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La forza del destino





Con La forza del destino Verdi "si propose di affrontare, da un punto di vista musicale, differenti livelli [...] accostando il tragico al comico, secondo un metodo teatrale che, nella prospettiva romantica in cui si era formato Verdi, aveva il suo modello in Shakespeare e ottemperava al moderno intento di fondere il dramma aristocratico con la commedia a sfondo popolare." [Casini, Verdi, Rusconi, Milano 1981]. Per la vicenda, che possiede le caratteristiche del racconto di avventure, il musicista si riferì a Don Alvaro o La fuerza del sino, un dramma, parte in prosa parte in versi, dello spagnolo Angel Pérez de Saavedra duca di Rivas, già tradotto in italiano nel 1850 e per il quale Francesco Maria Piave approntò il libretto per l'opera lirica, prevista in quattro atti. La prima rappresentazione, al Teatro Imperiale di Pietroburgo il 10 novembre 1862, direttore d'orchestra Baveri, ebbe quali interpreti principali: Caroline Barbot (soprano), Leonora; Enrico Tamberlik (tenore), Alvaro; Francesco Graziani (baritono), Carlo; Constance Nantier-Didiée (mezzosoprano), Preziosilla; Achille de Bassini (baritono), Fra' Melitone; Gian Francesco Angelini (basso), Padre guardiano.
 

 
L'azione ha luogo a Siviglia nel XVIII secolo. Alvaro, meticcio peruviano di nobili origini, ama Leonora, figlia del marchese di Calatrava: questi non acconsente al matrimonio dei due giovani, che progettano allora la fuga. Sorpresi del marchese di Calatrava, quest'ultimo viene ucciso da un colpo di pistola accidentalmente partito dall'arma di Alvaro: morente, il marchese maledice la figlia. Carlo, figlio del marchese, giura di vendicare la morte del padre e il disonore della sorella e medita di uccidere sia Leonora sia Alvaro. Leonora decide di isolarsi in un eremo, nei pressi del quale giunge, dopo alcuni episodi di guerra, Alvaro. Carlo riesce a rintracciare Alvaro e, sfidatolo a duello, ne rimane mortalmente ferito. Alvaro scorge Leonora, alla quale spiega l'accaduto: la giovane accorre presso il fratello morente che, raccolte le ultime energie, la trafigge con la propria spada. Alvaro, dopo aver maledetto se stesso e tutti gli uomini, si dà la morte gettandosi da un alto dirupo.

Nell'opera vi sono alcuni elementi "buffi", rappresentati da personaggi di secondo piano ma ben caratterizzati da Verdi, quali Fra' Melitone, il venditore ambulante mastro Trabuco, la gitana Preziosilla. A causa di una grave malattia di Piave, Verdi incaricò Antonio Ghislanzoni (1) di rimaneggiare il libretto dell'opera; la nuova versione della Forza del destino - con l'aggiunta dell'efficace Sinfonia iniziale, che dopo sei squilli di tromba introduce in successione i temi dell'opera, le modifiche al terzo e quarto atto e il rifacimento del finale (2) - andò in scena al Teatro alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869. Gli interpreti, in questa occasione, furono: Teresa Stolz (soprano), Leonora; Mario Tiberini (tenore), Alvaro; Luigi Colonnese (baritono), Carlo; Ida Benza (mezzosoprano), Preziosilla; Giacomo Rota (baritono), Melitone.

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(1) Patriota, giornalista e scrittore di novelle in versi e di romanzi, Ghislanzoni (nato a Maggianico di Lecco nel 1824) scrisse anche libretti d'opera per Verdi e per Alfredo Catalani. Morì a Caprino Bergamasco nel 1893.
(2) Rispetto alla prima versione, il finale dell'opera descrisse la morte di Leonora tra le braccia di Alvaro: con le sue ultime parole, la giovane invocava per Alvaro e per se stessa il perdono del cielo.
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