RADIO ONE 1989

Nel 1989 Kate concesse pochissime interviste su "The Sensual World". L'intervista più lunga e interessante é quella rilasciata il 14 ottobre al suo amico Roger Scott, DJ di Radio One. L'intervista, per una volta, incontrò la completa approvazione di Kate, che la fece trascrivere integralmente sulla fanzine del Club.

R - Quando incominci un progetto come questo ed hai tutti questi spunti di canzone, hai un'idea di cosa ne uscirà fuori alla fine? Hai qualcosa in mente?

K - No, non credo. Il pensiero dell'album finito a volte sembra così lontano che non so come suonerà alla fine. Ho un'idea di come vorrei che fosse nella mia testa, ma non é un qualcosa che posso prevedere del tutto fin dall'inizio. E' un lungo viaggio.

R - Non c'é nessun grande pensiero che tu vorresti far capire o sentimento che vorresti trasmettere alla gente quando lo ascoltano?

K - Se fossi così sicura di questo all'inizio di un album non credo che ci impiegherei tanto a finirlo. Il mio problema é che quando inizio un album voglio che sia differente da quello precedente, devo cercare di iniziare da qualcosa di nuovo, iniziare a scribacchiare qualcosa. Ogni volta é come se fosse il primo album che faccio, come se non avessi mai cantato prima e mai scritto una canzone prima "Oh, Dio, come ho fatto a fare questo". E suppongo che, gradualmente, dopo una tremenda quantità di dubbi, alla fine comincio ad avere un'idea di quello che voglio dire, cosa che decisamente non ho all'inizio. Forse l'intero processo del fare un album é, per me, cercare di trovare cosa voglio dire adesso, ed é solo alla fine dell'album che lo scopro.

R - Cos'hai scoperto, dunque?

K - Beh, penso che se c'é una qualche tematica su questo album (perché non é affatto un concept album, sono canzoni molto distinte tra loro) é forse quella di dire alle persone: "Ascolta, se sei in una situazione molto difficile, se ti senti proprio giù di corda, se le cose sono terribili, andrà bene. Cerca di non sentirti troppo infelice, forse provando a parlarne con qualcuno, cerca di uscirne, perché dovresti essere felice." Forse cerco di essere confortante. Non riesco a pensare a niente che mi commuoverebbe di piu' che pensare a qualcuno che ascoltando l'album ne traesse conforto. Sarebbe fantastico per me. Perciò, hey... spero che ci sia qualcuno la' fuori!!

R - Però, come in molti tuoi lavori, ascoltando queste canzoni si avverte una sensazione di pericolo, di minaccia in sottofondo, non so. E' qualcosa di voluto, che la gente si senta leggermente minacciata?

K - Questa é davvero una buona domanda. Altre persone mi hanno detto che é un album molto oscuro, ma non per me. Per me é il mio album più felice. Trovo che alcune canzoni siano molto divertenti, mentre la gente le trova spaventose. Credo di avere un senso dell'umorismo abbastanza nero e forse questo inconsciamente si riversa nella mia musica. Forse era qualcosa che sentivo mentre scrivevo l'album, la sensazione di essere spaventata. Penso che per me sia una grande forma di autoterapia, più lavoro su un album e più diventa un metodo per cercare di guarire me stessa, dare uno sguardo dentro di me. Capisci cosa intendo? Potrebbe essere una cosa molto egoistica per certi versi, ma credo che l'arte sia così. Credo che ciò che gli artisti cercano di fare é lavorare sui problemi attraverso la loro arte, guardare a se stessi, affrontare tutte quelle cose. Suona logico per te?

R - Oh sì, suona molto ragionevole, perciò ci sono tutti i tuoi problemi su questo disco, da cui tu ora ti sei liberata e che hai gravato su di noi?

K - Credo che sia così con ogni album, sì, e forse poiché questo é il più personale per me finora, probabilmente é più ovvio.

R - Il tuo album più personale, come mai?

K - Non é che l'album parli di me, non é autobiografico, ma é il più diretto che abbia mai scritto. Ero nel mio studio, avevo un sacco di tempo e nessuna pressione esterna. Ho registrato l'intero album con Del, solo io e lui in una collaborazione molto stretta, abbiamo lavorato molto intensamente perché, per la prima volta, é stato davvero difficile per me scrivere le canzoni, sono arrivata al punto in cui ero totalmente incapace di scrivere, non sapevo quello che volevo dire, proprio come dicevo prima. Tutto mi sembrava spazzatura, niente aveva significato. Dovevo dare un senso a questa mancanza di significati. Ecco perché prima ho detto che lavorare sugli album può aiutare me, ma anche altre persone. Lavorare sui miei problemi può aiutare la gente a lavorare sui propri. Forse la mancanza di significato dell'arte sta nel fatto che, una volta che hai finito il tuo egoistico lavoro su di essa, puoi darlo alla gente e sperare di farla perlomeno sorridere, o qualcosa del genere.

R - Perciò questo album viene meno dalla tua immaginazione, come in passato, e più dalla vera te stessa?

K - Più probabilmente viene da entrambe, perché penso che ci sia molta immaginazione nei suoni di quest'album, più che in passato. Ma forse é solo un'opinione soggettiva e la gente non lo sente come me. Forse é perché non mi sono nascosta molto nello scrivere questo album, puo' darsi che sia stata un po' più coraggiosa ed ecco perché é stato così difficile per me scriverlo. R - In passato c'é sempre stata una grande differenza tra la vera Kate che é seduta qui e la Kate che appariva nei dischi e nei video. C'era davvero molto poco in comune tra le due. Era un'altra che creava quei dischi, che scriveva quelle canzoni e che appariva in quei video.

K- Non so...certamente é stato così nei video, sì, ma penso che sia sempre stata io a scrivere quelle canzoni solo che ero nascosta.

R- Avrei detto che é un'altra Kate quella che si vede nella vita di tutti i giorni.

K- Penso che tu abbia ragione, assolutamente, ma non credi che sia lo stesso per la maggior parte delle persone che si occupano di arte?

R - Questa é una esagerazione...

K - Certe volte é uno shock scoprire che la persona che produce arte, che parla attraverso l'arte, non é quella che incontri. Per quanto mi riguarda é questo che mi affascina nell'incontrare persone il cui lavoro mi piace. Mi piace davvero quando sono molto diverse da come il loro lavoro lascia supporre. Come quando incontri i comici, non m'importa affatto se non sono divententi, anzi trovo assolutamente affascinante se sono persone molto serie. Questo é il segno distintivo, le persone creative hanno quasi bisogno di nascondersi, forse perché quello che fai ti rende vulnerabile, sei totalmente esposto come non lo saresti mai nella vita di tutti i giorni. Forse c'é il bisogno di nascondere completamente il vero io. Non ci si dovrebbe sorprendere se un artista molto estroverso sul palco é, in realtà, una persona tranquilla. Anche se, la prima volta che lo si incontra, potrebbe sembrare uno schizofrenico.

R - Allora non esiste vera arte che sia reale?

K - Si', penso che ci sia vera arte ma credo che l'arte abbia a che fare con l'illusione. Per me va bene che delle cose che sono legate tra loro possano essere vera arte e penso che ci sia vera arte solo negli occhi dello spettatore o dell'ascoltatore. Questa é la grandezza dell'Arte, é valida soltanto quando piace a chi l'apprezza. E' un qualcosa di molto personale e, a mio parere, l'arte é proprio questo: una comunicazione molto personale.

R- Parlami un po' della tua arte in questo nuovo lavoro. Affascina particolarmente l'unione del suono irlandese con quello bulgaro che sembra piuttosto improbabile sulla carta ma che all'ascolto é straordinaria. In alcuni brani ci sono musicisti irlandesi e cantanti bulgare che in un modo o nell'altro riescono a funzionare insieme. E' difficile comprendere dove fosse la tua testa quando hai deciso di seguire questa strada.

K- Capisco. E' preoccupante vero? Beh l'intero processo di realizzazione di questo album é proprio assurdo. E' straordinario persino quando ci penso io stessa, per non parlare di quando cerco di spiegare ad altre perso-ne la bizzarra catena d'associazione d'idee e di circostanze verificatesi che hanno permesso la creazione di questo album. Nella canzone "The Sensual World" ci sono musicisti irlandesi che suonano una melodia greca. A causa dell'ispirazione Joyceiana, volevo dei musicisti irlandesi, poi, quando ho avuto tutti quiei problemi per il testo ed ho dovuto riscrivere i versi, ho cambiato approccio. Mi sono ricordata di una canzone che avevo sentito tre anni fa, un fan aveva spedito la cassetta a Paddy, un pezzo di musica macedone. Era splendida, non sapevo se avrebbe funzionato, ma volevo provare. Ha funzionato ed ecco perché é lì. Nell'album ci sono molte cose che ho sentito negli ultimi anni e che ho incollato insieme, é stato un processo davvero bizzarro.

R - Ma funziona.

K - Sì, abbiamo sperimentato molto. Il mio problema più grande é stato convincere me stessa che tutto era OK, che dovevo andare avanti e fare ciò che sentivo senza farmi prendere dai dubbi. Ho pensato di usare il Trio Bulgarka almeno 6 mesi prima di avere abbastanza fegato per decidermi a contattarle. Ero terribilmente spaventata dall'idea che non funzionasse perché la responsabilità sarebbe stata mia. Sono delle cantanti eccezionali e la loro musica é così bella. Se, lavorando insieme, ne fosse uscito qualcosa di brutto avrei dovuto buttarlo via perché la loro reputazione é più importante della mia, non avrei mai potuto metterle sul mio disco. Se solo fossi stata un po' più coraggiosa mi sarei risparmiata 6 mesi di agonia.

R - Ho sentito dire che sei piuttosto famosa in Bulgaria, é vero?

K - Così mi é stato detto. Non so se me l'hanno detto per gentilezza, comunque hanno detto proprio così. E' sorprendente.

R- Chi é questo Trio Bulgarka? Non sembrano un gruppo di novelline...

K- No, non lo sono. Sono tre delle più grandi interpreti della Bulgaria e can-tano insieme da qualcosa come venti o trent'anni. Provengono da diverse parti dello Stato, da piccoli villaggi e sono persone molto semplici. Hanno vissuto una vita molto piena, lavorano con grande impegno. Non avevo mai lavorato prima con persone così' dedite alla loro professione né tanto meno avevo mai lavora-to con delle donne a questi livelli, il che é stato favoloso. Era stimolante per me lavorare creativamente con delle donne. L'intero processo é stato incredibile ero molto spaventata perché non sapevo se avrebbe funzionato. Siamo andati in Bulgaria e loro non sapevano una parola d'inglese, così come noi non conoscevamo la lingua bulgara e la comunicazione da avviare era estremamente stentata. Nel giro di dieci minuti ci hanno accolto cordialmente nella loro casa, in modo molto affet-tuoso, poi si sono sedute e ci hanno cantato una delle loro canzoni. Erano sedute dall'altro lato del tavolo mentre la più anziana, Eva, ha alzato la cornetta del telefono e ascoltato il segnale della linea libera "Hmmm" e insieme hanno intonato la nota del segnale acustico. Dopo di che sono esplose nella canzone ed é stata la cosa più bella. Mi succede raramente di sentirmi commossa dalla musica al punto di vo-ler piangere, ma in pochi minuti mi sono ritrovata là seduta con le lacri-me che scendevano lungo le mie guance. Credo che sia stato così che ab-biamo comunicato fra noi, non che sia stato sempre così estremo, ma c'é stata una grande comunicazione a livello emotivo, non cera proprio bisogno di parole. Loro hanno amato il fatto che noi eravamo così commossi e il lavoro in studio era fatto più di abbracci che non di lunghe conversazioni. E' stato meraviglioso, un'esperienza davvero speciale. Non vorrei averla persa per niente al mondo, mi ha colpita enormemente. Sono così onorata di aver lavorato con loro, sia come persone che come musiciste, la musica parla da sè ma é davvero incredibile trovarsi con delle persone così.

R - Cos'é che rende uniche le voci bulgare, il fatto che non sono come nient'altro di conosciuto?

K - Sì, é una buona domanda,cioé, cos'é che rende diversa la musica da tutto il mondo? E' come se fosse la voce di una particolare parte del mondo, la voce di un popolo, di una razza... come la musica irlandese, così emotiva, allegra eppure triste, come il popolo irlandese, così emotivo e con un uso così poetico delle parole. In Bulgaria la gente é passata attraverso una terribile soffrenza, sono stati perfino torturati dai Turchi, e penso che la loro sofferenza si rifletta nella loro musica. Non é inusuale che in certi posti del mondo, dove la gente ha passato davvero dei brutti momenti, la musica sia così bella. Forse la musica é una delle poche cose a cui la gente si attacca nei momenti difficili.

R - Qual canzone sceglieresti per rappresentare al meglio queste voci?

K - Decisamente "Rocket's Tail". A volte, quando stanno cantando, puoi sentire l'aria spezzarsi. E' come se ci fossero troppe informazioni armoniche nelle loro voci.

R - Parlami di questa canzone.

K - Di "Rocket's Tail"? Oh Dio, non avresti dovuto chiedermelo! Beh, l'ho scritta apposta per il Trio. Musicalmente volevo una canzone che potesse evidenziare le loro capacità vocali, le altre due canzoni in cui appaiono erano già strutturate. L'arrangiatore con cui abbiamo lavorato é un uomo brillante, anche se non parlavamo la stessa lingua lui sembrava sapere esattamente cosa volevo. Infatti, dopo appena poche ore mi ha tirato fuoi le melodie più incredibili, tanto che non ho dovuto fare altro che dire "Ooh sì, mi piace, no, non troppo acuto su questo, oh, questo é meraviglioso" e lui usciva e lo scriveva. Non avevo mai lavorato così prima, intendo così velocemente, con qualcuno che non avevo mai incontrato prima. E' stato emozionante trovare questa specie di effetto chimico.

R - Ma Rocket non é uno dei tuoi gatti?

K - Rocket é uno dei miei gatti, sì, e lui é stato l'ispirazione per il soggetto della canzone perché é terribilmente astuto. E' un soggetto strano perché non parla del mio gatto, anche se é dedicata a lui. La canzone dice che non c'é niente di sbagliato nell'essere qui, in questo momento, e nel godere di questo attimo nella sua totale pienezza. Ho usato l'idea del razzo che per tre secondi é completamente eccitato ma poi svanisce, eppure che importa se é scomparso: ha provato tre secondi di assoluta, meravigliosa estasi!

R - Sei cosciente del tempo che passa? Perché gli intervalli tra un album e l'altro sembrano allungarsi di un anno di volta in volta. Ne sei consapevole oppure semplicemente lo escludi dai tuoi pensieri?

K - Sì, ne sono molto consapevole. Credo che sarebbe impossibile per me non accorgermene perché più il tempo passa e peggio diventa e penso "Mio Dio, non riuscirò mai a finirlo". I miei nastri non saprebbero cosa fare se non avessero il tempo di restare fermi un anno a fermentare. Ora é diventato come per il vino, lascio i nastri e vado via a fare qualcos'altro, mentre la musica fermenta da sola. Vorrei tanto essere capace di scrivere un album in otto settimane, in un certo senso invidio chi riesce a farlo così velocemente, ma so che io non posso farlo. Se lo facessi non credo che sarei felice dei risultati, a meno che io non cambi radicalmente e mi senta in grado di farlo. Ma io sono così, mi provoca una tremenda agonia. Intendo dire che l'agonia che provo é patetica, é solo un disco, sono solo dieci canzoni su di un disco.

R - Ma anche questo é arte, sono sicuro che nessuno diceva a Michelangelo, mentre faceva la cappella Sistina, "Sbrigati, sei indietro sulla tabella di marcia Mike!". L'Arte e gli artisti sono autorizzati a prendersela comoda. Tu hai il tuo tempo, un tuo calendario personale, un tuo orologio e tu sicuramente non operi nel mondo normale.

K - Beh, é anche perché non ci riesco!

R - Diventa una cosa ossessiva quando lavori o riesci a rimouvere il pensiero, andartene e fare qualcos'altro?

K - No, non posso. Sono completamente ossessionata. Quando comincio un album esiste solo quello, io non ci sono. Non sono più su questo pianeta finché non é finito ed é per questo motivo che é un tale sollievo per me quando tutto é finito ed é una tale agonia quando ci metto degli anni.

R - Devo infilare da qualche parte questa domanda, perché tutti si stanno chiedendo "Quando glielo chiederà?", te l'ho chiesto in ogni intervista. La domanda é: "Andrai in tournée questa volta, porterai questo album sul palco?".

K - Ottima domanda. Mi é piaciuto moltissimo andare in tour anni fa, é ironico perché molta gente pensa che io odio fare concerti e che sia questo il motivo perché non ne ho più fatti da allora. In questi anni ho voluto trascorrere il mio tempo come autrice, scrivere canzoni, non ricreare le stesse che avevo già scritto e presentarle di fronte ad un pubblico, sono due esperienze molto diverse. Una tournée significa un contatto, un contatto reale con le persone, divertirsi molto. Ma significa anche esaurirsi é un impegno enorme. La musica é completamente diversa, é microscopica. Il fatto di prendere tanti piccoli pezzi di tempo e metterli insieme, non é proprio come correre in tempo reale. Il processo creativo é molto introverso e lo é sin dai primi scarabocchi. Questo per me, negli ultimi anni, ha significato molto di più del contatto con la gente. Credo di aver imparato moltissimo rimanendo in uno studio per periodi così lunghi e intensi, ho imparato cose nuove non solo sul processo di scrittura e di lavoro sulla musica, ma anche su me stessa. Però mi manca il contatto umano dei concerti e questo mi spaventa molto perché non mi esibisco dal vivo da così tanto che le poche volte che l'ho fatto negli ultimi anni mi sono sentita molto a disagio. Mi piacerebbe davvero andare in tour di nuovo, ma sono terrorizzata al pensiero di impegnarmi fino a questo punto. Però é la prima volta dopo lungo tempo che comincio a pensarci bene, potrebbe essere divertente. Quindi la risposta é "Non so".

R - Fallo solo se sarà una cosa divertente, non farlo se deve diventare un incubo per te.

K - Sì, é un'altra ragione per cui non l'ho ancora fatto, non ne ero sicura, hai ragione. Uno deve fare concerti solo se veramente lo vuole, perché deve essere un divertimento, sì.

R- Parlando di film, t'interessano? So che in passato ti hanno chiesto di interpretare delle parti nei film, ma al momento, ti interessa la cosa?

K- Non credo di avere nessuna ambizione come attrice. Ma mi piacciono molto i film e certamente, se mi venisse offerta una parte che pensassi di poter interpretare bene, sono sicura che lo farei perché imparerei molto ed io adoro l'intero processo di realizzazione di un film. Quello che veramente mi attrae é l'idea di poter dirigere un minifilm un giorno, per il quale scriverei io stessa la musica . Così ci sarebbero sia la musica che le immagini insieme, ma senza che mi si debba necessariamente vedere come personaggio. Mi piace raccontare storie e penso che il film abbia esattamente lo stesso processo: il regista é un narratore. Al momento credo che ciò rappresenti l'attrattiva maggiore per me: l'idea di scrivere la storia piuttosto che esserne uno dei personaggi.

R- Prima tu hai detto che scrivere questo album, e gli anni che hai impiegato per port-are a termine il progetto, ti hanno fatto capire molto su te stessa. Quali cose di te hai imparato in questi tre-quattro anni?

K- Non credo che dopo l'ultimo album avrei mai detto "Questo é soltanto un album". E' una cosa molto importante da ammettere, perché io sono molto ossessiva con il mio lavoro, passo la maggior parte del mio tempo lavorando e di ciò me ne sono resa conto solo negli ultimi anni. Ci sono molte altre cose nella vita che solo il lavoro, che scrivere un album. E' solo un album, é solo una parte della mia vita, non la mia vita. In passato credevo che scrivere un album fosse la mia vita, ma adesso non più, e ciò é tremendo. ll senso di libertà che questo pensiero mi dà é così bello, penso sia realmente salutare, e' molto meglio per me cercare di mettere queste cose in prospettiva. Se non stai attento ti ritrovi intrappolato nelle piccole cose senza importanza. E' un tale spreco di tempo. E' così sciocco, ma tutti tendiamo a comportarci in questo modo, a ingigantire le cose.


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