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Oberto, Conte di San Bonifacio






Oberto è un dramma lirico in due atti su libretto di Antonio Piazza riveduto da Temistocle Solera. Nella prima esecuzione, primo violino e capo d’orchestra fu Eugenio Cavallini; interpreti Ignazio Marini (basso), Oberto; Antonietta Marini (soprano), Leonora; Maria Schaw (soprano), Cuniza; Lorenzo Salvi (tenore), Riccardo. La prima rappresentazione avvenne il 17 novembre 1839 al Teatro alla Scala di Milano. 
Nato a Venezia nel 1742, Antonio Piazza fu autore di commedie, di romanzi di costume e di libretti d'opera. Morì a Milano nel 1825. Temistocle Solera, in questo caso revisore e successivamente collaboratore di Verdi e di altri musicisti per la redazione di libretti d’opera, nacque a Ferrara nel 1815. Ebbe una vita assai avventurosa: fu interprete in alcune opere (cantava con voce di basso), oltre che impresario teatrale in Spagna. Svolse per un breve periodo l'incarico di "agente segreto", tenendo i contatti tra Napoleone III e Cavour; esercitò infine la professione di antiquario a Parigi. Morì a Milano nel 1878.
 

 
L'azione si svolge a Bassano nel Duecento. Oberto, conte di San Bonifacio, è un anziano nobiluomo la cui figlia, Leonora, viene sedotta dal conte Riccardo Salinguerra; quest'ultimo in seguito abbandona Leonora poiché deve sposare Cuniza, sorella di Ezzelino da Romano, feudatario ghibellino e vassallo dell'imperatore Federico II – il cui ritratto di feroce tiranno è tra l'altro contenuto nella Divina Commedia dantesca. Quando Cuniza viene messa al corrente del tradimento del fidanzato, rifiuta di sposarlo, inducendolo a tornare a Leonora. Oberto però sfida a duello Riccardo e quest'ultimo uccide il vecchio padre di Leonora, fuggendo poi in preda al rimorso. Leonora, disperata, decide allora di chiudersi in convento.

Si suppone che Verdi abbia utilizzato in tutto o in parte, rimaneggiandolo, il materiale di un'opera precedente, Rochester, mai rappresentata e della quale peraltro nulla si conosce; si è già accennato d'altronde al fatto che Verdi distrusse alcuni dei propri lavori giovanili, ritenendoli mediocri o comunque non all'altezza di venire divulgati.  In seguito Verdi rifiutò sempre di rimettere in scena l'Oberto, anche quando, nel 1888, Boito gli propose espressamente di riprendere quest'opera per festeggiare il cinquantesimo anniversario di attività musicale. Pur trattandosi quindi di un lavoro del quale lo stesso Verdi non era particolarmente entusiasta, l'opera mette in scena quello che potrebbe essere considerato un "prototipo" in seguito spesso presente nei drammi verdiani, quello cioè del vecchio nobiluomo offeso nel proprio onore, precursore di analoghe figure che appariranno poi in opere quali Ernani, I due Foscari, Simon Boccanegra, Luisa Miller, Rigoletto. Si avverte nell'opera, oltre ad accentuati richiami a Bellini, Donizetti e Weber, una certa ripetitività e una strumentazione pesante che risente – soprattutto per l'uso che Verdi fa degli ottoni – della familiarità con i numerosi pezzi per banda composti in precedenza dal musicista.
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