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Sui tipi di segni e la differenza tra questi si è sempre parlato, e lo si continuerà a fare. Icone, indici, immagini, simboli, sono state date innumerevoli definizioni, e le disquisizioni accademiche sull'argomento non si possono contare. Ma per una trattazione "strutturale", Hjelmslev viene ancora una volta in nostro soccorso. Egli distingue tra sistemi di segni, di simboli e di semisimboli, aventi in comune la relazione tra un piano dell'espressione con uno del contenuto.
In un sistema di segni (sistema biplanare o sistema semiotico propriamente detto) si ha la possibilità di scomporre e commutare gli elementi di un piano, restando all'interno del sistema stesso. Espressione e contenuto, in presupposizione reciproca, non sono conformi.
In un sistema simbolico, per certi versi accade tutto il contrario: gli elementi non sono scomponibili, e vi è conformità tra il piano dell'espressione e quello del contenuto.
Il caso più interessante è quello del semisimbolismo, in cui vi è conformità tra i piani e commutabilità tra gli elementi. Un sistema semisimbolico articola categorie del piano dell'espressione con categorie del piano del contenuto attraverso relazioni oppositive. Realizza una sorta di codice che funziona localmente in un testo.
esempi: |
Come esempio di sistema semiotico (biplanare) si consideri, ancora una volta, la lingua. Ogni segno è scomponibile in figure o tratti. Ad esempio, dal lato dell'espressione, tutti i suoni di una lingua possono essere scomposti in consonantici o vocalici. Inoltre vi è commutabilità fra gli elementi (tant'è che in linguistica si parla di prove di commutazione) restando all'interno del sistema stesso: se si cambia il primo suono della parola pane si possono ottenere altre parole della lingua italiana (tane, cane, rane).
Di sistemi simbolici, invece, ne esistono a bizzeffe. Un simbolo è quanto di più arbitrario ci sia. Si pensi alla matematica: le operazioni aritmetiche possono essere considerate come della manipolazioni di simboli attraverso regole ben precise. Il segno di addizione " + " non è scomponibile in " | " e " - ", perché perderebbe il suo significato. Certo esiste la sottrazione " - ", ma non ha alcuna relazione strutturale con il simbolo " + " e in ogni caso il segno " | " non esiste, né tanto meno i due segmenti rappresentano due addendi di una somma. Un altro esempio è il gioco degli scacchi: si può scomporre, certo, il pezzo "torre" in mattoni. Ma così facendo si esce dal gioco stesso: il mattone non esiste negli scacchi! Ancora: il simbolo del comunismo, si sa, è falce e martello. Questi due elementi, presi singolarmente, perdono il loro significato politico. Ultimo caso: il semaforo. E' composto da tre unità, sia nell'espressione che nel contenuto (conformità). Anche se i colori possono essere scomposti in vari modi (luminosità, saturazione), ciò che conta è esclusivamente la tonalità.
Infine, passiamo ai sistemi semisimbolici. L'esempio per eccellenza è quello che va ad associare un movimento verticale della testa con l'affermazione, e un movimento orizzontale con una negazione. Le categorie in gioco nell'espressione sono: orizzontale <=opposto a => verticale. Dal lato del contenuto invece sarà invece il concetto di affermazione <=opposto a=> negazione. D'altronde non è forse un codice semisimbolico quello di questo sito che associa il verde alla pratica e il rosso alla teoria? Questa tabella può essere d'aiuto:
ESPRESSIONE | CONTENUTO | |||||
categoria1 | STA A | categoria2 | COME | categoria1 | STA A | categoria2 |
verticale | orizzontale | affernare | negare | |||
rosso | verde | teoria | pratica |
La commutabilità consiste nel fatto che le associazioni tra categorie dell'espressione e del contenuto sono del tutto arbitrarie: in questo sito, si sarebbe potuto accoppiare il colore verde con la parte teorica anziché con la pratica. Così come il fatto che ad un movimento verticale della testa corrisponda un'affermazione è frutto di convenzione sociale, e se funziona è solo perché esiste il suo opposto corrispondente che mette in relazione il movimento orizzontale con la negazione.
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