Ricordi
di Sergio Mainella
Sollecitato a raccontare qualche episodio del vecchio Speleo Club, ho pensato di orientarmi più verso l'aneddotica, che addentrarmi in argomenti più inerenti l’attività speleologica o scientifica, che altri sapranno trattare con maggior oculatezza.
Tra le innumerevoli situazioni accadute durante i molti anni di attività, ne ho scelte alcune che hanno caratterizzato i primi anni, che meglio di altre possono dare un’idea dello spirito che ci animava, quando facevamo attività in quel periodo.
1. Notte insonne
Stanco morto vado a dormire in tenda, accomodandomi sullo zaino che mi faceva da cuscino.
Per tutta la notte dormo malissimo, quantunque ubriaco di sonno, soffrendo di un atroce mal di testa sopraggiunto all’improvviso.
Finalmente all’alba, riprendendomi e riacquistando in parte consapevolezza, scopro, vicino allo zaino, gli scarponi di Selleri, unti di grasso rancido, che emanavano un tanfo insopportabile.
Pierpaolo dovette cercarli, il mattino seguente, tra l’erba, a circa trenta metri dalla tenda.
2. L’incubo
Una notte in tenda vengo svegliato da un urlo lacerante, lanciato da un giovane speleologo che dormiva vicino.
Nella giornata precedente, risalendo per la prima volta nella sua vita una verticale di oltre cento metri, si era reso conto di non essere assicurato, perché la corda si era impigliata nella scaletta sotto di lui.
Stava rivivendo nel sonno la scena, sognando di "volare".
3. Il ponte
Ad ultimazione del corso di speleologia tenuto nell’anno ’60, oppure ‘61, non ricordo bene, fu organizzata un’escursione alla "Creta rossa".
Partimmo in pullman nella tarda mattinata e arrivammo alle falde del monte verso le ore 15.
Era nevicato molto e, man mano che si saliva, la quantità della neve aumentava, diventando verso metà salita di circa un metro di spessore.
Inoltre, ad un certo punto i battistrada, un po’ per il buio, un po’ perché la neve aveva nascosto i punti di riferimento, persero l’orientamento.
Ci eravamo divisi in squadre di sette elementi, spartendoci il materiale che, data la situazione creatasi, in seguito fu portato esclusivamente dai "veci".
Giungemmo al rifugio, che nel programma doveva accoglierci per passare la notte, verso le due del mattino e, visti i problemi che dovevamo affrontare e la necessità di tornare a Roma la sera, decidemmo di andare ad armare la grotta al più presto.
Partì la prima squadra, in cui c’eravamo il Baffo e il sottoscritto, dopo una brevissima sosta durante la quale mangiammo qualcosa.
Scendendo nella grotta, raggiungemmo la prima pignatta profonda, larga poco più di un metro e mezzo, che è contornata da una stretta cengia, che bisogna percorrere per passare dalla parte opposta.
Con il Baffo ci rendemmo conto dell’esitazione dei "novizi" i quali, forse anche per la stanchezza, non se la sentivano di aggirarla.
Improvvisamente vedo il Baffo che si stende attraverso il vuoto e mi dice: "Daje Se’, falli passà".
Infatti passarono tutti con sicurezza e proseguimmo spediti.
4. Il digiuno
Durante il Campo al Pozzo Consolini, una corvée acquistò un capretto che sarebbe stato consumato a cena.
Quello stesso pomeriggio tre partecipanti scesero a Carpineto, comunicando che sarebbero tornati per cena.
Quando rientrarono trovarono il campo in silenzio ed il fuoco che si stava spegnendo. In breve, si accorsero che i compagni avevano mangiato tutto il capretto e dormivano quasi tutti avvinazzati.
Si incazzarono. Mentre due si limitarono a fare chiasso per svegliare i colpevoli, il terzo si vendicò divellendo tutti i picchetti delle tende, le quali ricaddero sui dormienti.
Naturalmente rimase in piedi una sola tenda, quella dei tre, che nessuno osò toccare.
5. La fregatura
Nel ‘60, francesi e spagnoli organizzarono la campagna speleologica alla "Pierre Saint Martin".
Su invito degli spagnoli, Giorgio, Gianni ed io partecipammo in veste di geologi.
Partimmo con un anticipo di circa quindici giorni, per raggiungere Pamplona in occasione della Fiesta di San Firmin.
Lasciando il camping per raggiungere il luogo del ritrovo degli autocarri, che dovevano portarci alle falde dei Pirenei, il buon Giorgio - che Dio l’abbia in gloria! - ci disse: "I sacchi li preparo io, così distribuisco bene i carichi".
Arrivati al campo base, dopo cinque ore di marcia in montagna, ci accorgemmo che il sacco di Giorgio pesava meno della metà dei nostri ...
6. Il maialino
Per ricambiare la cortesia, invitammo alla Campagna del Pozzo Consolini gli spagnoli, che aderirono in due.
Un giorno, uno di loro, di primo mattino, passeggiava per il campo tirando avanti a sé un martello, che poi raccoglieva e rilanciava.
Con l’ultimo lancio colpì un maialetto da latte, che pascolava con gli altri maiali intorno alle tende piantate nella faggeta del Semprevisa. Il colpo fu "perfetto", centrò la bestiola in mezzo agli occhi e la fulminò.
Cominciarono le discussioni con il porcaro, il quale pretendeva un risarcimento di diecimila lire, conservando per sé la vittima. Dopo lunghe trattative ci si accordò per l’acquisto della bestia, per cinquemila lire.
Poiché stavamo smontando il campo, il banchetto fu consumato a Fiuggi, presso la Pensione Igea, proprietà dei genitori del Severa.
Fu così che iniziò il rito annuale del "Porchetto", durato per ventotto anni.
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