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Alzira




Opera in un prologo e due atti su libretto di Salvatore Cammarano, Alzira ebbe la sua prima rappresentazione a Napoli, al Teatro San Carlo, il 12 agosto 1845: primo violino e direttore d'orchestra era Giovanni Prizone, e gli interpreti principali furono: Eugenia Tadolini (soprano), Alzira; Gaetano Fraschini (tenore), Zamoro; Filippo Coletti (baritono), Gusmano; Gaetano Rossi (basso), Alvaro; Marco Arati (basso), Ataliba. Tratta da un dramma di Voltaire e ambientata in Perù alla metà del XVI secolo, Alzira venne commissionata a Verdi dall'impresario del teatro napoletano Vincenzo Flauto; Verdi confermò il proprio impegno con il San Carlo, dichiarandosi anche soddisfatto di collaborare per la prima volta con il celebre Salvatore Cammarano, già autore del libretto di Lucia di Lammermoor per Donizetti. Pittore e scultore, il napoletano Salvatore Cammarano (1801-1852) fu librettista dei più affermati operisti dell'epoca (oltre a Verdi, fornì libretti a Donizetti, Pacini, Mercadante). L'opera non ebbe buon esito a Napoli: una successiva messa in scena a Milano (16 gennaio 1847, Teatro alla Scala) decretò un durissimo insuccesso: Alzira fu rappresentata al Teatro alla Scala una sola volta e non ebbe repliche.
 

 
La peruviana Alzira, figlia del capotribù Ataliba, è fidanzata con Zamoro, il capo dei ribelli che combattono gli invasori spagnoli. La pace tra spagnoli e peruviani viene frattanto definita con un patto che prevede l'abdicazione dello spagnolo Alvaro a favore del figlio Gusmano: quest'ultimo inoltre, a definitivo suggello di tale patto, dovrà sposare Alzira, che egli ama. La ragazza, disperata per la presunta morte di Zamoro, rifiuta comunque le nozze con Gusmano. Ma Zamoro riappare: Gusmano, accusandolo di tradimento, lo fa imprigionare e lo condanna alla pena di morte. Alzira promette il suo amore a Gusmano in cambio della vita del fidanzato. Zamoro riesce però a fuggire dalla prigione e medita la vendetta: durante la cerimonia nuziale che legherà Alzira a Gusmano pugnala il rivale. 
Gusmano, morente, perdona Zamoro e, invocando il Dio dei cristiani, unisce le mani del giovane a quelle di Alzira.

L'opera, della quale lo stesso Verdi diede un giudizio negativo, (1) procurò anche la seguente critica del suo editore, Ricordi, (2) espressa in un articolo apparso sulla "Gazzetta musicale": "Il momento di una modificazione è solennemente giunto anche per Verdi [...] L'arte gli chiede, più che una modificazione, una trasformazione; non tanto vuole da lui il cangiamento della forma, quanto uno scopo nuovo, altre mire, meno illusorie, meno sensuali; più intellettuali, più estetiche, più vere".

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(1) "L'Alzira, quella è proprio brutta", sarebbe stata la dichiarazione del musicista.
(2) Come precisato nella biografia verdiana, Tito Ricordi fondò la "Gazzetta musicale" nel 1842.
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