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Bastardo
Roby
Storia
Last update 10/8/1997


Un po di storia...

Il “Bastardo” nasce a Torino nell’Agosto del 1991.

È tempo di vacanze, ed il caldo e l’umidità opprimono i pochi abitanti rimasti in questa città industriale. Tra questi, quattro amici: Alessio, Roberto, Sergio e Paolo.

Quasi tutti i locali della città sono chiusi. E del resto, uscire significherebbe sopportare l’afa e le zanzare. Una tortura. Molto meglio restare a casa. È così che ci si ritrova a casa di Alessio, per giocare a qualche videogame oppure a scacchi. Tutti e quattro si apprezza molto gli scacchi.

Ma siamo in quattro, e gli scacchi sono per due. Perché non trovare un modo di giocare in quattro ? Qui si attiva la fantasia vulcanica di Sergio. Due giocatori, sedici pezzi. Quattro giocatori, otto pezzi. Dividiamo a metà i pezzi normali. I Re sono due, ma se le Regine diventano Re ne abbiamo ottenuti quattro. Dove ci mettiamo? Negli angoli. Ognuno dei giocatori ha un angolo della scacchiera, 4 x 4. Qualche prova, e si ottiene una disposizione che funziona. I Pedoni in diagonale, a proteggersi l’un l’altro. La Torre al fondo, a proteggere l’ultimo pedone ed il Re, che sta nell’angolo. Il Cavallo sopra il Re, e l’Alfiere sopra ancora: entrambi possono fronteggiare l’attacco al Re sulla diagonale. Già, ma come fare a distinguere i bianchi di uno dai bianchi dell’altro? I neri di uno dai neri dell’altro? Nessun problema: basta appoggiare i pezzi degli scacchi sopra le pedine della dama. Si ottengono quattro combinazioni : bianchi-bianchi, bianchi-neri, neri-bianchi, neri-neri.

Le regole hanno bisogno di ben pochi cambiamenti. I movimenti normali dei pezzi vanno più che bene e lo sviluppo delle partite risulta già abbastanza caotico, ed è proprio questo ad entusiasmarci sempre di più. Anzi, per aggiungere ulteriore caos Roberto propone che i Pedoni vengano promossi ad Amazzone invece che a Regina. L’Amazzone è un pezzo mostruoso, che combina le mosse della Regina con quelle del Cavallo. In questo modo la promozione di un pedone è un evento terribile, che sbilancia mostruosamente la partita. Tutti si fanno in quattro per evitare che un altro ottenga un’Amazzone.

Su una cosa si è concordi: lo scacco non va dichiarato: è molto più divertente lasciare che il distratto che non si è accorto dello scacco (il pollo) ne subisca le conseguenze e gli venga mangiato il Re !

Il gioco comincia ad appassionarci: tutta l’estate passa all’insegna del nuovo gioco che non ha ancora nome. E comincia a delinearsi chiaramente una caratteristica: giocando in quattro tutti contro tutti, conviene non farsi notare. Conviene cercare di avere degli alleati. Conviene muoversi dopo gli altri. Ma le partite, dopo una fase di iniziale circospezione, si evolvono regolarmente in massacri con escalation esponenziale. Le alleanze si fanno e si disfano, ed a tutti piace il gusto dell’imprevedibile, il gusto della mossa dall’esito incerto, dell’azzardo, della bastardata alle spalle di qualcun altro.

Dopo aver constatato che la parola Bastardo viene pronunciata sempre più di frequente durante le partite, questa parola diventa il nome del gioco. Ma giocare con dei pezzi appoggiati sulle pedine della dama comincia a diventare fastidioso. E così Roberto propone: perché non creare dell’hardware per questo gioco? Avere ognuno un proprio set di pezzi, ogni set diverso dall’altro, in modo da distinguerci bene. Ed una scacchiera. Pensate: una scacchiera costruita da noi, con le caselle di vetro e di specchio. Ognuno ha il suo angolo, ognuno può decorare il proprio angolo secondo il suo stile. Anzi, ognuno può costruire i propri pezzi degli scacchi secondo il suo stile. Alessio, impallinato con i frattali, ricava il suo primo set di pezzi da diversi particolari di Mandelbrot pinzati fra due lastrine di vetro, e decora la sua parte di scacchiera con dei frammenti di programma in C. Roberto dipinge il suo angolo con un motivo a tempietti greci color celeste, e realizza il suo set di pezzi con delle biglie di vetro azzurre, bianche e nere, decorate ed arricchite con varie appendici.

Sergio ricava il suo primo set di pezzi da una versione rimpicciolita di alcuni tarocchi particolarmente artistici, e disegna nel suo angolo i danzatori-ombra (ovviamente, completamente neri, con gli occhi rossi) nell’atto di ballare. Paolo, completamente immedesimato nel suo personaggio di Dungeons & Dragons, dedica il suo angolo al Dio Huckle (di cui è chierico) e lo decora col suo simbolo, usando come suo set di pezzi i dadi da D&D.

Nelle stagioni successive giochiamo in molti locali della nostra città, non mancando mai di attirare l’attenzione ed i complimenti di chi si sofferma ad osservare il nostro strano gioco. Il gioco interessa anche altri amici, che realizzano ognuno un proprio set di pezzi personalizzato.

Dopo due anni riusciamo a raggiungere un numero sufficiente per indire un piccolo torneo, il cui vincitore guadagna il titolo di Gran Bastardo ed il diritto di giocare quando vuole con i pezzi degli altri giocatori.

Nel frattempo la sete di novità non dà riposo: Sergio produce la più riuscita variante: quella ad obiettivi. Si estrae da un mazzo di tarocchi una carta, ad ogni carta è associato un obiettivo, ossia un risultato da raggiungere. Eliminare un particolare giocatore, essere eliminati per primi, dare quattro scacchi consecutivi, catturare cinque pedoni sono alcuni tra i più semplici obiettivi. Altri ne vengono aggiunti man mano durante gli anni, rendendo il gioco sempre più vario e divertente.

Un’altra variante consiste nel disporre i pezzi in caselle a scelta, uno per volta a turno. In questo modo la partita si svolge in due parti: una statica, di pura strategia, durante la disposizione dei pezzi, ed una dinamica, d’azione, durante il fulmineo gioco successivo. Tra le varianti meno fortunate citiamo quella che prevede l’estrazione a sorte, per ciascuno, di quattro posizioni della scacchiera da raggiungere con quattro pezzi a scelta , e quella che prevede l’assegnamento di carte che consentono di eseguire mosse “particolari” una sola volta durante la partita. Un solo set di pezzi non basta più: alcuni giocatori iniziano a produrne un secondo. Alessio forgia il suo secondo set con del piombo fuso, Sergio usa delle miniature di D&D, Paolo si converte ai pupazzetti di plastica colorata.

Recentemente Sergio ha proposto quella che cronologicamente è l’ultima variante, detta “del presidente”. In questa variante viene estratta a sorte, per ciascuno, una carta che stabilisce quale dei pezzi è il Presidente. In questa variante è il Presidente il pezzo che gli avversari devono mangiare per eliminare l’avversario, ed essendo in incognito, il gioco non manca di riservare piacevoli (o spiacevoli) sorprese!


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