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Busto di IPPOCRATE, padre della Medicina
Ippocrate, l'Asclepiade di Coos (isola greca di origine dorica delle
Sporadi di fronte la costa anatolica del sud), contemporaneo di Socrate (469- 399), il
medico più famoso dell'antichità, ma uno dei meno noti ai posteri. Probabilmente era di
bassa statura, viaggiò molto e morì a Larissa (in Tessaglia); non si può accertare
altro sulla sua vita e sulla sua persona. Secondo Platone, Ippocrate affermava che non si
può comprendere la natura del corpo se non si comprende la natura del tutto. Ciò,
significa che dobbiamo chiederci se il corpo è semplice o complesso e determinare,
qualunque sia la risposta, la sua capacità di agire sulle cose esterne e di subirne
l'azione. Ippocrate perciò considerava il corpo un organismo; egli fondava la pratica del
medico sulla comprensione dei vari particolari in un solo concetto e, a sua volta, sulla
divisione dell'insieme nelle sue specie naturali, ossia, in linguaggio platonico, sulla
dialettica. Ippocrate spiegava le malattie, come riferisce Menone, discepolo di
Aristotele, supponendo che il cibo, se non viene digerito, sprigiona dai suoi residui
dell'aria che invade il corpo e provoca i morbi. Questa concezione della medicina non si
trova in alcuno dei cosiddetti libri ippocratici, benché questi scrlttl, che trattano
tutti i campi della medicina, la prognostica, la dietetica la chirurgia e la farmacologia,
la salute e le malattie, dimostrino una grande varietà di concezioni mediche. Essendo di
per sé incoerenti, questi libri non vennero mai attribuiti nella loro integrità ad
Ippocrate: non esiste inoltre un solo libro la cui autenticità non fosse già discussa
nella antichità. Solo parti di essi, e parti sempre diverse, vennero a lui attribuite
dalle generazioni successive, a seconda del vario concetto che avevano di Ippocrate come
filosofo o come semplice medico pratico, come dogmatico o empirico o scettico, come
credente nei quattro umori o nella teoria del pneuma, come chirurgo o scienziato teorico.
Sembra probabile che nessuno dei libri conservati sotto il nome di Ippocrate sia genuino.
Il loro contenuto non si accorda con le testimonianze prealessandrine. Inoltre, quasi
nessuno di essi sembra attestato come autentico dalla migliore tradizione, in questo caso
ci si attenderebbe l'unanimità dei critici nei confronti di almeno uno o di alcuni libri.
Invece è probabile che le opere giungessero ad Alessandria come residui di una
letteratura medica in circolazione nel secc. V e IV, ma che fossero anonime, come in
genere la letteratura tecnica di quell'epoca. La critica filologica li attribuì allora ad
Ippocrate sulla base di quelle che nei vari periodi erano considerate dottrine
ippocratiche. Ma giacché la prova dell'autenticità dipendeva da pure argomentazioni
logiche, non dalla tradizione né dalle testimonianze, non si poté raggiungere alcun
accordo universale. Pertanto, tutto quanto si può affermare sull'identità di Ippocrate
è che egli era un medico le cui opere andarono perdute, ma che non si tratta di un
semplice nome; ne conosciamo il metodo e la dottrina; egli è il fondatore della medicina
scientifica nel senso platonico; per di più, la sua fama era riconosciuta fin dall'epoca
di Platone. Se ci chiediamo che cosa Ippocrate significasse per i Greci, per il Medio Evo,
per il Rinascimento e oggi per noi, risponderemo che, per un complicato processo storico,
egli è diventato l'incarnazione del medico ideale.
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Nello sfondo della front page è riprodotta una moneta romana del 49
a.C. (Periodo Repubblicano) della Gens Acilia: al diritto la testa della Dea Salute
(Salus), nel rovescio la Dea salute che nutre un serpente, simbolo di Asclepio
(Esclulapio, Dio della Medicina);la Gens Acilia, responsabile del conio di questa moneta
ai tempi di Giulio Cesare, faceva derivare il proprio nome da quello greco akeomai (SALUTE).

Il primo medico arrivato a Roma dalla Grecia,
ottenne il permesso di aprire uno studio all'incrocio ACILIO di Roma, nel 219 a.C. (al tempo della II
guerra punica); il nome di quel medico era Arcagato figlio
di Lisanio, proveniente dal Peloponneso.
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Sigillo macedone del III secolo a.C. : calco ingrandito (20x) su cera,
in alto;

(ingrandimento -30x- e particolari del sigillo)
Le dimensioni originali del sigillo (in pietra di calcedonio o quarzo
verde), misura 7x8mm.
Eracle era , secondo la
tradizione orale dei greci, il padre della stirpe dorica. I Macedoni, e soprattutto
Alessandro Magno (che nelle sue monete lo faceva coniare quasi sempre nel diritto ),
erano, come è noto, considerati barbari dal resto dei Greci. Essi comunque , di
origine greca, tenevano a non essere considerati tali (Alessandro era di stirpe dorica
come Erodoto fa dire con orgoglio ad un suo avo, nel 479 a.C., Alessandro I
filelleno, in occasione della battaglia di Plateia) e da qui
nasce il desiderio di stigmatizzare la loro origine con le effigi di Eracle , padre
di tutta la stirpe dorica, e per estensione, dei Greci tutti. Naturalmente anche i Greci
di Occidente (Magna Grecia), di stirpe prevalentemente dorica (in Sicilia di stirpe ionica
era solo la parte settentrionale della costa orientale, anche se bisogna dire che sono
stati proprio i coloni ionici a venire per primi in Sicilia) avevano come padre comune
Eracle, ed il culto del Dio-Eroe era molto sentito . In Sicilia era venerato come padre
fondatore e primus deus (un po' come oggi consideriamo i Santi Patroni).
Eracle, insieme ad Afrodite
(Venere) e Athena (Minerva) hanno mantenuto una valenza simbolica sino ad oggi, specie
nelle società iniziatiche regolari, che dal 1711 sino ai giorni nostri, diffondono i 3
cardini dell'approfondimento iniziatico nella Forza (Eracle),
Bellezza (Venere) e Saggezza (Minerva).
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La Greca di Sfondo

La greca di sfondo a questa pagina, detta dai
greci Meandròs o labirinto, simbolo di Cnosso (a cui si riferisce la moneta qui
sopra riprodotta) rievoca la leggenda di Teseo ed il Minotauro, e riecheggia i fasti della
civiltà palaziale (Minoico-Achea) dal XVI fino a XII secolo a.c. . Il labirinto è quindi
simbolo di grecità, ed assume nuove valenze a cominciare già dall'epoca ellenica,
assurgendo a simbolo iniziatico di percorso, di strada irta di ostacoli da attraversare
per il perfezionamento interiore. Il labirinto verrà utilizzato anche nel periodo
medioevale come simbolo di pellegrinaggio verso la Terra Santa (in molte cattedrali
gotiche sia in Francia che in Italia è assai facile rinvenirlo nei fregi e nelle
pavimentazioni ) ma anche verso il proprio se', anche qui inteso
come cammino iniziatico al fine del raggiungimento della perfezione interiore.
LA GRECITA' E
LA SUA EREDITA' CULTURALE
I Greci
avevano una chiara coscienza della loro originalità rispetto ai Barbari. Pur
sapendo quanto dovevano alle popolazioni orientali, essi nutrivano la certezza di
recare dentro di loro dei valori nuovi e delle vere originalità ignorate dagli altri
popoli. Troviamo in essi, per la prima volta nella storia dell'umanità, tutte le
caratteristiche e le qualità che ai nostri occhi identificano l'uomo occidentale. Già il
loro stesso individualismo costituiva una grande novità. I Greci, veri amanti
della gloria, non accettarono mai di restare nell'anonimato. Poeti, scrittori, vasai, e
artisti vari erano tutti soliti firmare le proprie opere. Le democrazie, uno degli aspetti
di massima originalità della Grecia, hanno favorito quest'individualismo e i
rinvenimenti archeologici ci hanno tramandato una miriade di nomi di oscuri cittadini che
hanno partecipato attivamente (spesso solamente per un anno) al governo della
città. Le democrazie elleniche hanno inaugurato un individualismo nuovo tutto
fondato sulla libertà politica dell'individuo che, attraverso lo sviluppo in
parallelo del pensiero filosofico , diverrà il principio universale della libertà
dell'uomo nella sua interezza presente anche oggi. Sarà questo originale spirito
critico e raziocinante che darà vita a quelle invenzioni meravigliose che sono la
filosofia e la scienza come oggi le intendiamo: quest' ultima si sviluppera' grazie
all'insaziabile curiosità dei Greci che faranno prendere loro coscienza in maniera acuta
della loro stessa esistenza, della misura delle cose e della grandezza dell'uomo. Questo
sentimento dell'umanità, questa ricerca di equilibrio fra le tendenze antagoniste
dell'animo da una parte e fra l'uomo e l'universo dall'altra, questa ricerca incessante
della perfezione delle forme e dell'ideale nell'arte e nel pensiero, sono anch'essi
caratteristiche uniche dell'animo ellenico. Ma quest'animo era infinitamente più
complesso di quanto non lo ritenesse la critica del secolo scorso: era attraversato da
forti slanci religiosi, scosso da grandi correnti mistiche, vacillante sotto le cupe onde
provenienti dai recessi più profondi dell'uomo. Tutto quello che la civiltà europea ha
attinto direttamente dalla fonte greca richiederebbe una dissertazione che va ben al di
là di quanto si prefigge questo scritto. Le affinità dello spirito greco con lo
spirito occidentale risulta sin troppo evidente ad un osservatore attento. Ciò che per
primo viene in mente è che la democrazia è nata in Grecia. Fra i cittadini
della gloriosa città dell'attica l'uguaglianza era incomparabilmente più vera e
reale che non nelle nostre democrazie moderne. È nata in Grecia l'Arte così come la
concepiamo oggi . Anche il teatro, in tutte le sue manifestazioni, è un'invenzione greca,
come lo sono la filosofia e gli svariati generi letterari che abbiamo fatto nostri. I
tragici greci sono tuttora ricchi di interesse per noi, malgrado tutte le perdite subite
dal teatro antico nella traduzione e nell'eliminazione di tutto il loro aspetto
musicale e coreografico. In campo filosofico non abbiamo compiuto alcun progresso, tant'è
che un famosissimo filosofo moderno ha sentenziato che tutta la filosofia che è
seguita ai Greci potrebbe essere considerata una nota a piè pagina del pensiero di
Platone e d Aristotele; dall'epoca di Platone, di Aristotele, degli stoici e degli
epicurei nulla di sostanziale è stato detto di nuovo. Se invece nel campo delle scienze i
nostri progressi sono infinitamente più sensibili, lo spirito della ricerca è cambiato
pochissimo, specie se si tiene conto del fatto che il metodo sperimentale era già
praticato in Grecia da alcuni geniali ricercatori. Ma è soprattutto nella maniera di
pensare, nei mezzi di espressione, nell'atteggiamento specifico nei confronti degli esseri
e delle cose, che noi siamo così vicini ai Greci e troviamo in essi i caratteri
fondamentali di quella che viene definita la «civiltà europea». È qui che la Grecia si
staglia come il. modello e la fonte perennemente vivificante di tutta la cosiddetta
cultura occidentale, che sta per diventare la cultura universale degli uomini di domani.
G. Rachet & M.F.
Rachet
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