Sommario

LA RISVEGLIA

quadrimestrale di varia umanità

n°3/4 Gennaio - Aprile 2000, Maggio - Agosto 2000

Dove si raccontano le storie del “Mozzo”, di “Saliera”, di “Occe”, di “Trueba”, di “Dino”, del “Romagnolo”, di “Speranza”...

Antonio Calamassi Antonio Calamassi

Nasce a Massa Marittima il ventisette giugno 1908. Il padre si chiama Pasquale, la madre Siria Azzi. Antonio fa l'operaio, è alto m.1,66, ha i capelli biondi e gli occhi castani, una cicatrice gli solca la guancia sinistra. Trasferitosi a Torino per ragioni di lavoro, frequenta gli anarchici piemontesi e toscani, tornati dal confino o sfuggiti alle retate poliziesche, che si sono abbattute, al principio degli anni Trenta, sui gruppi libertari della “Barriera di Milano” e della “Barriera di Nizza”. Sposatosi con Anna Tronel, emigra clandestinamente in Francia il nove settembre 1936, insieme agli anarchici Settimo Guerrieri, Carlo Cocco e Dante Armanetti, poi, con l'aiuto del Comitato antifascista di Chambéry (1), raggiunge la Spagna, transitando per Marsiglia, come racconta un altro esule, l'anarchico Francesco Calcagno, di Voltri: "Per l'appunto quindici giorni or sono passarono da noi [a Marsiglia] tre compagni anarchici di Torino [Calamassi, Cocco e Guerrieri] diretti in Spagna, ed in questo momento si trovano di già sul fronte nella Colonna italiana. Gli avvenimenti della Spagna mi pigliano molto tempo per organizzare comizi di protestazione, riunioni del Comitato di difesa, manifesti, giornali, ecc." Unitosi al Gruppo italiano della Colonna Ascaso, comandato da Carlo Rosselli, dopo la morte di Angeloni, Calamassi partecipa agli scontri, che hanno luogo ad Almudévar, in novembre.

Negli stessi giorni la Prefettura di Torino chiede la sua iscrizione nella Rubrica di frontiera “per il provvedimento di arresto” e il dieci dicembre 1936 il nome e la foto di Calamassi appaiono sul Bollettino delle ricerche: il questore di Grosseto lo segnala quale "comunista da arrestare e scrive (scheda n.0695) che all'inizio del mese di settembre del '36 è emigrato “clandestinamente in Francia per poi arruolarsi nelle truppe governative spagnole".
Al principio del '37 le autorità italiane vengono informate che Calamassi fa parte della Colonna Ascaso, insieme agli anarchici Ferruccio Tantini, Pietro Morin, Giovanni Fontana, Carlo Cocco, Antonio Calamassi, Armando Malaguti, Leonida Mastrodicasa, Tintino Rasi (“Auro d'Arcola”), Azelio Bucchioni, Settimo Guerrieri, Arrigo Catani, Natale Matteucci, ai repubblicani Pietro Fantini e Arturo Buleghin, al comunista Vittorio Marcucci, ai socialisti Alvaro Masini e Giuseppe Riva, ecc. La “fonte” è una spia, che ha copiato gli appunti di un sovversivo, tornato dalla Spagna.
La permanenza di Calamassi in Aragona termina il dieci febbraio, quando, deluso dalla scarsa attività militare intorno a Huesca, decide di rientrare in Francia. Il ventotto maggio viene schedato e la Prefettura di Torino annota nel Mod. A che "prima di emigrare fu in questa città in relazione con anarchici ma non consta abbia svolto attività politica. Non era noto alla Questura. E' iscritto nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche con pubblicazione della fotografia per arresto". In agosto Calamassi abita a Marsiglia, in rue Sylvestre, n.3, presso l'anarchico Albino Zazzeri (2), esponente di primo piano del movimento libertario piombinese fino al '22, e “frequenta - recita il Consolato generale d'Italia il sei settembre - il gruppo anarchico capeggiato dal noto Bacconi Giulio".

Il ventuno marzo del '38 la stessa fonte riferisce che Antonio professa idee anarchiche e risiede ancora a Marsiglia, sebbene risulti colpito da un decreto di espulsione. Due mesi dopo il nome di Calamassi compare in un elenco di anarchici, che hanno combattuto sul fronte di Huesca, insieme a quelli di Battista Lupino, Angelo Alercezzotti, Carlo Aloisi, Mario Agrave, Emilio Canzi, Alfredo Boddi, Annibale Barotti, Ernesto Bruna, Cesare Budilacci, Enrico Catani, Raffaele Catti, Severino Casale, Vittorio Cerretelli, Anselmo Burchioni, Alfredo Catozzi e Mario Bonucci. Successivamente l'esule massetano ottiene una carta di identità dalle autorità francesi, ma il documento gli viene presto ritirato e si fanno insistenti le pressioni perché si arruoli nell'esercito o nella Legione straniera in modo da poter ottenere la cittadinanza transalpina e regolarizzare la sua posizione.
Nel gennaio del '39 Calamassi frequenta la pizzeria, che l'anarchico Mario Carpini (3) ha aperto nella grande città francese, e in giugno fa lo scaricatore al porto, perché la sua situazione economica si è aggravata, dopo l'arrivo della moglie Anna Tronel dall'Italia (4). Dal canto loro i fascisti italiani, che prima lo ritenevano comunista, ora lo considerano anarchico.

Nei mesi seguenti le condizioni di vita dell'esule massetano peggiorano ancora e lo spingono, il diciannove aprile 1940, a un grave passo: quello di rivolgersi al “duce del fascismo” con una lettera, dove narra le sue peripezie all'estero e chiede al “capo del Governo” di "esaminare il mio caso e permettermi di rientrare in Italia, promettendovi di non occuparmi più di niente e di essere un bravo cittadino italiano. Eccellenza vi domando pure di perdonare mia moglie che in seguito alle mie chiamate venne pure lei in Francia...”
Trasmettendo la missiva al Ministero dell'Interno, il console italiano a Marsiglia, Ettore Pettinati, scrive che il profugo, dopo il ritorno dalla Spagna, "non risulta si sia più occupato di politica e pare anzi che fosse ben considerato nel vicinato. Egli è disgustato dall'ambiente sovversivo dal quale pare si sia allontanato. Esprimo pertanto parere favorevole all'accoglimento dell'istanza".
Il tre maggio 1940 il Ministero dell'Interno risponde al console che "il Duce si è espresso in favore del libero ingresso nel Regno dei coniugi" Antonio Calamassi e Anna Tronel e "che sono già state impartite rettifiche per modifica provvedimento "da arrestare" con il quale il predetto [Calamassi] era iscritto nella rubrica di frontiera".

Il quattro maggio la Prefettura di Grosseto conferma al Ministero di aver chiesto la modifica, nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche, dell'iscrizione "da arrestare" in quella di "perquisire e segnalare per vigilanza" e il diciannove ottobre Calamassi riceve dalla delegazione di Marsiglia della Commissione italiana di armistizio con la Francia un foglio di via per rimpatriare insieme alla moglie: "Il predetto ha qui precedenti quale comunista; nell'aprile u.s., però, ha fatto domanda all'eccellenza il Capo del Governo per il libero rientro nel Regno dichiarando di essere disgustato dell'ambiente sovversivo e di essersene pertanto definitivamente allontanato".

Perquisito “infruttuosamente” il sei novembre a San Remo, Calamassi rientra a Torino, ma qualche giorno dopo è chiamato sotto le armi e arruolato nella seconda compagnia mobilitata del Reggimento ferrovieri del Genio di Bari, dove si presenta alla fine del '40. Interrogato il venti gennaio sull'attività politica, svolta all'estero, racconta di aver incontrato nel '36, a Torino, l'anarchico Settimo Guerrieri al Caffè Valentino, in corso Giulio Cesare, di essere emigrato clandestinamente, attraversando il passo di Val di Vanzo, insieme ad altri tre antifascisti, uno dei quali si chiamava Dante, di aver raggiunto Barcellona e di essersi arruolato in una Colonna antifascista, destinata al fronte aragonese. "Durante il mio soggiorno su quel fronte non vi furono operazioni militari per cui si vagabondava per le campagne". Tornato in Francia, ha fatto per due anni lo scaricatore al porto di Marsiglia, poi ha intrapreso "la lavorazione dei così detti "graffen" per conto di alcuni bar. In Marsiglia ho avuto abitazione prima in Rue Consemill n.3 dal febbraio 1937 al marzo del 1938 e poi in Rue du Get d'Eau n.2". Calamassi nega di essersi occupato di politica oltr'Alpe e racconta di aver rifiutato di arruolarsi nelle forze armate transalpine: arrestato il ventitré maggio 1940, "senza che me ne sapessi spiegare il perché", dice di essere restato nelle carceri francesi per tre mesi; rilasciato in agosto, è rimpatriato il dodici novembre 1940. "Non sono in grado - conclude - di ricordare il nome di alcuna delle persone conosciute in Francia".

Convocato di nuovo dal prefetto di Bari, Calamassi riconosce in una foto, che gli viene mostrata il dieci febbraio 1941, Dante Armanetti come uno degli anarchici, che hanno lasciato clandestinamente l'Italia nel '36, insieme a lui. Gli altri sovversivi, che sono passati con lui per la Francia, vengono identificati negli anarchici Settimo Guerrieri, nato a Piombino il ventidue aprile 1905 e attualmente internato nel campo di Argelès, e Carlo Cocco, nato a Wallenschen (Svizzera) il tre luglio 1908 e morto a Barcellona il ventinove luglio 1937. Congedato il ventuno febbraio del '41, Calamassi rientra a Torino.

Note

1)Il Comitato di Chambéry agevolò la partenza per la Spagna di molti antifascisti fra cui Natale Boccato, Giovan Battista Novaretti, Umberto De Gottardo, Mario Corghi, Antonio Calamassi, Enrico Germinale Velo, Settimo Guerrieri, Tomaso Serra, Attilio Bulzamini, Giuseppe Tinti, Giulio Conte, Emmerigo Boso, Dante Armanetti, Enrico Zambonini, Angelo Brunello, Erminio Roversi e Adalgiso Giampaoli.

2)Albino Zazzeri nacque il diciannove maggio 1895 a Bibbona (Livorno) e si trasferì, nel '15, a Piombino, dove fece per otto anni il tornitore meccanico. In seguito aderì al Gruppo anarchico Pietro Gori e, il quattro settembre 1916, fu eletto membro della Commissione esecutiva della Camera del lavoro sindacalista di Piombino, insieme a Giulio Bacconi. Il ventitré settembre dello stesso anno venne arrestato alla Venturina, insieme a Bacconi, a Eligio Pozzi, a Firmo Biagetti, a Gusmano Mariani e ad altri quattordici anarchici livornesi e grossetani, mentre partecipava a un Convegno clandestino contro la guerra. Rilasciato, dopo un periodo di detenzione al Mastio di Volterra e alle Murate di Firenze, tornò a Piombino, dove - secondo i confidenti della polizia - fu l'animatore di una “organizzazione diretta a favorire la diserzione di soldati italiani”. Propagandista attivissimo nel biennio rosso, tenne sempre “un contegno sconveniente verso le autorità”. Membro degli arditi del popolo e avversario accanito del fascismo, emigrò in Francia nel '23, raggiungendo la sorella Egle e il cognato Giulio Bacconi a Marsiglia, dove, nel '26, venne segnalato dal Consolato generale d'Italia come “uno dei più ferventi anarchici” e sottoposto ad assidua vigilanza.
Schedato dalla Prefettura di Livorno il dodici marzo 1928, fu sospettato, nel '31, di preparare un attentato ai gerarchi fascisti, insieme a Socrate Franchi, Gemisto Vallesi, Luigi Mario Ravenni, Alvaro Pietrucci, Domenico Zavattero, Giulio Bacconi e altri compagni di fede. Iscritto nella Rubrica di frontiera (al n.11617) e nel Bollettino delle ricerche, Zazzeri era ancora a Marsiglia alla fine del '41. La polizia fascista - che ne ignorava il recapito - lo descriveva così: “Connotati: statura m.1,66, corporatura regolare, capelli castani lisci, colorito giallo pallido, naso schiacciato”. (A. Z. [Albino Zazzeri]. Il Convegno anarchico maremmano: la costituzione dell'Unione anarchica maremmana, Umanità nova, n.176, 14 nov. 1921; ACS, Roma, CPC, b.5557, fasc.3875; 1975: incontri a Marsiglia, La risveglia, set.-dic. 1999, n.2, p.4).

3)Mario Carpini aveva fatto parte a Torino, al principio degli anni Trenta, di un gruppo libertario clandestino, prima di emigrare in Francia.

4)Sulle difficilissime condizioni, in cui vivevano gli antifascisti italiani a Marsiglia alla vigilia della guerra, si leggano i “Ricordi di Marsiglia” di Bruno Sereni, Il giornale di Barga, 17 nov. 1986, n.236 e seguenti, e in particolare il capitolo “Affamati al porto”, ivi, n.244, 13 lug. 1969.

Biografie: Luigia Civinini


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