Procuratosi
il necessario passaporto per il Lombardo-Veneto, verso la fine del mese
di maggio 1832 Giuseppe Verdi partì finalmente per Milano, accompagnato
dal padre e da Ferdinando Provesi.
Presso il Conservatorio, il maestro
bussetano avrebbe potuto raccomandare il giovane musicista a un amico,
Alessandro Rolla, docente presso lo stesso Conservatorio e capo d’orchestra
(3) al Teatro alla Scala.
Verdi presentò domanda di
ammissione al Conservatorio il 22 giugno 1832, sostenne gli esami previsti
e... fu respinto. Il presidente della Commissione esaminatrice, Francesco
Basily, firmò il verbale di esame, nel quale si affermava, per quanto
si riferiva alla prova di pianoforte:
[...] Verdi avrebbe bisogno di
cambiare la posizione della mano, [cosa che], attesa l’età di 18
anni si renderebbe difficile [...] In quanto alle composizioni che presentò
come sue, applicandosi esso con attenzione e pazienza alle cognizioni delle
regole del contrappunto, potrà dirigere la propria fantasia che
mostra di avere, e quindi riuscire plausibilmente nella composizione.
Il solo Alessandro Rolla espresse parere
favorevole all’ammissione di Verdi al Conservatorio; lo stesso illustre
violinista, in seguito, consiglierà al giovane e deluso bussetano
di rivolgersi a Vincenzo Lavigna, maestro al cembalo della Scala, per poter
proseguire con questi, privatamente, lo studio del contrappunto.
Soprattutto con il passare degli
anni e con l’acquisizione dell’enorme prestigio che deriverà a Verdi
da un’attività artistica sempre più gratificante e ricca
di successi e riconoscimenti tributatigli a tutti i livelli, il ricordo
di quell’avvenimento, verificatosi proprio nel momento di avvio di una
tale lunga e gloriosa carriera, dovette rappresentare per il musicista
una sorta di "affronto", il peggiore che avesse mai ricevuto. Verdi conserverà
per tutta la vita il fascicolo riguardante la sua richiesta di ammissione,
legato con una fascetta, sulla quale aveva scritto di suo pugno: "fu
respinta!". Nel
1900, allorché l’allora Ministro della pubblica istruzione Guido
Baccelli si rivolgerà a Verdi perché il maestro consenta
a intitolare con il suo nome il Conservatorio milanese, ne avrà
un gentile ma netto rifiuto. E Verdi commenterà: "Non mi hanno voluto
da giovane, non mi avranno da vecchio!"
Con il riconfermato aiuto di Antonio
Barezzi, il musicista rimase comunque a Milano, ospitato da Giuseppe Seletti,
parente dell’insegnante bussetano don Pietro. Seguì i consigli di
Rolla e prese lezioni da Lavigna, eccellente teorico e ottimo insegnante.
Verdi era già in possesso di buone basi teoriche; Lavigna impostò
con lui in primo luogo un severo lavoro di approfondimento relativo a contrappunto
e fuga, e gli fece conoscere e analizzare un gran numero di opere di parecchi
grandi musicisti del passato: Benedetto Marcello, Corelli, Cherubini, Mozart,
Haydn, Beethoven e soprattutto le composizioni di Paisiello, che Lavigna
amava in modo particolare.
Inoltre, altri elementi si rivelarono
essenziali per la maturazione umana e artistica del giovane. Non dovettero
essere estranei a Verdi i fermenti antiaustriaci che in quel periodo erano
già saldamente presenti nella città.
Frequentò anche assiduamente
la Scala e ne seguì le rappresentazioni operistiche: Barezzi gli
aveva infatti fornito, oltre alle possibilità economiche per vivere
e studiare a Milano, l’opportunità
di assistere agli spettacoli del teatro milanese, almeno a quelli che potevano
esser messi in scena - che erano cioè in grado di ottenere il benestare
della censura austriaca, che non permise, per esempio, la rappresentazione
di
Guglielmo Tell, ritenendo politicamente pericolosi alcuni concetti
espressi nel lavoro musicato da Rossini. (4)
Lavigna era soddisfatto del giovane
allievo e dei progressi che constatava. Lo farà partecipare alle
prove di una orchestra di dilettanti con la quale nel 1834, durante un
concerto di beneficenza tenuto presso il Teatro dei Filodrammatici di Milano,
Verdi, in qualità di maestro al cembalo e in coincidenza con l’assenza
casuale del maestro titolare, eseguì l’oratorio La creazione
di Joseph Haydn.
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(3) A quell’epoca non esisteva
ancora la figura del vero e proprio direttore d’orchestra qual è
intesa attualmente. Il primo violino aveva quindi anche la funzione di
capo d’orchestra, vale a dire era colui che forniva a tutti gli strumentisti,
attraverso opportuni cenni o segnali, gli attacchi e l’indicazione del
tempo da tenere nel corso dell’esecuzione. Ciò avviene tuttora in
complessi strumentali da camera di proporzioni limitate, quali quartetti,
quintetti ecc.
(4) L'opera di Rossini narra
le vicende del leggendario eroe svizzero Wilhelm Tell: rifiutandosi di
rendere pubblico omaggio all'autorità dell'imperatore Alberto d'Asburgo
e al balivo del Canton d'Uri Hermann Gessler, Guglielmo viene condannato
a colpire con una freccia una mela posta sul capo del figlioletto. Dopo
l'esito positivo della prova, giura di uccidere Gessler: per questo motivo
viene incarcerato, ma riesce a fuggire e a organizzare la rivolta dei cittadini
dei cantoni svizzeri contro gli oppressori, dando in tal modo avvio all'indipendenza
della sua patria.
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