Tarocchi o Trionfi.
In un primo momento i Tarocchi paiono far gioco a se, e solo in un secondo tempo unirsi ai quattro semi. Ignota ci è ancora l'origine del termine tarocco, di apparente filiazione araba. Taroccato si diceva di una superficie dorata a foglia quando veniva picchiettata o solcata da uno stilo, o punzone, per imprimere un disegno nell'oro. I fondi dei primi tarocchi miniati sono ottenuti in tal modo; tarocco è anche un genere d'arancia siciliana di importazione araba; taroccare significa brontolare. Ma quando e perché questi termini vennero usati? Nulla si sa di certo, come nulla si sa dell'origine del termine
naib. I vari accostamenti a vocaboli arabi vennero fatti da studiosi che - a ben osservare i termini - l'arabo non lo conoscevano per nulla.
DIFFUSIONE IN EUROPA
Alcuni autori hanno voluto vedere negli zingari gli importatori e i diffusori del gioco delle carte. Questa tribù indoariana comparve nell'impero bizantino e nei paesi balcani verso il X secolo, ma penetrò nell'Europa occidentale solo più tardi: nel 1398 in Boemia, nel 1414 a Basilea, nel 1417 ad Amburgo, nel 1422 a Roma, nel 1427 a Barcellona e a Parigi; date in cui le carte da gioco erano già largamente diffuse in queste città. Infatti la prima notizia positiva su di esse è del 23 maggio 1376:nel Libro di Provvigione fiorentina vien dichiarata applicabile al nuovo gioco dei naibi la legge della zecca. Dell'anno seguente è il testo del Tractatus de moribus et disciplina humane
conversacionis, in cui Johannes, in ordine praedicatorum minimum,nacione
Theotonicus, ci dice: «nell’anno del Signore 1377 è arrivato da noi un certo gioco di carte. In questo gioco lo stato del mondo nei tempi attuali e moderni è descritto e figurato in modo perfetto. Ma in qual luogo,in che tempo e da chi è stato composto lo ignoro del tutto...Ma il soggetto di questo trattato può esser comparato col gioco degli scacchi, perché in entrambi ci sono re, regine, nobili e popolani. Così l'uno e l’altro gioco possono esser trattati in senso morale ».Nonostante questa « descrizione del mondo » che ci potrebbe far supporre l'esistenza di Trionfi, l'autore descrive solo giochi con quattro semi e con re, regine, marescialli e valletti, in varia quantità a seconda dei giochi e dei giocatori. Il manoscritto, però, non è originale bensì una copia del 1472, il che permette un ragionevole dubbio sull'esattezza delle informazioni.
Del pari posteriore (l480) è la Cronaca (Annali di Viterbo) che Juzzo de Coveluzzo compilò sulla base di note lasciategli dal nonno, Nicola de
Coveluzzo. Vi sì legge: “ Anno 1379 fu recato in Viterbo el gioco delli carti, che venne de
Saracinia, e chiamasi tra loro naib”.Quali fossero questi Saraceni non possiamo saperlo con certezza. Il vocabolo naib è ben arabo, e ulteriore notizia di un'origine islamica possiamo desumerla dall' Inventario del duca
d'Orléans, ove all'anno 1408 leggiamo: “Ung jeu de quartes serrasines-unes quartes de Lombardie”. Non abbiamo però nessuna notizia del gioco delle carte tra gli Arabi, poiché il Corano proibisce i giochi d'azzardo: « Ti interrogheranno sul vino e sul gioco d'azzardo; rispondi: Vi è nell'uno e nell'altro un grave peccato e dei vantaggi per gli uomini. Ma il peccato supera i vantaggi » (II, 219). « Credenti! Le bevande fermentate, il gioco d' azzardo, gli idoli, le frecce divinatorie sono solo una sozzura diabolica. Evitateli e sarete felici. Il diavolo desidera unicamente suscitare fra voi, col vino e il gioco d'azzardo, l'inimicizia, l'odio, e distogliervi dal pensare a Dio e alla preghiera » (V, 90-91).Nel 1378 le carte venivano proibite a
Ratisbona, ma in pari data il Registro della Camera dei Conti dei Duchi di Borgogna citava a tre riprese acquisti e fabbricanti di carte da gioco. A questo proposito lo storico Tummers avanza l’ipotesi che le Fiandre e le regioni limitrofe avessero già una fiorente industria di carte. Il nome di naibi potrebbe derivare dal piccardo
naipai, che significa buono a nulla; mentre in fiammingo «carta» si dice knaep, termine abbastanza vicino a
naib. Ormai le notizie si susseguono. Il 30 agosto del 1381 un certo Jacques Jean si impegna, con atto notarile a non giocare a carte durante una traversata che lo porta ad Alessandria d'Egitto. Il 4 luglio 1382 il magistrato di Lilla vieta i dadi, le taules e le carte. Nel 1387 re Giovanni I proibiva nella Castiglia le carte e gli scacchi. Ma ciò non ne arresta la diffusione. Nel Ménagier di Parigi, anno 1393, si legge che le carte sono il gioco più in voga nella città, al punto che il sindaco della città deve ordinare agli operai e agli artigiani di non giocare nei giorni feriali. Beninteso si gioca anche nella Reggia. Nel registro di corte, all'anno 1392 si menzionano 56 soldi parigini dati a Jacquemin Gringonneur per tre giochi di carte a oro e vari colori, per il divertimento del lunatico re Carlo VI. Questa notizia fece credere per secoli che le carte fossero state inventate allora, a
Parigi.Finora, tuttavia, non sono ancora entrati in campo i Tarocchi. Nel 1393 il cronista Morelli sconsigliando i dadi, consigliava ai ragazzi il gioco dei
naibi, con i quali avrebbero potuto imparare, e anzi edificarsi. Ciò rimarrebbe incomprensibile, se considerassimo puramente i giochi dei semi, e forse il Moreli parlava già di figure emblematiche sul tipo dei cosiddetti Tarocchi del
Mantegna. Però non possiamo che arguirlo; resta il fatto che San Bennardino da Siena, in un sermone pronunciato a Bologna nel 1423, condannò i dadi e le carte menzionando chiaramente i quattro semi e figure, ma non parlò degli Arcani maggiori. Invece, nei sermoni pronunciati fra il 1450 e il
1457 ai parla delle carte numerali e dei ventidue Trionfi (o atutti, perché prendono tutte le carte numerali, da cui
atouts).
PROBABILE ORIGINE DEI TAROCCHI
Se il gioco di carte a quattro semi può trovare antenati nei giochi orientali e può perfino, al limite, essere stato introdotto “dai saraceni”, le 22 carte da Tarocco dette i Trionfi, seppur avvicinabili agli avantars di Visnu mi paiono di figura e concezione prettamente rinascimentale. Il termine stesso di trionfi li ricollega alle giostre e alle simbologie italiane.
Rappresentazioni in pubblico, desunte dai Trionfi letterari, sulla base del celeberrimo testo del Petrarca, nel quale si susseguono il Trionfo d'Amore (nei Tarocchi: gli Amanti, carta VIII), il Trionfo della Castità (carta VI, la Temperanza), il Trionfo della Morte (carta XIII), quello della Fama (carta XXI), del Tempo (carta XI) e dell'Eternità (carta XIX). Il carro trionfale compare anche nella carta VII. Ai trionfi recitati nelle festività presiedeva il re Carnevale, che vediamo nella carta I, Le giostre e le battaglie della vita reale venivano così a perpetuarsi anche nel gioco da tavola, e se fra le carte ve ne sono di chiarissime, come la Ruota della Fortuna (X), ve ne sono altre oscure, come la Papessa (IV), che potrebbero però avere una rispondenza nei fatti dell'epoca, poiché nella famiglia Visconti, una papessa esistette davvero. Nel duecento, Guglielma di Boemia, sedicente figlia di re Ottocaro I, aveva fondato una setta eretica, i
Guglielmiti, che la consideravano incarnazione dello Spirito Santo inviato con lei ad inaugurare l'Età dello Spirito profetizzata da Gioachino da Fiore. Essa predicava l'avvento delle donne al pontificato.
Morta Guglielma nel 1282, ne continuarono l'opera il sacerdote Andrea Saromita e, nelle vesti di papessa, suora Manfreda Visconti da
Pirovano. I due vennero condannati al rogo dall'Inquisizione nell'autunno del 1300.
Ecco così che le carte, poste una accanto all'altra, formano una processione, un Trionfo, e narrano per simboli le vicenda dell'umanità quattrocentesca. Ad avvalorare questa ipotesi si veda ancora, ad esempio, un libro divinatorio pubblicato a Venezia nel 1526 da Jacomo Giunta, il Trionfo di Fortuna, di Sigismondo Fanti ferrarese. Le pagine di questo gustoso, illustratissimo trattato che può rammentarci l’I
King, nel modo di trarre oracoli, paiono sequenze di Tarocchi figurati, legandosi anche,
icononograficamente, al tipo di carte sul genere dei cosiddetti Tarocchi del Mantegna.Questi ultimi costituiscono un mazzo di 50 carte, non da gioco, divise in cinque gruppi di dieci carte ciascuno: 1) Condizioni dell'uomo (contraddistinte dalla lettera E); 2) Apollo e le Muse (lettera D); 3) Arti e scienze (lettera C); 4) Spiriti e Virtù (lettera B); 5) Pianeti e Sfere (lettera A). In un'edizione successiva, con varianti, il gruppo delle Condizioni è contraddistinto dalla lettera S. Ne fu autore l'anonimo Maestro ferrarese del Tarocchi, circa il 1465.
Ulteriori giochi simbolici vengono poi rammentati sporadicamente, quasi ad avvalorare l'ipotesi di una ideazione tutta
rinascimentale.
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