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  Una bella compagnia: raffinatissimi e un po' signorini, con il naso all'insù e tanta cultura, i britannici segnalati da Granta negli anni Settanta hanno tenuto a galla il barcone del romanzo in tutta Europa. Tra questi, Martin Amis e Ian McEwan sono probabilmente i più dotati, quelli che avranno qualcosa da dire al giro di boa del millennio che fugge. Ian, adesso, ha cinquant'anni, e continua a essere un giovane autore, come se fosse uno dei Bambini nel tempo perduto in un romanzo di McEwan. Ian Macabre, lo chiamavano. The Cement Garden (1978) è un capolavoro della narrativa contemporanea, a metà tra Kafka e Il Signore delle Mosche. La sua gelida manina è andata piano piano umanizzandosi, fino agli ultimi Amsterdam (che ha ricevuto elogi e stroncature in entrambi i casi eccessivi) ed Enduring Love. Lontanissimo dalla congerie dei newbrit come Welsh, Hornby e Doyle, il buon Ian è uno scrittore che ha fatto i conti con la sua generazione, quella giunta a maturità negli Ottanta, ma anche con la generazione precedente, visto i precoci esordi, subito ad altissimo livello. McEwan si è aggiudicato tutti i premi possibili, a parte il Nobel (che forse prima o poi gli daranno): il più prestigioso tra i riconoscimenti è il Booker Prize. |