Mi ricordo...
di Andrea Maniscalco
Agli inizi del 1960 alcuni compagni conosciuti all’Università mi portarono nello Speleo Club Roma. Non sapevo neppure che cosa fosse la Speleologia. Con quei compagni si era formato subito un gruppo affiatato e inseparabile. Erano Carlo Casale, Nino Toro e Nietta Zampaglione, e c’era pure Lionello Lupia. Ancora oggi sono i miei più cari e intimi amici.
Ricordo le prime esperienze in grotta. Pozzo Sventatore fu il mio battesimo: che imbranato! In un colpo solo, lì dentro, ho strappato la tuta, perduto orologio e lampada risalendo al buio con una fatica improba. In quella occasione conobbi Giorgio Pasquini.
La domenica successiva mi portarono a Pietrasecca. In una grotta entrava un fiume turbolento. Mi avevano detto che era una grotta di addestramento e così la massa d’acqua non mi impressionò più di tanto, anche perché vedevo il Pasquini in stivali, calzoncini corti e solo il "maglione rosso". Con me c’erano altri novizi (mi ricordo con sicurezza Beggiato). Avanzammo aggrappati alla roccia sommersi fino al collo nell’acqua turbolenta, fino alla curva "a gomito". Ma non riuscimmo ad andare oltre, tanta era la violenza dell’acqua. Non ho mai più visto Pietrasecca in quello stato! Altre volte mi è capitato di ritornare con la mente a quella esperienza e ai rischi che potevamo aver corso. Ma ricordo pure il senso di fiducia e di sicurezza che erano riusciti a darmi Pasquini e Angelucci. Con loro potevo fidarmi.
Cominciavo a gasarmi. Le grotte mi piacevano parecchio e così mi ritrovai in piena e costante attività. A casa raccontavo le esperienze domenicali e finii per coinvolgere anche mio fratello Carlo. Mamma ritagliava addirittura gli articoli di giornale che descrivevano le imprese speleologiche. Lo Speleo Club Roma era un punto di riferimento del mio tempo libero!
Erano tempi eroici! Lo Speleo Club si era posto all’attenzione del mondo speleologico nazionale per il modo di "andare in grotta". Fummo i primi in assoluto a modificare in modo radicale la tecnica di discesa nei pozzi con l’impiego della corda doppia nell’Abisso Consolini e forse tra i primissimi ad usare le scalette leggere in luogo delle pesantissime "Azario". Così come forse per primi usammo le corde in nailon e sicuramente la muta in foglia di gomma. Di tanto però non lasciammo nessuna traccia e ancora oggi, parlandone con gli amici, mi cruccio assai.
Questa intensa attività sportiva, che si accompagnava anche all’interesse scientifico (nello Speleo c’erano parecchi studenti e laureati in Scienze Geologiche) portò lo Speleo Club verso obiettivi ambiziosi che parevano alla portata solo dei grandi sodalizi speleologici triestini e piemontesi. La Spluga della Preta e l’Antro del Corchia erano le grotte in assoluto le più difficili e le più profonde che allora si conoscevano in Italia e poi, più tardi, il Gouffre Berger che era allora il record mondiale di profondità.
All’Antro del Corchia organizzammo nel 1962 una prima spedizione di ricognizione; nella squadra c’erano Pasquini, Gianni e Franco Stampacchia, Alberta Felici ed io. Ricordo che facemmo tutta l’Aurelia a bordo di una Lambretta, una Vespa e una Fiat 600! Era la prima volta che noi pernottavamo in grotta (ma Giorgio aveva già avuto questa esperienza a Ojo Guareña e al Berger). Più tardi si mobilitò tutto lo Speleo Club per una spedizione in grande stile. Per addestramento io e Pasquini guidammo una squadra nel Pozzo Comune a Carpineto e rimanemmo per ore bloccati da una piena improvvisa. C’erano Bersani, Manuela Chimenti, Iolanda Mascia che non si erano mai trovati in tali frangenti!
Ricordo il fermento che ci invase tutti quando si decise l’avventura al Berger. Io non potei partecipare per un grave infortunio che mi capitò durante il servizio militare e che purtroppo mise praticamente fine alla mia pratica speleologica di un certo rilievo, relegandomi così ad impegni più leggeri e alla ricognizione di nuove aree.
Ricordo che quegli anni sono stati vissuti da me con grande intensità, non soltanto per il piacere di andare in grotta ma anche perché nello Speleo Club ho scoperto tantissime persone con le quali mantengo tuttora affettuosi rapporti di amicizia. A citarli tutti servirebbe un elenco telefonico.
Ma ne voglio ricordare due in particolare.
Voglio ricordare Giorgio Pasquini. Era una persona eccezionale! Era impossibile non rimanere coinvolti dalla sua dirompente personalità. Con Lui avevo un rapporto conflittuale. Gli rimproveravo il suo comportamento a volte mellifluo con il quale plagiava le persone facendo credere quanto fossero importanti e decisive per il successo della spedizione. Con Lui sono entrato in tantissime grotte e con Lui ho corso anche qualche rischio (nel Pozzo Comune durante l’episodio che ho prima citato e ancora lì dentro, quando rimanemmo bloccati insieme a Carlo Casale e Lucio Valerio; al Pozzo della Neve sul Matese quando sono volato dalla scala, e altre volte ancora). Forse è stato proprio per quella corda che assicurava me a Lui e Lui a me, che non sono mai stato ostile verso Giorgio, che mi ha fatto perdonare tutte le sue stravaganze, ed avere per Lui sempre una profonda e sincera amicizia.
Voglio ricordare Lucio Valerio. Un amico che da poco ci ha lasciato. Proveniva dal Gruppo Grotte Roma assieme a Carlo Bellecci, Pierpaolo Selleri, Nino Conte. Si era fatta insieme la spedizione al Bussento nel 1960 e vi fu reciproca e spontanea simpatia talché tutti loro decisero di confluire armi e bagagli nello Speleo Club. Da allora ci ha legato un rapporto di fraterna amicizia che ha superato intatto i tempi. Lucio era persona di grande bontà d’animo e sempre disponibile con tutti. Ci mancheranno le interminabili e accese discussioni di politica, di costume e di quanto altro potesse venirci in mente.
Ciao Lucio.
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