Secondo le divisioni tradizionali della storia, il Medioevo
ha inizio nell'anno 476 con la caduta dell'impero Romano d'Occidente e
ha termine con la scoperta dell'America (1492). Un arco di più di
mille anni ...
Contrariamente a quello che si pensa, il Medioevo non
fu un'epoca barbara e oscura, povera di novità e di genio, ma un
periodo di creazione e costruzione; cercando ricette d'epoca abbiamo visto
ad esempio che i cuochi dei nobili dedicavano molto tempo a creare e cucinare
nuove e saporite ricette. Gli storici dividono generalmente l' "Età
di mezzo" in Alto Medioevo (fino al X secolo) e Basso Medioevo (XI-XV secolo).
Le divisioni - nella storia - non hanno sempre un valore assoluto, ma in
Realtà si nota che nell'Alto Medioevo la gente comune dedicava sicuramente
meno tempo alla cucina rispetto agli anni dopo il 1000: i contadini, occupati
a proteggere le proprie terre dalle scorrerie di altri popoli, sottoposti
a signori che li facevano lavorare come schiavi, legati a poveri campi
coltivati con tecniche arretrate e poco produttive, non avevano certo grandi
possibilità` di mostrare le loro abilita` "gastronomiche",
e tantomeno i cittadini, visto che di città` vere e proprie - prima
del 1000 - si puo` parlare poco. I commerci, poi, non avevano possibilita`
di svilupparsi, sulle strade insicure dell'Alto Medioevo. Nel Basso
Medioevo i castelli circondati da alte mura permisero una migliore difesa,
si conosceva una maggiore varietà di cibi - anche per la rinascita`
degli scambi commerciali -, erano migliorate le tecniche di coltivazione
e le città` stavano rifiorendo: quando il signore si metteva a tavola,
la sua
mensa era piu` ricca e varia, ma anche la povera gente
cercava di rendere piu` appetitosi i suoi pasti con quel po' che possedeva.
Vedremo nelle prossime pagine come la vita quotidiana fosse (anche in pieno
Medioevo) molto diversa per il povero e per il ricco. Cominciamo entrando
nella struttura economica feudale dove
tutto ruota intorno al castello e al suo padrone.
Al centro del feudo c' era di solito l' abitazione fortificata del signore:
il castello. Una parte della terra dipendeva direttamente dal signore (parte
padronale), un' altra era affidata ai contadini ( parte
colonica ). Nella parte padronale i lavori erano svolti
dai servi del signore e dai contadini che ogni settimana dovevano prestare
la loro opera per alcune giornate su queste terre. I contadini avevano
anche terre comuni che servivano per il pascolo degli animali e soprattutto
c' erano foreste in cui i signori potevano abbattere gli alberi e cacciare
i grandi mammiferi (cinghiali, orsi, lupi, e cervi ), mentre alla povera
gente erano lasciati gli animali di piccola taglia (conigli, lepri). Fino
al X secolo c' era pochissimo commercio per le strade: l' unico prodotto
ampiamente trattato era il sale, da sempre indispensabile. I signori
cercavano di avere presso di se` gli artigiani che servivano per fabbricare
tutto il necessario per le attività che si svolgevano nel castello
e nei campi. Tutte le cose appartenevano al signore: le terre, i pozzi
d' acqua, i ponti, i forni, i boschi. E per usarli i contadini dovevano
pagare dei tributi che non sempre venivano pagati in denaro ma spesso in
prestazioni. I contadini ( che fossero liberi o schiavi) non potevano lasciare
la terra che coltivavano e venivano chiamati servi della gleba. L'
economia del feudo era quindi "chiusa", con pochi commerci che venivano
comunque controllati dal signore. La situazione non era diversa in mano
agli uomini della Chiesa, vescovi o abati che spesso erano nobili di nascita.
Se il padrone era un ecclesiastico, la vita si svolgeva intorno ad un monastero
che poteva essere fortificato contro eventuali attacchi nemici. Signori
e contadini formavano due classi sociali: i nobili erano pochi, ma le ricchezze,
il potere e i privilegi erano concentrati nelle loro mani., i contadini
non avevano ne potere, ne ricchezze ed erano sottoposti a molti obblighi.
Il nobile non diventava contadino, neanche se si riduceva in povertà.
Essere nobile, escludeva la possibilità di lavorare: tale attivita`
era infatti considerata indegna per chi possedeva un titolo nobiliare,
mentre risultava normale per tutti gli altri, compresi...
Le donne e i bambini
Le donne contadine dovevano stare in casa a badare ai bambini, tessere stoffe, preparare pasti. Esse però lavoravano a volte anche nei campi e nel pollaio aiutando l' uomo. Lavori come la tosatura erano affidati sempre alle donne. I bambini, appena erano in grado di lavorare, aiutavano i genitori, perchè a quei tempi le scuole non esistevano; quindi i contadini non sapevano nè leggere nè scrivere. La vita della povera gente non era dunque facilissima; vediamone alcuni aspetti.
L'alimentazione
Non sempre era sufficiente perchè il raccolto
che andava ai contadini spesso non bastava a sfamare una famiglia.
Nel bosco si trovavano castagne, noci, funghi e i contadini cacciavano
e pescavano. Essi si nutrivano di pane fatto di cereali (di una qualità
inferiore), dei prodotti dell' orto (cipolle, aglio, rape, cetrioli, legumi,
...), a volte anche di uova, formaggio, carne di maiale o pollo.
Le abitazioni
Le case erano piccole, gli animali si riparavano in uno
stanzone durante l' inverno (cio` servivanche a riscaldare l'ambiente...),
e tutta la famiglia dormiva nello stesso letto. I mobili erano comunque
pochi, tanto che gli abiti venivano appesi su sbarre attaccate alle pareti.
In queste condizioni era normale che - ogni tanto - scoppiassero...
Le rivolte
Specialmente nei periodi di carestia si verificavano le ribellioni dei contadini, come avvenne in Normandia nel X secolo: i contadini, armati di zappe e forconi andavano per le strade ad uccidere i loro padroni, quando non giungevano fino alle loro abitazioni. I nobili facevano punire tutti quelli che si erano ribellati e il desiderio dei signori di fare in modo che le cose non cambiassero risulta evidente se osserviamo quale vita essi conducevano.
Il signore si alza
Per lavarsi e vestirsi non gli occorreva gran tempo:
in camera gli arnesi destinati alla pulizia corporale si riducevano a una
piccola catinella di terra cotta o di rame, posata sopra un treppiede di
legno o di ferro battuto.
L'abbigliamento
Le sottovesti erano poche, i vestiti e le calzature erano invece numerosi: casacche e giustacuori di velluto o di panno scarlatto e verdone, mantelli di martola con lunghi cappucci impellicciati, berretti di grosso panno, cappelli di feltro a tesa o dalle falde larghe. I panni non li tenevano appesi negli armadi, ma li riponevano piegati entro grandi cassoni di quercia che avevano fregi e graffiti su fondo nero, rosso e dorato.
L'appartamento
Nell' interno c' erano vasti cameroni per la famiglia,
per i servi, per la soldatesca, scuderie, prigioni, armerie, archivi, cortili,
pollai, cantine e forni; insomma tutto quello che occorreva alla vita di
una potente, ricca famiglia. L' appartamento consisteva piu` che
altro in una stanza vastissima che era sala da pranzo, da
ricevimento, da conversazione, da lavoro e da letto:
le sue pareti erano ornate di pitture, come le travi del soffitto. Le finestre
avevano imposte esterne con vetri piccoli e mal connessi, ed interne di
tela incerata, pergamena, o carta oleata: tende a vivi colori proteggevano
dalle correnti d' aria, dal freddo, dal sole e dall' umidità dei
muri. I pavimenti erano di quadrelli smaltati o verniciati. Ai lati del
camino, creazione del secolo XII, che era sempre così grande da
potervi far bruciare travi
e tronchi di oltre 3 metri di lunghezza, c'erano grandi
sedie e larghi marciapiedi in legno, su cui si raccoglieva la famiglia
a giocare a scacchi e dadi, a ricamare, cantare, udire novelle. Prima
del secolo dodicesimo non si conoscevano i camini: il riscaldamento si
faceva ancora secondo l' antico uso romano, con diversi tubi messi sotto
il pavimento e nello spessore dei muri, e che diramavano il calore ricevendolo
da una specie di fornace messa nei sotterranei: le aperture dei tubi del
pavimento si coprivano con tappeti. In fondo c' era il letto, di ferro,
di bronzo, o di legno lavorato, molto piu' alto alla testa che ai piedi;
vi si dormiva ravvolti in un grande lenzuolo o copertone gettato sul materasso;
col secolo dodicesimo, aumentando il lusso, anche il letto ebbe trine e
coperte lavorate.
A tavola...con ricchi e poveri
Cosa e come mangiavano gli uomini del
Medioevo
Nel Medioevo l'alimentazione dei più nobili era
ricca di selvaggina condita spesso con spezie molto costose poichè
provenivano dall' Oriente. L'alimentazione dei contadini era più
povera e comprendeva alimenti che potevano sostituire la carne.
Con i miglioramenti dell'agricoltura i contadini si nutrirono
prevalentemente di cereali; ma le paste alimentari furono prodotte solo
a partire dal XIII sec. I contadini mangiavano una zuppa a metà
mattina, del pane (cotto ogni 15 giorni in pesanti pagnotte), del formaggio
e castagne bollite durante il giorno, la sera - quando tornavano dai campi
- mangiavano di nuovo la zuppa o altri cibi molto
poveri. Anche per i ricchi, il pane restava comunque
l'alimento principale ma lo volevano bianco, di frumento. Un decreto imperiale
dell'884 stabilisce il limite di ciò che può requisire un
Vescovo ad ogni tappa delle sue visite pastorali con tutto il seguito,
in una regione agricola: 50 pani, 50 uova, 10 polli e 5 porcellini. Per
fare il pane, i poveri mescolavano farine di vari cereali e, se occorreva,
anche di legumi, come si faceva fin dai tempi antichi e come consigliava
Dio nella Bibbia quando il profeta Ezechiele ricette il comando: "prendi
del frumento, dell'orzo, delle fave, delle lenticchie, del miglio e della
veccia e fanne del pane". Nei tempi di grande carestia, poi, si cercava
di fare il pane con qualsiasi cosa, persino con la paglia e le cortecce
macinate, e si ricorreva al cibo dei maiali: le ghiande. Il vino era bevuto
sia dai nobili che dai monaci ma i poveri inizialmente erano esclusi da
questo "privilegio". Mangiare molto e carne era considerato segno di ricchezza
e di potenza. I monaci anche se provenivano da famiglie ricche erano soliti
mangiare poco in segno di penitenza; essi però alternavano alle
zuppe e verdure del pesce. Nel Medioevo si amavano profumi e sapori che
per noi non sono usuali, come quello delle rose, e gli accostamenti un
po' particolari come agro-dolce, dolce-salato, dolce-piccante ecc., forse
anche per le tante spezie usate (sempre dai piu` ricchi, pero). Ancora
a proposito di ricchi, ricordiamo che i primi libri "ufficiali" di ricette
risalgono al 1300, ma si trattava per lo piu` di preparazioni riservate
solo a chi se le poteva permettere, richiedendo spesso ingredienti molto
costosi.
Il pranzo e il banchetto
A tavola la sedia del signore era la piu elevata, gli
altri erano seduti su sgabelli. Si usavano vassoi d' argento e coppe d'
oro, arrivavano in tavola interi cinghialetti arrostiti, frittate di centinaia
di uova, enormi brocche di vino, fruttiere ricolme.
In pieno Medioevo apparve uno strumento nuovo che impiegò
molto tempo a conquistare le tavole di tutto il continente. Pier Damiani
scrisse che durante un matrimonio tra nobili, la sposa si fece portare
un "bidente d'oro" e mangiò la carne con quello, invece di usare
le dita come dettavano le buone usanze. Era la prima forchetta, ma
soltanto a due denti. Per molto tempo, però, fu usata soltanto dalle
dame più nobili poichè per gli uomini era un segno di debolezza.
Per pulirsi le mani c'erano diversi metodi, a seconda della raffinatezza,
dell'ambiente e dell'epoca: si
potevano strofinare con noncuranza sul mantello dei cani
che girovagavano numerosi attendendo gli ossi, o si potevano lavare delicatamente
con acqua di rose, o tergere su tovaglie di lino, che certo uscivano malconce
dallo schizzare dei sughi. Dimenticare di offrire l'acqua di rose era considerato
un'offesa, come del resto rifiutarla. C'era tutta una serie di regole da
seguire, nei banchetti, tra cui "non sputare sul desco, tenere le unghie
sempre "nette e piacenti", e infine - dopo essersi soffiati il naso - pulirsi
le dita non sulla tovaglia ma nella propria veste. Sempre per pulirsi
le mani, c'era anche un'altra soluzione, molto diffusa e graditissima ai
poveri: si mangiava su... tovaglie di pane, cioe` sopra uno strato di pasta
sottile, rettangolare, una specie di "pizza", sulla quale ogni convitato
tagliava la carne, lasciava colare il sugo, pulendosi poi le mani con un
po' di mollica intatta; quel che restava di queste "tovaglie" veniva dato
ai poveri che aspettavano alla porta.
Il pane e il companatico
Per tutto il Medioevo sulle mense dei pratesi il pane
aveva il primo posto; al pane si accompagnava un alquanto ridotto seguito
di companatici, il che contribuiva ad accrescere ulteriormente l'importanza
del principale alimento. La nostra civiltà ha attribuito al pane
il ruolo di principale garante della sopravvivenza, di provvidenziale scudo
contro la fame. I "buoni uomini" dei Ceppi elargivano farina e pane ai
pratesi indigenti, per prima cosa garantivano ai beneficiati qualche giorno
di minor preoccupazione: era così che si assicurava la tranquillità
in occasione delle ricorrenze e negli altri frangenti in cui la fame di
molti poteva rappresentare una fonte di grave turbamento. In questo
Medioevo, quando si parla di carestia si deve intendere carestia di cereali:
di tutto il resto si poteva anche fare a meno. Ma torniamo per ora al quotidiano;
accanto al pane gli altri alimenti consueti per l'uomo comune sono gli
ortaggi (prodotti spesso nell'orticello di proprietà, situato accanto
all'abitazione o subito fuori le mura di Prato, piccoli fazzoletti di terra
dai quali comunque si cavavano insalate, cavoli, zucche, legumi, agli,
cipolle, porri e qualche frutto), il formaggio, le uova ed anche la carne,
piatto non certo quotidiano per tutti ma neanche agognata rarità
per buona parte della popolazione. Per ciascun cittadino di Prato, tra
il 1321 e il 1322 c'era una disponibilità annua di carne di 19,7
chilogrammi. La classifica per genere della carne più consumata
vede al primo posto l'ovo caprina, e in particolare quella di castrone,
seguita a poca distanza da quella suina (in realtà è probabile
che le sopravanzasse, se si tiene conto che l'allevamento del porco per
l'autoconsumo domestico - sfuggente alla gabella - era pratica diffusa)
e poi da quella bovina. La classifica del pregio poneva ovviamente al primo
posto la vitella, e poi il castrone, l'arista, e quindi la carne di bue
adulto. Al tempo della grande fiera di settembre, si consumava carne
di ovini adulti e di vitelli, dicembre e gennaio erano caratterizzati da
un notevole afflusso sul mercato di carne suina e anche bovina. "A cagione
che gli è di quaresima ti scriverò pocho e di rado" faceva
sapere al marito Margherita Datini "ch'i'ò pocho ciervelo fuori
di quaresima, perciò abimi per ischusareta"; e ancora "mi sono morta
di fame in questa quaresima e il medicho dice che io òne più
male di debolezze che d'altro". A questa temporanea austerità dettata
dall'osservanza religiosa e all'altra ben più triste imposta ogni
giorno dalle ristrettezze economiche, pratesi ricchi e poveri cercavano
di ovviare con un notevole consumo di vino; diffuso in tutti gli strati
della popolazione esso costituiva "il modo di procurarsi calorie ad un
prezzo spesso più conveniente rispetto ad altri generi" particolarmente
per i meno
abbienti. I quali si accontentavano del vino locale,
di bassa gradazione e bevuto spesso annacquato. Abbastanza rinomata era
invece la campagna pratese per la produzione di frutta (fichi, prugne,
noci,pere e mele, ciliege, pesche, poponi e cocomeri): anch'essa doveva
avere un'importanza rilevante nell'alimentazione del tempo. Cibi dei ricchi
e cibi dei poveri si differenziavano insomma in maniera notevole, non solo
per quantità ma anche per qualità e per elaborazione, e l'arco
della differenza dovette tendere a divenire più ampio nel corso
del tardo Medioevo; pasti da "lavoratori": di pane, di vino, carne (presumibilmente
"salata") era composto il desinare consueto di un maestro muratore e dei
suoi manovali; insalata, cipolle e cacio costituivano il pasto offerto
ai battitori del grano; cavolo e aringhe fece preparare Lapo Mazzei per
due uomini venuti da Firenze a compiere certi lavori nel suo podere di
Grignano. Che i "lavoratori" dovessero starsene per conto loro e
mangiare non piu` del "giusto" si vede anche da questa storiella: pare
che Luca del Sere si fosse scandalizzato quando seppe che Margherita Datini,
vedova, aveva ospitato alla sua stessa tavola i pittori che affrescavano
la sua casa con le
storie di Francesco: ciò non era " nè bene
nè onesto", e per quanto riguardava i loro pasti "e' non ànno
a stare a noze nè a morir di fame: abino del pane e vino quello
che bisognia loro, l'altre chose sechondo chome vi pare", come se fosse
ovvio non avessero diritto a pretendere alcunchè di più.
Come nel resto del mondo medievale, anche a Prato - dunque - a una ristretta
categoria di ricchi molto ben nutriti, si contrappone la massa della gente
che consumava soprattutto cibi vegetali (pane,
ortaggi, zuppe) e poca carne di bassa qualita`, pur spendendo
buona parte del suo poco denaro proprio per il cibo: "sbirciare" i banchetti
dei potenti faceva nascere i sogni nelle menti del popolo e l'acquolina
nelle loro bocche...
Caccia e pesca
Restrizioni nella caccia, riserve venatorie, protezione
di alcune specie, esistevano anche nel Medioevo e dimostrano fino a che
punto gli uomini riuscissero a minacciare l'equilibrio ambientale.
Queste restrizioni riguardavano solo i paesi densamente abitati con vaste
coltivazioni come L'Inghilterra, mentre nei paesi come la Spagna e nell'
Europa orientale non esistevano. Nell' Europa settentrionale, oltre alle
zone coltivate, si trovavano molte foreste ampie che costituivano una fonte
di
risorse quasi inesauribile, prima fra tutte la legna.
Anche i contadini sfruttavano le risorse della foresta raccogliendo bacche,
miele, erbe, da cui estraevano sostanze chimiche a loro utili (ad esempio
per conciare le pelli o fabbricare il sapone). La
foresta era anche piena di animali veloci che venivano
cacciati come selvaggina più o meno pregiata, d'altronde l' approvvigionamento
di carne era ottenuto soprattutto dalla caccia. A poco a poco le grandi
riserve incominciarono pero` a impoverirsi. La diminuzione della selvaggina
indusse all' allevamento di animali da macello e a fissare prezzi per licenze
di caccia. Così la caccia si trasformò progressivamente in
uno sport per pochi riservato a quanti potevano affrontarne le spese, quindi
cessò di rappresentare il naturale sistema di procurarsi il cibo
da parte degli abitanti delle
campagne. Anche la pesca era molto importante per la
popolazione medioevale: in particolare nei mari settentrionali la pesca
e la preparazione di altri pesci salati e affumicati costituivano un ottimo
guadagno per pescatori e commercianti. Spingendosi verso nord i marinai
cacciavano pesci di grande taglia (balene, capodogli e trichechi) per la
loro pelle, il loro grasso, le loro zanne. Sulla terra ferma si pescava
in fiumi e vivai appositamente realizzati. Il pesce è sempre
stato una sorpresa perchè, anche se le città facevano molti
sforzi per organizzare il mercato, la pesca restava pur sempre incerta,
la freschezza precaria e i trasporti difficili. Alla chiusura del
mercato del Venerdì, i poveri recuperavano i pesci invenduti che
gli venivano lanciati dai proprietari dei banchi che per legge glielo dovevano
dare per evitare che al prossimo
mercato potesse essere rivenduto il pesce avanzato al
mercato precedente. Probabilmente in campagna (quelle lontane dalla riva
del mare) non si conosceva il pesce di acqua salata. Dunque il pesce,
benche` sinonimo di penitenza, era anche gola, perché l'incertezza
di poterselo procurare rinfocolava il desiderio di averlo.
Quotidiano e festivo
La differenza fra giorni quotidiani e festivi era molto
grande soprattuto dal punto di vista alimentare (e soprattutto nelle case
dei ricchi): nei giorni festivi gli acquisti aumentavano in modo sproporzionato:
si comprava molta più carne, soprattutto pregiata (vitello, capretto,
pollame, capponi). Gli uomini piu` agiati cominciavano ad andare
a caccia gia` molti giorni prima; entrano nelle cucine dei signori molti
prodotti: uova, farina, formaggi, spezie, indispensabili per la preparazione
di alcune
ricette. Per alcune feste religiose il consumo era ritualizzato:
lasagne a Natale, farro a Carnevale, uova e formaggio per Ascensione, oca
per Ognissanti, agnello a Pasqua; questa lista fu proposta da Simone Prudenziali,
poeta orvietano di fine 200.
]
Erbe
Una delle testimonianze più interessanti dell' epoca medievale è rappresentata dagli " erbari ". Questi codici, riccamente miniati, raffiguravano le varie erbe e le piante allora conosciute, elencandone anche i vantaggi che se ne potevano trarre per la salute. Citiamo dal Tacuinum Sanitatis alcuni dei consigli terapeutici:
Frumento: indicato per guarire
le ulcere.
Segale: indicato come calmante
e sedativo.
Uovo: nutre, depura e ingrassa.
Miglio: per coloro che desiderano
rinfrescarsi.
Bietole: il loro succo toglie
la forfora.
Zucche: mitigano la sete e fanno
bene ai collerici
Cocomeri e cetrioli: abbassano
la febbre.
Finocchio: giova alla vista.
Le spezie e il sale nel medioevo
Cosa erano e a che cosa servivano le spezie che l'occidente
importava dall'oriente a carissimo prezzo? Le spezie (o droghe) sono
in realtà bacche, gemme o semi di piante. Le più conosciute
sono: cannella, noce moscata, zénzero, zafferano, cumino, ...
Oltre a rendere più stuzzicanti i cibi contribuivano a conservarli
meglio. Ma non solo, le spezie erano anche gli essenziali componenti di
molte medicine: con il ginepro, il cumino e l'anice ci si facevano liquori,
tonici ed elisir. Il pepe era invece un ottimo disinfettante intestinale.
Esse erano fonte di grandi guadagni per i mercanti perchè erano
poco ingombranti, perciò costava poco caricarne e trasportarne qualche
migliaio di chili ed i compratori erano disposti a pagarle care.
Le spezie tennero il primo posto nel commercio sul Mediterraneo fino al
XVII secolo. Anche il sale era usato nella cucina e nelle farmacie. Oggi
è un prodotto comune e poco costoso, ma nel medioevo era molto raro
e caro, tanto che i governi ne tassavano spietatamente il consumo. Venezia
si arricchì con le spezie ed il sale fino dall'alto medioevo, quando
la principale attività dei veneziani era lo sfruttamento delle saline
e il sale era usato come moneta e come mezzo di scambio. Il sale
esaltava il sapore degli alimenti e permetteva di conservare la carne ed
il pesce essiccandoli. Era inoltre considerato un ottimo disinfettante,
un ricostituente del sangue energetico e corroborante, una sostanza capace
di rassodare pelle e muscoli. Ed era utilizzato nella concia delle pelli.
Il valore del sale era legato anche ad antiche tradizioni magiche e religiose,
tanto che il carattere sacro e magico del sale è all'origine di
molte credenze popolari vive ancora oggi, come quella di considerare un
segno di sventura spargere e sprecare il sale.