MATILDE
SERAO == STORIA DI DUE ANIME
Egli la udiva, smarrito, atterrato da quel tremendo racconto.
- Chiedi al tuo stuccatore, Gaetano, dove sono io,
adesso - disse ella, cupamente. - Egli abita dirimpetto alla mia casa.
Stassera, mi ha incontrato. Giravo. Debbo girare. Mi ha raccontato tutto.
E sono venuta qui, per dirti, Domenico, che se uno doveva uccidersi,
dovrebbe uccidersi, sono io, io sola... io che era una buona ragazza... e
che sono una disgraziata...
- Ma tu non l'hai fatto! Tu non lo faresti?
- No - ella disse, levandosi. - Aspetto che Dio mi tolga da queste
tribolazioni.
- Aspetti?
- Aspetto. Deve venire il giorno... deve venire. Addio, Domenico.
- Te
ne vai adesso? te ne vai?
- È
tardi, debbo andare - diss'
ella, con atto rassegnato, levando le spalle.
- Mi lasci solo?
- Non posso passar la notte, qui - soggiunse ella, con un sorriso amaro.
- Ritornerai? domani?
- No. Come posso venire, qua, di giorno? Dimentichi chi sono? Qui... da
te... come sono... vedendomi tutti? No, non verrò.
- Ma dove vederti, allora? - insistette ancora lui, nel suo bisogno di
soccorso.
- Oh non da me, non da me! - gridò lei, facendo un atto di ribrezzo.
- Hai ragione - annuì lui, lentamente.
E si guardarono in viso. Il destino li aveva avvicinati un tempo, ed essi
tenevano nelle loro mani, la quiete e la dolcezza della loro vita, e
l'avevano lasciata sfuggire, per ignoranza, per cecità, per timidezza,
per debolezza: sovra loro, sovra le loro fragili anime, sovra le loro
caduche compagini, era sorto un essere forte e crudele, una donna
imperiosa e malvagia che li aveva combattuti, in nome dei suoi istinti di
dominazione, di cupidigia, di potenza, li aveva combattuti, debellati,
distrutti. E travolti dal turbine, sempre più, essi dovevano incontrarsi,
ogni volta, per compiangersi, per piangere insieme, per esalare i lagni
del loro dolore, ma incapaci, nella loro fiacchezza, di salvarsi, l'un
l'altro, ma inetti ad agire, inetti a lottare, inetti a vivere, destinati,
infine, ad aspettare che Iddio li liberasse dai triboli, ad aspettare la
morte pacificatrice, solo quando il giorno della liberazione fosse venuto.
Si guardarono, infelici come mai creature umane, in
una notte bruna e tempestosa, furono infelici: e sentirono che nulla
avevan più da dirsi: che le loro mani non dovevano toccarsi: che le loro
vite dovevano separarsi: poichè la loro salvazione non era più in loro,
ma fuor di loro, in mani misteriose, e chiuse, e alte, e supreme. Nella
bottega dei santi, Domenico Maresca restò solo e piegò la testa sulle
braccia, versando rade e fredde lacrime.
Nella via, sotto la pioggia, la gracile ombra notturna di
Gelsomina si allontanava, trascinando la stanca persona, e sul triste viso
scendevano le rade e gelide lacrime.

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