Romanzo
Milano, Salani, marzo 2008
Vincitore del PREMIO ELSA MORANTE GIOVANI 2008

Tognolini, B., LUNAMOONDA, romanzo, Milano, Salani marzo 2008
pagine 267, prezzo Euro 14,80
Il libro può essere acquistato online presso

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PRESENTAZIONE
STORIA DEL LIBRO
PAESAGGI E FIGURE
RECENSIONI E COMMENTI
CAPITOLO PRIMO
Questo libro
A T T E N Z I O N E !
In queste pagine si presenta il libro. Con parole di riflessioni e giudizi e racconti, miei e altrui, e stavolta anche con una settantina di immagini, fotografie di luoghi e cose che hanno a che fare con la vicenda di Lunamoonda. Sotto ciascuna di queste fotografie è scritta una frase, un piccolo brano letterale del romanzo che la colloca in quella storia.
I giudizi, le recensioni, le immagini e le parole che le commentano lasciano indovinare lo sviluppo della storia.
Consiglio quindi a quei lettori che, a buona ragione, preferiscono che sia la storia col suo proprio passo a raccontare il suo proprio cammino, di esplorare queste pagine dopo aver letto il libro.
Io almeno farei così.
Questo è un libro per ragazzi e per tutti
LUNAMOONDA è un romanzo per tutti, ragazzi e adulti. Questi almeno sono i lettori a cui ha pensato l'autore scrivendo.
Parla di una banda di "ski-lellè", ragazzi randagi ai margini di una tecno-metropoli. Narra la loro vita quotidiana che si snoda nella tana sul mare, al tempo stesso seria e scatenata, dolce e sbruffona, feroce e serena fra pesca, scherzi, traffici hi-tech, pranzi e cene e assemblee, viaggi e raduni di bande, strane preghiere a uno strano Santo, training marziali di musica, danza, poesia, amori e spedizioni di razzia nella città.
Narra la loro lunga guerra con la NAS, la Nuova Architettura Sociale, detta Nassa, che è rete globale di informazioni e sistema di vita al tempo stesso, e che tutto e tutti sorveglia e accarezza; e parla del loro incontro con Marianna, una ragazzina molto speciale che cambierà le loro sorti.
Narra la vita umana ai tempi del connubio totale fra uomini e macchine, fra uomini e animali, fra uomini e uomini, o doppi di uomini, cloni. Potenziamento umano, biotocnologie, nanotecnologie, intelligenza artificiale, longevismo. Cosa faranno, come vivranno una ventina di ragazzi che hanno deciso di interpretare a modo loro questo fiume potente di futuro?
Parla di formazione. Di Maestri e Allievi che si allenano a trovare e donare forma alle cose, agli affetti e l'un l'altro. "Il mondo è magnifica forma - dice Alfio, il Formatore - e ogni sua cosa ci forma. E se solo troviamo la via del ritorno, del cerchio benigno e possente, noi possiamo formare ogni cosa. In passato la chiamavano Magia". E in futuro come la chiameranno?
LUNAMOONDA narra in fondo di questo: che cosa si potrà chiamare umano, e come fare a chiamarci l'un l'altro in un mondo così.
Parla semplicemente di amicizia, di amori, di scenari infotecno, biotecno, nanotecno, ma anche di paesaggi marini e rupestri d'incanto. Di guerra, di offese e d'infamia, di umano, disumano e postumano, di rispetto e d'affetto, e in fondo di fiducia nel futuro, per quanto "biotecnomagico" sarà.
Questo è un libro che parla del futuro
Il "futuro promessa" e il "futuro minaccia", come li chiama Umberto Galimberti, sono due termini tremendamente presenti nelle visioni del mondo dei ragazzi, e tremendamente assenti nelle narrazioni del mondo che i loro adulti gli offrono.
Soprattutto sono assenti nei libri, i quali pullulano invece di passato forse troppo lontano (fantasy o piaghe di ieri da non dimenticare), e di presente fin troppo vicino (amori e piaghe di oggi da cui salvarsi).
Se di futuro ai ragazzi si parla - ma mai si narra - è solo in termini ossessivamente catastrofici.
E che senso ha mostrare loro in corsa verso la rovina quel mondo in cui noi li abbiamo messi?
Questo libro si prende la responsabilità di narrare; di narrare, se ci riesce, in forme avventurose, emozionanti e con la miglior lingua possibile; di narrare in queste forme un possibile futuro; di narrare un futuro in cui vi sia posto per qualcosa da fare per loro, cioè per tutti noi.
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Storia del libro
Qui si racconta non la vicenda del romanzo ma quella della sua scrittura, dalle lontane origini del 1993 alla pubblicazione nel 2008.
Come capita spesso alle storie, Lunamoonda è rimasta in sonno nel cassetto per molti anni: quindici per l'esattezza. Nel 1993 è nata, sotto forma di canovaccio di schemi e note, la vicenda (la Banda la sua vita di lieta guerriglia, l'incontro con Alfianna), l'ambientazione (Sella Dimòniu), i personaggi (tutti), parte del contesto tecnologico (la sola parte "info", la Nassa). Mancavano le parti "bio" e "nano" dello sfondo tecnologico, che in quegli anni non potevo conoscere, e – importantissimo – il finale: non sapevo come finiva la storia.
Sette anni dopo, nel 2000, dopo l'uscita di "Lilim del tramonto", Luigi Spagnol da buon editore mi invitò a pranzo e mi chiese cosa avevo in mente per il prossimo libro. Io ne fui lusingato e gli raccontai ciò che sapevo di Lunamoonda. I racconti precoci, a voce e a pranzo, spesso non fanno un buon servizio alle loro storie; o forse altre fra le imperscrutabili concomitanze astrali che generano le edizioni non si allinearono: fatto sta che Spagnol non parve colpito da quella storia fantastica ambientata nel futuro e in Sardegna. Lodando la mia capacità, a suo dire dimostrata in "Lilim", di dare forza viva e scalciante alle narrazioni mitiche del passato, mi consigliò una rinarrazione del mito degli Argonauti, che era in effetti idea scintillante e astuta.
Non scrissi né l'una storia né l'altra cosa. Lunamoonda tornò a dormire nel cassetto.
Altri sei anni dopo ero immerso nel lavoro di ricerca per un romanzo sui Mostri, che a sua volta da ancora più tempo dormiva e tentava allora di uscire dal cassetto. La ricerca è forse la parte più bella della scrittura: "la vigilia di un'opera", come diceva Gabriele Vacis in un bel laboratorio teatrale di tanti anni fa. Leggevo e schedavo libri sull'ingegneria genetica, sul "secolo biotech", sui rutilanti scenari del futuro dove gli uomini giocano alla Creazione; leggevo Rifkin, Habermas, Lewontin; saccheggiavo i tesori inestinguibili contenuti nel sito dei transumanisti, dal bellissimo nome di "Estropico". E stivavo tutto sotto forma di note e spunti in un Quaderno di lavoro intitolato Mostri.doc.
Ma nell'aprile del 2006, pranzando con mia figlia sedicenne in un ristorante deserto sulle alte cime della Maiella, e chiedendomi lei, forse per l'ultima volta nella sua vita, di raccontarle una storia, le raccontai la storia di Lunamoonda, così come la sapevo e come giaceva da anni. Lei l'ascoltò con attenzione e poi mi disse: papà devi scrivere questa. Forse un anno prima un'amica giornalista sarda, Daniela Pinna, che molto aveva amato e nove anni fa presentato a Cagliari "Lilim del tramonto", dopo aver controllato le "novità" sul mio sito, mi aveva detto pressapoco così: venno benissimo articoli e libri e riflessioni sulla lettura di storie ai bambini, sulle virtù delle rime, sulla forza guaritrice della voce, ma... quando ci scrivi una nuova storia grande?
Gli scrittori talvolta vacillano incerti su crinali di storie, in attesa d'una spinta, d'un soffio di vento: la notifica di un'attesa, il comando di una voce autorevole.
Tornato a casa aprii un Quaderno di lavoro intitolato Luna.doc, dove presto confluì, come tra due fiumi aprendo la chiusa, un'inondazione di materiali "biotecno" dalla ricerca sui Mostri. Li integrai con altri scorci "infotecno" e "nanotecno", altre note di lettura e di ricerca. In agosto, in vacanza in Sardegna, feci due escursioni di documentazione nelle "locations" che avevo scelto per la storia, la Sella del Diavolo di Cagliari, scattando una miriade di foto (se ne può vedere una ristretta scelta nella sezione Paesaggi e figure di questa pagina). E finalmente chiusi la ricerca. Trovai (inventai, appresi) il finale, scalettai l'intera opera (i passi per arrivarci) e cominciai finalmente a scrivere.
Alla fine del 2006, il 29 dicembre, spedii a Mariagrazia Mazzitelli, direttrice della Salani, i primi 9 capitoli finiti e una sinossi dettagliata dei restanti 15. La Salani era sotto pressione col l'utimo (?) Harry Potter, e poterono dirmi una parola definitiva solo alla fine di marzo: il romanzo, se finivo di scrivere per tempo, sarebbe stato inserito fra i libri in uscita per la Fiera di Bologna, nell'aprile 2008.
A primavera inoltrata del 2007 cominciò la parte più bella del lavoro (so d'averlo già detto, ma che bel lavoro sarà uno in cui si trovano due o tre "parti più belle"?). Esaurite l'inventio e la dispositio, la nuova parte più bella che ora giungeva era la elocutio, il fuire calmo e operoso del racconto, che parte da tavolette di sintesi e le espande, e le stende, e le incarna. Scrivevo a casa con orari regolari; sacrivevo in vacanza nella Maiella con la mia compagna, sotto begli alberi; scrivevo da solo sui colli intorno a casa mia, a Rastignano poco fuori Bologna. A fine estate, con una seggiola pieghevole sottobraccio e il fedele Vaio chiamato "Viator" in spalla, alle sei del mattino salivo un breve cammino sui colli vicini, sedevo nell'alba fresca, e quando sorgeva il sole mi spostavo nell'ombra di un canneto fino alle 10; ora in cui finiva la batteria del Viator e il sole ruggente mi ricacciava in casa. A fine agosto, come promesso alla Salani, avevo finito e spedii il manoscritto.
In ottobre 2007 Mariagrazia Mazzitelli mi scrisse: "il romanzo è bello, poetico, armonioso e coinvolgente, antico e moderno al tempo stesso". Io - ogni artista, come dice Mela Cecchi, "cresce nella lode" - ne fui molto felice.
Nel febbraio 2008 sostenni, per la prima volta in vita mia, quello che Mariagrazia chiamava "un editing serio". L'ottima e pazientissima Monica Romanò, della redazione Salani, mi propose mezzo migliaio di varianti. Le restituii un documento corredato da 380 commenti di Word, che aprivano le loro finestrine gialle spiegando, in certi casi diffusamente, le motivazioni per cui ripristinavo in tutto o in parte le mie versioni originali, o accoglievo riadattandole le sue proposte. Per eventuali curiosi e filologi, questi materiali con le varianti proposte dall'editor e le risposte commentate dell'autore sono ben conservati e accessibili.
Il libro esce per la Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi di Bologna, i primi di aprile del 2008.
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Paesaggi e figure
Seguendo questo link si ragginge la PAGINA DELLE IMMAGINI, dove sono ordinate in funzione di indice le miniature cliccabili di 67 fotografie, ristretta scelta della documentazione visiva (alla radice di ogni visione c'è la vista) che ho raccolto per la stesura del romanzo. I libri per loro natura e ostinazione tentano di mostrare luoghi e cose con le parole scritte; queste immagini, che hanno prestato la loro opera all'autore a monte della scrittura, forse potranno dare qualche suggestione anche al lettore a valle.
Ripeto il monito. Sotto ciascuna di queste fotografie è scritta una frase, un piccolo brano letterale del romanzo che ne illustra il rapporto con la storia. Parole e immagini inevitabilmente lasciano indovinare lo sviluppo della storia. Consiglio quindi a quei lettori che, a buona ragione, preferiscono che sia la storia col suo proprio passo a raccontare il suo proprio cammino, di esplorare queste pagine di immagini solo dopo aver letto il libro.
Io, almeno, farei così.
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Recensioni e commenti
Qui saranno raccolti, man mano che giungano, testi diversi e eterogenei di commento, pubblico o privato, che paiono utili alla presentazione e alla valutazione del romanzo. Per ora questi:
Recensione su "L'UNIONE SARDA" del 16/05/2008, di Daniela Pinna (PDF 159 KB)
Recensione su "LA NUOVA SARDEGNA" del 28/05/2008, di Alessandro Cadoni (PDF 688 KB)
Recensione su "IL CORRIERE DELLA SERA" del 27/09/2008, di Severino Colombo (PDF 125 KB)
Recensione su "ANDERSEN" n. 252 ottobre 2008, di Walter Fochesato (PDF 365 KB)
Recensione su "HAMELIN" n. 21 ottobre 2008, di Federica Rampazzo (PDF 890 KB)
Una storia di guarigione, di Francesco Cavalli-Sforza
Un angelo nel cielo di Schio, di Bruno Tognolini
Sette risposte a sette domande su Lunamoonda, di Bruno Tognolini (PDF 35 KB)
Ragionamenti con Eros Miari sulla "lingua difficile" di Lunamoonda (PDF 28 KB)
Ragionamento con Alessandra Serra sul libro a due marce e sul sardo come "lingua di falda"