ASPRA PENITENZA DI MARINA ALLE PORTE DEL CENOBIO.
Marina , sempre fedele ai
paterni consigli, neppure in seguito manifestò ad alcuno
il suo sesso, e vedendosi priva di ogni umano soccorso,
maggiormente si rivolse al Cielo, raccomandandosi al
Signore con tutto l'ardore del suo cuore innocente, che
essa aveva definitivamente consacrato al Sommo Bene.
Marina, che aveva trovato ogni consolazione spirituale
fra le mura di quel luogo santo ricordò che ai piedi
dell'altare di quel Cenobio aveva giurato la sua fede
allo Sposo Divino, quindi stabilì di non allontanarsi, e
perciò si fermò in una grotta, presso la porta del
convento.Qui soffrì con pazienza non più vista,
l'inclemenza delle stagioni; il suo letto era la nuda
terra, il suo cibo era il poco pane, che le buttavano i
monaci, che entravano ed uscivano dal monastero; le sue
penitenze e le sue mortificazioni erano aspre e continue,
come se a queste la Santa Fanciulla fosse tenuta in
punizione di un delitto, che aveva veramente commesso.
In quel luogo
Marina passò tre anni interi, anni lunghi, pieni di
amarezza e di pianti, nè mai si allontanò, come si è
detto sopra, dalle porte del monastero. Si può benissimo
argomentare che, oltre alle penitenze accennate, le
convenne spesso soffrire le ingiurie e le derisioni dei
tristi, che questi facevano al suo onore.
Ma il calice di
amarezze, che Marina andava sorbendo per amore del suo
Dio, non era ancora ricolmo, e le convenne soffrire
un'altra prova, ancora più terribile e penosa.
L'infame figlia
dell'albergatore, dopo il tempo dovuto, diede alla luce
un bambino( Fortunato), frutto vergognoso del suo impuro
amore, e quando lo ebbe svezzato, lo portò da Marina, e
quasi gettandolo ai suoi piedi, sfrontatamente così le
disse:
<< Ecco,
o monaco scellerato, il frutto del tuo peccato, e
giacchè tu sei stato l'autore dei suoi giorni, abbine
cura e tu solo pensa a nutrirlo>>.
Anche allora
Marina ebbe il pensiero di smentire la donna spudorata,
ma, come prima, prevalsero ancora i propositi di
penitenza e i ricordi paterni, quindi la innocente
Verginella, accolse il bambino, come se veramente fosse
stato suo figlio, e per lui ebbe tutte le cure più
affettuose, dividendo con lo stesso il poco pane, che
riceveva per elemosina dai passanti.
Altri due anni
passò ancora l'innocente Vergine in questo stato di duri
e ammirabili patimenti, non tralasciando mai d'iniziare
il bambino nelle vie di Dio.
I monaci, che
intanto avevano ammirato la perseveranza di Marino, la
sua straordinaria penitenza, commossi per tanta virtù,
si diedero a pregare l'Abate, perchè si degnasse di
riammeterlo in mezzo a loro. Il superiore reistette, e fu
allora che tutti i frati, riuniti nella sala del capitolo
ebbero a dire:
<< Padre
Venerando, bastano a Marino le pene sofferte fino a
questo giorno; perdonate al suo peccato e ricevetelo
nuovamente fra noi; come possiamo noi stessi chiedere a
Dio che perdoni i nostri peccati, se non perdoniamo al
nostro fratello, che da cinque anni vive nella più dura
penitenza, presso la porta del monastero ? Ricevetelo
come penitente, giacchè anche il Signore Gesù perdonò
ai peccatori, che inseguito furono giustificati>>.
L'Abate vinto
da tali insistenti preghiere rispose :
<<
Marino, il peccatore, non sarebbe degno di rientrare in
questo luogo santo, ma lo ricevo solo per la vostra
carità e le vostre preghiere>>.
E fattolo
venire innanzi così gli disse con tono grave :
<< Il
padre tuo fu un santo uomo, come tu sai; egli ti ha
introdotto da piccolo in questo santo Monastero, e, nè
egli, nè altri di questo luogo operarono cosa indegna al
cospetto di Dio, solo tu ti sei macchiato di una
scelleraggine così grande; ora io ti ricevo di nuovo in
mezzo a noi, per le preghiere di questi religiosi, e il
frutto detestabile delle tue brutture, che avrai sempre
innanzi agli occhi, ti deve far conoscere che devi
continuare per il restante tuo vivere a fare penitenza,
perchè grande è stato il tuo peccato. Ti comando
perciò di supplire da te solo, ogni giorno, a tutti gli
uffici più vili della Comunità, somministrando acqua,
lavando le immondizie del Monastero, i piedi e i calzari
di tutti i monaci >>.
Gettandosi
Marina ai piedi dell'Abate glieli baciò ed accettò
tutto con mansuetudine e gratitudine, dichiarandosi
fortunata di poter servire in ogni cosa ai suoi
confratelli.
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