Di tutto un po'
Il posto della donna nella società degli uomini
di Eva Figes (1969)

Sappiamo che le donne sono più longeve e meno vulnerabili alle malattie per ragioni genetiche, mentre gli uomini sono solitamente più robusti e muscolosi. Non potrebbe darsi, però, che tale stato di cose sia la conseguenza evolutiva di una originaria divisione del lavoro basata sul sesso? I muscoli per svilupparsi, devono essere utilizzati. Margaret Mead ha scoperto, per esempio, che in condizioni normali i maschi di Bali si astenevano da qualsiasi lavoro pesante, così da essere esili quanto le loro donne; ma che i balinesi assunti dagli imprenditori europei in qualità di scaricatori portuali non tardavano a sviluppare la massiccia muscolatura che siamo abituati ad associare al sesso maschile.
In base alla scoperta che tra i piccoli delle scimmie i maschi si dimostrano più aggressivi delle femmine, sono state intraprese alcune ricerche con esperimenti ormonici sui primati. Gli sperimentatori, dopo aver trattato con testosterone le femmine pregne, sono riusciti ad ottenere prole femminile più aggressiva e dedita a giochi irruenti e rudi rispetto alle piccole scimmie normali.

Tre anni dopo, il comportamento aggressivo apparve scemato: uan possibile interpretazione dell'esperimento è che il livello ormonico prenatale condizioni abbastanza a lungo il comportamento del piccolo prima che subentri l'apprendimento socio-ambientale, addirittura che gli ormoni influiscano sull'intero arco vitale quand'anche non siano più presenti nel corpo. Il fatto è che, mentre prima della pubertà il livello ormonico maschile non differisce molto da quello femminile, già introno ai 4 o 5 anni i maschietti si comportano in modo diverso dalle femminucce. Si è quindi costretti a concludere che all'origine di tale diversità di comportamento stia soprattutto l'apprendimento, ipotesi confortata dagli studi su quegli esseri umani i quali alla nascita, a causa di caratteristiche genitali ambigue o ermafroditiche, sono stati assegnati al sesso sbagliato. Questi studi suggeriscono che l’assunzione del ruolo sessuale potrebbe essere determinata dalle condizioni ambientali e che la persona si adatterebbe all’etichetta sessuale “sbagliata” se già nella prima infanzia non intervenisse un periodo critico di fissazione dell’identità sessuale. In altri termini, non ci sarebbero difficoltà di sorta se, per errore, si allevasse una bambina come se fosse un ragazzo, ma insorgerebbero gravissimi problemi psicologici se ad una bambina si imponesse di “diventare” maschio dopo aver raggiunto i tre anni d’età. Nello studio della personalità maschile e femminile lo psicologo non può far altro che riferire gli esseri umani alle norme che lui stesso ha fissato. Pertanto lo psicologo è indotto a concludere con la stupefacente scoperta che l’originalità del pensiero, la creatività ed un elevato livello intellettuale generale andrebbero associati agli uomini “più femminili” ed alle donne “più maschili”, fenomeni che qualcuno giunge a spiegare in termini di bisessualità, mentre la spiegazione più ovvia è molto più semplice: fissando in partenza dei ruoli sessuali e degli interessi riferiti al sesso, noi limitiamo le possibilità umane, senza pensare che a taluno non va affatto a genio essere represso in questo modo. Cent’anni fa John Stuart Mill scriveva: “Nego che si conosca o che si possa conoscere la natura dei due sessi fin tanto che essi vengono considerati solo nel loro attuale rapporto reciproco.” Quasi tutti i tratti femminili rivelati dalla psicometria si possono agevolmente spiegare dal punto di vista sociologico, per cui diremo che la donna è meno dominatrice perché così le impone di essere la società, è più emotiva perché i suoi pensieri e la sua educazione sono stati convogliati più verso il cuore che verso la testa, più conservatrice perché il focolare e le pareti domestiche non mutano sostanzialmente e non richiedono (al contrario del mondo competitivo dell’impresa privata e degli affari pubblici) la capacità di mutamento come condizione di sopravvivenza. Sembra, dunque, che la psicometria, oltre a non poter far altro che misurare l’attuale stato di cose nell’ambito di una data società, non sfugga, nella misurazione, ai criteri valutativi elaborati da quella società. Una forma di ricerca che tenta di rimediare a tali limitazioni, scavalcando i confini geografici e cronologici di una società determinata, per esaminare altre culture, è quella offerta dall’antropologia. Margaret Mead, che si è interessata specificamente a questo problema, non teme di esagerare: “Esistono prove schiaccianti a favore della forza determinante del condizionamento sociale” scrive in SESSO E CARATTERE IN TRE SOCIETÀ PRIMITIVE. Ciò che proviamo a proposito dell’amore tra uomo e donna, del matrimonio e della paternità, della famiglia e di noi stessi in quanto padri, mogli e madri, è un insieme di sentimenti fortemente condizionati dalla società di cui siamo il prodotto, molto più di quanto non possiamo renderci conto. I tipi femminili che la nostra società ha prodotto nel passato, i ruoli che le donne hanno o non hanno sostenuto, scaturiscono appunto dalle imposizioni e dalle attese maschili. Le donne sono state in larga misura confezionate artificialmente dall’uomo, e ancor oggi, varie ricerche psicologiche rivelano come le donne e le ragazze siano molto più degli uomini soggette al dispotismo dell’approvazione sociale. Fino ad oggi le donne hanno continuato a vivere al bassissimo livello che la società aveva fissato per loro, appunto secondo certe attese sociali molto diffuse. Persino oggi le bambine si lasciano scoraggiare più facilmente dei maschietti da un eventuale insuccesso, e nell’intraprendere un compito qualsiasi sono scarsamente convinte di riuscirci. E per la donna adulta gli incentivi sociali, oltre che la mancanza di mire sufficientemente elevate, agiscono in senso contrario. La donna, alla quale è stata offerta un’immagine speculare fissa, ha continuato a danzare seguendo quell’immagine, quasi in un trasporto ipnotico. E poiché riteneva che la figura riflessa nello specchio fosse lei stessa, in carne ed ossa, ne è diventata esattamente uguale. Havelock Ellis, mezzo secolo fa scrisse: “Dobbiamo riconoscere che le nostre attuali cognizioni sull’uomo e sulla donna non bastano a dirci che cosa essi potrebbero o dovrebbero essere, ma soltanto ciò che sono in realtà, in condizioni di civilizzazione. Col rivelarci come in condizioni variabili gli uomini e le donne siano, entro certi limiti, indefinitamente modificabili, una conoscenza esatta della realtà della vita maschile e femminile ci vieta di dogmatizzare rigidamente circa le rispettive sfere dell’uomo e della donna .... Se questo non è esattamente il risultato che ci proponevamo di ottenere, è pur sempre un ottimo risultato.”    Continua