Ricordi
di Antonello Antonelli
Arriva una telefonata: "Ciao sono Alberta...". Non c'è bisogno d'altro; riconosco la voce, un fiume di ricordi affiora ed il dialogo è subito familiare. Eppure sono passati vent'anni!
"Scrivi qualcosa... quest'anno è il quarantennio dell'S.C.R. ..." . Eccomi qua ma l'impresa non è facile: nomi, persone, caratteri, familiarità, situazioni, esperienze, ecc. molto è nitido ma qualcosa è confuso dal tempo.
Ero un giovane e spensierato studente universitario, amante della natura e collezionista di minerali; superai il IX Corso di speleologia dell'S.C.R., mitico per la presenza di Chiarantini, Dente, Giudici, Marinucci, che incideranno sensibilmente con la loro presenza ed attività nello sviluppo del Sodalizio negli anni successivi, e divenni socio assiduo per nove anni.
All'epoca usufruivamo di una stanza sotterranea, a Via Catullo, ma dopo un anno ci sfrattarono da lì e passammo un anno circa nella vicina Birreria "Gli Scopini" all'angolo di Via Terenzio, che anche prima frequentavamo, annaffiando con boccali di birra scura croccanti rosette al burro ed alici o bustine di arachidi. Poi venne la sede di Via Andrea Doria, prima tre stanze e bagno poi dopo qualche anno la quarta stanza. Un sogno per noi soci e faticammo anche per eseguire i lavori di restauro in proprio, dilazionandoli nel tempo ed in rigida economia.
Ma torniamo alla mia storia, anche se forse non eccezionale. Il Corso aveva accentuato il mio amore per la natura e aperto le porte di un mondo ai più sconosciuto, a volte monotono, deludente, ostile, dove la fatica e le avversità erano usuali ma a volte ripagate da visioni uniche, da sensazioni irrepetibili e sempre dalla intima soddisfazione fisica. Per me la Speleologia racchiude e lega insieme bellezza, sport, ricerca.
Inizialmente la mia attività fu varia e costante, senza specializzazione e nel frattempo si rinforzò il legame d'amicizia e di stima nei riguardi degli altri soci; man mano divenni sempre più socio impegnato! D'altra parte per chi vive in città dove le persone normalmente s'ignorano, entrare a far parte di un'Associazione, dove le persone sono strettamente legate l'un l'altra in certi momenti ed in determinate situazioni e poi s'incontrano in sede colloquiando con familiarità, è senz'altro molto coinvolgente e determinante per chiunque. Come non ricordare la grande stima umana per Giorgio Pasquini estroso e coinvolgente nelle scelte operative, la serietà organizzativa di Maurizio Sagnotti, suo successore nella presidenza dell'S.C.R., la razionalità rigorosa di Alberta Felici che mi indirizzò verso la ricerca e l'esplorazione di nuove cavità, la pazienza e disponibilità di Andrea Maniscalco qualificato geologo che, dopo la scoperta e l'esplorazione del Vermicano, infastidii per numerosi giorni al fine di discuterne la speleogenesi. Come non citare i nomi che ancora mi ricordo: il Capitano Testa cui auguro oggi di essere divenuto Colonnello, il dr. Lunghini botanico, Alessandro, Annamaria, Bianchetti, Corinaldesi, Cristina, Crucitti, Daniela, Giovannella, Genovesi, Gresele, Moriconi, Nino, Papadia, Petruccioli, Timpone, Torrice, Zampighi, gli amici della sezione di Carpineto Romano. Gli altri non si offendano; ricordo fisionomie ed avvenimenti.
Come avrete capito dopo un anno iniziai ad occuparmi della ricerca di nuove cavità.
Inizialmente l'attività fu un po' confusa. Feci alcune uscite a Gallo nel Matese dove reperii alcune cavità. Poi passai agli Aurunci, quindi ai Tiburtini. Ogni tanto aiutavo Alberta nella sua ricerca sistematica sulle cavità del Monte Semprevisa. Infine iniziai ad operare sugli Ernici.
Il metodo operativo era semplice: presa in esame un'area di un massiccio, iniziavo verificando le cavità conosciute sia come ubicazione cartografica che come morfologia interna ed annotavo eventuali differenze; inoltre ricercavo in sede sulla bibliografia della zona, sulle varie carte ACI e IGM, sulle relazioni di passate uscite, eventuali segnalazioni di nuove cavità. Inoltre frequentando i vari paesi nel dopo grotta cercavo di diventare amico dei locali in genere, di boscaioli e di pecorai in particolare, sì da ricevere informazioni su nuove cavità e possibilmente riuscire a farmi accompagnare all'imbocco grotta. E' ovvio che nell'arco dell'anno non facevo solo esplorazione, ogni tanto inframmezzavo uscendo in qualche bella grotta con gli altri amici, gli sportivi, partecipavo, compatibilmente con le mie finanze di giovane studente ai campi estivi, e come istruttore ai Corsi annuali.
Dopo tante ricerche e delusioni (le grotte trovate spesso erano di scarsa entità, poche le profonde 30-50 m) fui portato da locali all'imbocco del Vermicano. Quel giorno data la limitata attrezzatura potemmo giungere solo a 50 m del primo pozzo da 115m, ma ci bastò per mobilitare la sera il gruppo. Ricordo l'insolita faccia seria di Chiarantini la sera quando gli comunicai il sentore del ritrovamento di una possibile vasta cavità e la mia gioia la domenica successiva al vedere 10 amici in operazione nel primo tratto. Il Vermicano occupò l'Associazione da Settembre a Novembre; fu sospesa la sua esplorazione per il corso e l'inverno, riprese con prearmamenti a primavera e si concluse con il campo estivo. Agli inizi fu posto un cancello con lucchetto all'imbocco poiché un giorno trovammo un incosciente locale che con il fildiferro si era fatto una specie di scaletta e si era infilato nel pozzo di 115m. Quel cancello fu divelto poi da un'Associazione al tempo avversaria.
Tanti sono i ricordi e le esperienze legate al Vermicano: il dormire in sacco a pelo e materassino all'imbocco fra la neve, come membro della squadra d'appoggio; le difficoltà per la stesura del cavo telefonico lontano dagli armamenti; le tante avversità incontrate dagli amici e da me per l'ostile morfologia senz'altro aggravata dalla costante presenza d'acqua nel secondo tratto della cavità; la gioia al ripetuto "continua" che perveniva telefonicamente dal profondo salone; la delusione al "è finita" ma la soddisfazione del raggiunto record, la certezza della complessità morfologica e la consapevolezza dell'importanza idrogeologica della cavità. Ancora oggi ringrazio il gruppo per aver concesso l'onore a me, che l'avevo trovato, di rilevare anche l'ultima parte del Vermicano, all'epoca record laziale.
Dopo il Vermicano ho proseguito ancora per un paio d'anni l'attività speleologica poi interrotta, sia perché ho iniziato a lavorare e vivere fuori Roma, sia perché stavano emergendo le nuove tecniche di utilizzo di sole corde che personalmente poco approvo per motivi di sicurezza, sia perché per nove anni le tante uscite (più di 400) avevano fatto sì che in certi periodi rimanevo piegato in due per attacchi di reumatismo.
Spesso ricordo quei tempi belli per la gioventù, per la spensieratezza, per gli amici, per tutto ciò che ho fatto e mi viene voglia di recarmi a Via Andrea Doria ma, purtroppo, da tempo abito fuori Roma, gli impegni giornalieri sono vari, l'ambiente è senz'altro mutato e mi troverei spaesato, e soprattutto ho il timore di essere coinvolto in uscite, la vecchia passione sopita che riemerge. Infatti per me non ha mai avuto senso il recarsi in sede solo per far salotto e non per preparare e fare poi le uscite ma ora ho paura di riconoscermi, uscendo, inetto per me stesso ed inutile o, peggio, di peso per gli altri, giovani, in forma e con un avvenire speleologico tutto da scoprire.
Io quel che dovevo e potevo fare in parte l'ho fatto, lo ricordo con piacere e d'altra parte il termine ricordo significa richiamare alla memoria quanto accaduto che purtroppo non è più possibile ripetere.
© 1999 by Antonello Antonelli.
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