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La seguente intervista è uscita nella pagina Spettacoli dell'Unità il 30 settembre 1996

 

IL PERSONAGGIO. Intervista a John Mellencamp, poeta dell'America arrabbiata e proletaria

Il rock in bianco e nero

Intervista con John Mellencamp. Una volta si chiamava John Cougar ed era divenuto il "nuovo rocker" americano, ai tempi di American Fool. Poi è cresciuto, enormemente, con dischi belli, importanti e politicamente radicali come Scarecrow, Big Daddy, Human Wheels. È un artista del livello di uno Springsteen, un grande narratore dei sogni e delle delusioni dell'America, ma continua ad essere poco noto in Europa. Diamogli la parola.

di STEFANO BOCCONETTI

 

ROMA. Cercare sempre. Se poi riesci a trovare qualcosa, meglio; ma non è quello l'importante. Cercare sempre, perché "questo mi ha insegnato il rock". Non è questione né di quattro-quarti, né di ritmi. "È un fatto di testa: se ce l'hai nel sangue quello spirito non ti fermi. Continui a provare altre strade....". Cercare sempre, dunque. E cercare tutto. Sonorità, parole, contaminazioni. Oppure, più semplicemente, continuare a cercare un pacchetto di sigarette (americane ) di un improbabile color celeste pastello, durante un'intervista. John Mellencamp - quarantatré anni, quattordici album, trenta milioni di dischi venduti negli States, un infarto due anni fa durante una tournée, un impegno costante in un'associazione, "Farm Aid" nata per contrastare gli effetti del liberismo fra i piccoli agricoltori - non ha ancora alcuna voglia di fermarsi. E te lo trasmette "fisicamente". Giocherellando col portacenere, con un bicchiere d'acqua ("dopo l'infarto stop all'alcool") . O chiedendo a te che l'intervisti un parere dettagliatissimo sui suoi lavori.
È il Mellencamp che ti aspetti, insomma, quello che ti accoglie nella suite di uno dei più grandi alberghi di via Veneto. La faccia da eterno ragazzo che alla fine è stato costretto a crescere (metà Tom Waits metà un ritratto di Dorothea Lange), solo un po' più "sospettoso". L'ultima volta è stato in Italia quattordici anni fa, all'epoca in cui cantava Pink Houses, la sua denuncia sull'America ipocrita delle casette rosa che chiude gli occhi su ciò che accade al di là delle siepi dei giardini. Allora, lui che si faceva chiamare John Cougar, come gli avevano imposto i discografici, fu spedito in un programma televisivo, Pippo Baudo o giù di li. E mentre cantava, la regia di Domenica In lo fece accompagnare da due ballerine "vestite da orso". Non ha mai capito cosa c'entrassero, il perché di quel balletto, e quando incontra un italiano continua a chiederglielo. Di Pippo Baudo o simili ne avrà sicuramente incontrati tanti altri in vent'anni di carriera. Eppure non ha perso la voglia di cercare.

"Si, è cosi. Ogni tanto leggo qualcosa su di me, articoli interviste dove mi definiscono un songwriter dell'uomo medio americano. Non so se sia vero o no, non mi piacciono le etichette, non posso controllare tutto ciò che scrivono su di me. So però che anch'io provo un senso di smarrimento, di disperazione davanti a tante cose: a ciò che non va, davanti ai luoghi comuni, davanti alla violenza. Come reagisci? Cercando, ricercando. Non fermandoti mai".

 Ora questa sua "voglia" l'ha portato all'ultimo lavoro discografico Mr Happy, Go Lucky. Dove il suo linguaggio musicale - quelle ballate rock, lineari ma "sporche", semplici ma solo perché universali - hanno lasciato il posto a sonorità più sofisticate. Ora alla produzione c'è Junior Vasquez, il mago dance che riesce a rendere appetibile anche Madonna, ora la batteria in gran parte è affidata a nastri preregistrati.

 Disco più facile dei tuoi precedenti; forse più "commerciale"?

Commerciale nel senso di fatto, pensato apposta per farlo diventare un hit? Non saprei neanche come si "confeziona" un disco così. Però una base di verità in quello che dici, c'è. Non riferita solo a me, ma a tutti. E cioè che quindici venti anni fa si poteva fare un buon lavoro musicale anche se non vendeva. Restava lì, nella vetrina della tua carriera. Oggi non è più possibile. Se vuoi fare un buon disco devi anche venderlo, altrimenti non lo fai. Potrà sembrare triste, ma è cosi.

Non per vendere, dici. Ma allora perché un disco cosi tanto, troppo orecchiabile?

Se la tua domanda significa che i miei brani fanno "muovere" la gente che mi ascolta, non mi scandalizza. Dove sarebbe il peccato?

Mettiamola diversamente, allora: tutti conoscono uno stile Mellencamp, ora un po' meno riconoscibile. Perché?

Perché se ho uno stile, come lo chiami tu è proprio questo: provare nuove strade. Cambio perché ripropor mi all'infinito non avrebbe senso. E perché non mi diverto più.

Strano, proprio ora che le tue "idee musicali" finalmente sfondano negli States; strano che non ti diverta più proprio ora che Hootie and the Blowfish, Mountain Boys o Wilco scalano le classifiche.

No, non è strano. Quelle cose le ho già fatte, le ho provate. E ti ripeto: se l'attitudine al rock ce l'hai nella testa, non puoi fermarti.

Anche altri musicisti continuano a cercare. Ma in altre direzioni: pensa a Springsteen o a Steve Earle.
Tu sei andato altrove. Pensi che la musica popolare non abbia più nulla da proporre?

Al contrario. Quella musica ha ancora un'enorme capacità di comunicare, di far crescere chi la fa e chi l'ascolta. Ma bisogna intendersi: la musica popolare non è solo folk, come magari troppo spesso si vuole far credere. Nella mia cultura, per esempio c'è soprattutto tanto soul. Io il soul ce l'ho nel sangue. E credo che oggi la forma musicale che meglio reinterpreta il soul sia l'hip-hop. Se vuoi, eccoti un'altra spiegazione del mio ultimo lavoro. Ma sai quel è stato il primo, vero approccio che ho avuto col soul? È stato tanti anni fa. quando cinque ragazzi inglesi bianchi che si chiamavano Rolling Stones fecero conoscere la musica nera a noi ragazzi bianchi dell'Indiana. Beh... basta questo a farti capire cosa non va nel mondo della musica.

Cos'è? Cambia il linguaggio, ma resta sempre il Mellencamp di "Authority Song", che strimpellava sugli abusi e sull'immoralità delle major discografiche?

Se mi chiedi dei miei rapporti con la casa discografica ti rispondo cosi: ora va un pochino meglio. Ma solo un po' e solo ora, perché fino a poco tempo fa col mio capo c'era un odio reciproco e lui, di me, diceva che ero il "vecchietto"" della compagnia e aveva qualche dubbio che fossi un buon affare Se mi chiedi altro..

Si, ti chiedo altro: del tuo atteggiamento verso i soprusi del music business.

La mia musica non ha mai subito interferenze. Non l'avrei permesso.

Ed il tuo atteggiamento verso gli "altri" soprusi? Magari quelli di chi espropria i contadini del Midwest?

Vedi dieci anni fa pensavi: ci mettiamo assieme e cambiamo le cose. Ora è tutto diverso. Questo significa diventare grandi? No, non c'entra nulla. Su tante cose la penso esattamente come prima. Ma non ha più senso che io cerchi di convincerti... Semplicemente, non è giusto. Io ho una mia idea, la metto in musica, o la metto sui miei quadri o la provo a mettere nell'unico film che ho fatto. Se poi quella mia idea ti fa cominciare a pensare a qualcosa, ne sono felice. Ma può essere che quelle riflessioni ti portino da qualche parte, molto lontano dalle mie conclusioni, e va bene lo stesso.

Scusa, perché ti ostini a rifiutare l'etichetta di rocker politico?

Perché non faccio politica e non mi piace.

E Farm Aid? E i testi delle tue canzoni? E il disincanto di quei personaggi carveriani che canti, come lo definiresti, se non musica impegnata?

Allora dobbiamo intenderci: da noi "politica" significa essere iscritti ad un partito, essere eletti, o provarci. E basta. Più o meno, mi pare di aver capito che qui in Europa alla parola date un altro significato. Se mi chiedi: a te piacerebbe che non ci fosse più razzismo? Che non ci fosse più fascismo (proprio in questi giorni la chitarra di Mellencamp con il gadget "Fuck fascism" è stata censurata su una Tv americana, N.d.R.) ? Se mi chiedi: ti piacerebbe che non ci fosse più violenza, che non ci fossero più le ragioni della violenza? E se a queste domande io ti rispondessi sl e tu mi dicessi che questo vuol dire essere "politico", allora ti direi che va bene, lo sono. Ma, nel mio paese, ."politico" tutto vuol dire meno che provare a cambiare le cose.

Ma davvero negli States è tutto uguale? Reagan o Clinton che sia?

Io so che abbiamo cominciato undici anni fa con Farm Aid per trovare fondi da destinare ai contadini rimasti senza terra e salario. E so che anche quest'anno dobbiamo fare un altro concerto per Farm Aid.

Un'ultima cosa, una curiosità: in una delle canzoni del tuo ultimo album parli di un tal Jim Picato. Nessuno ne sa nulla: chi è? È un riferimento culturale o che?

È una persona vera. Non è un amico, ma esiste. Uno che ha 40/45 anni, non lavora, perché non vuole lavorare. Un vecchio hippy, se vuoi. Vive al bar, in strada e a casa, senza vincoli. Un po' come mi sarebbe piaciuto fare, ma non ho fatto.

Sempre lo spirito rock?

Quello che ti spinge a cercare e a pensare che sempre, forse, avresti potuto fare in un altro modo.

E ora?

Ora non lo so. Forse un altro disco. Magari in stile John Wesley Harding Che, mi pare di capire, ti piacerebbe di più. Può essere, chi lo sa?


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