta più rapidamente a questo livello. Spesso inoltre il sintomo rappresenta la causa diretta per cui l’individuo entra il terapia. Quanto più si approfondisce l’analisi all’interno della gerarchia, tanto più ci si allontana dalla consapevolezza di ciò che ha determinato il problema, e il problema mostra sempre più chiaramente le sue connessione al senso del sé. Per quanto riguarda la dipendenza (e non solo per essa), questi livelli non sono mai indipendenti l’uno dall’altro: cambiamenti ad un livello inducono cambiamenti anche negli altri. Secondo un approccio transteorico, l’équipe terapeutica deve essere preparata ad intervenire su tutti e cinque i livelli, anche se preferibilmente si inizierà da quello più vicino alla "superficie". IL modello transteorico, in definitiva, una forma integrata di terapia che applica in maniera differenziale i processi di cambiamento nei vari stadi a seconda del livello del problema sul quale è necessario intervenire. Un paziente potrebbe essere nella fase di Azione al livello sintomatico/siuazionale (ad es. in terapia farmacologica), essere in Contemplazione al livello Cognitivo/disadattivo e Interpersonale (ad es. percependo che alcune proprie convinzioni e modalità relazionali sono causa di sofferenza, senza avere ancora deciso di affrontarle), essere in Precontemplazione al livello Famigliare/sistemico e Intrapsichico (ad es. non avendo nessuna coscienza della problematicità a questi livelli). L’integrazione di stadi, livelli e processi di cambiamento fornisce un modello di intervento gerarchico e sistematico molto ricco in implicazioni terapeutiche. ALTRI ASPETTI SIGNIFICATIVIOltre ai processi, l’approccio transteorico riconosce l’importanza di alcuni fattori generali che possono servire come indicatore per prevedere il movimento da uno stadio del cambiamento a quello successivo. Il livello di autoefficacia e di tentazione, e la bilancia decisionale, oltre ad avere un valore predittivo più elevato rispetto a variabili demografiche, di personalità o psicopatologiche, sono modificabili e possono essere ricondotte sotto il controllo autonomo della persona piuttosto che essere oggetto esclusivo di un intervento professionale.Per autoefficacia, si intende la fiducia di un individuo nella propria capacità di attuare un comportamento prestabilito. Si tratta di un insieme di valutazioni del soggetto rispetto alla propria possibilità di raggiungere un obiettivo specifico in un tempo determinato (Bandura, 1978). Nel campo delle dipendenze il concetto di autoefficacia ha avuto notevole sviluppo e in una serie di ricerche sul fumo ne è stata verificata sperimentalmente l’utilità come variabile predittiva ed esplicativa del cambiamento. Essa rappresenta il livello di fiducia di un individuo nelle proprie capacità di resistere alla tentazione di usare determinate sostanze nelle diverse situazioni critiche che potrebbero condurre ad una ricaduta. È stato osservato che l’autoefficacia cambia significativamente attraverso gli stadi: aumenta dalla Precontemplazione alla Contemplazione, all’Azione, al Mantenimento e si stabilizza dopo un tempo relativamente lungo di astinenza (circa 18 mesi)(DiClemente 1986). La bilancia decisionale è un altro aspetto che è stato presentata come fondamentale nella costruzione di un modello generale del comportamento (Janis e Mann 1977). Essa permette di mettere a confronto gli aspetti positivi e negativi percepiti di un particolare comportamento. Queste componenti non sono considerate opposti polari ma indipendenti, perciò un individuo potrebbe avere alti valori in entrambi, oppure bassi in entrambi, o ancora alti in una componente e bassi nell’altra. La struttura dei valori attribuiti nella bilancia pare dipendere dallo stadio del cambiamento i cui l’individuo si trova. I momenti critici si segnalano nel passaggio dalla Precontemplazione alla Contemplazione e dalla Contemplazione all’Azione. Nelle numerose ricerche sul fumo, come aspettato, i precontemplatori registrano alti valori positivi del fumare e bassi valori negativi; i contemplatori presentano un quadro simile, ma con gli aspetti negativi che superano appena quelli positivi; gli individui in Azione dichiarano componenti negative più alte di quelle positive, ma entrambi i valori sono più bassi rispetto ai contemplatori; infine chi è in Mantenimento da molto tempo presenta valori molto bassi di entrambi, ma con gli aspetti negativi del fumare nettamente predominanti. I dati suggeriscono che dopo molto tempo che si è smesso di fumare, gli aspetti positivi e negativi tendono a scendere finche il fumo diventa una questione irrilevante. UN CASO CLINICO.La famiglia B. è composta dai genitori e 3 figlie: Maria (23 anni), e le gemelle Anna e Ada (21 anni). Maria e Anna sono tossicodipendenti: esse hanno avuto un periodo di 6 mesi di uso intenso di eroina, per via prevalentemente nasale e un successivo periodo di un anno di uso sporadico (una volta ogni 5-20 giorni). Il padre ha una gravissima insufficienza respiratoria di origine professionale ed è gravemente dipendente da sigarette.Il grado di allarme dei genitori, è cresciuto col tempo e non in relazione alla frequenza di uso. La madre si accorge immancabilmente di ogni uso di eroina da minime variazioni del tono dell’umore. Seguono, allora, penose spiegazioni e giustificazioni accompagnate da pianti e senso di colpa da entrambi le parti. Nonostante la tensione, tra le 4 donne prevale la sensazione di un forte legame reciproco. Le figlie soffrono non solo il controllo ma anche il dispiacere della madre. Il controllo è reciproco: la madre è attentissima non solo a minime variazioni del tono dell’umore delle figlie ma anche alle incongruenze più sottili dei loro resoconti; la figlia "sana", una delle gemelle, ha il compito di controllare e accompagnare fuori casa le sorelle; Maria dice che smetterà di usare eroina se il padre smetterà le decine di sigarette giornaliere che gli stanno visibilmente abbreviando la vita. Il padre tende, invece, apparentemente, ad una posizione periferica, è sprezzante nei confronti delle 3 figlie, mostra di non tollerare ‘brutte notizie’, a volte non vuole credere o minimizza, a volte è massicciamente critico su tutti i fronti verso le 2 figlie problematiche non salvandone i progressi elementari ma evidenti, si chiude nella sua stanza e non vuole essere disturbato. Nell’arco di un anno di trattamento, l’intervento si è articolato secondo le modalità dell’approccio transteorico nella seguente maniera:
Bandura A. (1978). "Reflections on self-efficacy". Advances in Behavioural Research and Therapy, 1, 237-269. Bandura A. (1982). "Self-efficacy mechanism in human agency". American Psychologist, 37, 122-147. DiClemente C. C. (1986). "Self-efficacy and the addictive behaviors". Special Issue: Self-efficacy theory in contemporary psychology. Journal Social and Clinical Psychology, 4(3), 302-315. DiClemente C. C. (1994): "Gli Stadi del cambiamento: un approccio transteorico alla dipendenza". In Guelfi G.P. e Spiller V. (Eds), Motivazione e stadi del cambiamento nelle tossicodipendenze, Il Vaso di Pandora II, 4, 1994, 37-51. DiClemente C. C., Hughes S.O. (1990). "Stages of change profiles in outpatient alcoholism treatment". Journal of Substance Abuse, 2, 217-235. Janis I.L., Mann L. (1977) Decision Making: a psychological Analysis of conflict, choice and commitment, New York, T Free Press. Prochaska J.O., DiClemente C.C. (1982). "Transtheoretical therapy: Toward a more integrative model of change". Psychotherapy, theory, research and practice, 19, 276-288. Rogers, C.R. (1957). "The necessary and sufficient conditions of therapeutic personality change". Journal of Consulting Psychology, 21, 95-103. Rogers, C.R. (1959). "A theory of therapy, personality and interpersonal relationships as developed in the client-centered framework". In S. Koch (Ed.), Psychology: A Study of a Science. Vol III. Formulations of the Person in the Social Context. New York: McGraw Hill.
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