Brivido oscuro di Marco Piazza

  …continuava a guardare indietro, sentiva ancora lo sguardo di quella cosa sopra di sé. I passi si ripetevano freneticamente e disordinatamente tra i rovi e le ombre che vincevano ogni raggio e ogni barlume di sicurezza.

Sentiva il suo respiro affannoso coprire ogni voce della massa oscura che la circondava e le confondeva i sensi.

 

Una luce invase violenta le sue cavità oculari. Nel bagliore profondo affioravano lentamente alcune immagini scure e sfumate che, disposte attorno a lei, sembravano scrutare ogni suo movimento scandito da respiri irregolari. Ma i suoi occhi non smettevano di roteare senza fissarsi su alcuno dei volti ancora non ben definiti. La sua fronte era madida di sudore. Improvvisamente sbarrò l'ingresso alla luce come se volesse tornare a combattere i sogni da cui fuggiva, gli incubi che avevano sfibrato la sua vita. Riaprì i suoi occhi color oro, ma questa volta non aveva paura; non aveva più paura.

Un medico si avvicinò al letto e controllò con una lampadina la reazione pupillare, dopo chiese ai presenti di lasciare la stanza.


  «…e adesso torniamo alla musica con un vecchio successo degli Snakelips, "falling fear" un pezzo che ci riporta indietro di dieci anni, ricordiamolo insieme prima dell'ultimo saluto.»

La luce rossa si spense, Karen non era più in diretta, sul tavolo accanto al microfono c'erano soltanto dei vecchi CD, vecchie emozioni, e qualche appunto scribacchiato frettolosamente poco prima di andare in onda. Malgrado le apparenze, il suo era un lavoro di routine che non le dava più le forti sensazioni dei primi anni. Al di là del vetro c'era il solito tecnico con cui abitualmente scambiava brevi chiacchiere di circostanza. Poche parole prima di entrare che si ripetevano, poi, ancora più inutili poco prima di andare via. Tutto le sembrava estraneo, perfino la voce che usava al microfono non era la sua, era stata studiata appositamente per accattivare gli ascoltatori; calda e sensuale, aveva lentamente preso il posto della sua vera voce.

La trasmissione era ormai finita, prese meccanicamente le poche cose che erano sul tavolo ed uscì.

I pensieri tornavano turbinosi nella confusione della sua mente e si chiedeva quale senso poteva avere quella costante ripetizione: la casa, la strada, il lavoro, le canzoni, nuove ma già sentite e logore; ma soprattutto si chiedeva come mai, pur se circondata da questa ciclica monotonia, sentiva incessante un brivido di paura risalire sotto la pelle.

Nella strada che la portava a casa immagini, suoni e odori si ripetevano:  Un uomo usciva traballando da un bar, il vecchio cinese svuotava il secchio dei rifiuti del suo ristorante spandendo per la via odori acri e dolciastri, un signora ferma alla fermata dell'autobus bestemmiava per il consueto ritardo, un ragazzo scaricava i suoi problemi su una lattina vuota. Il quadro era come sempre completo.

Giunse a casa, posò la borsa e il soprabito nell'attaccapanni dietro la porta. Tolse le scarpe e lasciò che i piedi carezzassero la moquette, poi entrò in bagno e girò il rubinetto, si tolse i vestiti e, guardando allo specchio, si accorse con stupore che la sua pelle rifletteva la luce proveniente dalla lampada al neon ; era un riflesso opaco che sfumava verso alcune gradazioni di verde;  si distese nella vasca attese che l'acqua avesse ricoperto il suo volto e allontanò tutti i pensieri.

Chiuse gli occhi.

 

Riaprì gli occhi ma era tutto scuro; le tenuissime luci non le consentivano di mettere a fuoco.

La luna… come era possibile vedere la luna dal suo bagno? Cercò di schiarire le idee. Quello non era il suo bagno, si trovava immersa in un lago gelato all'interno di una foresta. Cercò di uscire ma inciampò e ricadde nelle acque scure che lambivano le ombre arboriformi stagliate verso il cielo. Riprovò e questa volta i suoi piedi raggiunsero la terra. Era completamente nuda nel bosco silenzioso. Avanzò tra i cespugli di rovi che ostruivano e confondevano la vista. Cercava una strada che la portasse fuori da quel mondo sognato o reale, cercò una luce che le potesse indicare una via praticabile ma il bosco era avvolto da una triste oscurità. Ad un certo punto, si accorse che sotto i suoi piedi non vi era più della semplice terra, ma lastre di pietra, come se vi fosse un sentiero ormai dismesso e nascosto dalla fitta vegetazione. Seguendo il sentiero giunse ad uno spiazzo con un grande fuoco al centro e una catasta di pietre accumulate da una parte. Istintivamente si avvicinò al fuoco per riscaldarsi e ben presto sentì i brividi ed il gelo allontanarsi.

Cominciò quindi ad esaminare con più attenzione quel luogo e si accorse che ciò che ad uno sguardo distratto poteva sembrare un enorme cumulo di pietre ammassate asimmetricamente e sormontate da un informe cappuccio di paglia era in realtà una rozza abitazione. forse al suo interno vi era qualcuno che le avrebbe potuto spiegare dove si trovava o magari avrebbe potuto trovare degli abiti per ripararsi dal freddo. Si avvicinò alla porta e cercò di entrare ma questa era sprangata, prese quindi a girare attorno alla casa cercando una finestra per vedere l'interno della capanna, ma non vi erano altre aperture, erano tutte pietre che si continuavano ininterrottamente da un lato della porta all'altro. Sarebbe potuta entrare dal tetto che era di paglia ma avrebbe dovuto arrampicarsi. Per un momento allontanò questa idea e tornò a guardarsi attorno. Il fuoco continuava a bruciare e il suo scoppiettio era l'unico rumore che turbava l'asettico silenzio della notte. Oltre la vampa, proprio sotto una grande quercia, era accatastata della legna che aspettava di essere bruciata ma che poteva servire anche ad altro. Dopo alcuni minuti aveva già trasportato tutta la legna vicino alla casa e l'aveva disposta lungo una parete come a formare una sorta di scala.

 

Si ritrovò all'interno di quell'oscurità. Dopo esser salita sulla sua scala si era lasciata cadere all'interno di quell'abitazione ma contrariamente a quanto si aspettava non era caduta su qualcosa di duro, anzi sotto di lei si trovava una specie di pagliericcio ricoperto da una tela. Allungò la mano indagatrice per capire, dato che la fioca luce che entrava dal buco che aveva creato nel tetto per entrare non le consentiva di distinguere l'interno di quella casa.

Le pareti erano ricoperte da qualcosa di viscido e melmoso.

Allungò i piedi per raggiungere il pavimento ma li ritrasse di scatto quando provò un senso di morbidezza e di ruvidezza allo stesso tempo sotto la pianta del piede sinistro. Un brivido le percorse la schiena, ebbe paura. Si rialzò senza scendere dal pagliericcio e le sue mani tornarono ad esplorare le pareti vicine per trovare qualcosa con cui difendersi. La mano sinistra fu più fortunata, le sue dita stavano toccando quello che poteva essere un bastone,  si sentì un po' più forte ma ancora non sapeva… allungò allora il bastone verso l'alto cercando di allargare il più possibile la fessura che vi era nel tetto, la luce ora entrava copiosa e poteva distinguere l'interno della casa. Dinanzi a sé si contorceva una massa informe verde, opaca, oblunga in cui si poteva distinguere una testa che apriva voracemente la propria bocca mostrando i denti aguzzi. Lei puntò il bastone minacciosamente ma il mostro stava già studiando la sua preda. Aveva una sola possibilità, non poteva risalire sul tetto, avrebbe impiegato troppo tempo e non poteva immaginare cosa avrebbe fatto quell'essere. Allora gettò il bastone contro la testa di quella specie di serpente e si getto con tutte le sue forze contro la vecchia porta della capanna. Provò un dolore lancinante alla spalla, poi sentì il suo corpo spingere contro la porta, poi un rumore; la porta logora aveva ceduto. Si ritrovò improvvisamente fuori rotolando, poi correndo, mentre l'essere immondo si avvicinava inesorabilmente. La foresta l'avvolse nuovamente nella sua corsa senza una meta; inciampò e in quel momento non vide più niente sentiva solo qualcosa toccare i suoi piedi, qualcosa di morbido e di ruvido.

 

 

Aprì nuovamente gli occhi e vide la figura del dottore con il camice bianco che la rassicurava; ma lei non aveva paura, non aveva più paura…

 

L'infermiera entrò nella stanza e provò un forte sgomento.

Le pareti, il pavimento, il letto erano cosparsi del sangue del dottore che giaceva riverso tra il comodino e la sedia per gli ospiti.

 

Vai alla prossima storia