Padre Santo, ci aiuti a non naufragare..... |
Santo Padre, il mio intervento riguarda quella che possiamo chiamare la "sorgente" nascosta che alimenta lopera di evangelizzazione. È una sorgente che tutti conosciamo, ma alla quale io stesso faccio fatica ad attingere come sarebbe necessario. Mi sembra che oggi nella vita quotidiana noi sacerdoti, le nostre comunità, la stessa gente è quasi stordita e asfissiata da un diluvio di parole. Parole anche "religiose", anche io devo fare "mea culpa"... che il vangelo chiamerebbe "sterili, vuote". Forse per essere veramente evangelizzatori, uomini di comunione con il Padre e i fratelli, abbiamo bisogno di "silenzio", di solitudine, di un po di vita "mistica". Di quella mistica ordinaria, che hanno molte anime semplici che ci commuovono nelle nostre parrocchie. Santo Padre, abbiamo tanto bisogno di un parola "forte" sulla importanza decisiva del "silenzio che sa adorare" e amare: a cui Lei ha fatto riferimento nella sua lettera apostolica "Orientale Lumen"(1995); come già nella lettera apostolica su Giovanni della Croce (1990), un santo che è stato un suo amore di gioventù, espresso nella sua tesi di laurea in teologia; come anche nella visita che fece alle Piccole Sorelle di Gesù alla Tre Fontane il 22 dicembre 1985. Un caro poeta, appassionato testimone dellamore a Dio e agli uomini Davide Maria Turoldo, alcuni anni fa nel 1987 scrisse una poesia intitolata "Papa: amore ci ridoni al silenzio". Egli sviluppò il tema con quella licenza poetica concessa agli artisti. Ma Lei stesso, santo Padre, ci dà esempio di questo silenzio nel lungo tempo di preghiera con cui inizia la sua giornata e che rende possibile la sua attività, che a noi sembra quasi paradossale. Abbiamo bisogno di fermarci a "meditare" anche i "testi del suo magistero": per esempio la sua enciclica "Dives in misericordia". Le sue encicliche son tutte belle e ognuno ha la sue preferenze. Ma questa mi sembra un....."pezzo di cielo" caduto in terra. Abbiamo bisogno di vivere un silenzio "pieno" di comunione : Nel recentissimo voluminoso "Dizionario di omiletica" il salesiano prof. Don Achille Maria Triacca, studioso peraltro molto "positivo", approfondisce molto bene il tema del "sacro silenzio", che caratterizza la preghiera personale e che deve riflettersi anche in quella liturgica. Padre santo, ci aiuti. Altrimenti cè
pericolo, almeno per me, di "naufragare" nel mare delle...parole. Grazie.
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PAPA, AMORE CI RIDONI AL SILENZIO
Abbiamo inserito questo brano perché nella poesia di Padre Turoldo, scaturita dalla sua grande sofferenza, c'è il grido di dolore dell'uomo di ogni luogo e di ogni tempo che, dal profondo del suo patire o assistendo a quello degli altri, come Giobbe si chiede "Dov'è Dio?" e "Perchè tutto questo...? Noi sappiamo che Giobbe - come tutti gli uomini che riescono a dare un senso a sofferenze spesso indicibili - come frutto della pedagogia e della Grazia divine unite all' "ascolto" poté dire:
Analogamente, quanto al richiamo all'incalzare degli insegnamenti che ci vengono dal Papa e quindi dalla Chiesa, si può rimanere 'accecati' o da una grande sofferenza (e allora solo il Signore conosce il nostro cuore) oppure segnati dalla nostra civiltà contemporanea, che ci educa all'autosufficienza. Penso, però, che non dobbiamo dimenticare che il Papa, la Chiesa, ci indicano dei 'traguardi', che spesso la nostra debolezza ci rende incapaci di raggiungere e allora quante cadute nel cammino della vita! Ma è importante che quei traguardi noi non li perdiamo mai di vista, rimaniamo orientati ad essi, perché "presso Dio tutto è possibile" e la grazia del Signore Gesù unita alla nostra buona volontà ce li rende non più irraggiungibili (con le nostre sole forze lo sarebbero certamente) e ci consente di avvicinarci sempre di più alla meta. Penso anche che chi non vuole ascoltare gli insegnamenti, ha già deciso in cuor suo di non ascoltare la voce della sua coscienza, non quella autodeterminata ed autodeterminante, ma il 'luogo' intimo e profondo dell'incontro con Dio. Quanto all'altro tema del prevalere della mistica individuale sull'insegnamento universale, pur consapevoli che lo Spirito parla a tutti gli uomini nell'intimo del loro cuore, ricordiamo che davanti alla tomba vuota del Signore Risorto c'erano sia Pietro (l'Istituzione) che Giovanni (la Mistica) : un po' come Marta e Maria, l'una non esclude necessariamente l'altra; l'importante è che l'Istituzione non si cristallizzi e non estingua il dinamismo della vita di fede e la 'mistica' non si 'disincarni' dalla concretezza del vivere. Ma la mistica autentica penetra nel cuore delle cose e fa vivere le esperienze in profondità con tutti i livelli della persona. Comunque noi, oltre a vivere un rapporto personale, unico, con il Signore, lo viviamo sia in quanto individui (e tuttavia non schiavi dell'individualismo estremo del nostro tempo), forti della nostra identità di uomini liberati in un cammino non solitario, ma inserito in una comunità che si allarga in cerchi concentrici sempre più ampi a tutto l'universo. Se nella Tradizione, anziché catene che castrano secondo le categorie culturali imperanti, riusciamo a vedere i tesori di conoscenza e di grazia giunti fino a noi da lontano (da una lontananza soltanto temporale che - attingendo alle Sorgenti della Verità - tocca anche la nostra vita di oggi e illumina le nostre coscienze) è perché l'incontro con Il Signore Risorto ha inciso profondamente la legge nel nostro cuore, quella armonia con se stessi, col mondo e con Dio, che scaturisce dall'Amore donato e accolto e quindi non viviamo guidati da prescrizioni 'esterne' alla nostra coscienza, ma dall'Amore che "Dio ha riversato abbondantemente nei nostri cuori" di "salvati" : i suoi "santi". Santo - ce lo insegna l'Apostolo Paolo - non vuol dire perfetto, ma "consacrato", "messo da parte per il Signore" e quindi "separato dal male", non perché il male non lo tocca; ma perché, dalla fede viva e vissuta nel Signore, ha imparato a riconoscerlo innanzitutto dentro di sé e, lottando insieme a Lui, a vincerlo, per essere sempre ulteriormente in cammino e 'configurato' a Lui: questa è la vera vocazione di noi cristiani. Infine, che il nostro sia un 'annuncio' non fatto di parole vuote o di conoscenze solo intellettuali dei misteri e del Mistero. Riprendiamo confidenza con questo termine, guardato con sospetto dal materialismo odierno, che oltretutto che per noi ha un Volto e un Nome : Gesù di Nazareth. Che il il nostro 'annuncio' esprima parole che
nascono dal Silenzio, e che comunque devono essere pronunciate sia perché sono 'fatti',
realtà vive sia perché lo divengano : non a caso in ebraico "dabar" (parola)
è sinonimo anche di fatto. |