Bruno Tognolini
    Il lavoro e le opere di uno scrittore multimediale

    Testi per gli spettacoli all'aperto di "INCANTI E MEMORIE"
    Un progetto di Monica Maimone e Valerio Festi
    I Castelli del Trentino, 1992-94

    Castel Pietra, agosto 1992

    OLTRE LA LUNA
     di Bruno Tognolini
     
     
     
     

      Il primo dei testi dei Castelli Trentini è stato ereditato da una versione precedente, di cui doveva rispettare i personaggi: i tre cavalieri (Giovanni di Carinzia, Federico di Sporo e Volkmar di Stall), presenze storiche del luogo che torneranno in tre testi su cinque; e le bellissime Guane, Smare e altre creature magiche di quei monti, che brulicavano la selva intorno alle rovine della Pietra. Il risultato è una fiaba dolce e forte di cavalieri, draghi e magie da una parte, e condottieri pragmatici dall'altra, araldi di un nuovo pensare, che scacciano davanti a se', e per sempre, quelle lamie. Salverei la figura di Volkmar di Stall, cavaliere muto e mistico, che porta legata alle spalle anche in battaglia la donna che ha salvato dal drago, e che ora gli è voce. E salverei le squillanti ottave di presentazione dei tre cavalieri, scritte in tono ariostesco: esercizi di stile e tecnica per cui nutro un orgoglio da artigiano.
     
     
     
      • Scena 1 . ARRIVO DELL'ESERCITO
      • Scena 2 . EVOCAZIONE DEL POPOLO SEGRETO
      • Scena 3 . IL MAGO
      • Scena 4 . I TRE CAMPIONI
      • Scena 5 . LA SPADA
      • Scena 6 . L'UNICORNO
      • Scena 7 . IL DRAGO
      • Scena 8 . LA GUERRA
      • Scena 9 . IL CAVALIERE E IL MAGO
      • Scena 10 . PARTENZA DELL'ESERCITO
      • Scena 11 . SECONDA EVOCAZIONE E FINALE
      • Il Cast
     

     

    1 . ARRIVO DELL'ESERCITO

    La musica sfuma. La grande foresta che abbraccia il Castello della Pietra è immersa nel suo canto notturno: grilli, cuculi, fronde. Appena visibile, in un angolo appartato della radura, illuminata fiocamente da un suo piccolo fuoco, una figura senza sesso e senza età pare impietrita in una posa arcana di meditazione. Ma dopo poco, lentamente, una ad una, le voci della foresta tacciono: resta un ultimo grillo, che esita, trema, si spegne. La figura allora si riscuote, con un solo gesto soffoca il suo fuoco, e scompare nel buio.

    Per un tempo che pare infinito la foresta e la radura sono immerse nel buio e nel silenzio: un silenzio allarmato, innaturale, tremante d'attesa.

    Infine giunge dalla lontananza un suono fievole d'uomini, di canti e di carri, e dalla parte della valle appaiono i lampi elusivi di un lontano bagliore rosso. Luci e suoni si avvicinano, crescono rapidi, e infine son qua. Oltre il ciglio della radura ammutolita, la foresta è invasa da un esercito in marcia: bagliori di torce, colori di stendardi, fulgori di lance e di corazze; fragore di carri e cavalli, clangori di corni e tamburi, grida di guerra e di giubilo. Sono arrivati. No, passano oltre: su per l'erta boscosa, verso l'alto, verso le mura del castello. Suoni e immagini si allontanano di nuovo, fin quasi a scomparire, ma non scompaiono più: si tramutano nel brusio allegro e minaccioso di un bivacco, con fuochi e canti lontani, sù, in cima alla Pietra. Qui, alle sue pendici, la radura è nuovamente invasa dal buio e dal silenzio.

    Con un minuscolo lampo, in questo buio, la figura misteriosa riaccende il suo piccolo fuoco. Poi, nel silenzio totale, si china ancora nella meditazione, ma per poco. All'improvviso si leva, altissima per un istante, di spalle, e con le braccia tese e le mani che stringono due rami frondosi, traccia i segni delle sei direzioni dello spazio. Infine getta sul fuoco le fronde, e mentre un gran bagliore verde illumina la scena, il MAGO lancia con voce potente la sua Evocazione.

    Indice
    Indice Castelli

     
    2 . IL POPOLO SEGRETO

    Durante l'intera Evocazione (che è pausata tra ogni strofa della formula), segni fugaci e presagi delle creature che il MAGO nomina appaiono, in tempi e modi diversi: ora appena occhieggianti tra le fronde, ora in corse e voli spavaldi e fulminei, ora in figure umane danzanti o immobili, ora in forma di luce o suoni o elementi.

    MAGO
    Apparite!
    (...)
    Spiriti e nomi del bosco, geni dei siti e padroncini di ogni fonte, popolo minore delle foglie, anime delle pietre, guardiani dei sentieri e dei ponti, creature, creature, ascoltate la mia voce: apparite!
    (...)
    Spiriti e nomi dell'aria, seguaci degli uccelli e del vento, folletti pomeridiani, esseri dei tramonti e voi, bambini dei sette angoli del mondo, creature, creature, vi sto chiamando: apparite!
    (...)
    Spiriti e nomi di questi monti e questi boschi, genti segrete delle foreste di Fiemme, Primiero, Paneveggio, San Martino, ogni orecchio diverso da quello di uomo o di donna ascolti il mio richiamo: apparite!
    (...)
    E voi, elfi, gnomi, silvani e coboldi, fate e streghe, Comèlles che ogni notte scherzate con la ragione degli umani, Smare orribili che portate la discordia, ragazze-lontra coglitrici di miosotis, e anche tu, Caza Beatrich, caterva orrenda, valanga devastartrice, anche voi chiamo a raduno in questa notte: apparite!
    (...)
    E per ultime voi, Guane nascoste, fate bellissime dal piede rovesciato, Strixfal dei grandi alberi, ti chiamo, Lychien del sottobosco, ti chiamo, Cisp della macchia, Bist degli animali, Girs dei fuochi, vi chiamo, Iugiflux del gran fiume, Nectaris dei frutti e del miele, Guane creature, che dormite nei vostri elementi: io, Mago della Foresta, uomo e donna, io, Antico, Messaggero tra le Cose, questa notte vi chiamo a raccolta, creature, creature, creature: apparite!
    (...)
    Apparite, vi supplico...

    Il MAGO si china nuovamente in meditazione, e intorno a lui i timidi presagi prendono animo d'un colpo e tutti assieme, e d'un colpo la radura è piena di luci, suoni, e presenze magiche.

    Indice
    Indice Castelli

    3 . IL MAGO

    Tace la musica. Il MAGO leva il capo.

    MAGO
    Benvenuti, antichi amici miei.
    Perdonate, se ancora ho disturbato il vostro sonno, e vi ho evocato dalle dimore nascoste.
    Ascoltatemi.
    E' una notte nefasta. Ogni nostro stratagemma è stato vano. A nulla son servite le tue barriccate di tronchi, Strixfal degli alberi; i tuoi grovigli di rovo e di ginepro, Cisp della macchia; a nulla è valso confondere i sentieri, celare i ponti, geni silvani. Come vedete Carlo, il Re Ragazzo, e i suoi mille guerrieri sono qui.
    Ebbene - voi dite? Non abbiamo forse nei secoli affrontato, amato, atterrito, accolto come fratelli o annichilito innumerevoli ordini di genti?
    Ascoltatemi. Questi che sono giunti son diversi. Io sono stato tra loro, li conosco. Forse un'era è finita, e una nuova sta lanciando i suoi vagiti: forse questi guerrieri cinici e superbi sono già i suoi primi bambini, e forse chi verrà dopo sarà peggio.
    Hanno cavalcato tutta notte, la notte scorsa, la notte di San Giovanni, traversando la valle di Fiemme in un sol corso. Ignoravano i fuochi, ignoravano i prodigi, i voli, i gridi, ignoravano perfino in quale notte s'erano messi in via.
    Al mattino di ieri erano al ciglio dei nostri boschi, mai violati da uomini su bestie. Son penetrati senza un pensiero al mondo, senza offerte e saluti a voi e a me, come cinghiali. Han cavalcato dove nessuno ha cavalcato, per le foreste di San Martino e di Primiero, sono arrivati al cuore del gran bosco, dove noi avevamo teso le nostre trappole estreme.
    Baluardi vani: il Re Ragazzo è smontato da cavallo, ha chiamato cinque conti ardimentosi, ha ordinato una fiasca d'acquavite... ed è entrato. Cosa sia accaduto lì dentro, io non so. Con che magia maggiore della nostra, con quali formule, o forse solo con che animo e che spade abbiano rotto i nostri incantesimi, non so. So che dopo sei ore, due di loro sono usciti dalla foresta col viso ferito e ridente, a chiamar gli altri: poiché la via era aperta.
    Ora son qui. Non è passata un'ora da che son giunti, e hanno già posto il campo, e l'assedio. Il castello cadrà, non può fermarli. Carlo ha chiesto un parlamento. Non vuole perdere un uomo più del necessario, e ha proposto un duello di campioni: tre cavalieri assedianti, e tre assediati, si scontreranno qui, in questa piana che fu nostra, e il loro sangue deciderà di tutto.

    Questo è quanto è accaduto ed accadrà.
    Celatevi, sogni, antichi sogni: scomparite.
    Vigilate, nascosti nelle cose.
    Ma non guardate le loro spade, sono fatte
    di materia diversa dai sogni, diversa da noi.
    Sogni, sogni, creature: scomparite...
    (...)
    Scomparite!!!

    Nel lanciare in un potente grido l'ultimo comando, il MAGO si china sul suo fuoco e lo soffoca: e in quell'istante tutte le creature magiche, le luci e i suoni scompaiono nel buio.

    Indice
    Indice Castelli

    4 . I TRE CAMPIONI

    Subito, infatti, altra luce, altro suono e altre figure occupano la radura. Come per incanto, tre padiglioni di colori diversi si ergono sul prato ad opera di alacri SCUDIERI. Tre stendardi recano le insegne araldiche: un Cuore Spaccato, un Unicorno, una Pietra.
    Quando i padiglioni son ritti tre CAVALIERI, uscendone, si fermano sulle soglie: aprono le braccia, e a quel gesto gli scudieri accorrono per vestirli delle armature, e porger loro le armi.
    Sono:

    * GIOVANNI DI CARINZIA, detto il Cavaliere del Cuore Spaccato: giovanissimo ed esaltato, alla sua prima battaglia illustre, cultore dei codici cavallereschi, delle gesta eroiche e della spada (combattimento ravvicinato ma "ortodosso", secondo le regole);

    * FEDERICO DI SPORO, detto il Cavaliere dell'Unicorno: erudito e cortese, stratega e spietato, virtuoso della lancia e dei tornei (combattimento a distanza, gioco e stilema della guerra);

    * VOLKMAR DI STALL, detto il Cavaliere della Pietra: fortissimo e misterioso, brusco e temibile, indifferente ai codici e perfino agli attrezzi della Cavalleria (combatte con mazza e con pietre, zuffa primordiale).

    Quest'ultimo Cavaliere ha un tratto ombroso e inqietante: è muto, e porta una sorta di maschera-museruola sulla bocca. Per lui parla una FANCIULLA-SCUDIERO, con la quale l'uomo vive in una sorta di simbiosi, portandola spesso (ovunque l'azione lo consenta) legata a sè, come un doppio individuo. Questa bizzarria - cui i due compagni faranno tra poco fugacissimi accenni - verrà narrata per esteso e motivata al pubblico soltanto più avanti, alla 7^ scena. Lo chiameremo, per il momento, VOLKMAR-DONNA.
    Infine, vestiti e armati, i tre si presentano a vicenda con voci tonanti e cerimoniali.

    FEDERICO
    Giovanni di Carinzia, per grazia di Dio e del nostro sovrano Cavaliere del Cuore Spaccato, dove vai?

    GIOVANNI fa tre passi avanti, presenta la spada, quindi intona:

    GIOVANNI
    Alla guerra! Volkmar di Stall, per grazia di Dio e del nostro sovrano Cavaliere della Pietra, dove vai?

    (Idem)

    VOLKMAR-DONNA
    Alla guerra! Federico di Sporo, per grazia di Dio e del nostro sovrano Cavaliere dell'Unicorno, dove vai?

    (Idem)

    FEDERICO
    Alla guerra!
    Sia reso onore ai nomi ed ai blasoni
    dei tre di Carlo Cavalier campioni.
    Né parole né lodi niun risparmi.
    Giovanni di Carinzia, mostra l'armi!

    VOLKMAR-DONNA e FEDERICO si ritraggono in pose fisse e guerresche in secondo piano, e da lì intonano le lodi di GIOVANNI. Il quale si porta avanti, e dà inizio a un suo violento e squilibrato atto marziale con la spada.

    VOLKMAR-DONNA
    Primizia d'arme, oh tu, campione infante,
    primavera d'ardire e di coraggio,
    gran promessa di gloria e sangue innante
    che sia il tuo giugno, ma del pieno maggio
    furia e splendore d'anni e di sembiante
    e fresca alba di gloria: rendo omaggio,
    chino lo capo e piego il braccio armato
    avante al Cavalier del Cuor Spaccato.

    FEDERICO
    Cento ne può piegare la fortezza
    del braccio esperto e dell'acciaio duro,
    cento ancora può vincer l'accortezza
    di mente ferma e consiglio sicuro:
    ma mille solo annienta giovinezza,
    che ha corto senno e lunghissimo futuro.
    Nemici e giostre e guerre a perdifiato
    auguro al giovine Sir del Cuor Spaccato.

    GIOVANNI
    Ben saprò tale augurio meritarmi.
    Federigo di Sporo: mostra l'armi.

    Girano le parti: GIOVANNI (che con l'ultima battuta ha terminato l'esercizio e salutato) ora si ritrae accanto a VOLKMAR-DONNA, FEDERICO viene avanti ed esegue in silenzio un lento e stilizzato esercizio marziale con la lancia, danzandolo sul ritmo delle ottave.

    GIOVANNI
    Campione di sapienza e di tranelli
    Federigo di Sporo, mente e spada,
    con lingua e ferro sgomini e debelli
    l'avversario che ingombre la tua strada.
    Nè gli giovan corazze né rovelli,
    per lancia o verbi alfin convien che cada,
    e maledica il fato e il cupo giorno
    ove conobbe il Sir dell'Unicorno.

    VOLKMAR-DONNA
    Cento ne stronca il braccio di Diomède,
    cento d'Ulisse il senno e l'argomento,
    cento schiaccia la forza sotto il piede,
    mentre l'astuzia sgomina altri cento;
    a Federigo chi il passo non cede
    a fronte e a tergo ha d'aspettar tormento:
    tormento e insidia vanno insieme intorno
    a chi sfida il Cavalier dell'Unicorno.

    FEDERICO
    E Unicorno potrete ben chiamarmi.
    Volkmar di Stall, è il turno, mostra l'armi!

    Ancora gira il turno: FEDERICO saluta, si ritira, viene avanti VOLKMAR-DONNA, che senza sciogliersi dal suo scudiero-simbionte compie un esercizio parco e pauroso a mani nude (o con macigni).

    FEDERICO
    Gran Sire senza verbi e senza scudo,
    bocca di fiori e braccio di gigante,
    Cavalier che va alla pugna a petto nudo,
    prega con mani insanguinate e sante,
    e con le stesse un masso immane e crudo
    leva sul capo e schianta chi ha d'innante;
    e ad ogni masso e ad ogni colpo impetra
    perdono prima a Dio, poscia alla pietra.

    GIOVANNI
    Non mai bastanti avrò voci di lode,
    o Cavaliere Muto, per tue gesta.
    Mai nimico ti vede, mai ti ode,
    mai dubita la sorte che s'appresta,
    ma ignaro di che arti o di che frode,
    ha tosto un masso in luogo della testa.
    Oh schiaccia, e prega, e stronca, e mai t'arretra!
    Combatti, o Doppio Sire della Pietra!

    FEDERICO e GIOVANNI
    Combatti, o Cavalier del Cuor Spaccato!

    TUTTI E TRE
    Combatti, o Cavalier dell'Unicorno!
    Combatti!
    Combatti!
    HA!

    Si sono uniti in un gruppo compatto e minaccioso, e con l'ultimo grido breve e potente presentano le armi ai quattro punti cardinali. In quell'istante si riaccende il piccolo fuoco del MAGO, e una breve musica a contrasto ne annuncia la presenza. Che però non si manifesta agli occhi: giunge, da chissà dove, solo la sua voce che sussurra.

    VOCE DEL MAGO
    Lychien... Cisp, Iugiflux... venite...
    Strixfal... Girs... venite, ma senza mostrarvi.
    Guardate: sono atroci, e ridicoli a un tempo.
    Guardate, ascoltate, sedete qui con me.
    Ora racconteranno...

    Indice
    Indice Castelli

    5 . LA SPADA

    Il gruppo statuario e pleonastico, infatti, s'è sciolto: i tre CAVALIERI siedono in breve raccoglimento. Infine FEDERICO si alza e annuncia, conciso e pragmatico, la veglia d'armi.

    FEDERICO
    Chiedo licenza, Messeri, d'uscire di rima. Grazie.
    L'ora del triplo tenzone è omai vicina, e occorre prepararsi.
    In qualità d'anziano e siniscalco dei nobili Cavalieri di Carlo di Lussemburgo, sarò ministro di questa veglia d'armi.
    Ciascun Sire illustrerà con una storia come e perché vincerà questo duello.
    Giovanni di Carinzia è il cadetto. Lui sia il primo.

    GIOVANNI si alza, saluta cerimoniosamente, ed esordisce.

    GIOVANNI
    Messeri. Voi di gran tratto ormai mi precedete sulla strada delle gesta, e ben sapete più di me casi e argomenti. Io so solo due cose, ma bastanti: che questo pugno stringe questa spada, e che di fronte ho il nemico del mio Re. Dunque di una Spada e di un Re io narrerò, che non avranno mai l'eguale nei millenni. Mi saranno di buon auspicio. Date orecchio.

    Quindi si fa avanti sulla scena, e prende a narrare con enfasi trobadorica. Nel corso di questa e delle successive narrazioni, figure ed eventi fugaci appaiono alle spalle dei Cavalieri, ai margini della radura e nel bosco: possono essere illustrazioni delle vicende che essi vanno narrando (in questo caso il "raggio" di Escalibor), e manifestazioni del mondo magico che segretamente li circonda ed ascolta. GIOVANNI e FEDERICO non danno segno di avvedersene: solo VOLKMAR, di tanto in tanto, si volta di scatto, come allarmato da qualcosa che ha creduto di vedere.

    GIOVANNI
    Il Sire Artù partì per l'oltremare, incalzando col cuore in gran tormento il prode Lancillotto, che tradì, e osò insidiare il cuore alla Regina. Lontano il Re, Sir Mordred ordisce il filo di un cupo tradimento: incita i conti ostili di Bretagna, solleva i foschi Sassoni mai domi, e assedia Camelot, sguarnita di guerrieri. Artù ne ha tosto notizia, e fa ritorno, alla testa di armate stanche e rade.
    Sir Mordred, il fellone usurpatore, era figlio segreto di un peccato: l'amore reo del Grande Artù e Morgana, Dama di Avalon, Maga del Lago, e ahimè sorella del Re, a sua insaputa. Figlio adunque di due potenze mal congiunte: la fronda millenaria dei Druidi, e la spada del Nuovo Re Cristiano. Tale doppio campione era Sir Mordred, e ben a suo danno Artù dovrà provarlo.
    Eccoli al fin di fronte, padre e figlio, nella pugna finale per il trono: a Camlaun, secondo alcuni trobadori; a Salisbury, o addirittura ad Avalon, per altri.
    La pugna infuria intorno a loro, e le due schiere, con l'animo che canta il proprio re, vanno al macello: braccia mozze, teste mozze, membra sparse, mani orfane dei polsi, crani fessi, cavalli scalpitanti sui feriti, e sangue e cervella e sterco in un sol lago.
    Ma il Re Cervo e il Cerbiatto Traditore non guardano e non vedono che l'odio, e l'odio vede la morte in ambedue.

    (Anche FEDERICO, a questo punto, può levarsi e dar man forte a GIOVANNI nel momento in cui, all'acme del dramma di sangue, entra in rima: possono dire insieme ed eseguire in scherma la seguente celebre ottava del Tasso)

    FEDERICO e GIOVANNI
    Non schivar, non parar, non ritirarsi
    voglion costor, né qui destrezza ha parte.
    Non danno i colpi or finti or pieni or scarsi,
    toglie l'ombra e il furor l'uso dell'arte.
    Odi le spade orribilmente urtarsi
    a mezzo il ferro, il piè d'orma non parte.
    Sempre è il piè fermo, e la man sempre in moto,
    nè scende taglio invan, nè punta a voto.

    (FEDERICO torna al suo posto, e GIOVANNI prosegue da solo)

    GIOVANNI
    E punta e taglio e punta e taglio ancora, furiosa rissa che pare non finire. E che invece finì.
    Si ferma il tempo, il fiume ferma il corso, il vento è fermo, l'uccello è a mezzo il volo, e come statue le genti e gli animali, ed in tale quiete, un moto solo: Escalibor, spada incantata del Gran Lago, che lenta come il tempo, inesorabile, s'avanza, s'immerge, affonda, e poi riaffiora.
    Disse Gamlain, fido compagno al Sire, che vide un raggio di sole penetrare con quella lama nel petto del malvagio, e uscita essa, restare nelle carni, e appendere il trafitto contro il cielo.
    Così Mordred morì: ma anche il suo ferro, mentre moriva, bevve al fianco del Sire così a fondo, che ne fuggìa la vita, e già per sempre.
    Artù dette la spada allo scudiero, e insieme ad essa l'ultimo comando: lancia nel lago Escalibor, lontana. Il ragazzo lanciò, e dalle acque vide emergere un braccio femminile, e una mano afferrar l'elsa che volava, e brandire la spada tre volte, e poi sparire, tornando nel suo abisso.

    Il giovane si placa, torna tra i compagni, e annuncia fieramente l'epilogo della sua narrazione.

    GIOVANNI
    E così similmente questa spada, che ancora non ha nome, possa domani immergersi nel petto del mio nemico, e spaccare il suo cuore, e lì trovare nome e vittoria insieme.

    FEDERICO e VOLKMAR-DONNA
    Dio lo voglia.

    GIOVANNI ha terminato e si siede.

    Indice
    Indice Castelli

    6 . L'UNICORNO

    E' il turno di FEDERICO, che si alza ed esordisce a sua volta con una premessa.

    FEDERICO
    Vissero, in ere passate anche tra noi, mostri diversi e difformi in molti modi: creature tristi e inique, corpi atroci, teste nei ventri e membra ingarbugliate, animali diversi fusi in uno. Ma ora che Cristo ha redento ogni contrada, e gli ordini dei Cavalieri luminosi batton le selve nelle cerche sante, cacciandone ogni abominio, ora quei mostri si torcon negli abissi del Serpente Oceàno, o si celano nelle selve sconosciute d'India e di Libia, terre senza cielo.
    Uno, tra essi, è tuttavia caro al mio cuore, e al mio nome ornamento: l'Unicorno. D'esso vi narrerò, porgete orecchio.

    Quindi si fa avanti sulla scena, e narra con fare sobrio e deciso. Le figure misteriose continuano ad apparire a commento (in questo caso l'Unicorno e la luna - o i loro fantasmi); FEDERICO e GIOVANNI continuano a non vederle, mentre FOLKMAR-DONNA ne è sempre più inquietato.

    FEDERICO
    E' l'Unicorno un alto destriero ardito, maggiore ad ogni destriero per grandezza. Ha forza pari a dieci leoni etiopi, e reca un corno ritto sulla fronte, lungo per altri più, per altri meno, ma capace di passare tre elefanti. Alla sua base è una pietra smeraldina, di luminoso e ineguagliabile splendore. E corno e pietra son prede assai ambite, poiché annientano i veleni traditori, e così salvano il regnante dalle insidie della sua corte infida.

    Ma non v'è caccia regale, non v'è cane, arco o balestra che fermino quel mostro. L'Unicorno selvaggio china il capo, e carica ruggendo, e passa e infilza ogni vivente che intralci la sua via.

    Una sola lo vince, una lo tiene: una fanciulla, vergine per certo, che sieda sotto un albero cantando, e tessendo pensieri amorosi. L'Unicorno sente l'afrore della vergine da lungi, ed accorre ammansito, e poggia il capo e il lungo corno ritto nel suo grembo, ed ella gli scopre il seno: e prendon gioco. Allora, e solo allora i cacciatori, con reti e funi accorrendo, fanno preda.

    Finita la narrazione, FEDERICO passa all'esegesi, dove forse il suo tono assume sfumature profetiche, predicatorie.

    FEDERICO
    "Videmus nunc per speculum in aenigmate". Così dice il sapiente, ed è pur vero: vediamo il mondo in uno specchio, e nell'enigma. Guardate là! Nostra Signora dei Segreti! La Luna! Scimmia del Mondo, Sorella all'Unicorno, Specchio Proibito delle cose primigenie. Là, in quello specchio si celano gli enigmi a noi vietati. Oltre lo specchio son le nostre risposte, oltre la luna! Irraggiungibili alla mano.

    E noi quaggiù, viviamo in mezzo ai simboli nel sonno, balbettando decifrazioni puerili, brancolando. Vedete la mia lancia? Vedete la punta ritorta, inusitata? Ebbene è un corno d'Unicorno, comperato da mercanti d'oriente, a prezzo di molto sangue e molto oro. Quando cavalco contro l'avversario, cavaliere e cavallo e corno insieme ricompongono il Mostro, e il mio nemico cade, senza scampo. E quando invece una fanciulla m'apre il seno, il portatore di morte si riposa.

    Dunque galoppa, Cavaliere, non fermarti! Di donna in donna, di morto in morto, non fermarti! Cerca nei petti squarciati, o nei seni scoperti, le risposte ai fugaci enigmi. Un giorno forse, vecchio signore e stanco, galopperai con la tua lancia in resta nel gran gioiello del cielo, tra le stelle, come un dardo lanciato a infrangere la luna!

    FEDERICO cambia tono bruscamente, e conclude con fare pragmatico, tornando presso i compagni.

    FEDERICO
    Messeri: fin che giunga quel giorno, molti altri uomini cadranno per mia mano con il petto squarciato. E il primo sarà domani.

    GIOVANNI e VOLKMAR-DONNA
    Dio lo voglia.

    FEDERICO si siede.

    Indice
    Indice Castelli

    7 . IL DRAGO

    E' il turno del doppio VOLKMAR, che si alza ed esordisce.

    VOLKMAR-DONNA
    Messeri arditi nella lingua e nella mano, che narrate cose mirabili a sentire: Volkmar Di Stall, il Sire Silenzioso, il leone che ha bocca di fanciulla, non vi sarà da meno. Date ascolto.

    Si porta al centro della radura con passi tesi, di belva in allarme. Nel parlare si guarda intorno con aria terrorizzata, terrore e collera montano insieme nel suo discorso, e le ultime frasi sono grida lanciate verso la selva.

    VOLKMAR-DONNA
    A tutti è noto il mio destino atroce, il cupo nodo che stringe questo viso, e che mi lega a costei, mia viva bocca. Ma non v'è alcuno che conosca la vicenda, terribile ed immane, che fu cagione di tale destino. Ebbene, udite: è una notte affollata di prodigi, la notte giusta per rivelarla, finalmente.

    Anch'io fui come voi, un tempo remoto. Anch'io cercai nelle gesta e nelle spade, nelle corti e nelle giostre fama e onore, e trofei di nemici sempre nuovi. Finché un giorno trovai l'Ultimo.

    Guardate! E' una notte fatata: ed Egli è qui! I vostri occhi, accecati dalle spade, oppure persi a mirare oltre la luna, non scorgono che fronde, legni e massi: ma in ogni foglia che trema in questa selva, in ogni moto di rami, in ogni ombra che striscia intorno a noi, sappiatelo, respira l'Animale, l'Avversario di Dio, nostro Nemico. I miei occhi ne riconoscono la vampa, le mie orecchie ne rammentano il muggito, la mia lingua si torce ancora tra i suoi denti, e ciò che ne resta si tende nello spasmo di gridare la sfida, e ahimé non può!

    Guardate, Messeri, guardate! L'estremo nemico di ogni Cavaliere!

    Guardate negli occhi del Drago, e tremate!

    GIOVANNI e FEDERICO si alzano di scatto, sguainando le spade, e assumono una posizione di difesa, schiena a schiena, con le armi protese e roteanti. Intorno a loro, in tutta la selva, un rapido mutare di luci e suoni e immagini annuncia la presenza del Drago: ma non ne scorgeremo che simboli e presagi ambigui, le sue insegne elusive. Anche il MAGO e le CREATURE MAGICHE son riapparsi, e occhieggiano fugaci dai loro nascondigli. Tutto pare presagire l'apparizione del Mostro, ma è invece una terribile risata di VOLKMAR-DONNA che risuona.

    VOLKMAR-DONNA (risata)
    No... No no, Cavalieri, pace, pace... Riponete le spade. Non bastano i vostri anni: occorron gesta maggiori delle vostre, grandi cerche ostinate come lame, e digiuni implacabili, e giorni e notti atroci, per meritare di vedere il Drago. Non lo vedrete, non vi si mostrerà. E se pur si mostrasse, riderebbe di quelle due futili spade. Riponetele, prestate orecchio: è me che cerca.

    GIOVANNI e FEDERICO non gli danno ascolto, e restano nella loro posizione di battaglia, tesi e pronti. Ora VOLKMAR-DONNA si è calmato. Si scioglie dalla sua simbionte - senza che questa smetta di parlare - e dà inizio a un misterioso rito preparatorio, vestizione ed esercizio marziale, ma in altri gesti e forme per il diverso scontro che l'attende.

    VOLKMAR-DONNA (di seguito)
    E mi ha trovato, e non gli sfuggirò. O non mi sfuggirà, secondo il fato che l'unico Dio ha deciso da millenni. Deve riprendersi ciò che mi ha lasciato in pegno, o io riprendermi ciò che mi ha rubato, quando strappai dai suoi artigli la fanciulla che mi era sposa, amante, sorella, ed altro ancora: e che ora... mi è voce.

    (Qui VOLKMAR può avvicinarsi alla FANCIULLA-SCUDIERO, in un gesto di amore, una carezza; e nell'unico lampo di presenza personale e di ricordo, la voce della donna si spezza per un istante e trema)

    VOLKMAR-DONNA
    In cambio, dovevo lasciargli la vita. Rifiutai. Pronunciai un nome vietato, uno dei nomi segreti di Dio, il più potente. Dovette retrocedere, ma disse:

    "Tu uomo non avrai lingua né bocca per pronunciare quel nome un'altra volta, quando ti troverò sulla mia strada. Allora il Drago avrà ciò che gli spetta. Attendimi. Ricordati di me".

    E nel dir questo, in un ultimo assalto, quell'abominio mi volò sul viso, come un amante mi baciò la bocca: e la mia bocca rimase nella sua.

    Ora VOLKMAR è pronto, imponente e pauroso in un'armamento mai visto, fatto di tronchi e cortecce e fronde: un Cavaliere Silvestre. Si porta alle spalle della FANCIULLA-SCUDIERO, sulle spalle le posa le mani.

    VOLKMAR-DONNA
    Da allora taccio, e da allora costei, che s'è ormai persa in me, per me parla e ragiona, a sua condanna.
    Ed ora è giunto il tempo.
    Impallidisce il vostro duello, fronte a questo cui state per assistere. Guardate!
    Cavalieri guardate, ed imparate!
    Ogni nemico che incontriamo ed abbattiamo non è che il grado di una scala d'assassinio. Ma questa scala spietata, oltre la luna, oltre ogni specchio, riconduce qui!
    Il Drago è qui! I boschi, gli uomini, le bestie, tutti i nemici che invano assassiniamo, tutti gli esseri che formano il suo Nome, son sempre stati qui!
    Addio, Messeri.
    Curatevi di questa sfortunata. Chiudetela in convento.
    Se vivrà.

    VOLKMAR scioglie per la prima volta la sua maschera-museruola (sotto, il viso dell'attore sarà deformato da qualche trucco d'effetto - senza bocca, con ferita, cicatrice, etc. - o del tutto normale, secondo quanto parrà più opportuno). Quindi, a viso nudo, si avvicina alla RAGAZZA-SCUDIERO, la bacia, e separa il bacio con un pugnale (o altro atto che segni la recisione del legame). La ragazza grida e crolla al suolo. VOLKMAR-UOMO, diviso dal simbionte, si porta al centro della radura con le sue armi arboree, si piazza in una posizione di battaglia, e per la prima volta grida con la sua voce, stranita ed incerta per il lungo silenzio:

    VOLKMAR-UOMO
    Drago!
    Appari!

    Indice
    Indice Castelli

    8 . LA GUERRA

    Per un breve istante nulla accade. Poi il finimondo: scompaiono le CREATURE MAGICHE, e un istante dopo la radura è attraversata da truppe in carica d'assalto. Passano arcieri che scagliano frecce alla rocca, e fanti e cavalieri con le insegne; in alto, alla Pietra, si levano fuochi e grida e colpi. Non è il Drago: è la Guerra.

    FEDERICO e GIOVANNI, dopo un breve istante di sorpresa, comprendono e si uniscono alle truppe, scomparendo verso la Pietra (GIOVANNI può prendere tra le bracia la FANCIULLA-SCUDIERO e portarla con sè). Poi la radura è invasa da combattenti che tirano di spada: uomini di Re Carlo e Veneziani che hanno tentato una sortita. VOLKMAR resta immobile nella sua posa d'attesa, impietrito e indifferente al centro degli scontri. Il MAGO appare, gli si avvicina, si ferma ritto di fronte a lui: entrambi paiono invisibili e intoccabili.

    Finalmente, gli scontri paiono spostarsi verso l'alto, alle porte del castello. La radura si sgombra, i rumori si attenuano, restano bagliori di fiamma e grida lontane sulla cima della Pietra. E restano le due figure del MAGO e di VOLKMAR, a fronteggiarsi in silenzio.

    Indice
    Indice Castelli

    9 . IL CAVALIERE E IL MAGO

    Infine il MAGO parla. VOLKMAR, come destandosi da un sonno, dapprima si guarda attorno smarrito, poi guarda il MAGO, e l'ascolta. Timidamente, ochieggiando una ad una dal bordo della radura, le CREATURE MAGICHE riappaiono, e ascoltano a loro volta. Il MAGO ripete - e stavolta recita - il rito delle sei direzioni dello spazio, e della settima raggiunta.

    MAGO
    Ora sei giunto, uomo. Ora sei qui.
    E ormai conosci dove.
    In lunghi anni di cerche dolorose
    hai frugato le sei case del mondo.
    Avanti, come un puledro temerario.
    Indietro, come un uomo che ripensa.
    A destra, a manca, come chi cerca i suoi compagni.
    In alto, verso un Dio che è oltre la luna.
    In basso, dentro la prima Dura Madre.
    E ora hai scoperto la settima dimora:
    l'ora, il qui.
    Cavaliere, hai detto il vero: il Drago è qui.
    Tu sei nel Drago.
    Sei dentro il tuo Nemico: se è il Nemico.
    Guarda lassù: in cima alla Pietra infuria la battaglia. Il Re Ragazzo ha tradito i vostri patti: la tenzone era solo una menzogna, una trappola da principe scaltro, che gioca con ciò che voi chiamate onore. I Veneziani, presi due volte alla sprovvista, cadranno tra breve tempo. La vostra guerra ormai è vinta: se è la tua.
    E guarda laggiù: le creature segrete, gli spiriti ed i nomi di ogni cosa, assistono impotenti alla rovina. Tra poco cadranno in sonno, nell'esilio. La loro era è finita, e comincia la vostra: se è la tua.
    Lassù, quaggiù, gli uomini ed il bosco, son le due teste del Drago.
    Sei nel Drago.
    Avanti, uomo. E' il tempo di affrontarlo.

    VOLKMAR, per un istante, è smarrito e dubbioso tra le due strade indicate del MAGO: la cima della Pietra, coi bagliori della battaglia, e la selva, coi lampi elusivi delle presenze magiche. Infine, presa una risoluzione, sveste la sua corazza arborea e si lancia in corsa nella selva, gridando:

    VOLKMAR-UOMO
    Drago! Drago! Drago!...

    In breve l'uomo scompare nel bosco, e le CREATURE con lui: per un poco si sente il suo richiamo, e infine anche quello svanisce. Il MAGO riaccende il suo piccolo fuoco, e vi si china in meditazione.

    MAGO
    Buona caccia, Cavaliere. Così sia.

    Indice
    Indice Castelli

    10. PARTENZA DELL'ESERCITO

    Buio e silenzio nella radura. Dalla Pietra, crescendo gradualmente, risuonano i canti e le grida, e appaiono e trascorrono fra gli alberi le insegne e i bagliori dell'esercito che parte, in una scena simmetrica alla Prima.

    Indice
    Indice Castelli

    11. SECONDA EVOCAZIONE E FINALE

    Quando infine l'esercito è scomparso, intorno al MAGO ancora chino al suo fuoco e ai margini della radura, tornano ad occhieggiare le CREATURE. Simmetricamente alla Seconda Scena, il MAGO si alza, leva le braccia con le fronde, traccia i suoi segni, e pronuncia questa evocazione a rovescio:

    MAGO
    Scomparite!
    (...)
    Spiriti e nomi dei monti, dell'aria, dell'acqua; spiriti e nomi delle foreste di Fiemme, Primiero, Paneveggio, San Martino; elfi, gnomi, silvani e coboldi, fate e streghe, Comèlles, Smare, Caza Beatrich, creature, creature segrete: scomprite!
    (...)
    Strixfal dei grandi alberi, svanisci, Lychien del sottobosco, svanisci, Cisp della macchia, Bist degli animali, Girs dei fuochi, svanite, Iugiflux del gran fiume, Nectaris dei frutti e del miele, Guane creature, che avete regnato su queste terre per millenni: io, Mago della Foresta, uomo e donna, io, Antico, Messaggero tra le Cose, questa notte vi chiamo al lungo sonno, oltre la luna! Creature, creature, creature: scomparite!

    Il MAGO soffoca il suo piccolo fuoco, gettandovi il mantello, e in quell'istante le luci e le CREATURE MAGICHE svaniscono. Ancora per poco e fiocamente illuminato, il MAGO pronuncia l'Epilogo, e il Commiato.

    MAGO
    Scomparite nel sonno. Apparite nei sogni.
    Gli uomini cambiano, i loro sogni no.
    Quella sarà la patria, oltre la luna,
    da cui nessuno potrà mai più cacciarci.
    Fra sette secoli, in questo stesso luogo,
    sotto il castello che sarà rovina,
    molti uomini in una notte estiva,
    sogneranno di noi,
    come già hanno sognato l'anno prima,
    e l'anno dopo sogneranno ancora.
    Ma se questo loro sogno, per un'ora
    ci ha richiamato in vita,
    ora quest'ora è finita,
    ed è il saluto estremo.
    Addio, Messeri.
    Se sognerete ancora,
    torneremo.

    Buio. Musica. Fine.

    Indice
    Indice Castelli

    IL CAST
     
     "OLTRE LA LUNA"
    Una memoria nell'incanto del CASTELLO DELLA PIETRA

    Testo di BRUNO TOGNOLINI
    Riduzione scenica di MONICA MAIMONE

    Collaborazione alla regia GIAVANBATTISTA STORTI
    Regista Assistente PAOLO DALLA SEGA
    Ideazione luci PAOLO BARONI
    Ideazione costumi ANNA CARNELLI
    Maestro d'armi GUSTAV KYSELICA
    Coreografie aeree TULLIO SIMONI

    Una produzione TRAFESTI

    Regia e ideazione scenica di MONICA MAIMONE e VALERIO FESTI

    Il mago ELEONORA FUSER
    Giovanni di Carinzia GIOVANNI LORENZI
    Federico di Sporo GIOVANBATTISTA STORTI
    Volkmar di Stall FABRIZIO CARAFFINI
    Re Artù TULLIO SIMONI
    Sir Mordred FRANCESCO CENIN
    L'esercito del Re Ragazzo I BORSEUS (arma bianca) - I COLIBRI' (free climbing)
    Le creature dei boschi POPOLO DI PRIMIERE

    Prima rappresentazione a Castel Pietra, PRIMIERE (TN), 8-9 agosto 1992

    Indice
    Indice Castelli
    Home Page




    ARRIVEDERCI