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L'Africa è violenta. In ogni sua manifestazione sia negativa che positiva. Non c'è momento o situazione della giornata in cui non si evidenzi questa particolare violenza.
E' violento il sole che sorge e che in pochi istanti lacera l'oscurità notturna, il profumo dell'erba, il profumo dei fiori, l'odore di copertoni bruciati e di immondizia in periferia, gli odori del mercato e dei gas di scarico, quel particolare intenso profumo di zafferano che a tratti si sente in campagna e non ho mai capito da che pianta derivi.
E' violento il sole di mezzogiorno, il monsone che allaga, devasta e uccide, la siccità che spacca la terra anche per anni, la fame con cui convive quotidianamente gran parte dell'Africa.
E' violento lo sguardo dei bambini che chiedono, la condizione delle donne spesso soggette a barbare usanze, la stolta rassegnazione degli uomini, l'ottusità di certi governi e la volontà dei paesi ricchi di sfruttare o isolare quelli poveri.
E' violento l'attacco febbrile della malaria, è violenta la sete ed è violento il sibilo della vipera soffiante.
E poi c'è il tramonto. Il tramonto rosso sangue che ti ferisce la vista con gli ultimi raggi bassi sull'orizzonte. Un altro giorno è finito ed ora inizia la notte... violenta notte africana.
Come si fa a non amare un paese così! In Africa anche le emozioni e le passioni sono violente.
Ed anche la prima impressione che provo entrando a Tsavo è violenta. Non sono ancora risalito sul toyota, sotto lo sguardo perplesso del ranger mi addentro a piedi di qualche metro come per sfidare la selvaggia natura africana. Mi fermo a una decina di metri in mezzo alla pista rossa. La pista è lunghissima, si snoda lievemente in discesa verso l'interno del parco, verso l'immensità di Tsavo. Monto il grandangolo, mi sdraio per terra e faccio una foto. Il risultato cartaceo non sarà per nulla eccezionale ma quello che mi ricordo sì. Stando sdraiato non vedo la macchina, mi sembra di essere da solo. Ecco, una cosa che capirò molto dopo è che il safari deve essere concepito come se si fosse da soli, da soli tra una natura apparentemente ostile ma che per almeno tre milioni di anni è stata la nostra natura.
Guardando la pista che si addentra sempre più mi sembra di essere all'ingresso di una cattedrale gotica del nord Europa in cui, varcata la soglia, ci si trova un'atmosfera velata ed antica, un insieme di mistico e misterioso. Mi scuoto, risalgo sulla macchina e partiamo.
Non è possibile descrivere un safari come se fosse un giro a Londra in cui vedi prima questo e poi quello (anche perchè molti dei luoghi hanno nomi impronunciabili). Si tratta di una serie di incontri e di osservazioni.
La prima osservazione che faccio è che all'inizio Tsavo è proprio bruttino, non è una grande distesa di prateria con acacie e mandrie di gnu e zebre. E' brullo, arido e i cespugli sono rinsecchiti. E poi fa un freddo... Però è solo la prima impressione.
In realtà, a causa dell'enorme estensione del parco, il territorio che si presenta è diverso man mano che si procede. Si parte con un tipico bush arido e insignificante per poi incontrare tratti di prateria subito interrotti da spettrali colline laviche che sembrano un paesaggio lunare.
Poi altri tratti di tipica savana. Terra rossa (quella sempre presente), vento, ogni tanto qualche corso d'acqua. La presenza dell'acqua viene segnalata a distanza dalla vegetazione che ai suoi bordi cresce più verde. Anzi, direi che l'unica vegetazione verde è proprio in corrispondenza dell'acqua. Il tutto sovrastato da un cielo perennemente invaso da nuvolette bianche. Procedendo lungo la pista iniziano gli incontri: piccoli gruppi di impala e di antilopi, zebre, famigliole di facoceri con prole che sembrano sui pattini a rotelle da come si muovono. Tutti con il codino puntato per aria. Facciamo alcuni km prima di fare un incontro significativo. Poi Farid arresta la macchina. "Elefanti" dice semplicemente e si ferma ad aspettare. Poco dopo inizia ad attraversare la pista un'interminabile colonna di pachidermi.
Non siamo molto vicini - non sarebbe prudente avvicinarsi di più, se caricano dovremmo scappare - ma abbastanza per cogliere il loro sguardo. Hanno occhi lucidi, espressivi e... mi vien da dire saggi. I piccoli sembrano di gomma, la loro proboscide, ancora poco controllata, balza disordinatamente a destra e a sinistra. Il branco mi sembra notevole, saranno sicuramente un centinaio, forse di più. Camminano con molta calma (meno male) ma la zona è cosparsa di grossi cespugli quindi non si capisce quando la colonna terminerà. E poi viaggiano a gruppi, quando sembra che siano finiti sbuca un altro gruppo. I piedi di un elefante adulto sono impressionanti, quando tutti sono passati ci fermiamo a guardare le impronte lasciate sulla terra, sono enormi. Un'unica triste annotazione: gli elefanti sopravvissuti alle stragi dei bracconieri a Tsavo sono circa 7.000, non c'era in tutto il branco un individuo anziano. Lo si capiva dalla dimensione delle zanne. Probabilmente saranno in bella mostra in qualche salotto di Hong Kong o di New York. Ma potrebbero anche essere a Milano...
Procediamo. Il freddo inizia a diminuire, su un albero scheletrico sono appollaiati alcuni avvoltoi, attendono che il sole provochi le correnti ascensionali per poter spiccare il volo. Io sono seduto fuori dal tetto del toyota e loro mi guardano. (staranno valutando le mie condizioni fisiche?) Sono uguali a quelli di certi cartoni di Walt Disney, collo privo di piume, testa bassa e sguardo cattivello.Immancabili sono i termitai, vere cattedrali in miniatura, alti anche più di un metro e meta ambita per alcuni animali stravaganti come l'oritteropo, animale scavatore con il muso lungo tipo formichiere e le orecchie da lepre che si fa scorpacciate di termiti.
Sempre appollaiato sul tetto della macchina noto che Farid si accosta ad una serie ci cespugli e rallenta sempre più. Lori, la mia compagna di avventure e di vita, che non è ancora emersa del tutto, sente l'avviso di Farid "leoni" e mi avverte ma io non vedo ancora nulla.
Poi li vedo. Due leonesse pigramente sdraiate vicino ad un cespuglio che si guardano intorno. Farid ormai è quasi fermo... ma non ancora. Ma cosa fa? non si è accorto che sono seduto fuori? si avvicina sempre di più? siamo a meno di dieci metri!
Prudentemente infilo i piedi nel buco del tettuccio ma rimango comunque seduto fuori. Cerco un appoggio ma i piedi penzolano all'interno della macchina. Lori invece è fuori fino ai gomiti ma saldamente in piedi sul sedile posteriore. Finalmente Farid ferma la macchina a tre metri dalle leonesse e avvisa di non far rumore. Mentre guardo le leonesse dal cespuglio ne sbuca una terza meno pigra delle altre due e d'improvviso si ferma, mi fissa e si mette a sedere. Mi fissa ed io con la macchina fotografica in mano non mi muovo ma la fisso a mia volta.Trascorrono pochissimi secondi durante i quali sono quasi ipnotizzato dalla profondità del suo sguardo. Questi occhi gialli, rotondi e curiosi sono magnetici, quasi sensuali. Chiunque possieda un gatto avrà provato a fissarlo in quei momenti in cui ha lo sguardo attento del cacciatore e sa che non deve fare mosse brusche altrimenti rischia una bel graffio. Improvvisamente una serie di impercettibili segnali: lo sguardo cambia, le pupille rimpiccioliscono lievemente, le orecchie si abbassano ed i muscoli della schiena si contraggono. Capisco che sta per saltare, infastidita dalla nostra presenza e dal fatto che anch'io la fissavo insistentemente. Grave errore. Mai guardare un animale fisso negli occhi, significa che si è interessati a lui e costituisce un atto di sfida. Mai provato quella sensazione quando qualcuno che non conosci ti fissa? Non sembra una provocazione? Farid, abituato a queste situazioni, si è già accorto e riparte senza fretta mentre io in un millesimo di secondo sono già all'interno del toyota e il balzo della leonessa muore sul nascere. Mi sento un pò pallido... Più avanti, ma ad una distanza diversa, avrò modo di vedere gli occhi del leone maschio.
Nel 1898, nel mese di marzo, iniziò la costruzione del ponte ferroviario sul fiume Tsavo. Nei primi nove mesi di lavoro due leoni maschi sbranarono circa 140 operai. Nel mese di dicembre fu ucciso il primo dei due leoni, era lungo tre metri dal naso alla coda. Tre settimane più tardi anche il secondo fu abbattuto. Non si conosce il motivo per cui i due leoni iniziarono a nutrirsi di carne umana. Una delle ipotesi è che l'epidemia di peste bovina del 1890 proveniente dagli allevamenti del nord aveva provocato milioni di vittime tra gli erbivori riducendo alla fame i carnivori. L'epidemia del 1890 arrivò fino in Sudafrica decimando la popolazione di ebivori sia selvaggi che domestici e provocando il fallimento di numerosi allevatori. Oggi a Tsavo i ranger sono convinti che la maggior parte dei leoni presenti siano i diretti discendenti dei due mangiatori d'uomini.
Uno degli esseri più curiosi della savana è lo struzzo. Non ce ne sono molti a Tsavo però hanno delle nidiate molto numerose. Farid ci racconta che quando due famiglie con prole si incontrano casualmente, nasce una discussione fra le due femmine mentre le due nidiate si riuniscono mescolandosi per assistere al litigio. La femmina che risulta vincente, quindi con più probabilità di proteggere la prole, si accaparra pulcini e maschio e se ne va. Non ho avuto modo di verificare questa strana usanza però, vista l'abbondanza di pulcini in dotazione alle coppie che ho incrociato, suppongo che potrebbe essere vero.
La prima sosta con possibilità di scendere dalla macchina è in prossimità di una grossa pozza d'acqua in cui ci sono un paio di capanne, possibilità di sedersi, soddisfare le proprie necessità e fare due passi. Ma solo due perchè dall'altra parte della pozza ci sono alcuni fra gli animali più pericolosi che si possano incontrare.
Il bufalo in se stesso non sarebbe così pericoloso per l'uomo se non venisse sottovalutato, si pensa di avere a che fare con una grossa mucca e, in quanto erbivoro che motivo avrebbe di essere aggressivo? Invece chi abita in quei luoghi di motivi per essere aggressivo ne ha da vendere. Sono tante le persone che sono state uccise dal bufalo per semplice imprudenza. Più che dai carnivori.
Immagina un toro, moltiplicalo per due sia per dimensione che per cattiveria, aggiungi il fatto che, vedendoci poco, per lui ogni cosa che si muove potrebbe essere una minaccia e quindi da caricare. Inoltre il bufalo una volta ferito cerca in ogni modo di vendicarsi ed è di un'agilità incredibile per un animale di quelle dimensioni. Quindi è più prudente evitarlo.
Il Voi lodge è un brutto posto. Anzi il posto sarebbe molto bello se non vi avessero costruito un ristorante. Però - fortunatamente - a Tsavo il fuori pista è severamente vietato e di conseguenza l'unica possibilità di rifocillarsi è di fermarsi un una di queste strutture apposite, pena multe salatissime. Meglio un posto brutto che tutti gli avanzi dei picnic sparsi per la savana!
Il Voi lodge è frequentato dai topi.
Topi più grandi di un gatto!
Pantegane enormi!
Non mi ricordo che nome hanno, non sono comunque topi anche se gli assomigliano molto, fatto sta che all'esterno ci sono questi enormi roditori, grandi all'incirca come un grosso gatto, che usano appisolarsi sulle roccie oppure sui rami bassi degli alberi circostanti. Non sono pericolosi a meno che uno non tenti di avvicinarsi. Con i denti che hanno se vengono infastiditi sono capaci di tranciare un dito della mano!
La seconda scena che ci si presenta è uno dei cuochi che esce di corsa urlando dalla cucina con in mano un coltello. E' furibondo e sta inseguendo un babbuino che si è introdotto e ha rubato una torta. La scimmia esce correndo e quando si ferma viene attorniato dai suoi colleghi che gli danno man forte per difendere il malloppo. Non è prudente ingaggiare una rissa con un babbuino, ha dei canini che fanno concorrenza ad un lupo tanto che una coppia di maschi riesce a tener testa ad un leopardo. Il cuoco lo sa e quindi si limita alle invettive poi rientra in cucina sempre brontolando e agitando il coltello.
Dietro al Voi lodge c'è una collina sassosa che starebbe meglio nel Texas. Con non poco stupore noto che è costellata di elefanti. Chissà cosa ci fanno in un posto così poco... elefantesco!
Davanti al lodge invece c'è uno degli spettacoli più belli di Tsavo. L'immensa savana rossa. Una distesa sconfinata che si perde all'orizzone, strisce di colore ora rosso per la terra ora verdastro per la vegetazione e sfumanti in fondo verso l'azzurro del cielo. All'inizio una fascia spoglia con due grosse pozze dove a turno si abbeverano zebre ed elefanti, poi inizia una fascia di alberi sotto cui staziona una nera mandria di bufali. Più in fondo la vegetazione si dirada e si intravvedono altri elefanti poi tutto si confonde nell'infinita pianura che guarda verso ovest. Là in fondo, molto molto in fondo, ci sono Amboseli e Masai Mara.
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