Maestri greci del pensiero

I presocratici 

                                                                                                                                                                              Filosofia significa "amore per la saggezza". I greci inventarono questa disciplina per cercare di rispondere alle domande sulla vita e sulla morte, sull'origine e la fine, sulle cose non materiali (metafisica), su come ci si deve comportare (etica), su come si ragiona e ci si esprime (logica) e su tutto ciò che riguarda il pensiero dell'uomo.

All'inizio, molto tempo prima che si distinguessero branche specifiche di pensiero, veniva compreso nella filosofia anche lo studio della natura e dei fenomeni fisici, e in un certo senso anche quello della medicina.

Sono conosciuti con il nome di presocratici i filosofi che vissero e operarono prima di Socrate, tra il VI e il V secolo a.C. Spesso l'unica cosa che li accomuna è l'aggettivo con il quale vengono definiti, poiché ognuno di essi sviluppò un pensiero originale.

I due centri principali di sviluppo del pensiero filosofico sono le colonie della Magna Grecia e quelle della Ionia.

  La Magna Grecia: Parmenide ed Empedocle    La colonizzazione greca

A Elea, in Lucania, nacque, verso la fine del VI secolo a.C., Parmenide, che secondo alcune fonti potrebbe essere stato allievo di Senofane di Colofone. Egli, nel poema La Natura (allora si scriveva ancora in versi, ma già gli allievi di Parmenide iniziarono a scrivere di filosofia in prosa), s'impegna a spiegare l'esistenza di un Essere unico e immutabile. Nella stessa opera egli si adopera per negare che esistano tutte le numerose cose che ci circondano. Queste, secondo la sua interpretazione, sono frutto dell'inganno dei sensi, dell'apparenza, mentre l'Essere unico, il Lògos, è l'espressione della verità.

I suoi discepoli, Zenone di Elea e Melisso di Samo, aggiungeranno che il Lògos è anche eterno e infinito.

Empedocle di Agrigento (495-435 a.C.) fu, oltre che filosofo, uomo politico, medico, matematico, fisico, ingegnere, biologo e taumaturgo. La sua personalità era, come quella di Pitagora, avvolta da un alone di magia e di mistero. Di lui ci restano alcuni frammenti di due poemi: le Purificazioni e il Poema fisico.

Le Purificazioni riprendono e sviluppano la dottrina pitagorica della metempsicosi (il viaggio dell'anima da un corpo a un altro dopo la morte), mentre il Poema fisico spiega come tutte le cose derivino da quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Il movimento e gli scambi tra i quattro elementi fondamentali sono causati da due forze uguali e contrapposte: l'amore e l'odio.

Quando domina l'amore gli elementi sono perfettamente fusi in un essere unico, lo Sfero, mentre quando domina l'odio essi sono totalmente separati.

La prevalenza dell'uno o dell'altro è ciclica e solo nel periodo di passaggio tra l'uno e l'altro può svilupparsi la vita come noi la conosciamo.

I grandi filosofi ionici furono Eraclito, Anassagora, Leucippo e Democrito.

Eraclito nacque a Efeso nel 535 a.C. A causa delle difficoltà di comprensione che offrivano le sue brevi frasi e per il suo insistito pessimismo gli antichi lo chiamarono "il Tenebroso".

Per Eraclito l'universo è un tutto unico e senza fine. La legge che governa questo tutto è il divenire, il mutamento, la continua guerra delle cose che passano da uno stato al suo contrario. Il fuoco è la sostanza da cui si originano tutte le altre. Secondo il pensiero eracliteo, "tutto scorre; niente sta fermo": tanto che nessuno può bagnarsi due volte nello stesso fiume, perché, nel momento in cui entriamo nell'acqua, quell'acqua è già cambiata, è già stata sostituita da un'altra, per la legge dell'eterno cambiamento. L'anima è qualcosa di grande e di insondabile, senza confini, anche se non sopravvive al corpo.

Eraclito fu un grandissimo pensatore. Scrisse in prosa il suo libro La Natura, ma in lui c'è molta più arte che nei poemi degli altri filosofi.

Anassagora nacque a Clazomene circa nel 500 a.C. e si stabilì ad Atene nel 460 a.C., diventando amico di Pericle. Si dice che fosse stato il maestro di Euripide e dello storico Tucidide. Fu accusato di empietà per le sue teorie astronomiche, poiché, cercando una spiegazione scientifica per ciascun fenomeno, andava contro la religione tradizionale che spiegava ogni cosa con i miti e con l'intervento degli dèi. In effetti il filosofo fu accusato dai nemici di Pericle, che attraverso di lui volevano colpire lo statista ateniese. Anassagora fuggì da Atene e visse i suoi ultimi anni a Lampsaco, in Asia Minore, dove morì circa nel 428 a.C. Anassagora fu filosofo, astronomo e matematico. La sua opera, intitolata La Natura, era scritta in prosa. La sua teoria più importante, in seguito ripresa da Leucippo e Democrito, spiega come niente nasca e niente muoia: le cose possono tutt'al più cambiare per la continua mescolanza degli elementi costitutivi, le omeomerie (particelle simili). Ciò che ha permesso la nascita del mondo e che costituisce la causa di ogni cambiamento è la "Mente" (Noùs, che si legge nùs), che non è astratta, ma materiale. È materia pensante.  

                                                  

Democrito di Abdera (nato circa nel 470-460 a.C. e morto a novanta o cento anni) fu il più grande teorico dell'atomismo, anche se la teoria da lui seguita era stata ideata da Leucippo di Mileto, del quale però non si sa nulla.

Secondo il pensiero di Democrito, tutte le cose sono formate da particelle impossibili da dividere, dette atomi (letteralmente "non separabile"). Gli atomi sono eterni e infiniti, si muovono continuamente; dagli urti, dalle separazioni e dalle unioni degli atomi si originano i mondi e gli universi. Democrito si occupò di storia naturale, medicina, astronomia, geografia, grammatica, storia della letteratura. Per la sua straordinaria cultura e i suoi molteplici interessi può essere considerato il grande precursore di Aristotele. Le teorie di Democrito, riprese in seguito da Epicuro e dal poeta latino Lucrezio, influenzeranno il pensiero greco sino alla fine dell'Ellenismo e saranno presenti anche nella cultura di Roma antica.

                                                                                                          

                                                                                                           

                                               Al servizio della medicina                     

Ippocrate, nato a Cos nel 460 a.C. e morto a Larissa nel 377 a.C., fu il più grande medico dell'antichità. Liberò la medicina dalle credenze magiche e pose le basi della medicina moderna, fondata sull'osservazione del caso clinico e del paziente. Di lui resta una raccolta di scritti di medicina, densa di osservazioni spesso geniali, alcune delle quali ritenute ancora valide dalla medicina moderna. Ippocrate insegna a osservare il malato continuamente e con pazienza al fine di scoprire l'origine e il decorso della malattia. Ippocrate scrisse gli Aforismi e l'operetta L'aria, le acque e i luoghi, in cui studia il legame tra clima e salute e per la prima volta afferma la teoria secondo la quale il clima ha influenzato le caratteristiche dei vari popoli. Il suo codice di comportamento medico è il fondamento del giuramento, detto appunto giuramento di Ippocrate, che ancora oggi i medici prestano quando iniziano la loro attività.

  I sofisti 

I sofisti concentrarono il loro interesse non più sul mondo e la sua origine, ma sull'uomo. Introdussero il dubbio e la discussione in una cultura che non poteva più restare ancorata a grandi e false certezze. Tutti i sofisti insegnavano a pagamento le loro dottrine in appositi corsi. Su di loro pesò il pessimo giudizio di Platone e di Aristotele, che definirono la sapienza dei sofisti apparente e non reale. Oggi, in gran parte delle lingue moderne, il termine sofista è sinonimo di persona che inganna con i discorsi, di manipolatore della verità.

I sofisti, anche se non si presentavano come difensori della morale e non dimostravano una grande aspirazione al bene, esercitarono un'enorme influenza sul pensiero greco e su quello successivo, anche perché loro caratteristica primaria era il fatto di impegnarsi in dispute su qualsiasi argomento, senza eccezioni. Furono grandi maestri di eloquenza e di dialettica, diedero avvio alla critica letteraria e allo studio della grammatica. Attraverso di loro i greci impararono a esprimersi con sottigliezza, ad affrontare idee controverse, a convivere con i dubbi.

I sofisti di maggior successo furono Protagora, Gorgia, Prodico, e inoltre Trasimaco, Ippia e Antifonte.

Di certo esemplari del pensiero sofistico sono due teorie, rispettivamente di Protagora e di Gorgia. Il primo sosteneva che "l'uomo è misura di tutte le cose": con questa frase restituiva importanza all'essere umano, allontanando le dispute sulle "cose divine".

L'altro, estremizzando il dubbio e la convinzione sofista che non esiste una verità e che in ogni caso è inutile cercarla, affermava che "niente esiste; anche se esistesse non si potrebbe conoscere; se anche si potesse conoscere, non si potrebbe comunicare".

                         Socrate   

Socrate, vissuto ad Atene tra il 470 e il 399 a.C., non ci ha lasciato neppure una riga del suo pensiero. Tutto ciò che sappiamo delle sue teorie filosofiche ci arriva da Platone, il suo grande allievo: eppure egli ha a tal punto influenzato il pensiero umano che ancora oggi rimane sicuramente uno dei filosofi più noti, forse il più famoso in assoluto.

Socrate fu erroneamente annoverato fra i sofisti, ma non fu mai tale. Egli non si reputava, come i sofisti, un vero sapiente; anzi sosteneva di non sapere nulla. Inoltre non accettava compensi in denaro per i suoi insegnamenti.

Come i sofisti però accettava ciò che appariva evidente alla ragione.

Socrate non si interessò d'altro che dell'uomo e di ciò che è bene per lui. Per questo discuteva con tutti applicando i metodi di sua madre, che era levatrice (in greco quest'arte era detta maieutica): Socrate aiutava le menti a partorire pensiero. Socrate usava sempre l'ironia, perché l'uomo deve sorridere dei suoi limiti e anche dei suoi drammi.

Egli diceva di avere un demone che lo ispirava e lo seguiva: un essere poco simile alla coscienza e molto simile a Dio come noi lo intendiamo.

Come raccontano Platone e Senofonte, nel 399 a.C. Socrate, che ormai aveva un largo seguito ad Atene, fu accusato di corrompere i giovani, di non venerare gli dèi della sua città e di introdurre ad Atene il culto di nuove divinità.

Subì un processo e fu condannato a morte. Socrate, che rispettava le leggi e i tribunali della sua città, anche se in quel caso erano stati manifestamente ingiusti, non fuggì dal carcere quando gli offrirono la possibilità di salvarsi e bevve la cicuta (un'erba velenosa che si dava ai condannati). La morte sopraggiunse mentre conversava tranquillamente con i suoi amici.

                                                                                                                                                             

                                                                                                                                                                                

Platone (Atene, 427-347 a.C.), il più grande discepolo di Socrate, partecipò attivamente alla vita politica del tempo e viaggiò molto, soprattutto in Magna Grecia. Nel tempo in cui viveva, agitato da guerra e tirannia, egli sviluppò l'ideale politico di una repubblica governata dai sapienti, fondata sul sapere e sulla giustizia. Platone fondò ad Atene una scuola filosofica, l'Accademia, che era il prototipo delle odierne università.

Gli scritti platonici giunti fino a noi comprendono l'Apologia di Socrate, una raccolta di 13 Lettere e 34 Dialoghi. Ogni dialogo è dedicato a un argomento diverso e, attraverso una conversazione tra due o più persone, viene spiegato un aspetto delle sue teorie filosofiche.

I dialoghi sono divisi in tre grandi gruppi: dialoghi giovanili o socratici, che comprendono Apologia di Socrate, Critone, Protagora, Alcibiade I, Ipparco, Ippia Minore, Liside, Carmide, Lachete, Eutifrone e Ippia Maggiore; dialoghi della maturità o costruttivi, che comprendono Gorgia, Menone, Eutidemo, Cratilo, Ione, Menesseno, Repubblica, Fedone, Convito, Fedro; dialoghi della vecchiaia o dialettici, che comprendono Teeteto, Parmenide, Sofista, Politico, Filebo, Timeo, Crizia, Leggi, Lettere. Platone sosteneva l'esistenza di un mondo abitato da entità non materiali e perfette, le Idee, contrapposto al mondo in cui viviamo. Gli esseri umani, materiali e imperfetti, possono comunque aspirare alla conoscenza delle idee e della verità in esse racchiusa. Platone, per spiegare le sue teorie, usava spesso dei miti. La nostra capacità di conoscere le idee, dice Platone, è simile a quella di un prigioniero legato in fondo a una caverna, con il viso rivolto verso la parete. Egli vede solo le ombre del mondo esterno. Se si libera ed esce, prima non riuscirà a distinguere le cose vere per la grande luce, ma infine vedrà chiaramente le cose e il sole della verità che le illumina. Per questo Platone condannò l'arte: le opere d'arte rappresentano una visione falsa delle cose materiali, che sono già di per se stesse prive di verità. L'anima, secondo il filosofo, è immortale. È come una biga guidata da due cavalli, uno bianco, docile, e uno nero, selvaggio. Quando il cavallo nero si imbizzarrisce, trascina giù con sé anche il bianco, e l'anima si incarna e scende verso il basso, sulla Terra.

Quando l'uomo, nella vita, ricerca la verità e la conoscenza, la sua anima riprende a salire e, dopo la morte del corpo, può sperare di ritornare nel mondo delle idee. Altrimenti, deve ritornare sulla terra a perfezionarsi.

                         

                                                                                                                              

Aristotele (Stagira, 384 a.C. - Calcide, 322 a.C.) fu il più grande allievo dell'Accademia. Tale era la sua fama di sapiente che Filippo II re di Macedonia lo chiamò come precettore del figlio Alessandro, il futuro Alessandro Magno, sul quale Aristotele esercitò una grande influenza. Tornato ad Atene, Aristotele vi fondò la sua scuola, il Liceo (chiamata così perché sorgeva vicino al tempio di Apollo Liceo), detta in seguito peripatetica a causa dei vialetti (in greco perìpatoi) in cui si svolgevano le lezioni. Aristotele vi teneva due tipi di corsi: la mattina quelli più difficili per gli studenti di filosofia, il pomeriggio quelli più facili per un pubblico meno preparato. Anche gli scritti di Aristotele erano di due tipi: quelli più complessi, esoterici, destinati solo alla scuola, e quelli più semplici, exoterici, destinati alla divulgazione. Noi conosciamo solamente gli scritti esoterici, ovvero quelli che contengono le più complesse ed evolute teorie del maestro.

Delle opere pubblicate ci restano solamente i titoli e alcuni frammenti, da cui tuttavia si intuiscono la ricchezza e la varietà degli interessi del grande filosofo. L'unica opera destinata alla pubblicazione che ci sia giunta quasi integra è la Costituzione degli ateniesi, che descrive la storia e le istituzioni della città di Atene, ma la cui autenticità è messa in discussione.

Le opere esoteriche a noi giunte si possono dividere in cinque gruppi: opere di Logica; opere di Scienze Naturali, tra le quali spicca la Fisica; la Metafisica, in cui si descrive il Motore Immobile, ossia l'entità che muove, senza alcuna fatica, tutto l'universo; opere di Etica e di Politica, nelle quali Aristotele sostiene che l'uomo è un animale politico, nato cioè per vivere nella società; Retorica e Poetica. Aristotele, nella Poetica, spiega come l'arte stia non nella perfetta imitazione (in greco mìmesis) della realtà, ma nella rappresentazione verosimile di come le cose potrebbero essere. Il poeta e lo storico non sono diversi perché uno scrive in versi e l'altro in prosa, ma in quanto il primo parla di come le cose potrebbero essere e il secondo di come si sono realmente verificate.

La poesia è un qualcosa di più universale della storia giacché si basa su concetti validi per tutti. La forma d'arte più interessante è, secondo Aristotele, la tragedia, per merito della quale, attraverso la visione di cose orrende e indicibili, l'anima giunge alla purificazione (in greco catàrsi). In Aristotele c'è, in embrione, il concetto moderno dell'arte che libera lo spirito.

La filosofia aristotelica ebbe un'immensa fortuna nei secoli, soprattutto nel Medioevo per opera di Tommaso d'Aquino, che la utilizzò come fondamento della teologia cattolica. Dopo Aristotele, la guida del Liceo fu presa da Teofrasto (323-287 a.C.), autore dei Caratteri, un'opera che contiene la descrizione, spesso acuta e divertente, di 30 diverse personalità (l'avaro, il vanitoso, lo spaccone...).