--Il Vedovo-------

Un film al femminile

Gli ultimi venti anni del secolo appena trascorso hanno sancito, nella civiltà occidentale, il declino della figura maschile tradizionale e la contemporanea ascesa del ruolo preminente della donna. Con notevole anticipo temporale, questa trasformazione è uno degli assi portanti de "Il vedovo" in relazione al personaggio di Elvira Almiraghi, figura dominatrice e castratrice per eccellenza in un microcosmo popolato da uomini inetti e vili come il marito ed i collaboratori che lo circondano (basti pensare al marchese Stucchi vittima incapace di reagire alle ripetute umiliazioni del suo principale o al progettista di ascensori pedofilo Fritzmayer). Donna Elvira appare priva di sessualità (anche la vicenda dell'amante Oscar rimane sullo sfondo), pronta a stroncare sul nascere il tentativo di palpazione del marito, diretto a strapparle l'ennesima "firmeta" d'avallo per un finanziamento, con un colpo secco di penna sulla mano, evidente metafora dell'evirazione. Il suo principale interesse è quello di scalare posizioni economiche grazie al fiuto per gli affari (come si evince dal mancato accordo con la Montecatini) non esitando a stritolare quel sottobosco di faccendieri incapaci comprendenti Alberto Nardi. L'impotenza dell'uomo sconfina nell'autolesionismo, con la telefonata di Stucchi alla stazione ("per carità signora non lo dica a suo marito diciamo che è stato il destino !") che in pratica la salva da una morte sicura. La misura dell'egemonia si percepisce anche in sua assenza, ad esempio nella scelta del brano da cantare per il funerale in "contumacia" Rabagliati non ha esitazioni nello scegliere l'Ave Maria ("Bravo, bravo l'amava tanto Elvira !") piuttosto che un 'Credo' o un 'Padre Nostro'. O in maniera più evidente nel momento delle condoglianze: "Caro Almiraghi !" - "Nardi ! Almiraghi era la povera signora". La stessa 'resurrezione' sembrerebbe addirittura voler rimettere in discussione il fondamento primario della religione cristiana. Gli unici momenti di umanità di Elvira sono rivolti ad un'altra donna, la mamma. In effetti oltre alla 'burattinaia' anche le figure femminili secondarie mostrano una personalità spiccata, la stessa Gioia, amante di Nardi e inizialmente da lui affabulata non esita a gettarsi tra le braccia del becero industrialotto Fenoglio che non sarà un adone ma almeno ha il "dané" (l'unica arma rimasta in mano ai suddetti perdenti). La stessa grintosa Donna (termine che non a caso si usa per descrivere caratteri forti) Italia ha fin dall'inizio compreso la non convenienza economica della relazione della figlia e quando tenta di strappare il visone (rosé canadese) dalle mani del Nardi, è sconfitta solo temporaneamente dalla forza fisica. Sarà infatti "vendicata" proprio dalla Almiraghi la quale attraverso un complesso giro di debiti, che coinvolge a sua insaputa anche il marito, ritornerà in possesso della pelliccia. Lo stesso fallimento del piano di eliminazione della manager è causato dalla ritardata telefonata dello zio di Nardi che trova l'apparecchio pubblico di un bar occupato da una logorroica pettegola ("Nella tua torre d'avorio dove ti sei rinchiuso è tutto facile !"). Si configura dunque una sorta di casuale solidarietà femminile sotterranea, una vera e propria tela di ragno di cui fa le spese in maniera fatale il Nardi e cioè il maschio italico. E la caduta nella tromba dell'ascensore non a caso avviene in quella Torre Velasca, vero e proprio simbolo fallico per le sue linee architettoniche ancora prima che simbolo della Milano del boom economico. Determinata, come detto, all'interno di quella stessa congrega di uomini che si illudono di poter riprendere il potere perduto. Ci sono anche donne insipide (la sorella aspirante annunciatrice di Gioia, l'avventrice della cena al ristorante che straparla di Bartali, la segretaria di Nardi, la presunta innamorata di Stucchi) ma sono solo bozzetti che scompaiono di fronte alla 'dark lady' Elvira che non potremo mai dimenticare quando in un crescendo musicale degno del miglior noir compare alle spalle del marito, il volto senza espressione della morte, esclamando nell'inevitabile scioglimento della tensione "Cosa fai cretinetti, parli da solo ?"