Quando trattare laritmia extrasistolica ventricolare
(tratto e modificato da "RASSEGNA INTERNAZIONALE DI CARDIOLOGIA"
a cura di Paolo Pucci Scientific Press s.r.l. Firenze)
Lextrasistolia ventricolare è una turba del ritmo che si
riscontra molto frequentemente, sia nei cardiopatici che in soggetti sani.
Deve essere valutata in relazione a tre aspetti:
1) se costituisce un fattore potenzialmente capace di innescare aritmie pericolose per la
vita
2) se interferisce sfavorevolmente con la funzione di pompa
3) se è causa di disturbi soggettivi che incidono sulla qualità di vita del paziente
I criteri di valutazione del rischio hanno avuto unevoluzione negli ultimi anni;
inizialmente si teneva conto soprattutto della frequenza dei BEV e della loro forma e
complessità: vedi tab. 1 e 2
Frequenza delle extrasistoli
Classe 0 | Nessuna extrasistole |
Classe I | Rare (< 1 BEV/ora) |
Classe II | Infrequenti (1-9 BEV/ora) |
Classe III | Intermedia (10-29 BEV/ora) |
Classe IV | Frequenti (>30 BEV/ora) |
Tab. 1
Forma delle extrasistoli
Classe A | Monomorfe (monofocali) |
Classe B | Polimorfe (polifocali) |
Classe C | Forme ripetitive (coppie, salve 3.5 battiti) |
Classe D | TV non sostenuta (> 6 battiti; < 30 secondi) |
Classe E | TV sostenuta (> 30 secondi) |
Tab. 2
Recentemente si è cercato di precisare meglio il grado di pericolosità dellaritmia integrando la valutazione quantitativa-qualitativa con aspetti patologici, emodinamici, sintomatologici e ECGrafici; sulla base di questi criteri sono state classificate aritmie ventricolari benigne, potenzialmente maligne. (tab. 3).
Classificazione clinica (tab. 3)
Benigne |
Potenzialmente Maligne |
Maligne |
|
Rischio morte improvvisa | Molto basso o assente | Moderato | Alto |
Presentazione clinica | Asintomatiche o palpitazioni | Asintomatiche o palpitazioni | Palpitazioni o sincope Arresto cardiaco |
Patologia associata | Assente | Presente | Presente |
Ipertrofia o pregresso IMA | Assente | Presente | Presente |
Frequenza BEV | Bassa o moderata | Moderata o alta | Moderata o alta |
Coppie BEV o TVNS | Assente | Comune | Comune |
TVS spontanea | Assente | Assente | Presente |
TV inducibile | Assente | Assente o presente | Presente |
Conseguenze emodinamiche | Assenti | Assenti o lievi | Moderate o severe |
Malgrado questa classificazione rappresenti un buon riferimento, in realtà lentità del rischio dipende da molti altri fattori, solo parzialmente noti, tra i quali lazione del sistema neurovegetativo, le alterazione metaboliche e la condizione patologica responsabile dellaritmia.
Fino agli anni 80 era opinione comune che un farmaco antiaritmico (ben tollerato e capace di ridurre significativamente lincidenza dellaritmia) fosse sempre utile per il paziente in quanto si riteneva che labolizione dellaritmia o anche la sola riduzione delle forme complesse comportasse di conseguenza la riduzione di aritmie maligne. Questo convincimento ha ricevuto di recente una clamorosa smentita proprio nella cardiopatia ischemica postinfartuale, infatti in questo stato patologico labolizione o la riduzione dellaritmia non comportano necessariamente una riduzione della mortalità.
Lextrasistolia ventricolare in assenza di cardiopatia
Entità del rischioEffetto proaritmico dei farmaci antiaritmici
Viene definito effetto proaritmico la comparsa di nuove aritmie o
laggravamento di quelle esistenti (per incremento della durata o frequenza,
facilitazione di innesco, maggiore difficoltà di interruzione).
Tale effetto deve essere distinto dalleffetto tossico in quanto il fenomeno non si
verifica per un sovradosaggio ma a concentrazioni ematiche comprese nel range terapeutico.
Leffetto proaritmico è raro in assenza di cardiopatia e, nel caso di cardiopatia,
si verifica di regola con frequenza e gravità tanto maggiori quanto più grave è la
disfunzione ventricolare; di norma si verifica subito dopo linizio del trattamento e
generalmente entro la seconda settimana.
Laritmia extrasistolica ventricolare in presenza di cardiopatia
Cardiopatia ischemica
Infarto miocardico acuto
Entità del rischioInfarto miocardico pregresso
Entità del rischio
Classificazione dei farmaci antiaritmici
Classe | Azione | Farmaci |
I | Stabilizzante membrana Moderata
Depressione velocità depolarizz. Lieve
Marcata
|
Chinidina Procainamide Disopiramide
Lidocaina Mexiletina Difenilidantoina
Flecainide Encainide Propafenone |
II | Blocco dei beta-recettori | Propranololo Altri beta-bloccanti |
III | Prolungamento periodo ripolarizzazione | Amiodarone Sotalolo |
IV | Blocco dei canali del Calcio | Verapamile Diltiazem |
Antiaritmici della Classe I
Encainide e flecainide sono stati saggiati contro placebo (studio CAST);
nonostante fossero soggettivamente ben tollerati, i soggetti trattati hanno mostrato un
eccesso di mortalità cardiaca in confronto al gruppo cui è stato somministrato placebo.
Questo risultato ha indotto ad interrompere anticipatamente lo studio. In questo studio il
rischio di morte o di arresto cardiaco era risultato minore nei casi con infarto con onda
Q in confronto ai casi con infarto non Q: questo rilievo fece ipotizzare che
leffetto negativo sulla prognosi potesse essere proprio in relazione con eventi
ischemici aritmogeni. Laumento della mortalità registrato nei soggetti trattati con
flecainide o con encainide potrebbe essere stato conseguenza di un effetto proaritmico
secondario, cioè collegato ad un evento, lischemia acuta, che determina
unimprovvisa variazione del substrato aritmogeno.
Antiaritmici della Classe II
Antiaritmici della Classe III
Effetto dei farmaci antiaritmici in presenza di scompenso cardiaco post-infartuale
In caso di insufficienza cardiaca laritmia extrasistolica
ventricolare, se molto frequente tanto da realizzare un ritmo bigemino o trigemino, può
aggravare i sintomi dello scompenso. Il BEV è infatti meno efficace sul piano meccanico e
può comportare una riduzione della gittata sistolica perché riduce il tempo di
riempimento ventricolare e si perde il contributo atriale. Ciò indurrebbe a trattare
laritmia ma è necessario tenere presente che luso degli antiaritmici in corso
di scompenso deve essere prudente perché una eventuale azione inotropa negativa del
farmaco può aggravare linsufficienza cardiaca e perché in caso di scompenso il
rischio di un effetto tossico o di un effetto proaritmico è maggiore.
Nello scompenso cardiaco è lamiodarone lantiaritmico che sarebbe da
preferire.
Non ci sono tuttavia dati che dimostrino che la correzione di una aritmia extrasistolica
ventricolare nello scompenso postinfartuale si traduce in un beneficio sulla
sopravvivenza. E noto invece che gli ace-inibitori migliorano la prognosi dei
pazienti con scompenso cardiaco, ed una terapia che corregge lo scompenso può anche, in
alcuni casi, ottenere una riduzione delle extrasistoli ventricolari.
Altre cardiopatie
Dopo che il CAT ha dimostrato che un trattamento antiaritmico soggettivamente ben tollerato ed efficace sullaritmia può comportare una prognosi peggiore, diviene opportuno rivalutare le indicazioni al trattamento dellaritmia extrasistolica ventricolare anche in patologie diverse dalla cardiopatia ischemica, avendo presente che il risultato non può essere misurato solo sul grado di soppressione dellaritmia ma deve considerare se la terapia migliora la prognosi riducendo gli eventi aritmici maggiori e la mortalità.
Miocardiopatia dilatativa (CMD)
Entità del rischio
I soggetti affetti da questa patologia presentano in grande maggioranza
extrasistoli ventricolari e incidenza elevata di morte improvvisa. Alcuni Autori hanno
rilevato che la morte improvvisa è più frequente nei casi che presentano maggiore
numerosità e complessità dei BEV, ma altri studi non hanno segnalato tale relazione.
Il significato prognostico dellextrasistolia ventricolare nella cardiomiopatia
dilatativa si differenzia da quello della cardiopatia ischemica cronica perché il
substrato aritmogeno è molto diverso.
Nei soggetti con CMD la presenza di potenziali tardivi e linducibilità di una
tachicardia ventricolare monomorfa sostenuta sono nettamente meno frequenti che in quelli
con disfunzione ventricolare sinistra postinfartuale. Nella CMD lECG signal
averaging, lanalisi della variabilità R-R e lo studio elettrofisiologico non
risultano, per valutare lentità del rischio di morte improvvisa, così utili come
nei pazienti con IMA pregresso.
E stato inoltre rilevato che in una quota non irrilevante di pazienti con CMD la
morte improvvisa non sia causata da TV o FV (38%) ma levento terminale sia
rappresentato da una dissociazione elettromeccanica o da asistolia.
Displasia aritmogena del ventricolo destro
Entità del rischio
E una malattia che interessa soggetti giovani e si manifesta con
aritmie ipercinetiche ventricolari spesso coincidenti o esacerbate dallesercizio
fisico. AllHolter, con frequenza anche maggiore dellaritmia extrasistolica
ventricolare, spesso si registrano periodi di tachicardia ventricolare non sostenuta e
tachicardia ventricolare sostenuta.
Questi pazienti sono esposti ad un rischio di aritmie ventricolari gravi e di morte
improvvisa, la cui entità non è ben precisata. Il rischio aritmico è notoriamente
elevato in caso di ipocinesia di 2 o più segmenti del ventricolo destro o di dilatazione
dello stesso.
Per individuare i soggetti a rischio risulterebbe utile lo studio elettrofisiologico
(valutando linducibilità della TV).
Miocardiopatia ipertrofica
Entità del rischio
Cardiopatia ipertensiva
Entità del rischio
Cardiopatie valvolari
Entità del rischio
Conclusioni
Prima di iniziare una terapia dellaritmia extrasistolica
ventricolare è necessario valutare non solo lentità della turba del ritmo indicata
dalla numerosità e complessità dei battiti ectopici e lentità della
sintomatologia soggettiva correlata ma, soprattutto, se la presenza di aritmia condizioni
un rischio di eventi aritmici maggiori o di morte improvvisa e se il trattamento
farmacologico possa apportare qualche reale beneficio.
Questa valutazione non può prescindere dallanalisi della condizione patologica che
è causa delle extrasistoli perché il rischio di aritmie ventricolari maggiori è
fortemente condizionato dalla presenza e dal tipo di cardiopatia.
Nel soggetto esente da cardiopatia il rischio di aritmie maggiore è minimo o assente e la
decisione di trattare laritmia ventricolare dipende unicamente dalla presenza di una
sintomatologia che arreca disturbo al paziente sul piano somatico o psicologico. In questo
caso, dopo aver escluso la presenza di fattori endocrinologici, metabolici o iatrogeni che
possono aver determinato o favorito linsorgenza dellaritmia, può essere
giustificato ricorrere ai farmaci antiaritmici se altri provvedimenti più semplici come
la rassicurazione o un blando ansiolitico non sono risultati sufficienti.
In assenza di cardiopatia la probabilità di ottenere la soppressione totale o parziale
delle extrasistoli e quindi il controllo dei sintomi soggettivi è elevata mentre è
improbabile un eventuale effetto proaritmico. Se non esiste un rischio di aritmie maggiori
e il paziente è asintomatico la terapia antiaritmica non è giustificata.
Quando la turba del ritmo si verifica in soggetti affetti da cardiopatia è importante
individuare i casi in cui laritmia extrasistolica rappresenta un rischio per il
paziente (indagini che valutano la funzione di pompa del ventricolo sinistro, la presenza
o meno di potenziali tardivi, la variabilità dellintervallo R-R,
linducibilità di tachicardie ventricolari sostenute mediante stimolazione
ventricolare).
Il tipo di cardiopatia condiziona anche il risultato della terapia antiaritmica per quanto
riguarda sia la possibilità di ottenere la soppressione della turba del ritmo sia la
possibilità di migliorare la prognosi. Bisogna comunque ricordare che, anche quando
laritmia rappresenta con certezza un fattore di rischio di eventi aritmici gravi o
di morte improvvisa, la riduzione o anche la completa soppressione dellaritmia
extrasistolica non possono essere considerate sufficienti per affermare che il trattamento
è utile per migliorare la prognosi.
Se da una parte la riduzione o labolizione dellaritmia non possono essere
ritenute garanzia di una prognosi migliore, può anche accadere che un farmaco solo
parzialmente efficace sullaritmia sia invece molto utile sul piano prognostico
perché capace di ridurre lincidenza della morte improvvisa, come è stato
dimostrato dai beta-bloccanti nella cardiopatia postinfartuale.
Poiché il risultato ottenuto sullaritmia può non coincidere con quello relativo
alla prognosi non in tutti i casi è opportuno perseguire con la terapia solo quello che
è stato definito "effetto cosmetico", vale a dire la semplice soppressione
dellaritmia extrasistolica ventricolare.