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Campi estivi al Bussento: 1960 e 1963 (parte II)
di Alberta Felici
 

BUSSENTO 1963
(Giorni 19÷29 agosto)

    Perché dopo due anni di quasi abbandono si decide di tornare nella zona del Bussento? Semplicemente perché sono stati lasciati insoluti alcuni punti; per esempio, non è stata rilevata la Risorgenza di Morigerati; si deve finire di esplorare l’Affondatoio di Vallivona; deve essere ubicata ed esplorata Fossa Lamberia, e controllare altre segnalazioni.
    Si parte con il camion messo a disposizione dai militari e si arriva a destinazione la sera del 19 agosto nel comune Caselle in Pittari. Montiamo le tende sempre nello stesso uliveto e facciamo la solita convenzione per avere i pasti già approntati e serviti caldi al campo alle sette di ogni sera. Che pacchia! Ci nutrono a suon di lasagne, cannelloni, paste al forno, carni, verdure e un buon vinello locale.
    Il primo giorno sono presenti Pasquini, Carosone, Saiza, Romualdi, Monesi. Il 21 mattina arrivano Bersani e Silvestri, poi Mascia; il 23, direttamente dalla magnifica Panarea e con ancora negli occhi (assonnati!) l’azzurro del suo mare, si presentano Valerio (con un buco quasi esplorabile in una coscia; si è infilzato nello scalmo del suo fantastico panfilo: una lancia da salvataggio che monta un Seagul di una potenza incredibile di 2 HP, che però, preferiva andare più a remi che a motore), Felici e Chimenti Manuela.
    Si inizia lasciando a guardia delle tende la Monesi, mentre gli altri cinque vanno a caccia di notizie in quel di Casaletto Spartano; rientrano al campo alle 18,30 con due segnalazioni: due cavità probabilmente orizzontali, verso il Bussentino; un’altra forse profonda vicino l’abitato di Tortorella. Il primo approccio dei nuovi ai luoghi di leggendarie esplorazioni è così avvenuto, anche se in modo ancora marginale.
 
    Il mattino seguente Saiza e Monesi vanno a ricognire la zona di Monte Cozzetto. Percorrono in lungo e in largo le pendici di tale monte così come quelle di Monte Pannello. Dove starà il pozzo omonimo precedentemente esplorato dal Circolo? Speriamo di ritrovarlo, prima o poi, almeno in questo secondo campo.
    Pasquini e Carosone vanno a ricercare "L’Affondatoio di Vallivona", portando materiale che servirà per l’esplorazione dei prossimi giorni.
    Per raggiungere l’imbocco bisogna prendere la strada comunale Sanza-Rofrano e lasciarla circa due chilometri dopo Valle d’Inferno; si cammina di buon passo per circa tre ore, carichi come muletti e, finalmente, si arriva sull’orlo della forra in cui si apre il grandioso portale dell’inghiottitoio con dimensioni all’incirca di 8m di larghezza per 25m d’altezza. Ora bisogna discendere, per un dislivello di circa 60m, una scivolosa forra-camino e raggiungere l’entrata vera e propria.
    La stessa mattina, verso le cinque arrivano Silvestri e Bersani; riposatisi, entrano subito in azione; Silvestri, con la sua macchina, accompagna Romualdi e Bersani in località Sisamo e ritorna velocemente al campo a fare il guardiano. I due raggiungono la Masseria Vallefrassino, reperiscono alcuni inghiottitoi ma, dovendo rientrare a Caselle a piedi, ripiegano velocemente verso la via di Sapri e … fanno "l’autostop".
    Il 22 agosto i soliti sei si dividono in due squadre: una di armamento a Vallivona ed un’altra esplorativa. La zona da ricognire è quella di Tortorella; partono Bersani, Carosone e Monesi i quali, accompagnati da un villico, trovano due pozzi: Pozzo di Tortorella e Pozzo dell’Architrave; il pomeriggio viene esplorato anche Pozzo Tempetielli; dopo aver preso altre segnalazioni rientrano soddisfatti.
 
    L’esplorazione di Vallivona viene affidata a Saiza, Silvestri e Romualdi; entrano verso mezzogiorno, però riescono a percorrere circa 300m, armando solo tre salti; i primi due, che finiscono in marmitte superabili a nuoto, vengono attrezzati con scale da 5m; il terzo, molto più addentrato nella galleria sempre allagata, con 10m, che non vengono scesi.
    Oggi, 23 agosto sono arrivati altri quattro soci; si lascia Romualdi al campo e vengono affrontati tre problemi: Saiza, Mascia e Monesi raggiungono Buonabitacolo ed esplorano una grotta di soli 7m, in località Toppa la Castagnetta, e trovano la seconda, segnalata presso il torrente Peglio, impraticabile.
    Bersani, Silvestri e Chimenti ricogniscono la zona di Casaletto Spartano, ed esplorano la Grotta di S.Vito in località Carcane e, nel pomeriggio, in località Sisamo, sono accompagnati da un "volenteroso giovane" alla Grotta di Sarota, che viene subito esplorata; cercano inutilmente un pozzo segnalato loro presso il km 20 della provinciale Casaletto Spartano-Tortorella.
    Pasquini, Valerio ed io raggiungiamo la Risorgenza di Morigerati. Portiamo un palo per la risalita della prima cascata, il quale, oltre a creare svariati problemi (uno dei quali è una lacerazione, per fortuna riparabile all’istante, della muta di Valerio), risulterà anche troppo corto.
    Ma la scalogna (delle sole mute, fortunatamente!) continua. Infatti, mentre mi appresto a lasciare le scale legate al gancio, le quali, a causa del palo troppo corto, non raggiungono il terrazzo e quindi non superano il salto completo, mi faccio uno sbrego, portando via un pezzo di muta. La mia muta nuova nuova, appena comperata! Porco qua, porco là … . Debbo fermarmi! Prima, però, debbo finire di compiere il mio dovere: "me tocca da fa’ da chiodo pe’ fa’ salì l’amichi mii" fino alla marmitta guadagnata a caro prezzo. Poi, aiutata ancora una volta, riesco a raggiungere l’orlo della risalita e, finalmente, agganciare le scale al chiodo.
    I miei compagni proseguono fino a quando un altro inconveniente, occorso a Valerio e dovuto ad un insidioso movimento di alcuni tronchi nel superare una rapida, gli fa perdere la lampada, li costringe a ripiegare.
    Mi raggiungono e così inizia l’odissea per riguadagnare l’uscita: Valerio quasi al buio ed io sproloquiando (quando riuscivo ad avere la lingua libera per poter proferire gli improperi), perché, ogni qualvolta ci muovevamo, cioè quasi in continuazione, dovevo torcere la parte di muta vicina allo strappo e mettermela in bocca e nuotare, per fortuna in favore di corrente. Comunque un paio di volte sono stata a rischio d’affondamento. La sera, al campo, non trovai pace, finché non escogitai il modo di riparare il prezioso (oltre che costoso) indumento; domani avrei avuto un conto da regolare con Morigerati, non potevo mancare!
    Andiamo Pasquini ed io; la prima cascata, sotto cui il giorno precedente avevo disperatamente e caparbiamente cercato il pezzo della "mia" muta, avendo già riscosso il suo obolo, non crea problemi. Arriviamo così veloci davanti al lago formato dalla seconda cascata, raggiungiamo, con un po’ di fatica, la nicchia sottostante la risalita e, in due tratte, riesco a raggiungere il ciglio, dopo di che sale anche Pasquini. Avremmo potuto raggiungere senza difficoltà il sifone terminale, ma non abbiamo modo di superare un piccolo salto: occorrerebbe una sola stupida staffa; dobbiamo ripiegare. Iniziamo a fare il rilievo, ma per poco, poiché il taccuino diventa subito inservibile, impregnandosi d’acqua; bisognerà escogitare un modo per proteggerlo.
    Camponeschi, appena arrivato, e Carosone vanno a Vallivona, scendono il terzo salto sotto un’abbondante cascatella e ne armano altri tre di pochi metri ciascuno, fino ad arrivare davanti ad uno scivolo-cascata dove devono fermarsi per mancanza di materiale, avendone dovuto sprecare parecchio per saltini, dove potrebbero essere utilizzati solo spezzoni tipo staffe di due o tre metri.
 
    Silvestri e Mascia vanno verso Monte S. Michele, dove trovano tre piccole grotte orizzontali; rintracciano la Grotta Tavanello, la esplorano, ma non fanno i rilievi.
    La squadra più numerosa composta da Valerio, Saiza, Bersani, Monesi e Romualdi parte, prevedendo di rimanere fuori per due giorni; vanno a cercare il famoso pozzo che dovrebbe essere profondiiiissimo , si vocifera che sia di "17 secondi!". Viene sì trovato un pozzo nomato Fossa Lamberia, ma è di soooli 24 metri. Ritornano al campo la sera stessa, leggermeeente disturbati; infatti, tutto il materiale caricato la mattina su due muli, di ritorno se lo so’ dovuto incolla’ loro fino alle macchine, che c’erano solo perché si erano scarrozzati anche la radio!
 
    Il giorno 25 lasciano Caselle per Roma Bersani, Monesi, Romualdi e Silvestri; Mascia ed io andiamo a Case Carcera dove troviamo e rileviamo un pozzo di 14m, poi ci riuniamo a Pasquini, Valerio e Chimenti che erano andati a Casaletto: vengono segnalati un inghiottitoio in località Farneto e altre due località sul Monte Cocuzzo; gli altri vegetano al campo.
    Si rimpingua il numero dei presenti con l’arrivo di Monaci e Marchetti, i quali, per ricompensa, vengono subito sbattuti a Vallivona con Carosone e Felici , cioè me. Raggiunto velocemente il punto già armato, scendiamo un piccolo salto, con la solita marmitta profonda, ne troviamo subito un altro di circa 8m; perdiamo molto tempo per cercare di armarlo fuori della cascata. Finalmente riusciamo a piantare un chiodo in una fessura e scendiamo. Finiamo in un grande lago che scarica le sue acque tramite una cascatella, che si riesce a superare in libera, e poi , con uno stupendo salto stimato 30m, in un altro enorme lago. Siamo proprio perseguitati dalla scarognata difficoltà di armamento; la roccia quasi levigata non permette ancoraggi di sorta; sarebbe bello avere a disposizione chiodi ad espansione; dobbiamo ripiegare, pur avendo a disposizione materiale in eccesso.
    Mascia è stata punita perché, non avendo fatto i rilievi delle grotte intorno a San Michele, è comandata ad andare a farli oggi, accompagnata da Saiza. Durante l’escursione trovano e rilevano anche la Grotta dell’Occhio nero e la Grotta di Tavaniello; individuano anche la Grotta di San Pietro.
 
    Oggi, 27 agosto partono i Camponeschi ed i Chimenti: Valerio, Saiza e Monaci rilevano la Risorgenza di Morigerati e disarmano; Marchetti, Mascia ed io andiamo ad esplorare il Pozzo delle Fontane, ma troviamo l’ingresso troppo stretto, perciò lasciamo Mascia sul posto e ritorniamo al campo per prendere un martello e altre scalette. Allarghiamo l’imbocco e, calati 40m di scale, scende Mascia che, dopo circa 15m, si accorge che le scale non arrivano al fondo. Aritornamo al campo e prendiamo altri 20m, ma oggi la grotta continua a beffarsi di noi: Marchetti deve risalire senza aver toccato il fondo, almeno altri 20m più in basso. Bella verticale!
 
    Il 28 agosto partiamo per Roma Valerio, Monaci, Pizzo ed io sempre Felici. L’attività al campo continua: finiscono (forse) di esplorare Vallivona; non toccano il fondo del Pozzo delle Fontane, il cui primo salto risulta di 90m, ma è seguito da un altro stimato almeno 20m; esplorano il Pozzo della Nevera (il nome già fa immaginare la quantità di strati di neve ammassati al fondo); sgroppano fin quasi alla cima del Cervati, sperando di poter visitare la Grotta della Madonna della Neve, ma la trovano chiusa da una cancellata.
    Il 29 agosto viene smobilitato il campo "Bussento 1963" e si carica tutto, con direzione Roma sull’ormai abituale autocarro militare.
 

post-scriptum

Non essendone stata terminata l’esplorazione durante la campagna estiva, Gammarelli, Pasquini, Moretti, Rampini, Saiza e Valerio tornano il 3 novembre dello stesso anno al Pozzo delle Fontane. Armato il primo pozzo da 90 m, già conosciuto, Rampini si ferma sulla cengia a -15m, Valerio e Saiza scendono, mentre gli altri fanno sicura dall’esterno. Il pozzo dopo la cengia si presenta come un fuso a pareti molto lisce, il fondo è detritico e quasi circolare; da un lato la grotta prosegue con due fessure ad angolo retto, molto strette e fangosissime. Scende Saiza che ne accerta la profondità in 14m, con due salti da 7m; una delle fessure continua poi in leggera pendenza per circa 30m di lunghezza.

© 1999 di Alberta Felici.


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