Mantova, i duchi ed il ducato durante la guerra dei trent'anni

Vincenzo II° Gonzaga ( 1627)
Se tra il 1612 ed il 1627 il nome di Mantova risuonò in quasi tutte le cancellerie europee , questo non si dovette alla fama artistica della città ma alla sua importanza militare. Protetta su ogni lato da quei laghi che come nota più di uno storico ne fecero una piccola Venezia sino ad allora salva dalle orde "unne" o "franche", Mantova era soprattutto la capitale amministrativa del Monferrato: la cui fortezza principale- Casale- sarebbe stata un pièd a terre perfetto per le truppe spagnole in tranisto verso il Brabante e la Franca Contea nonchè una roccaforte perfetta per i francesi volti a contrastare la supremazia spagnola in Italia.
Entrambe: Spagnoli e Francesi sapevano che nell'impossibilità di eliminare fisicamente i Gonzaga - il che avrebbe riportato le lancette della cosiddetta "politica" indietro ai tempi della: "Notte di San Bartolomeo"- occorreva trovare qualche cavillo" legale che permettesse all'esponente dei rami "francese" o "austriaco" di una fra le celebri famiglie della nobiltà italiana (Segalini) di essere eletto Duca di Mantova. L'occasione propizia per la realizzazione di questa pacifica espugnazione della città non tardò a presentarsi in quanto nel 1626 il "Cardinale" Ferdinando Gonzaga moriva dopo essersi "spretato" ed aver contratto un matrimonio cosiddetto "sterile" con Caterina de'Medici per celebrare il quale aveva comunque ripudiato e fatto "seppellire" in convento la sua amante, tale: Camilla Ardizzino figlia di un nobiluomo casalese.
Prima di morire tuttavia, il perfido cardinale che aveva castigato perfino il cugino Scipione Gonzaga Principe di Bozzolo, colpevole di aver costruito alcuni mulini sul "versante mantovano" dell'Oglio non tardò a "muovere contro" i francesi il cui candidato alla successione di Mantova e del Monferrato: Carlo Rethel di Gonzaga Nevers giunse sì a Mantova, ma per sposare la cugina Maria Gonzaga lasciando seppur momentaneamente il ducato a Vincenzo II Gonzaga ultimissimo virgulto del ramo principale dei Gonzaga.
Il giudizio negativo sul regno di Ferdinando Gonzaga è tuttavia formulato da molti storici non sulla base delle sue nefandezze quanto della sua endemica prodigalità che lo avrebbe portato infine ad impegnare un parte dei cosiddetti gioielli di famiglia presso il monte di pietà di Verona, iniziando così quella dispersione del patrimonio artistico "mobile" culminata durante il successivo regno di Vincenzo II Gonzaga. Nulla o poco sembrano infatti pesare le virtù politiche dell'ultimo Gonzaga "mantovano" contro l'atto per il quale Vincenzo II passò alla storia: l'aver venduto o "svenduto" al Re D'Inghilterra la preziosa quadreria ducale. Tra gli episodi considerati salienti della storia Gonzaghesca questo è infatti di gran lunga quello che evoca la condanna unanime nei confronti di una corte ormai irrimediabilmente corrotta e frequentata da personaggi dui dubbia reputazione tra cui appunto Nys e Usegren, rispettivamente il mercante d'arte ed il pittore che avendo fiutato l'affare sin dai tempi di Ferdinando II, il 14 novembre 1626 stimavano il valore dei cartoni della "pesca miracolosa" di Raffaello [oggi ad Hampton Court] i "Trionfi dei cesari" di Mantegna [Londra National Gallery], e di molti fra i ritratti eseguiti da Porbus e Rubens , in 62.000 ducatoni. V'è peraltro da dire che la decadenza fu comune a molte signorie italiane estintesi nel seicento , e che mentre i quadri dei Gonzaga venivano trasportati a Murano e da lì in Inghilterra , 10 carrozzoni pieni di tele lasciavano il Palazzo Ducale di Modena [oggi sede dell'Accademia Militare] alla volta di Dresda dove tutt'ora molti di essi possono essere ammirati nella Gemaldgalerie. Lo sfacelo della Galleria era del resto inevitabile per uno stato sull'orlo della guerra, di fatto retto da un cancelliere che per le sua influenza sulla corte venne soprannominato: "L'Arciduca" e ancora una volta prematuramente abbandonato da Vincenzo II morto nel 1627, non dopo aver fatto celebrare segretamente il matrimonio tra Carlo VII di Gonzaga Nevers e Maria Gonzaga.

Carlo I° Gonzaga- Nevers
A scagliarsi contro la presunta llegalità di questa unione che di fatto sanciva il "coup d'etàt" dei Francesi non fu però il Papa Urbano VIII , amico ed alleato dei Gonzaga-Nevers, ma Carlo Emanuele di Savoia il quale d'accordo con la Spagna meditava, all'atto dell'estinzione di Gonzaga di dividere il Monferrato tra quest'ultima e gli stati Sabaudi senza chiedere parere ad alcuno. Tempi duri si apparecchiavano per Carlo Rethel di Gonzaga Nevers che il 14 settembre riceveva un ultimaum degli spagnoli , pronti ad invadere il ducato se questo non si fosse assoggettato spontaneamente;anche il Vescovo di Mantova il 20 marzo successivo veniva privato della sua diocesi. "I mei sudditi versano il sangue mentre si spendono le parole" affermava il Gonzaga-Nevers mentre gli spagnoli assediavano Casale Monferrato affamando quei monferrini disposti a farsi "scorticare vivi" piuttosto di cedere. Per fortuna il Gonzaga aveva un potente alleato: Richelieu che pur occupato a La Rochelle vi riceveva il 2 maggio 1628 il Conte di Gazoldo degli Ippoliti presentandogli Luigi XIV° e promettendo aiuti allo stato di Mantova. Caduta Nizza (in mano imperiale) e la Rochelle (in mano francese) Richelieu scese in Italia ed il Gonzaga, nonostante gli imperiali avessero fatto saltare Alcune chiese e conventi a Cerese e sul Te , compì una sortita nel cremonese. Ben presto tuttavia l'eroismo e l'eccitazione dovettero cedere il passo all'amarezza provata da Carlo Gonzaga per la cessione di Gran parte del Monferrato ai Savoia ratificata dallo stesso Richelieu in cambio dell'annessione di Susa alla Francia.
Firmato un armistizio tra la Francia e La Spagna i soldati inviati in soccorso dei francesi dalla "parsimoniosa" Repubblica di Venezia si ritiravano ma i temuti mercenari tedeschi al servizio degli imperiali si aprestavano a calare in Italia con grande disappunto di molti primo fra tutti il Papa. Nulla valse ad arrestare l'Aldringhen , così si chiamava il loro comandante il quale alla testa di 30.000 fanti e 6.000 cavalieri prese Milano, Lodi passando infine ad Ostiano (Cremona) il confine con il Ducato di Mantova. Nel frattempo in città, Carlo Rethel ordinava di rafforzare la Porta Pradella e di fare letteralmente "terra bruciata" distruggendo i raccolti nelle campagne -si trovò solo ad affrontare un nemico immane fuori delle porte dei Mantova ed una serie di rivolte e tradimenti dentro ad essa. Personaggi emblematici in una Mantova assediata ed abbandonata dagli alleati nella quale il Quazza dipinge forni depredati e lazzaretti di manzoniana memoria furono il tale Busanello l'ambasciatore della Serenissimo Veneto Governo che prometteva seppur velatamente aiuti mai arrivati, ma anche i capitani Durante e Trussa protagonisti di atti di eroica resistenza rispettivamente alla porta Cerese e alla porta San Giorgio.. Nonostante la provvidenziale (nell'accezone manzoniana del termine) peste avesse cagionato un temporaneo ritiro dei lanzichenecchi salutato dallo Striggi come un miracolo divino un'ora prima che sorgesse l'alba del 18 luglio, gli imperiali attaccavano in forza ogni punto chiave della provata cinta muraria distraendo così i difensori dall'obbiettivo principale : la porta San Giorgio, dove i generali francesi Arnauld ed Harancourt e lo stesso Carlo Gonzaga, accorso con eroico quanto inutile slancio a difesa di essa vennero travolti dal nemico; fuggendo a cavallo verso il Volto Oscuro per evitare il massacro peraltro toccato a molti ufficiali francesi il Gonzaga venne ugualmente raggiunto da un colpo di moschetto alla spalla - doloroso preludio ai tristi giorni che si apparecchiavano per lui ed il suo seguito.
Mentre dopo aver provato il proprio valore di stratega l'Aldringhen si rivelava anche un maestro del saccheggio depredando Mantova ed i mantovani di ogni loro bene il Duca e gli altri cavalieri francesi ritiratisi nella cittadella di Porto (Porto Mantovano) che tuttavia non aveva nè mura nè cannoni si arresero e ricevendone in cambio la libertà di andare ovunque purchè negli Stati della Chiesa. Iniziava così uno dei più oscuri e vergognosi capitoli della storia Gonzaghesca : l'esilio trascorso da Carlo VII a Melara e Rovigo durante il quale le premurose cure riservatagli da quei signorotti che nella caduta del Gonzaga videro proiettarsi la loro, furono di ben poco lenimento . Nel frattempo infatti a Mantova, Gian Francesco Gonzaga, elargendo laute ricompense era riuscito a farsi porre a capo del cosiddetto "Governo Cesareo" la cui amministrazione finanziaria consisteva perlopiù nel tassare i nobili ritenuti fedeli al Nevers. Al marchese Giulio Agnelli ad esempio toccò di versare 5000 scudi al mese, meno delle 200 razioni al giorno imposte a Sigismondo Gonzaga, le quali a loro volta furono ben poca cosa in confronto al saccheggio di Volta Mantovana ed alla uccisione di 150 suoi abitanti od al prezzo pagato dalle monache di Mantova, spinte dalla fame a prostituirsi.
Dove la guerra non potè arrivare giunse tuttavia la diplomazia; cfr non solo alla promessa fatta dall'imperatore di una " restitutio ad integrum " dei valori e degli altri oggetti d'arte dei Gonzaga ritrovati a Rovereto e ad Arco di Trento , ma soprattutto dell'opera del Cardinale Piccolomini e di Antonio Pico che alla metà del maggio 1631 se andava da Vienna con la convinzione di aver "commosso" l'imperatore con la meno barocca delle tecniche letterarie: la verosimiglianza . Dopo 14 mesi di "governo cesareo" venne infatti la liberazione agognata ma temuta in quanto con abile mossa giuridica la Dieta di Ratisbona restituiva ai Gonzaga il Ducato di Mantova , Guastalla e Casale Monferrato pur riconoscendo allo storico contendente di Carlo I: Amedeo di Savoia il possesso di Trino , e molti altri feudi vicini a quella Lombardia che per secoli i futuri re d'Italia avrebbero tentato di conquistare riuscendoci solo nel 1848.
L'"inganno" come lo chiama il Quazza fu pienamente smascherato quando si seppe che in cambio dei possedimenti Monferrini il Savoia aveva venduto Pinerolo ai francesi...
Scontata ma non superflua è peraltro la descrizione delle disastrose condizioni del Ducato di Mantova che alla fine della Guerra dei Trent'anni, contava 43.000 abitanti conto le 170.000 anime che all'inzio del seicento avevano contribuito al rigoglio delle campagne ora vendute a mercanti stranieri per 30 lire la biolca . Nemmeno gli appartenenti alla corrente "revisionista" della storia gonzaghesca che vuole i sussiegosi duchi giacere insensibili al fascino bucolico del loro regno se la sentirebbero di sfoderare i loro argomenti di fronte alla lunare desolazione delle campagne paragonabile "cum grano temporis" alle devastazioni ecologiche compiute dagli iracheni in Quwait od alla grottesca rappresentazione del Conte Carlo Cavriani intento a cospargere misure di sale, per purificare il suo palazzo dai "miasmi pestilenziali sparsi dai Lanzichenecchi. Ma il Gonzaga Nevers cui durante l'assedio Maria aveva donato un erede se la sentiva come diremmo oggi di ricominciare da capo e un volta istruito un "babilonico" processo contro Gian Francesco Gonzaga ( poi esiliato) convocò a Mantova 1000 fiamminghi versati in molteplici arti per vivificare la produzione. Beato in quel periodo era considerato chiunque possedesse una quantità bastante di monete di "bassa lega" o chiunque avesse acconsentito a divenire cittadino Mantovano ricevendone in cambio l'esenzione da ogni tassa eccettuate quelle necessarie a finanziare i lavori di derivazione sull'Oglio e sul Po- Santo invece era chi si fosse attirato le grazie di Vialardi il ministro e cortigiano mantovano che poi il Duca avrebbe incarcerato seppur per pochi giorni per aver ratificato il documento con il quale Margherita di Savoia ex moglie del cardinale e madre di Maria Gonzaga nominava la figlia erede del Ducato di Mantova "diseredando" dunque Carlo I°.
La Reggenza di Maria Gonzaga

Di fatto per la morte di quest'ultimo e la minore età del figlio nel 1637 Margherita venne anch'essa chiamata a sostenere una situazione "più grande di lei" e lo fece nel più "passionale" dei modi tentando cioè di rinsaldare gli aulici legami di sangue tra i Gonzaga e gli Asburgo. Mentre tuttavia la figlia Eleonora sposava l'imperatore Ferdinando III, divenendo Arciduchessa D'Austria e la sorella di Ferdinando III: Isabella Clara - anch'essa Arciduchessa D'Austria sposava il futuro Carlo II° , il marchese di Leganez -spagnolo- tradendo le promesse fatte al Papa ed ai veneziani piombava su Casale alla testa di 15.000 soldati. Gli fu però difficile sgominare il franco/mantovano La Tour la cui guarnigione pur contando appena 1500 uomini si battè con immenso valore respingendo gli spagnoli e sortendo addirittura nel quartier generale di Leganez tra le cui carte con immensa sorpresa fu trovato una lettera con la quale Maria Gonzaga gli cedeva metà del Monferrato una volta che egli avesse allontanato i francesi......
Carlo II Gonzaga -Nevers (1629-1665)
Uscito come si suol dire di minore età nel 1647 Carlo II Gonzaga-Nevers passò alla storia come il duca che non avrebbe mai accettato i termini della pace di Wesphalia (1648) la quale, confermando in sostanza le sentenze della Dieta di Regensburg spartì gli antichi possedimenti gonzagheschi del monferrato tra il Piemonte, la Spagna e la Francia.
Nonostante la cospicua somma che i Savoia avrebbero dovuto versare ai Gonzaga per l'acquisto di Trino non fosse mai stata riscossa dalle casse ducali Carlo II° non esitò a fare del proprio regno un continuo carnevale invludendovi quelle maschere che da tempo erano state proibite, e mostrando tutti i segni di quel comportamento "schizoide" del quale poi il figlio Ferdinando Carlo, fautore della misera caduta dei Gonzaga sarebbe stato un autentico campione.
Adifferenza del figlio tuttavia Carlo II° non trascurò le spese militari armando nel 1652, 1500 fanti e 300 cavalli e mandandoli ad assediare Casale Monferrato , il cui comandante - un francese- cedette dopo soli tre giorni di scaramucce e, molto probabilmente, ripetute offerte di denaro contante...
Evidentemente immerso nei fumi dell'antico splendore il Gonzaga non aveva fatto i conti con le superpotenze dell'epoca, prima fra tutte l'Austria dove nel il cognato Ferdinando III moriva lasciando il potere ad un collegio elettorale che tentò di togliere a Carlo II° Gonzaga la sovranità sopra Mantova. Mentre il Duca di Modena penetrava nel mantovano con 12.000 uomini Carlo II disperato scrisse alla madre a Gratz affinchè intercedesse presso il nuovo imperatore Leopoldo I° , il quale alla fine gli concesse l'investitura sopra Luzzara , Reggiolo e Gustalla -un feudo, quest'ultimo che il cugino si rifiutò di dargli originando una contesa protrattasi poi sino al 1678.
Stanco ed amareggiato il Duca fece ritirare le proprie truppe da Casale trascorrendo gli ultimi anni della propria breve vita tra dissolutezze di ogni genere, di fatto Il 14 agosto 1665 Carlo II° Gonzaga-Nevers moriva a Venezia a soli 36 anni dopo aver proferito le parole: "non ce la faccio più"
La Reggenza di Isabella Clara (1665-1670)
Sull'esempio del marito Isabella Clara, reggente del tredicenne Ferdinando Carlo tenne una condotta tutt'altro che irreprensibile.. Molti nomi furono fatti per i suoi favoriti , fra i quali celeberrimo fu Carlo Bulgarini, un ebreo convertito che scalò fulmineamente i ranghi della pubblica amministrazione.... Nelle difficoltà della reggenza Isabella seppe però comportarsi sempre con fermezza mantenendo saldi i legami con gli Asburgo senza tuttavia cedere alle loro congenite mire espansionistiche. Sfruttando le amicizie con l'imperatrice Eleonora Isabella Clara fece sancire l'investitura dei Gonzaga a Duchi di Luzzara e Reggiolo, pur perdendo Guastalla e Casale Monferrato, i cui nuovi governatori comunque si impegnarono a versare nelle casse ducali 15.000 scudi.
 

Per far un zambalione

Si pigliarà ova fresche sei, zuccaro fino in polvere libra una e meza, vino bianco oncie sei, il tutto si sbatterà insieme, e poi si pigliarà un tegame di pietra vitriato a portione della detta composizione, si mettarà due once di butiro a disfar nel tegame, quando sarà disfato si butterà la composizione dandogli fuoco sotto e sopra. Se si vorrà mettere nella composizione cannella pista se ne mettarà un quarto, se si vorrà ammuschiar conforme il gusto, avertendo però alla cottura che non si intostisca troppo.
Puoi fare ancora il zambalione in questa maniera: pigliarai oncie due di pistacchi mondi, pellati e poi pistati nel mortaio e stemprali con il vino, che va fatto il zambalione, e questo zambalione serve assai per i cacciatori, perchè alla mattina, avanti vadino alla caccia, pigliano questo; se per sorte perdessero il bagaglio possano star così sino alla sera; se può fare con il latte di pignoli, come di sopra, e per convalescenti, che non possono pigliar forza, si fa col seme di melone.
Bartolomeo Stefani - L'ARTE DI BEN CVCINARE - 1671

1 libra = 12 oncie = 310 gr.

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