Comitato di solidarietà alle vittime delle stragi
    ANTIGONE DELLE CITTA'
    Una cerimonia civica e teatrale per la memoria delle vittime della strage di Bologna


    Primo anno, Bologna, 1 agosto 1991


    I TESTI TEATRALI
    a cura di Bruno Tognolini

       Quadro primo: "LA LAMENTAZIONE"
          Copione per i dieci gruppi nelle dieci piazze


       Quadro secondo: "L'INDIGNAZIONE"
           Testo corale per Piazza Maggiore



    INDICE

        Quadro primo: "LA LAMENTAZIONE"

    • Premessa: i "copioni"
    • 1. Macerie
    • 2. Lo Sbandato
    • 3. La Ragazza che ride
    • 4. Il Morto Viaggiatore
    • 5. Il volo dei Morti
    • 6. Le presentazioni
    • 7. Il black-out
    • 8. Le ondate dei Morti Viaggiatori
    • 9. Le deposizioni
    • 10. La danza silenziosa e la visione della banda
    • 11. I Ciechi
    • 12. Il saluto ai Morti
    • 13. Il lavoro della ricostruzione
    • 14. Il dialogo tra l'Innocente e il Consapevole
    • 15. Ismene la sposa
    • 16. Il ritrovamento delle pietre
    • 17. Antigone
    • 18. La danza silenziosa e l'informazione politica
    • 19. Il lancio delle pietre
    • 20 . Epilogo

        Quadro secondo: "L'INDIGNAZIONE"

    PREMESSA: i "copioni"

    Forse per opera di residue timidezze o inerzie verbali, anche fra noi è stato sempre un po' difficile chiamare francamente "testi" le scritture che qui riproduciamo: di fatto lo sono. Ma sono testi di questo tipo di teatro, e al pari di esso hanno alcune caratteristiche peculiari, che li distinguono da altre famiglie di testi teatrali. La prima, che è molto importante segnalare, è la seguente: non hanno alcuna autonomia "letteraria" sulla carta. Sono nati all'interno di un processo organico e plurale, come membra funzionali e inscindibili di esso, e come tutte le altre membra la loro unica vita è stata in scena. Quindi, per ricostruire il loro senso, non li si può leggere come brani autonomi (in chiave letteraria, drammaturgica, semiologica, mediologica, o altra), ma come appendice, o esempio, o conseguenza di tutto ciò che abbiamo finora raccontato. Se questo racconto fatto finora ha funzionato, forse in parte li si comprenderà.

    Dopo questa premessa generale, servirà una breve nota di natura più tecnica. Come per ogni altro dispositivo letterario, chiarire la funzione nativa di questi due testi aiuterà a comprenderne la natura anche stilistica. La loro funzione era in origine quella di promemoria della sequenza di azioni e parole per le guide e gli attori. Promemoria perché dovevano ricordare l'ordine di azioni che gli attori conoscevano già, non illustrarne di nuove. Questa funzione è esattamente opposta a quella dei testi teatrali tradizionali: in quelli, azioni nate sulla carta sono trasferite in scena, tramite le "didascalie"; in questi, azioni nate in scena sono trasferite sulla carta, al fine della memoria: "de­scritte", non "pre­scritte". Mentre nel primo caso lo scrittore, preoccupato dell'efficacia prescrittiva, spesso si spinge a dettagliare in didascalia atti e gesti fino a effetti grotteschi, nel nostro caso era più che sufficiente, per l'azione della "danza silenziosa", scrivere appunto "danza silenziosa", e gli attori sapevano che fare.

    Infatti le prime stesure dei testi erano tali: una serie di brani letterari alternati a titoli o nomi d'azioni ("ciechi", "black­out", "saluto ai morti", "deposizioni", "carrello del Poeta", etc.). Fogli tecnici degli attacchi e dei segnali, scritti d'officina che non avevano alcuna leggibilità all'esterno.

    In seguito, poiché invece era inevitabile un certo uso pubblico dei testi (per i committenti, per la stampa, per il pubblico stesso, e "per i posteri"), la descrizione delle azioni si è arricchita di dettagli: inutili a ricordare le azioni a chi le conosce già, ma utili a suggerirne un'idea a chi legge senza vederle. Pochi dettagli, tuttavia, e con giudizio: per non tradire la natura originaria di "copioni di lavoro", spacciandoli per altro genere di testi; e poi per non cadere nel paradosso dei cartografi cinesi di cui narra Borges, che a forza di affinare la scala produssero mappe grandi quanto lo stesso territorio: copie cartacee, inutili, del mondo.

    Nel copione per le dieci piazze, queste descrizioni più dettagliate delle azioni entrano nel corpo del testo come didascalie tradizionali, alternandosi cioè alle battute e riferendosi ad esse. Nel copione per Piazza Maggiore si raccolgono invece in cinque brani didascalici iniziali che descrivono l'intera azione, seguiti dai testi letterari, e senza riferimento ad essi.

    Fatte salve pochissime correzioni di stile, abbiamo ritenuto giusto, in questo libro, riportare i testi in queste loro versioni native.


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    1 . Macerie

    Macerie: si accendo tre lampadine nude, pendenti sul mucchio. Gli attori non si vedono, si sentono risate.



    2 . Lo Sbandato

    Un uomo solo si fa avanti, scala il mucchio: è lo SBANDATO, figura addolorata che vaga tra le macerie senza sapere che fare, con gesti infantili, con lamenti. Raccoglie pietre e tenta di trasportarle, ma gli cadono, o non sa dove deporle. Allo stesso modo, imprende e lascia altri atti inconcludenti.


    3 . La Ragazza Che Ride

    Da dietro il mucchio una RAGAZZA CHE RIDE viene avanti, attraversa di corsa le macerie, va a prendere per mano tra il pubblico un'ALTRA RAGAZZA, la porta sul mucchio dicendole:

    RAGAZZA CHE RIDE: - Pensa che sui giornali il giorno dopo c'era scritto: questa volta bisogna prenderli subito...

    Ridono tutt'e due e corrono via scomparendo dietro il mucchio, da cui altre risate fanno eco.


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    4 . Il Morto Viaggiatore

    Sorridente e impetuoso marcia fuori dalle macerie il MORTO VIAGGIATORE, trascinandosi dietro, allacciato alla vita, un altro MORTO che cerca invano di trattenerlo, e che infine perde la presa, cade, e giace fermo.

    Mentre il MORTO VIAGGIATORE prosegue avanti, e durante la sua azione successiva, lo SBANDATO solleva tra le braccia il corpo del morto caduto: ma non sa che farne, e dopo una serie d'intenzioni mancate, lo ridepone a terra.

    Il MORTO VIAGGIATORE, ora davanti al pubblico, comincia a cercarsi addosso qualche piccolo oggetto importante che teme di avere perduto. Fruga sempre più affannato, finché lo trova: lo descrive con affetto e divertimento, senza mostrarlo. Il TESTO è LIBERO, ma finirà con la frase:

    MORTO VIAGGIATORE: - ... è importante, così mi riconoscono...


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    5 . Il Volo dei Morti

    Sorgendo da dietro il cumulo, tutti gli attori in corsa con borse e valige occupano le macerie, come uno stormo d'uccelli: sono i MORTI. Sono belli, ridenti, loquaci, prendono possesso del luogo, e sistemano le loro piccole cose come a ricostituire un pezzo di casa. Il MORTO VIAGGIATORE, sempre in piedi davanti al pubblico, dice:

    MORTO VIAGGIATORE: - Non entusiasmarsi solo per lo spirito,
    ma finalmente anche per un pranzo,
    per la linea di una nuca, per un orecchio
    Avere le dita nere per aver letto il giornale
    Camminando, sentire che le ossa camminano con te
    Togliersi le scarpe sotto il tavolo, sgranchirsi le dita dei piedi
    Una parola affettuosa. Oggi ti amo tanto
    Prendere in mano una mela, toccare qualcosa
    Sfregarsi le mani quando sono fredde
    Farsi urtare

    La luce del mattino
    Lo sguardo di un bambino
    Le macchie delle prime gocce di pioggia
    Le venature dei fogli di carta
    L'erba che si muove
    I colori delle pietre
    I ciotoli sul letto del ruscello
    La tovaglia bianca all'aria aperta
    Il vicino che dorme nell'appartamento accanto
    La quiete della domenica
    Andare in bici senza mani


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    6 . Le Presentazioni

    D'improvviso i MORTI si accorgono del pubblico, e interrompendo i loro atti vanno a presentarsi. Scendono dalle macerie, si fanno avanti verso gli spettatori, si rivolgono direttamente ad essi con questi atti e testi, in questa successione:


    a) Mostrano un vestito o una borsa, che descrivono con TESTO LIBERO ma partendo tutti da questo attacco:

    TUTTI: - Se partissi per un viaggio senza... porterei...


    b) Dicono, in disordine polifonico, questi "pensieri sparsi":

    Il nome non conta
    e nemmeno i miei anni,
    che erano venti

    Ero già stanca quel giorno,
    in stazione

    E chiedi ad Anna
    se è chiusa la porta
    se il gas l'ha spento
    prima di venire
    in stazione e andare...

    Il telefono non suona,
    su nell'ufficio,
    ma rispondete, rispondete lo stesso,
    non si sa mai
    che la Chicca mi chiami

    Il caldo è tremendo,
    faccio un cliente ancora

    E io andrei in collina
    a farmi un bel bianco,
    frizzante

    Proprio in quell'istante
    pensavo di scriverti
    una piccola lettera

    Passavo di lì,
    ero uno dei tanti

    Ho comprato la birra,
    papà,
    ma, vedi, s'è rotta

    Francesco,
    il treno per Bari
    è quasi in stazione

    Ho traversato l'Italia
    per avere un lavoro

    Ho perso il mio sacco
    e il maglione nuovo
    che m'hai regalato

    Guarda che c'è una camicia
    stirata di fresco

    Mi ero fermata,
    venendo in stazione,
    a una vetrina
    perfetta, splendente
    coi prezzi sempre
    più alti

    Ci sono bambini? Ci sono bambini?
    No, sono tre adulti, di cui uno forse è una donna


    c) Estraggono dalla borsa e leggono i frammenti di un libro (TESTO: le STRISCIOLINE tratte dai libri di ogni attore)

    d) Mostrano in silenzio una foto; non appena cominciano a parlarne vengono interrotti dal BLACK OUT.

    MORTI: - In questa fotografia si vede...


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    7 . Il Black­out

    Sul gesto del mostrare la fotografia uno degli attori - che da questo momento sarà il CUSTODE - grida:

    CUSTODE: - "NO!"

    E i MORTI franano a terra. L'azione si ripete alcune volte con questa struttura: ad ogni "NO!" i corpi cadono afflosciandosi, per poi rinascere immediatamente, ritrovando la stessa identica forma e forza dell'atto in cui erano caduti (la presentazione della foto).

    Infine i MORTI cominciano a retrocedere sul mucchio verso il fondo, incantati nel gesto interrotto del crollare a terra, senza crollare mai del tutto. E' il CUSTODE che li ricaccia indietro, dicendo così:

    CUSTODE: - Piantatela
    cercate di sparire presto da questa terra.
    Non ci deve restare nessuno, neanche noi che parliamo
    l'estate passi presto. Passi svelta la vita.

    (e poi tra sé)

    Anche i morti non tornano più in sogno.
    Chi ricordava confonde gli amici e i nemici.
    Quando all'orfano dici: 'Ho conosciuto tuo padre'
    va via senza rispondere.


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    8 . Le ondate dei Morti Viaggiatori

    Il CUSTODE, rimasto solo, pulisce e sistema le macerie. Avanza da dietro il mucchio, suonando uno strumento e sorridendo, un secondo MORTO VIAGGIATORE, preceduto e accompagnato da sbuffi di polvere, e coperto di polvere egli stesso. Il CUSTODE ancora lo ricaccia indietro, con lo stesso testo.

    CUSTODE: - Piantatela
    cercate di sparire presto da questa terra.
    Non ci deve restare nessuno, neanche noi che parliamo
    l'estate passi presto. Passi svelta la vita.

    (e poi tra sé)

    Anche i morti non tornano più in sogno.
    Chi ricordava confonde gli amici e i nemici.
    Quando all'orfano dici: 'Ho conosciuto tuo padre'
    va via senza rispondere.

    Ma il morto ritorna accompagnato da altri due MORTI VIAGGIATORI, e tutti e tre vengono ancora ricacciati dal CUSTODE allo stesso modo e con lo stesso testo. Infine TUTTI I MORTI insieme, impolverati e ridenti, scalano il mucchio. Ma giunti in cima si bloccano in una posizione: il CUSTODE li va a pulire e spolverare, mentre dice:

    CUSTODE: - Oh quanta gente
    morta su una strada
    la storia è passata senza vedere!
    Oh quanta gente
    morta su una strada
    sembra aspettare
    e non aspetta più...
    E passa l'aria
    e corre lontano
    dove la gente sogna che la vita
    si tiene nascosta
    ma un giorno tornerà.

    Alcuni morti crollano, altri li sorreggono: si formano le coppie delle Deposizioni.


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    9 . Le Deposizioni

    Ogni VIVO tiene tra le braccia un MORTO: alcuni cullano, altri piangono, altri narrano una favola, altri raccontano i fatti di casa, altri tentano di rianimare, etc. Uno solo dei VIVI dice al suo MORTO (ma in modo che risalti sull'insieme polifonico):

    VIVO: - Parla dell'amore che bisogna strappare e mangiare.
    Comanda che tempo non c'è che per sempre
    tutto se non si vince ritornerà.
    Dì come ci hanno uccisi e i nomi dei nemici.


    10. La Danza Silenziosa e la Visione della Banda

    Uno dei VIVI si stacca dal gruppo, si porta ai margini delle macerie, comincia a girare intorno al mucchio con un semplice passo di danza, senza musica alcuna. Uno ad uno, tutti gli altri lo seguono e prendono quel passo, formando man mano un gruppo compatto: passando davanti al pubblico, gli attori tengono gli sguardi fissi su di esso. Mentre questa Danza Silenziosa si svolge in due o tre giri attorno alle macerie, ricompare al centro del mucchio lo SBANDATO, che ha una visione:

    SBANDATO: - Ecco, sì, adesso vedo: i giovani, nei vaporosi vestiti primaverili, le giacche leggere sulle spalle; hanno magliette bianche, o giacchette di cotone color pastello, azzurro, ocra, arancione, verde zaffiro color del mare. Parlano a gruppi coi visi sereni, seduti nei bar, intorno a svolazzanti tavolinetti dai ricami di pizzo; sorbiscono il caffè in bianchissime porcellane, attingono dai vassoi ricolmi di pasticcini.

    Le signore sono affacciate ai balconi infiorati, tutt'intorno alla piazza e in fondo alla strada; intanto la banda avanza festosissima, circondata da un nugolo di ragazzini vocianti.

    La banda frastornante adesso è in prossimità della piazza. Le ragazze vestite di bianco improvvisamente si girano a guardare i bellissimi musicanti dal corpetto blù. I ragazzini imbambolati spalancano gli occhi.

    La banda è lì, a due passi da loro, i corpi dei musicanti si fanno più grandi, impettiti; i trombettisti gonfiano le guance, le fanno scoppiare, paonazze, la grancassa batte prepotente il ritmo di marcia. Dai tavolini bordati di bianco le ragazzine scalpitanti finalmente si rizzano in piedi, festanti, e adesso tutti applaudono...


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    11. I Ciechi

    La Danza Silenziosa si disfa, e tutti gli attori si spargono di nuovo sulle macerie. Ora sono CIECHI che cercano oggetti perduti, descrivendoli, vociando e domandando a vicenda (TESTI LIBERI, tratti dalle presentazioni individuali di ogni attore).


    12. Il Saluto ai Morti

    Infine i CIECHI paiono sentire un richiamo lontano. Si fermano nella loro ricerca, vanno verso il pubblico: ora vedono, e cominciano a salutare qualcuno che è lontanissimo oltre le ultime file. Due dicono:

    VOCE 1: - Parla dell'amore che bisogna strappare e mangiare.
    Comanda che tempo non c'è che per sempre
    tutto se non si vince ritornerà.
    Dì come ci hanno uccisi e i nomi dei nemici.

    VOCE 2: - Ma quello che non sappiamo di volere
    quello che non sappiamo di vedere?

    Due sono muti, e accennano solo con la mano. Due sorridono e parlano, ma senza voce. Due danno quiete informazioni sulla vita familiare che continua. Uno invita ridendo a giocare. Uno chiama con voce disperata. Gradualmente finiscono per tacere tutti, e salutare in silenzio; e nel silenzio, uno di loro dice questo testo:

    VOCE: - Al principio essi ricordavano molto bene la persona amata che avevano perduto e la rimpiangevano.
    Poi ne persero la memoria. Non che avessero dimenticato quel volto, ma aveva perduto la sua carne, non lo scorgevano più nell'intimo di loro stessi.
    Ci si stanca della pietà, quando la pietà è inutile.
    Provarono la sofferenza dei prigionieri e degli esiliati, che è vivere con una memoria che non serve a nulla.
    Al grande e selvaggio slancio delle prime settimane era succeduto un abbattimento che si avrebbe torto a prendere per rassegnazione, ma che tuttavia era una sorta di provvisorio consenso.


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    13. Il Lavoro della Ricostruzione

    Intanto gli altri, come riscuotendosi lentamente, tornano sulle macerie e si mettono al lavoro: spostano pietre, se le passano, se le lanciano, le accumulano, tentano di costruire tumuli. Qualcuno sposta le lampadine a saliscendi.


    14. Il Dialogo tra l'Innocente e il Consapevole

    Senza interrompere questo lavoro, ma inserendosi in esso, parte un Dialogo in cui si alternano quattro coppie, che parlano quietamente.

    Prima coppia:

    INNOCENTE 1: - Sarò egoista, ma io non lo sento questo grande dolore. Ne parliamo perché è stata una cosa grande, una cosa pubblica.

    CONSAPEVOLE 1: - Ma è appunto per questo, non capisci? Quei morti non sono più anonimi per noi, son diventati morti collettivi. Sono anche nostri.

    INNOCENTE 1: - No, guarda: se muore mia nonna, quello si è un morto mio.

    CONSAPEVOLE 1: - Ma tua nonna perché è morta?

    INNOCENTE 1: - Cosa c'entra questo? Chi muore muore, che glie ne frega a lui perché è morto? La morte è la morte per tutti.

    CONSAPEVOLE 1: - No invece: c'è morte e morte, come c'è vita e vita. Tua nonna è morta per fatti suoi, questi sono morti per fatti degli altri. E quindi sono morti di tutti.

    Seconda coppia:

    CONSAPEVOLE 2: - Sono morti perché qualcuno li ha ammazzati per uno scopo che non li riguardava per niente. Li ha ammazzati perché voleva dimostrare qualcosa a tutti, e quindi sono morti di tutti.

    INNOCENTE 2: - E allora sentirli miei è una specie di dovere civico?

    CONSAPEVOLE 2: - Macché dovere civico! Il dolore non è un dovere, lo senti o non lo senti, e basta.

    INNOCENTE 2: - E tu allora perché lo senti?

    CONSAPEVOLE 2: - Perché la vita di ognuno è sacra, intoccabile.

    Terza coppia:

    INNOCENTE 3: - Io voglio dire questo: il dolore, il ricordo, la disperazione, sono tutte cose che passano. Magari è proprio questo che vogliono da noi. Indignatevi bene, disperatevi bene, così poi vi sfogate, vi passa e state buoni; oppure state lì a ricordare, così state buoni anche meglio.

    CONSAPEVOLE 3: - Su questo magari hai ragione, il rischio c'è. Ma allora cosa vuoi fare tu?

    INNOCENTE 3: - Io voglio fare qualcosa di diverso, di proprio diverso. Io non c'entro con questa storia qui: quando è successa avevo nove anni! Il mio problema non è né ricordare né dimenticare. E' fare qualcosa di nuovo.

    CONSAPEVOLE 3: - Ma perché, credi che la memoria sia una cosa passiva?

    INNOCENTE 3: - Be', un po' sì, perché è girata indietro, e poi perché è quello che si aspettano da noi, te l'ho detto.

    Quarta coppia:

    CONSAPEVOLE 4: - No, ecco, qui è il punto. Loro si aspettano da noi una memoria passiva, come dire, cerimoniale... Anniversari commemorazioni eccetera. Invece c'è una memoria che non è passiva, è un'attività, è un'azione.

    INNOCENTE 4: - E quale sarebbe questa memoria attiva?

    CONSAPEVOLE 4: - Quella che collega il passato col futuro. Le stragi, il frutto di quelle stragi che sono nel passato, è qui davanti ai nostri occhi, nel presente. E poi anche davanti a noi, nel futuro. In un certo senso quella bomba è scoppiata ieri, anzi: sta continuando a scoppiare tutti i giorni. Loro vogliono che facciamo commemorazioni, cioè vogliono solo mezza memoria da noi, quella da qui al passato. Ma noi invece dobbiamo sparargliela tutta intera: dalla strage a oggi, e poi avanti a domani. Quella è la tomba che dobbiamo costruire, altro che commemorazioni!


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    15. Ismene la Sposa

    La nota tenuta di uno strumento chiude il Dialogo. Sorgendo maestosa da dietro il mucchio, viene avanti ISMENE LA SPOSA come un sogno, vestita di un lungo abito colorato ed elegante, seguita dal suo suonatore. I costruttori la guardano, e subito mutano il loro lavoro: mentre cammina le costruiscono davanti ai piedi una strada di pietre. Ecco il suo testo.

    ISMENE: - Sì, qui nella reggia sono rimasta solo io, Ismene. Le notti sono belle, di questa stagione, e se apro tutte le finestre, in tutte le cento stanze, posso correre da una stanza all'altra per inseguire la luna che scappa, ma vince sempre lei.

    Io so a memoria i nomi di tutti i morti, e li dico tutte le notti ad uno ad uno, con la città di provenienza e l'età. Posso dirli dall'inizio, dalla fine e da metà, in ordine di città, in ordine d'età, o in ordine alfabetico. Ho cominciato per ammazzare il tempo e la solitudine, poi ho visto che il tempo e la solitudine non morivano ma crescevano. E poi ho visto che succedeva qualcos'altro: crescevano anche i morti.

    Sì, se li nutrite bene, i morti crescono, crescono bene, sapete, sani e forti.

    Crescono all'improvviso, con un colpo di reni ogni notte, così... E mentre io dico i nomi, riempiono tutta la casa. Polinice è quello che viene sù meglio. Era un ragazzo piccolo, da vivo, nervoso, forte, ma sembrava come stretto nella forza come in una giacchetta troppo stretta. Ora no, ora è diverso: è scoppiata la buccia ed è fiorito come un melograno. Ora frondeggia, largo, e non si fermerà mai. Anche Antigone non scherza, viene sù baldanzosa e fiera, come al solito, piena di forza e cocciuta come un olivo. Può darsi che a sfondare il tetto ci arrivino insieme. Sarebbe bello, mi piacerebbe: tutti i fratelli insieme, come prima. Anche io ci sarò, quel giorno.

    Mi fanno ridere i giornali. Li chiamano già fantasmi: forse pensano che è passato abbastanza tempo, che ci si può fidare, e dimenticare. Sì sì, vedranno. Voglio proprio esserci anch'io, quel giorno. Perché è così: se li nutrite bene, i morti crescono, crescono bene, sani e forti.

    E solo dopo, quando tutto sarà compiuto, potremo seppellirli per bene, povere creature. Mi viene da ridere pensando alle buche che ci vorranno, saranno costretti a tirar giù un po' di templi e mercati. Come tentare di seppellire ottantacinque balene buttate sulle spiagge all'improvviso, in un giorno d'agosto.

    E dopo, anch'io mi sposerò, perché sono ancora giovane e bella: anzi, sempre più giovane. Si vede che ricordare fa bene. Mi sposerò e avrò dei figli, e li nutrirò bene, perché crescano sani e forti anche loro.

    Adesso devo andare. E' già notte, è già ora del gioco. O del compito, è lo stesso. Stanotte... stanotte comincio da... Sì, da lei.

    Angela Fresu, anni tre, Cagliari...


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    16. Il Ritrovamento delle Pietre

    Prima che la SPOSA finisca partono tutti, con urgenza, in cerca di qualcosa. Scavano tra le macerie come cani, molta polvere vola, trovano una pietra, la spolverano, la mostrano con dignità venendo avanti e cantando "MOHDE ANI": è la loro pietra.


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    17. Antigone

    Nella nuvola di polvere, due donne vengono avanti, seminando polvere come fosse grano, e dicendo (in coro o in contrappunto):

    ANTIGONE: - Guardatemi, concittadini miei!
    faccio l'ultima strada,
    questa è l'ultima volta
    che vedo il sole, e non ci sarà
    altra luce.

    Antigone ridiscende, attratta dal peso del suo cuore verso i bassifondi del campo di battaglia; cammina sui morti come Gesù sulle onde.
    Fra quegli uomini livellati riconosce il fratello Polinice, da quella sua nudità sinistramente esibita, da quella sua solitudine che lo circonda come un picchetto d'onore.
    Benché morto, Polinice esiste come il dolore.
    Vinto, spogliato, morto, ha toccato il fondo della miseria umana: nulla si interpone fra di loro, nemmeno una virtù, nemmeno un punto d'onore. Innocenti delle leggi: le loro due solitudini si incontrano esattamente come due bocche nel bacio. Si curva su di lui come il cielo sulla terra, ricreando così nella sua nudità l'universo. Quel morto è l'urna vuota in cui versare d'un solo colpo tutto il vino d'un grande amore.

    Cosa mi può aiutare?
    Con la pietà mi sono macchiata di empietà.
    Bene: se questo è giusto per gli dei,
    scontando la pena capirò la colpa.
    Ma se la colpa è d'altri,
    vorrei solo che non soffrissero di meno
    di ciò che soffro
    ingiustamente
    io.


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    18. La Danza Silenziosa e l'Informazione Politica

    Un attore si porta davanti al pubblico, e tenendo lo sguardo fisso su di esso, prende il passo di danza. Presto alle sue spalle si aggiungono tutti gli altri, e nasce nuovamente la Danza Silenziosa, che traccia il suo lento giro intorno al mucchio. Uno per volta, in direzione centrifuga, con la pietra in mano, ciascuno si avanza verso il pubblico, e narra i fatti con queste parole (solo il penultimo brano - "i nomi" - è detto TUTTI INSIEME):

    VOCE 1: - L'esplosione avvenuta il 2 agosto 1980 presso la stazione centrale di Bologna, fu causata da una carica esplodente collocata nella sala di seconda classe (nell'angolo destro sul tavolinetto portabagagli, a circa 50 cm dal suolo), e, probabilmente, all'interno di una borsa­valigia, del tipo con cerniera e piedini metallici.

    VOCE 2: - La carica era composta da circa kg 20­25 di esplosivo gelatinato di tipo commerciale. L'innesco della carica era probabilmente affidato a un temporizzatore artigianale.

    VOCE 3: - distanza entro cui si ebbe morte diretta: m 4­5
    - distanza entro cui si ebbero danni molto gravi: m 10­12
    - distanza entro cui si ebbero danni seri: m 18
    - distanza entro cui si ebbero danni lievi: oltre i m 20

    VOCE 4: - E' stato accertato:
    - che si trattava di un composto esplosivo di forma circolare, proveniente da scaricamento di granate e munizioni militari;
    - che Fachini aveva in passato impartito istruzioni tecniche sul modo di confezionare ordigni esplosivi, istruzioni che raccomandavano appunto l'uso di un detonatore secondario per gli esplosivi più sordi.

    VOCE 5: - Non c'è alcuna delle persone coinvolte nell'indagine e sospettata di aver commesso la strage che non risulti in qualche modo, a volte sulla base di prove, altre volte di semplici indizi, collegata ai servizi segreti.

    VOCE 6: - Se ne può trarre la conclusione che si è costituito in Italia un potere invisibile collegato alla criminalità organizzata, al terrorismo, ad ambienti politico­militari, ai servizi segreti, alla massoneria. Tale potere è divenuto un vero e proprio stato nello stato.

    VOCE 7: - La commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della loggia massonica P2 definisce la loggia come una "associazione politica, il cui fine non è quello di pervenire al governo del sistema, bensì quello di esercitarne il controllo".

    VOCE 8: - Per avere un'idea della vastità delle infiltrazioni della loggia P2, è sufficiente dire che nelle liste figuravano: 52 ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, 50 dell'Esercito, 37 della Guardia di Finanza, 29 della Marina, vertici del mondo imprenditoriale ed industriale, 10 presidenti di istituti di credito, 10 direttori generali e numerosi funzionari del mondo dell'editoria, del giornalismo e della Rai TV.

    VOCE 9: - Ex­ministri e funzionari del ministero della Pubblica Istruzione, dei Trasporti, delle Finanze, dell'Agricoltura e Foreste, di Grazia e Giustizia, della Sanità, dell'Industria e degli Affari Esteri, del Commercio Estero, del Tesoro, della Difesa e delle Partecipazioni Statali. Inoltre, deputati e senatori.

    TUTTI: - I nomi: Berlusconi, Genghini, Rizzoli, Roberto Calvi e Michele Sindona, Stammati, Manca, Foschi, Sarti, Pedini, Bucciarelli Ducci - Birindelli, Miceli, Caradonna e Tedeschi (MSI) - Labriola, Manca e Cicchito (PSI) - Longo e Belluscio (PSDI) - Bandiera (PRI) - Baslini (PLI) - De Carolis, De Jorio, Mario Einaudi, Carenini, Arnaud e Danesi (DC).

    VOCE 10: - Le stragi dovevano restare impunite, poiché è questo un aspetto non secondario della strategia posta in atto: ingenerare nell'opinione pubblica un senso di profonda frustrazione e di totale sfiducia nei confronti delle autorità e dello stesso impegno politico, impotenti a prevenire il ripetersi di nuovi eccidi.

    Alla fine il CUSTODE, rivolto al pubblico, dice:

    CUSTODE: - Cittadini di Bologna, non indignatevi.
    E' tutto uno scherzo.
    Le stragi sono il destino degli uomini e delle donne
    e dei bambini e della Guardia Civile. Anche i Servizi che servono
    sono il destino dell'uomo.
    E' stato uno scherzo.
    Con tante scuse.


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    19. Il Lancio delle Pietre

    Ora gli attori sono tutti di fronte al pubblico, compatti. Lentamente levano il braccio, caricano il gesto come per scagliare la loro pietra, raggiungono l'acme di tensione, si bloccano. Cade la tensione del braccio ma non quella dello sguardo: sempre fissando il pubblico, le voci intonano "MOHDE ANI". Infine si chinano, miti, e caricano di pietre le loro borse. Uno solo resta in piedi, col sasso in mano, e dice sul canto:

    VOCE: - Questo è il vero giudizio finale:
    dimenticare di avere voluto
    essere veri giusti eguali liberi
    e non sentirne più dolore:
    questa è la nostra condanna finale e per sempre.


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    20. Epilogo

    Mentre quest'ultimo a sua volta si ritira e prepara la sua borsa di pietre, il CUSTODE avanza verso il pubblico e dice:

    VOCE: - Raccontano che anticamente le città erano costruite sui morti. Gli antenati erano sepolti là sotto e i loro corpi davano cibo alle mura, che crescevano robuste, sane e belle.

    Ma i morti, per poter riposare in pace, hanno bisogno che la loro storia sia narrata tutta intera, che sia detta la loro morte, tutta intera, dai vivi che restano, dalla memoria di quelli che verranno.

    Se questo non accade, vedete, nessuna tomba è pura, i morti restano ombre potenti, e i corpi immensi contageranno il cuore dello stato.

    E allora che razza di città, quale stato, quale nuova repubblica può essere mai costruita su questi morti inquieti? Su questi antenati che non abbiamo mai soddisfatto con la sottile polvere della verità? Ed è per noi, non è per loro, attenzione: noi, non loro, dovremo vivere poi in "quella" città.

    Eppure la pietra qui nella mano è pronta, vedete come è bella, è dura, è vera. Prendetela, come un pegno. La sua storia è ancora tutta da narrare. E' il pezzo mancante della città da edificare.

    Con parole proprie, da questo punto, lui e ogni altro porgono un sasso ad alcuni spettatori, invitano gli altri a raccoglierne uno dal mucchio delle macerie, e a seguirli nella processione fino alla Piazza. Quando è il momento, parte il canto della "NINNA NANNA": ciascuno pianta in terra un bastone nel punto in cui era, e va.



    Quadro secondo: "L'INDIGNAZIONE"
    Testo corale per Piazza Maggiore

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    Questa pagina è online dal 16/11/97.

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