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Le vie italiane all'internazionalizzazione
Ritengo che sia utile riportare a questo punto del discorso uno degli studi
più recenti, quello di Mediocredito Centrale che ha affrontato le
tematiche del grado di internazionalizzazione delle imprese italiane.
Questa ricerca è dedicata in particolare all'analisi del rapporto
tra innovazione ed internazionalizzazione nell'industria italiana sulla
base dell'indagine sulle imprese manifatturiere italiane relativa al triennio
1989-'91.
Le imprese italiane hanno utilizzato storicamente come forma "classica"
di internazionalizzazione il commercio piuttosto che gli investimenti diretti
esteri. Grazie a livelli salariali più bassi che negli altri paesi
avanzati e ad una flessibilità organizzativa e sul mercato del lavoro
notevole, i prodotti italiani sono riusciti a conquistare proprie nicchie
nei mercati internazionali.
Le prime imprese italiane ad affermarsi sui mercati esteri sono state
quelle di grandi dimensioni, grazie alle loro strutture organizzative e
all'efficienza produttiva. Nell'ultimo ventennio, anche le imprese di più
piccole dimensioni hanno iniziato ad affermarsi sul mercato internazionale.
La loro flessibilità organizzativa, la loro capacità di
indirizzarsi sui mercati in più rapida espansione e nei quali le
ragioni di scambio sono più vantaggiose, hanno notevolmente aumentato
la capacità competitiva delle piccole e medie imprese.
Tabella 1 -
L'internazionalizzazione delle imprese
(dati riproporzionati
all'universo per settore industriale)
Fonte: Mediocredito Centrale (1995)
L'analisi prende in considerazione quelle che sono le forme più
comuni di internazionalizzazione:
-
Esportazioni: la stima riproporzionata per l'industria manifatturiera
indica che la metà delle imprese esportano all'estero (colonna 3
della tabella 1). Più di due terzi delle aziende che appartengono
al settore dell'industria aeronautica, pelli e cuoio, chimica e macchine
e materiale meccanico sono coinvolte in esportazioni. Inoltre, come si
può vedere dai dati, la maggiore o minore innovatività del
settore non influenza il numero delle imprese che esportano. Infine, è
significativo sottolineare che il 30% delle imprese italiane hanno i maggiori
concorrenti all'estero.
-
IDE in entrata e in uscita : per quanto riguarda gli IDE
in entrata (ideinward), l'indagine mostra che ci sono in Italia
più di 2.000 imprese che appartengono a società o gruppi
esteri (colonne 4 e 5 della tabella 4), mentre per gli investimenti
esteri (ideoutward) effettuati dalle imprese italiane quasi il 3%
di quelle manifatturiere posseggono filiali all'estero.
Dalla colonna 9 della tabella 1 si evidenzia la tendenza verso
una più accentuata internazionalizzazione dell'economia italiana
con la conseguenza che lo sviluppo degli investimenti esteri inizia a far
sentire le proprie conseguenze anche in Italia.
-
Accordi di collaborazione: dall'indagine si evidenziano quante
imprese hanno concluso accordi commerciali e tecnico produttivi con le
loro corrispettive all'estero. Quasi 9.000 imprese avrebbero stretto accordi
commerciali con imprese estere e quasi 4.000 accordi tecnico produttivi.
Emerge che tra le imprese italiane la forma di internazionalizzazione degli
accordi è molto più diffusa degli investimenti diretti. Purtroppo
non è facile stabilire quale sia l'importanza quantitativa di tali
forme di collaborazione nell'economia d'impresa (colonne 11 e 13 della
tabella 1) e del resto tale difficoltà è avvalorata
dalla discrepanza delle stime dei dati esistenti tra l'indagine della Banca
d'Italia e quella dell'ICE.





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