VITA DA CANI 

scritto insieme a mia sorella Maria Pia

C’era una volta un regno grandissimo ... beh! forse non era proprio grandissimo ... c’era una volta un grande regno ... a pensarci bene non era neanche grande ... c’era una volta un medio regno ... volendo essere proprio sinceri il regno era piuttosto piccolo ... praticamente ci entrava a malapena una minuscola reggia nella quale abitava il Principe Ciccio II insieme al suo cane Everaldo.
Come si sarà capito, il Principe che al compimento del suo venticinquesimo anno di vita sarebbe entrato in possesso di una immensa ricchezza, al momento non versava in condizioni economiche eccessivamente floride, infatti il suo solo tesoro era il cane Everaldo che, nonostante il suo aspetto malconcio, era un cane davvero molto intelligente e piuttosto singolare. Esso (per cose ed animali si usa esso, anche se un animale del genere si potrebbe considerare ben più che umano!) si occupava di tutte le faccende domestiche della reggia: cucinava e serviva il pranzo (le sue porzioni erano naturalmente più generose di quelle che serviva al Principe), faceva il letto del suo padrone, spazzava, lavava ed inoltre si dilettava, nei ritagli di tempo, a lavorare all’uncinetto, anche se ad essere sinceri si notava l’impronta canina, infatti Everaldo non usava alcun tipo di calzatura perché le considerava stupidi orpelli.
Andava anche a fare la spesa nel regno vicino con il suo motorino ed era bravissimo a tirare sui prezzi. Era talmente bravo e veloce a fare tutte queste cose che il Principe era convinto di avere al suo servizio una folta schiera di servitori.
Una mattina, il Principe Ciccio II si svegliò con il desiderio di mangiarsi una banana, ma purtroppo nella reggia non se ne trovò neanche una; allora il cane Everaldo inforcò il suo veloce motorino e andò al mercato, ma di banane neanche l’ombra. Allora Everaldo ebbe una brillantissima idea, pensò: “Io sono un cane, anche se a dir poco geniale, ma solo un cane! potrei anche non saper riconoscere una banana e poi in fondo ... errare urbanum est! ... o ovest? Boh!? (Everaldo era sì un cane geniale, ma che conoscesse anche il latino mi sembra sia pretendere troppo! comunque la citazione esatta è ERRARE UMANUM EST, e significa: sbagliare è umano) comunque se si giustifica un uomo ... figuriamoci un cane! Ma sì ... comprerò quel frutto che chiamano ananas, ha un’aria così invitante!!!” Così il furbastro comprò l’ananas e se ne tornò alla reggia.
Quando il Principe, con l’acquolina in bocca, si buttò a pesce sulla cesta della spesa ed invece dell’agognata banana trovò un ananas, scatenò un putiferio: “Stupido cane!” urlò “questa non è una banana, è un ananas! possibile che io sia circondato da incompetenti?!”
Everaldo si guardò intorno stupito cercando tutti gli incompetenti di cui aveva parlato il Principe Ciccio II, ma non vedendo nessuno, scosse il capo sconsolato pensando che il suo caro padrone stava cominciando a dare i numeri, tanto è vero che parlava anche con i cani!!!
Everaldo aspettò che il Principe la smettesse di borbottare come una pila di fagioli, poi gli disse: “Caro Ciccio II, mi dispiace molto di avervi scontentato, ma come mi ricordate spesso, sono solo uno stupido cane, ma domani tornerò al mercato e se voi mi farete un disegno della banana, ve la comprerò!”
Everaldo tacque per un po’, anche perché il Principe lo guardava storto, poi continuò timidamente: “Ehm ... io avrei un po’ di fame ... se a voi l’ananas proprio non interessa ... potrei prenderla io!”
Il Principe, con aria magnanima, visto che non riusciva mai a tenere il muso ad Everaldo, gli porse l’ananas incriminato.
Everaldo lo prese e lo trascinò fino alla sua regale cuccia, dove cominciò a leccarlo.
Dopo un po’, il cane si accorse che ad ogni leccata il frutto si ingrandiva un po’, ma non diede alcun peso alla cosa. Quando però cercò di infliggergli il primo morso, udì un urlo disumano (infatti proveniva dall’ananas, anche se Everaldo non l’aveva capito!). Il povero, indifeso animaletto si catapultò fuori dalla regale cuccia e tutto tremante urlò: “Chi c’è qua?” L’ananas, dal canto suo era un po’ duro d’orecchio e non sentì proprio la domanda postagli dal cane.
“Chi ha urlato?!” chiese ancora Everaldo.
“Dov’è il prelato?! e perché dovrei saperlo?” rispose l’ananas.
Everaldo accortosi che la voce veniva da dentro la sua cuccia, si avvicinò cautamente chiedendo: ”Chi è che parla?”
“E che ne so io chi è Carla?! piantala di fare domande sceme!”
“Ti ho chiesto chi cavolo sei!” urlò il cane spazientito.
“Ah, ora ti sei spiegato! sono il genio della lampada.”
“A parte il fatto che non vedo alcuna lampada, tieni presente che io non credo alle favole: i geni non esistono!”
“Oh, beh... tu credi pure quello che ti pare, ma io esisto.... eccome se esisto!”
“Dove sei?”
“Panta rei? tutto scorre ... bravo! vedo che sai anche il greco, ma che centra questo con la nostra conversazione?”
“Ti ho chiesto dove sei!” urlò isterico Everaldo.
“Sono nell’ananas. Mi ero stufato di stare sempre nella lampada, non facevano che rompermi le scatole perché esaudissi degli stupidi desideri così ho pensato che in un ananas nessuno mi avrebbe più disturbato. Ora però non riesco più ad uscire: non c’è neanche un buco qui!”
Il Principe Ciccio II, attirato dagli urli di Everaldo, arrivò di corsa: “Cosa sta succedendo qui?” chiese.
“Non ci crederete mai!” rispose il cane.
“Tu dimmi perché stai facendo tutta questa canizza e poi vedremo se sarà il caso di credere alle tue spiegazioni!”
“Beh, intanto io sono un cane e non posso che fare canizza” rispose sarcastico Everaldo che era anche un cane spiritoso “e poi ... o insomma ... nell’ananas che mi avete regalato c’è un genio”
“Oh, capisco!” ribatté Ciccio II cercando di mantenersi calmo “e tu sei un cammello travestito da cane!”
“Ottima idea!!” intervenne il genio dell’ananas “facciamoci un bel panino con il salame!”
“Chi ha parlato!?” chiese allarmato il Principe.
“Ve l’ho detto, è il genio!” rispose pacifico Everaldo che cominciava ad accettare la situazione.
“Everaldo!” disse il Principe avvicinandosi minaccioso al cane “dimmi chi ha parlato e dove si è nascosto!”
“Il bove ha un gran costo?” intervenne ancora il genio “che centra il bove?! il salame si fa col maiale, non col bove, comunque mi va bene qualunque cosa ... basta che si mangi!”
Il principe spalancò la bocca per lo stupore ed una graziosa mosca che passava di lì ne approfittò per far scalo sulla sua lingua: “Che schifo!!” pensò la mosca riprendendo prontamente il volo proprio mentre il principe richiudeva la bocca “cosa era tutto quel bagnaticcio? non poteva essere sudore, non fa poi così caldo!!! oh, mamma mia, che sarà stato?!”
Everaldo, disgustato dalla scena e financo stupito, pensò: “Che scemo che sono! gli compro sempre carni prelibate spendendo un sacco di soldi, quando invece lui, a quanto pare, si accontenterebbe di molto meno!”
“Beh?! questo panino al salame arriva o no?!” ribadì il genio.
Il principe si avvicinò alla cuccia, agguantò l’ananas e agitandola disse: “La voce viene proprio da qui! che diavoleria è questa?!”
“Oh, non è proprio il caso di fare nessuna festa! e smettila di agitarmi che mi viene da vomitare! mi accontento del famoso panino e poi toglierò il disturbo, se per voi va bene!” interloquì il genio.
“Un momento!” esclamò il principe “se davvero sei un genio, dimostralo!”
“Sul palo?! perché l’avete messo sul palo? ah, ora ho capito! voi siete bravissimo a menare il can per l’aia, ditelo chiaramente che non me lo volete dare questo benedetto panino!”
“Che lui sappia qualcosa che io non so?! forse Ciccio II va maltrattando i cani dei regni vicini?! che delusione, insettivoro e picchiacani a tradimento!” rimuginò tra se e se Everaldo “questo da lui proprio non me l’aspettavo, dopo tanti anni di amicizia disinteressata!” e aggiunse a bassa voce con aria di sufficienza rivolto al principe: “Ancora non vi siete accorto che il genio è sordo come una campana?! dovete fare così per farvi capire” e strillando a squarciagola continuò rivolto al genio: “Smettila di berciare su fantomatici panini al salame ed impara l’italiano: non si dice menare, ma picchiare!”
“Perché cavolo strepiti tanto? non sono mica sordo! e poi menare il can per l’aia è una frase idiomatica, ignorante! Il bue che dice cornuto all’asino! Pfui!!!”
“Smettetela di litigare!” disse il principe con aria minacciosa, mentre Everaldo si chiedeva che cavolo c’entravano adesso buoi e asini, e poi continuò “hai detto che sei un genio, bene, sono disposto a crederti, quindi ora tu esaudirai un mio desiderio, sei d’accordo?”
“E no!” intervenne Everaldo “l’ananas è mia! sono io che devo esprimere un desiderio!”
“State un po’ zitti tutti e due! mi avete fatto venire il mal di testa! i desideri che si possono esprimere sono tre, ma è solo il possessore dell’ananas che può farlo, quindi mettetevi d’accordo così la facciamo finita ed io potrò tornarmene nella lampada, sempre che la ritrovi .... era molto più comoda di questa stupida ananas!”
Il principe poggiò l’ananas sul tavolo, afferrò Everaldo per un orecchio e lo trascinò vicino alla finestra: “Mio caro cagnetto” gli disse “ammetterai pure tu che un principe ha la precedenza su di un cane! e poi tu mi sei così affezionato che sono sicuro vorrai cedermi i tuoi desideri!”
“Non ci penso nemmeno!” rispose Everaldo “sono stufo di pensare a tutto io in questa reggia, voglio riposarmi un po’ e poi ... chi mi garantisce che voi non vi mettiate a picchiare anche me per l’aia?! mi dispiace, principe, ma le nostre strade si dividono qui. Esprimerò i miei tre desideri e amici come prima!”
“Everaldo, non essere irragionevole! forse possiamo metterci d’accordo, quali sarebbero i desideri che vorresti esprimere?”
“Una montagna di ossi, così non dovrei più lavorare per guadagnarmi il pane, o meglio l’osso! una graziosa cagnetta e una cuccia a due piazze.”
“Benissimo!” esclamò il principe “questi desideri posso esaudirteli io, non c’è bisogno di disturbare un genio! quindi tu mi regalerai l’ananas e così anche io potrò esprimere i miei desideri.”
Everaldo non era tanto convinto della cosa anzi, in verità, subodorava una solenne fregatura, ma come si fa a dire di no ad un principe? a parte il fatto che Ciccio II era anche un po’ vendicativo! Così, con un sospirone, disse al principe: “Va bene, vi regalo l’ananas, ma ricordatevi di mantenere la parola data, sennò un morso sul naso non ve lo leva nessuno!”
“Genio, abbiamo trovato un accordo: Everaldo mi ha regalato l’ananas, quindi sarò io ad esprimere i tre desideri.”
“Bene, allora possiamo cominciare. Pensa bene ai desideri che vuoi esprimere, perché te li esaudirò immediatamente, quindi non avrai modo di ripensarci, hai capito bene?”
“Certo che ho capito! Voglio per sposa una intelligente e bella principessa!”
Il principe non aveva ancora finito di parlare che sul tavolo alle sue spalle comparve una enorme trota lessa con un meraviglioso strascico bianco ed un grazioso bouquet di fiori tra le pinne.
“Voglio tanti armenti“ continuò ignaro il principe, il cui sogno era sempre stato quello di fare il pastore, e gli caddero tutti i denti.
Everaldo, che aveva capito che quello stupido genio aveva sentito fischi per fiaschi, intervenne: “Zitto, principe! non esprimete il terzo desiderio!”
Il principe con gli occhi sbarrati e una mano davanti alla bocca, guardò con aria supplichevole Everaldo chiedendo aiuto.
“Oddio! avete combinato un bel macello, principe! e adesso?.... Aspettate, dovete esprimere il terzo desiderio in modo che ponga rimedio agli altri due! ma come?”
Everaldo cominciò a passeggiare su e giù per la stanza cercando di spremersi le meningi per trovare una via d’uscita: “Se lo salvo, altro che montagna di ossi dovrà darmi il principe!” pensò.
“Ho trovato!” urlò dopo un po’ “ho trovato! dovete dire: voglio che tutti i desideri che tu hai esaudito siano annullati ... ma dovete strillarlo forte nel ciuffo dell’ananas!”
Il principe disperato cominciò: “Voglio che tutti iiiiiiiiiiiiiiiiiii ....” e essendo scivolato sui suoi denti continuò cadendo col sedere per terra: “Accidenti a sti dentiiiiiiiii”
E come d’incanto la trota con sguardo pieno di nostalgia per il suo amore perduto, sparì, e tutti i denti del principe Ciccio II si affrettarono a tornare nella sua bocca spalancata per lo stupore.
“Non capisco perché, caro principe, avete voluto che tutti i desideri precedenti fossero annullati” disse il genio “tutti?! santa Cunegonda, avete detto tutti!!!!!!”
Il principe Ciccio II e il cane Everaldo, che finalmente avevano capito che quel sordaccio aveva sentito ancora una volta fischi per fiaschi, videro l’ananas impallidire (in verità fu il genio ad impallidire) ed ammosciarsi al suolo come un budino.
Infatti il genio aveva realizzato che tutti i desideri che lui aveva esauditi nella sua millenaria carriera erano stati annullati, chissà che disastro!!!
Ed ecco cosa accadde in giro per il mondo: un principe davanti all’altare si ritrovò vicino un’orrenda vecchiaccia tutta rugosa; un uomo panciuto comodamente seduto sulla sua poltrona preferita nel suo meraviglioso palazzo, si ritrovò seduto in un pantano; un grazioso bimbetto che teneva per mano la sua mamma sparì all’improvviso e la mamma non la smetteva più di urlare; un giovanotto che stava porgendo alla sua bella un meraviglioso e prezioso anello, si ritrovò in mano un carciofo e si beccò anche uno schiaffo; una bambina che aveva espresso il desiderio che tutte le maestre del mondo scomparissero, si ritrovò circondata da tutte le maestre del mondo imbestialite che la interrogavano ... E tante altre catastrofi successero, ma questa è un’altra storia.
Tornando a Ciccio II ed Everaldo, questi si precipitarono a soccorrere l’ananas che non dava segni di vita.
“Vi ricorderete le vostre promesse, vero Principe?” disse Everaldo mentre si accingeva con aria schifata a fare la respirazione bocca a bocca all’ananas.
“Me le ricordo, me le ricordo, dovrai solo avere un po’ di pazienza ... tra un anno compirò 25 anni e diventerò ricco e tu avrai tutto ciò che vuoi!”
“Un anno?! questo non me lo avevate detto!”
“Non hai proprio imparato nulla da questa storia, Everaldo? bisogna accontentarsi di quello che si ha e cercare di essere felici! pretendere troppo può essere molto rischioso!”
“Lo sapevo che mi prendevo una solenne fregatura ... non imparerò mai!!!!” rimuginò il cane Everaldo.