Nella
pittura di Defino la suggestione delle immagini è prodotta dal contrasto
tra l’apparente semplicità dello stile e i contenuti allegorici delle
composizioni, magicamente sospese tra realtà, mito e sogno. Il linguaggio di sapore “naif” maschera sapientemente, in un continuo
gioco di illusioni e di citazioni colte, l’inaspettata trama di
riferimenti simbolici che ripropongono, in una chiave ironico-onirica,
formule e segni della nostra tradizione culturale. Delfino
è “un eterno bambino che dipinge" (Klee) e che si diverte a guardare
con occhi trasognati il mondo che ci circonda e la sua storia: si diverte a
raccontare le sue esperienze infantili davanti alle amate e pittoresche
ville liguri, si diverte a stimolare l'attenzione di chi guarda con il
fascino ambiguo e ammaliante delle Lettrici, si diverte a immaginare una
surreale Venezia del futuro arroccata su fatiscenti palafitte. Ma,
pirandellianamente, la festosità cromatica e l’umorismo
celano, come in un gioco di scatole cinesi, una visione amara e disincantata
della realtà, evidente nell’inquietante valenza simbolica delle sataniche
lettrici o nell’immagine profetica di un universo futuro. Ricordi
personali e ricordi culturali si intrecciano così in una pittura che ci
sorprende per la levità delle immagini pur in presenza di profondi
significati filosofici.
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