Ricordi... remoti
di Giancarlo Negretti
Qualche giorno fa, inaspettatamente, mi ha telefonato Alberta, per rammentarmi il quarantennale dello Speleo Club Roma e per chiedermi di inviare per iscritto qualche ricordo dei giorni passati insieme, con gli altri compagni del sodalizio, in grotta ed in montagna. Subito dopo la telefonata, per tutto il giorno e per la notte seguente si sono affollati nella mia mente tanti ricordi di vecchie avventure alpinistiche e speleologiche, alle quali da anni non pensavo quasi mai, preso dai problemi e dalle necessità del momento. Mi sono ritornati così alla mente i volti di tanti compagni e compagne, alcuni dei quali, purtroppo scomparsi.
Tanti ricordi, dunque, alcuni vivissimi, altri un poco sbiaditi dal tempo, nella massima parte lieti e sereni, uno solo angoscioso e doloroso: la tragedia del Pozzo della Ventrosa.
Ne descriverò brevemente alcuni, dei quali ho nella mente l’immagine più viva.
Fra le prime escursioni, in ordine di tempo, mi tornano alla mente quelle effettuate per l’esplorazione ed il rilevamento della grotta di Pietrasecca nei Monti Carseolani.
In particolare fu per me emozionante, essendo una delle prime esperienze, una notte trascorsa, in inverno, sul fondo della grotta, con Giorgio Pasquini e Marcello Chimenti, con lo scopo di terminare il rilevamento e di effettuare misure di temperatura e di umidità relativa dell’ambiente... Mentre si tentava di dormire, con difficoltà a causa del freddo, entro una piccola tenda, ricordo qualche rospo che passeggiava tranquillamente sui nostri corpi. Essendo novellino, provai anche un certo stupore per il buio assoluto al momento del risveglio. Verso il mezzogiorno del giorno dopo ci venne incontro un altro gruppo di compagni, guidato da Biagio Camponeschi e l’escursione finì in allegria.
Ricordo ancora, fra le numerose grotte esplorate, l’Ovido di Verrecchie, nei monti di Tagliacozzo, con la sua pittoresca cascata, del quale fui tra i primi a completare l’esplorazione, sotto la guida di Marcello Chimenti.
E poi ancora il Pozzo di Creta Rossa, nei Monti Simbruini, il Pozzo Comune ed il Pozzo di Gaetano, nei Monti Lepini, il Pozzo Sventatore, nei Cornicolani, i " Meri" del Monte Soratte, il Pozzo Vorgozzo, presso Civitella dei Pazzi.
Fra le escursioni in montagna, molte delle quali effettuate per la ricerca di nuove grotte da esplorare, altre per puro interesse alpinistico, ricordo una memorabile escursione al Rifugio Sebastiani, con arrampicata finale sul Costone di Pezza, nel gruppo del Monte Velino. Era primavera, ma c’erano ancora parecchie zone innevate. Nella notte, smarrimmo la strada per il Rifugio. Accortomi di essere completamente fuori strada, proposi di ritornare sui nostri passi, per cercare la via giusta. Ma Giorgio Pasquini mi disse: "No, perdiamoci apposta". C’era tutto Giorgio in questa frase. Seguimmo il suo consiglio, e vagammo per tutta la notte lungo un ripido pendio che ci pareva non finisse mai, finché l’aurora ci raggiunse su di un erto costone, dal quale, finalmente scorgemmo il Rifugio.
Numerose furono le notti trascorse all’addiaccio o camminando, carichi di scalette metalliche, per giungere presto all’imbocco di grotte, come una notte dell’Epifania, sui Monti Lepini, per raggiungere l’imboccatura dell’Abisso Consolini. Non dimenticherò mai la bellezza dell’aurora di quel giorno gelido ma completamente sereno, vista, o meglio contemplata, dalla dorsale dei Lepini.
Vengo ora al ricordo più vivo, anche se fu il più triste, delle ore di angoscia trascorse al Pozzo della Ventrosa nei Monti Prenestini. Non dimenticherò mai, infatti, gli attimi di spavento, passati su di un minuscolo terrazzino sull’orlo dell’ultimo salto, il 2° Pozzo, quando, non appena fissata una scaletta metallica per scendere al fondo, sentii un rovinio di pietre venire dall’alto, e misi il capo, per fortuna difeso dal casco, contro la roccia nel tentativo di ripararmi, ma poco dopo, dai compagni fermi in un terrazzino soprastante appresi che con i sassi era caduta una ragazza. Con l’angoscia nel cuore, mi calai sulla scaletta che avevo appena fissata alla roccia e disceso sul fondo vidi, per primo, Adriana Androsoni, morta, con sul volto le tracce del terrore.
Ho anche nella mente con precisione le ore di angoscia che seguirono, per il recupero del corpo e le formalità di legge. Ricordo, tuttavia, anche, con gratitudine, il conforto che venne dagli amici dello Speleo Club che ci raggiunsero in serata, e la notte trascorsa a Guadagnolo, dormendo per terra in uno stanzone che aveva allestito per noi Don Celestino, il parroco del paese.
Il buon sacerdote, emozionato quanto noi per l’accaduto, voleva separare da noi Alberta, perché unica ragazza del gruppo, offrendole un ospitalità migliore. Ma Alberta fu irremovibile e non volle separarsi dai suoi compagni e quella notte dormì fra noi. Ricordo ancora, il giorno dopo, recuperata la salma, la breve funzione funebre nella piccola chiesa, ora diruta del paesello.
Non voglio però terminare la rievocazione con questo episodio triste ed aggiungo, pertanto, altri ricordi, forse meno vivi ma lieti, di escursioni in montagna: con Giorgio Pasquini ed altri amici del Club Alpino, sulla "Via degli Spalloni" al Corno Piccolo, nel Gran Sasso, sulla cui vetta incontrammo con lieta sorpresa l’amico Italo Bertolani, ed ancora con lo stesso Pasquini, Gianni Befani ed altri soci dello Speleo Club nelle Alpi Apuane, con Massimo Monaci, altro amico oggi scomparso, al Monte Gemma, nei Lepini ed al Monte Velino.
Tutti questi ricordi sono, in sintesi, ombre e luci che fanno parte di me per sempre: dal silenzio incantato di alcune grotte, alle stupende viste dalle cime delle montagne, dalla meravigliosa pace di cieli sereni allo spettacolo non meno affascinante di cieli sconvolti dagli uragani. Tutto questo ho vissuto, nella mia giovinezza con i miei compagni, ai quali desidero esprimere tutta la mia gratitudine.
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