Capitolo 1 - L'infanzia, la giovinezza - 2/4

Esisteva a Busseto una Società filarmonica, della quale Antonio Barezzi era presidente e animatore: questi, oltre a essere commerciante all’ingrosso di liquori e spezie, suonavada dilettante corno, flauto, pianoforte e organizzava con grande passione i programmi della filarmonica.

Barezzi si rese conto della predisposizione per la musica del piccolo Peppino: lo prese a benvolere e gli fornì tutti i possibili appoggi necessari per proseguire gli studi. Sarà proprio in virtù del mecenatismo di Barezzi e del suo aiuto, anche materiale, che Verdi potrà non solo proseguire gli studi, ma ricevere gli stimoli indispensabili per approfondire e sviluppare in pieno le sue istintive capacità creative.

I consigli di Barezzi a Carlo Verdi furono determinanti perché quest’ultimo si risolvesse infine a iscrivere il figliolo al ginnasio di Busseto: nella cittadina il ragazzo avrebbe potuto infatti seguire regolari studi scolastici, nonché approfondire le proprie conoscenze musicali. Giuseppe Verdi frequentò i corsi di latino e di grammatica tenuti dal canonico don Pietro Seletti, il quale, riconoscendo al decenne Verdi una incontestabile facilità all’apprendimento e una intelligenza vivace, si propose di avviarlo al sacerdozio.

Da parte sua, il direttore della scuola musicale di Busseto, oltre che maestro di cappella e organista del duomo, Ferdinando Provesi, uomo aperto e "liberale" oltre che buon musicista, non solo si oppose energicamente agli intenti di don Seletti, ma sostenne anche con forza la necessità di fornire a Verdi un’approfondita istruzione musicale, poiché, a suo giudizio, le doti che l’allievo mostrava di possedere suggerivano che quel fanciullo avrebbe potuto raggiungere grandi traguardi proprio in campo artistico.

Pochi mesi furono d’altronde sufficienti a convincere anche don Seletti della bontà delle tesi sostenute da Provesi, cioè delle effettive, spiccate attitudini del giovane Verdi. Per alcuni anni la vita di Giuseppe Verdi fu dunque interamente dedicata, con perseveranza, allo studio: nel corso del suo soggiorno bussetano veniva ospitato durante la settimana da un calzolaio, tale Pugnatta; la domenica rientrava alle Roncole e, quale successore di Pietro Baistrocchi - suo primissimo insegnante, nel frattempo scomparso - suonava, ricevendo un modestissimo compenso, l’organo della chiesa.

Durante il periodo bussetano, Antonio Barezzi invitò spesso il giovane musicista nel proprio palazzo, soprattutto quando vi si riunivano, per suonare o per le prove, i componenti della filarmonica: per queste occasioni Verdi compose le sue prime pagine, indubbiamente di tono piuttosto modesto se, per la maggior parte di esse, il compositore stesso non ritenne opportuno raccoglierle, né tramandarle.

Il giovane Verdi scrisse certamente brani per banda; altri da eseguire all’organo durante le funzioni religiose in duomo; qualche pezzo di intrattenimento che lui stesso verosimilmente suonava sul pianoforte di casa Barezzi.

Tra le composizioni di questi anni, lo stesso Antonio Barezzi cita una cantata formata da otto pezzi, per baritono e orchestra, intitolata I delirî di Saul, su versi di Vittorio Alfieri. Nel 1828 Verdi compose nientemeno che una Sinfonia introduttiva per Il barbiere di Siviglia di Rossini.

Nel 1829 gli si offrì anche l’occasione di dedicarsi alla cappella musicale e assunse inoltre temporaneamente le funzioni di organista a Busseto, durante un periodo di malattia di Ferdinando Provesi. Inoltre, sentendosi sufficientemente esperto - a Busseto era apprezzato e stimato da tutti - tentò di acquisire un impiego stabile e il 24 ottobre rivolse la seguente "richiesta di assunzione" alla parrocchia di Soragna, un piccolo centro nei pressi di Busseto:

Presentitosi da Giuseppe Verdi [...] esser prossima la vacanza dell’organo della Chiesa Parrocchiale di Soragna [...], egli offresi di rimpiazzo del rinunziante, dietro però i necessari esperimenti sì privati che pubblici [...]. Non vi furono sviluppi positivi per il sedicenne Verdi, che rimase quindi a Busseto, continuandovi pazientemente il proprio tirocinio e i propri esperimenti creativi. Il 13 maggio 1831 Barezzi lo accolse infine stabilmente in casa propria.

Frattanto, tra il giovane musicista e Margherita, una figlia di Antonio Barezzi alla quale Verdi insegnava canto e pianoforte, era nato un tenero sentimento amoroso, presto noto allo stesso Barezzi. Questi, pienamente favorevole al legame della figliola con il promettente Verdi, reputò tuttavia sconveniente che i due giovani continuassero a vivere nella medesima abitazione. Conseguentemente, indusse Verdi a chiedere l’ammissione al Conservatorio di musica di Milano. A questo scopo consigliò a Carlo Verdi di rivolgere una richiesta ufficiale al Monte di Pietà di Busseto perché questo ente potesse prendere in considerazione l’assegnazione di una borsa di studio al figlio Giuseppe. L’iniziativa venne sollecitamente messa in atto e, sostenuta da Provesi, dai filarmonici e dallo stesso Barezzi, ebbe esito positivo: il Consiglio del Monte di Pietà concesse a Giuseppe Verdi un congruo sostegno per un periodo di quattro anni, a partire dal novembre 1833. Antonio Barezzi si impegnò a sua volta ad anticipare parte della somma, affinché il giovane potesse, con maggior sollecitudine di quanto prevedessero le deliberazioni del Monte, partire per Milano.



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