The Time Machine

Come suggerisce il titolo, questo disco è ispirato all'omonimo libro di Herbert George Wells, anche se non è del tutto una sua reinterpretazione musicale; in realtà il viaggio nel tempo non è l'argomento conduttore del disco, dato che vengono presi in considerazione anche altri aspetti di spazio e di tempo, e di corsi e ricorsi nella storia parsonsiana, con e senza il Project. Qualche esempio: "Time", "Mr. Time", "Some other time", "Primetime", "The time machine"...
L'album (realizzato nei primi cinque mesi del 1999 e mixato il 2 giugno 1999) è uscito in anteprima assoluta in Giappone a metà luglio (numero di catalogo XYCA-00041, Horipro, distribuito da Pony-Canyon; inizialmente il numero doveva essere XYCA-39, ma questo numero è stato inspiegabilmente cancellato e riassegnato come 41); pare che i giapponesi abbiano una specie di incentivo a comprare dischi locali, anche perchè spesso un disco statunitense è più caro per via del trasporto.
Anche se sono già uscite le releases statunitense ed europea, molti fan (europei e statunitensi) comunque hanno pre-ordinato la versione giapponese per l'incertezza sulla vera data in cui TTM sarà in vendita nei paesi occidentali.
Il disco si compone di dodici tracce (tredici con la bonus track, "Beginnings" nella versione giapponese e "Dr. Evil Edit" in quella occidentale). Ben quattro tracce (e mezzo) scritte da Stuart, e le restanti da Ian Bairnson (una sorta di "Ian Bairnson Project"!).
Purtroppo una sola (e mezzo,con la bonus track giapponese) scritta da Alan, non molto significativa... Fra i cantanti, oltre ai soliti Neil Lockwood e Graham Dye, da segnalare il ritorno di Colin Blunstone e di Chris Rainbow
(quest'ultimo, purtroppo, solo nei cori). Per la serie new entries si segnalano Tony Hadley, Maire Brennan e
Beverley Craven. Infine, segnalazione a parte merita la Philharmonia Orchestra, diretta dal solito Andrew Powell (che, come in On Air, si fa sentire solo in quattro brani. Ma nessun brano ha Powell come autore...).
Una curiosità: nei credits c'è Leila Bairnson e Karen Elliott, ma non c'è traccia della moglie di Alan.
Le tracce elencate oltre seguono la denominazione della release giapponese; fra parentesi quadre altre informazioni sulla versione occidentale

1. H.G. Force Part 1 [The Time Machine (Part 1) nella versione europea] (4:54,733), strumentale.
Inizia con solo quattro note... proprio come Pyramid. Una perfetta combinazione di batteria sincronizzata con vere stringhe orchestrali, cori di voci angeliche in sottofondo. Per la verità ricorda un po' troppo Apollo. I sintetizzatori tra 2' e 3' sembrano gli stessi di "Ti sento" dei Matia Bazar.
Stuart Elliott: keyboards e drum programming; Richard Cottle: keyboards aggiuntivi; Ian Bairnson: chitarre; Andrew Powell/Stuart Elliott: arrangiamento orchestrale.

2. Temporalia (1:00,693), strumentale.
Non troppo strumentale, in realtà, dato che c'è una lezione di relatività einsteiniana da parte del prof. Frank Close, conduttore di un programma analogo al nostro "Quark" (Rubber Universe, su Channel 4; tra l'altro il nome del programma è anche il titolo della successiva traccia 6). La musica in sottofondo (AP alle tastiere) sottolinea le parole del prof. Close, come se volesse evidenziare il cambio di prospettiva da qui a seimila anni luce di distanza.

3. Out of the blue (4:54,734), vocal Tony Hadley (backing vocals: Chris Rainbow).
Per la prima volta dall'inizio dell'album, ecco una voce che canta: sembra di sentire gli Spandau Ballet... già, perchè Hadley era il leader di questo gruppo; grande brano, forse uno degli hit dell'intero Cd, sicuramente destinata a raggiungere gli altri successi di AP & Co. (ed infatti le note finali in qualche modo ricordano alcune vecchie tracce).
Chitarre: Ian Bairnson; programmazione batterie e percussioni: Stuart Elliott; basso: John Giblin; tastiere: Robyn Smith, Ian Bairnson.

4. Call up (5:13,973), vocal Neil Lockwood.
Neil Lockwood che fa funk in un brano fatto apposta per Zakatek! Da notare il "wah wah" nelle chitarre di IB e l'organo, tipicamente funky, in sottofondo, suonato da Robyn Smith. È una specie di esorcismo cantato, a metà strada tra il serio ed il faceto, per far rivivere alcuni dei più grandi/celebri/importanti personaggi di tutti i tempi (e non c'è null'altro di simile nel repertorio musicale di AP). Una serie di trombe tra un ritornello e l'altro ricordano alla lontana le parti strumentali di Old and wise. Ecco l'identikit dei personaggi citati nel brano: Otis Redding, Marvin Gaye, Buddy Holly, Ludwig van Beethoven, Johann Sebastian Bach, Vladimir Ilic Ulianov Lenin (vogliamo dire John Lennon...), Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughn, Miles Davis, Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Elvis Presley (anche se è ancora vivo...), Albert Einstein, Charles Darwin, Isaac Newton, Martin Luther King, Mohandas Gandhi, Leonardo DaVinci, Gesù, Greta Garbo, Jayne Mansfield, Marilyn Monroe, Frank Sinatra, Bing Crosby, Humphrey Bogart, Ingrid o Ingmar Bergman (sul libretto con le parole il rigo corrispondente a Bergman è saltato: "Bring on Bergman"), Marlene Dietrich, James Dean, Pablo Picasso, Claude Monet, Rembrandt van Rijn, Auguste Renoir, Groucho Marx, Clark Gable, Alfred Hitchcock, Oscar Wilde, George Gershwin, Cole Porter, Duke Ellington, William Shakespeare, Lord Byron, Percy Bysshe Shelley, John Keats (come omaggio all'omonimo ristorante?), William Wordsworth, Robert Browning, Robert Burns, ed infine, praticamente in un sussurro, H.G. Wells.
Alla batteria il solito Stuart Elliott, al basso John Giblin; il sax è suonato da Ian Bairnson.

5. Ignorance is bliss (6:45,733), vocal Colin Blunstone (backing vocals: Chris Rainbow).
Cosa buona e giusta il rascoltare ancora una volta la voce di Colin Blunstone, con le stesse modalità canore dei suoi ultimi singoli; sebbene Rainbow canti in background non lo si nota neppure. Da notare, tra le parole del brano, numerosi riferimenti a celebri brani del Project.
Manco a dirlo: chitarre e sax Ian Bairnson, batteria Stuart Elliott, John Giblin al basso, Robyn Smith al piano, ed infine l'arrangiamento orchestrale è di Andrew Powell.

6. Rubber Universe (3:52,200), strumentale.
Della serie: IB suona il mandolino, le tastiere, le chitarre, il basso, il sax. Altra canzoncina funky? Sicuramente. E ci sono anche richiami ad I Robot verso la fine del brano. Stuart Elliott alla batteria.

7. The call of the wild (5:22,627), vocal Máire Brennan.
La canzone sembra fatta apposta per lo stile e la voce di Máire Brennan (dai Clannad, e sorella maggiore di Enya). Bello quando il brano si trasforma in pura orchestra, ed ancor di più quando l'orchestra si trasforma in timpani e similcornamuse, forse un richiamo dal World Liberty Concert.
Chitarre, basso, tastiere (e basta) Ian Bairnson, batteria Stuart Elliott, cornamuse del Northumberland Katryn Tickell, melodeon Julian Sutton, arrangiamento orchestrale Andrew Powell.

8. No future in the past (4:46,240), vocal Neil Lockwood, additional vocals Chris Rainbow, Stuart Elliott.
Come direbbe un fan scatenato, è un altro di quei pezzi che mettono alla prova le orecchie e provano senza alcun ragionevole dubbio che il vostro stereo è davvero uno stereo. È sicuramente il brano più bello del Cd, un ritorno alla fine degli anni '60 ma aggiornato alla fine degli anni '90, e comunque perfetto per la colonna sonora dei film di Austin Powers. Unica pecca: non si riesce a distinguere la voce di Elliott.
Finalmente un altra traccia in cui suona anche Alan Parsons (organo), con Ian Bairnson (chitarre), John Giblin (basso), Robyn Smith (tastiere) ed ovviamente Stuart Elliott (batteria).

9. Press Rewind (4:20,827), vocal Graham Dye.
La voce di Graham Dye somiglia a quella di Robbie Williams (o no?), ed infatti le influenze "beatlesiane" qui aumentano a dismisura, trasformando "Press Rewind" in un altro marchio registrato della ditta Parsons. In un altro periodo questo pezzo sarebbe diventato sicuramente un single.
Ian Bairnson: chitarre; batteria: Stuart Elliott; basso: John Giblin.

10. The very last time (3:42,106), vocal Beverley Craven (backing vocals: Ian Bairnson)
Questo brano è dedicato alla memoria di Gemma; Gemma era il cane di IB (se ne possono vedere un paio di immagini nella sezione credits del CDRom di OA). Si tratta di un brano molto triste, e contemporaneamente romantico e sentimentale. Ottimo l'accompagnamento al piano di Robyn Smith, con il decisivo apporto di Claire Orsler alla viola, Julia Singleton e Jackie Norris ai violini, e Dinah Beamish (già sentita in "Blue Blue Sky 3") al violoncello. Gli arrangiamenti per le stringhe sono dello stesso Ian Bairnson.

11. Far ago and long away (5:15,427), strumentale.
Le prime note servono a convincere l'ascoltatore che Andrew Powell (arrangiamenti per l'orchestra) è parte integrante di questo gruppo, come lo è stato per il Project. Anche qui c'è qualcosa che ricorda da vicino TOMAI e IR, soprattutto sullo sfondo, tra voci corali e parti parlate (o sussurrate). Ian Bairnson: chitarre, basso e tastiere, insieme a Richard Cottle; programmazione batterie: Stuart Elliott.

12. H.G. Force Part 2 [The Time Machine (Part 2) nella versione europea] (2:47,067), strumentale.
Un'annotazione sulla durata del brano: in realtà dura solo un minuto e 47 secondi, più gli spiccioli; il minuto aggiuntivo è di "pausa" prima del brano successivo: simbolicamente, osservando il Cd c'è un conto alla rovescia prima della traccia 13, come un viaggio a ritroso prima dell'inizio... [Il minuto di pausa è assente nella versione europea]. Stuart Elliott: tastiere, programmazione batterie. Richard Cottle: tastiere aggiuntive. Ian Bairnson: chitarre.

13. Beginnings (4:31,761), strumentale.
È la bonus track che si trova esclusivamente nella release giapponese. Il ritmo è quasi identico a "Let yourself go" (Freudiana). Si dice che questo brano sia rimasto per qualche anno nel cassetto, e quasi certamente è stato composto nel periodo del "Project". Ottimo, come sempre, l'assolo di chitarra; interessante notare la cadenza del parlato di Alan Parsons. I credits, non indicati nel libretto, sono: Music by Stuart Elliott and Alan Parsons. Drums, bass, and programming by Stuart Elliott. Guitar by Ian Bairnson. Keyboards and narration by Alan Parsons (thanks to Tateisi Yuka).

[13. Dr. Evil Edit] (4:31,761), voice by Mike Myers.
È la bonus track che si trova esclusivamente nella release europea. Riprende la prima traccia (comunque la si voglia chiamare), sulla quale Mike Myers (l'attore che nei film "Austin Powers" interpreta il personaggio omonimo, più altri, tra i quali il cattivissimo Dr. Evil) inserisce del parlato. Ecco le frasi:
- The key to this plan is the giant laser. It was invented by the noted Cambridge physicist Dr. Parsons. Therefore we shall call it the Alan Parsons Project.
- I've turned the Moon into what I like to call a Death Star.
- The Alan Parsons Project will destroy Washington, D.C.
- Mr. President, allow me to demonstrate the awesome lethality of the Alan Parsons Project.
- Ladies and gentlemen, I've developed a device for travelling through time which I call a "Time Machine". Using this "Time Machine", I'm going to go back to the Sixties and steal Austin Powers' mojo.
I credits, non indicati nel libretto, sono gli stessi della prima (o dodicesima) traccia, con l'ovvia aggiunta di Mike Myers come vocalist.
Da questo brano è stato tratto un video con animazioni al computer, realizzato in circa quattro settimane da Ben Liebrand mediante Softimage 3D, e contiene un paio di disegni di Storm Thorgerson, il celebre disegnatore di alcune copertine di dischi di AP (ma anche dei Pink Floyd). Uno dei disegni di Storm, incluso nel video, è "la pazza città dei tubi", ed un altro raffigura un uomo che trascina un orologio pesantissimo su una spiaggia; questi disegni sono stati modificati in 3D ed usati nel video. Lo stile del video si ispira alla fantascienza di inizio XX secolo, e sarebbe senz'altro piaciuto a Giulio Verne. La macchina del tempo è una sorta di palla rotante, che crea un campo che avvolge completamente la struttura principale e che permette di spostarsi nel tempo: il video può essere visto (e scaricato) al sito http://server.mixfreaks.org/~liebrand/aptm_liebrand.mpg. Ultima curiosità: le immagini di questa macchina del tempo sono state utilizzate per la copertina ed un servizio sul tempo apparsi sul mensile italiano "Quark" del febbraio 2004.

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