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Celio, il Monte sacro
Il Colle Celio (già Mons Querquetulanus in virtù del fitto bosco di querce che lo popolava), un sito tuttora ricco di vestigia del passato, d'epoca romana e medioevale, che ricorre nelle storie e leggende di Roma sin dai tempi più remoti.
Pare che il suo nome derivi, infatti, da Celio Vibenna, un principe etrusco che insieme al fratello Aulus aiutò Servio Tullio a conquistare questo colle.
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Il colle era attraversato, parallelamente a Via Caelimontana, da quattro acquedotti che portavano in città le acque Appia, Marcia, Claudia e Giulia (i primi tre sotterranei ed il quarto su arcate in parte ancora visibili) e che si riunivano a Porta Maggiore, nel centro della capitale; in particolare, il tratto più importante fu edificato da Nerone per far fluire l'acqua alla Domus Aurea, mentre un'ulteriore tratta, edificata successivamente da Domiziano raggiungeva il Palatino.
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La Porta Caelimontana (che faceva parte delle mura Serviane e che sosteneva i condotti dell'acquedotto neroniano che alimentava le fontane e le terme dei palazzi imperiali), davanti alla quale prendevano inizio, nell'antichità, quattro strade, due delle quali, il Clivus Scauri e Via Caput Africae, superstiti con il medesimo nome, via Caelimontana (ora corrispondente a Via di S. Stefano Rotondo) ed il Vicus Ciclopis (ora via della Navicella).
La piazza della Navicella era, infatti, un importante nodo stradale, "secolare prerogativa derivatale dalla sua posizione nel punto onde si diramano le varie vallette che frazionano la dorsale del Celio alla sua estremità" e che, a chi ne percorresse le strade "in cerca di quiete e di solitudine o in visita alle vestigia dell'antica Roma", ne offriva certo godimento.
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