Andar per grotte
di Pierpaolo Selleri
con note di Giorgio Pasquini

 

Le brevi note numerate, che seguono ogni notizia, si riferiscono ad uno speleologo così caro e buono che auguro ad ogni gruppo di averne uno siffatto e, anche per questo, trovo i suoi scritti così espressivi di un certo spirito di far speleologia, che non mi sento in alcun modo di modificarle. Mi permetto soltanto di aggiungere qualche nota esplicativa e spero che Pierpaolo Selleri non me ne vorrà, per questo piccolo scippo alla sua forma di narratore minimalista.

Giorgio Pasquini

Mi sono permessa di fare seguito alle note (2) e (8) con brevi precisazioni che mirano a meglio chiarire gli argomenti: esse sono precedute dalla mia sigla (AF).

Alberta Felici

***

     "Assicurate il prossimo e fatelo scendereee!"
     "Va beneee!"
     "Chi scende oraaa?"
     "Iooo!"
     "Io chi?"
     "Ma io! Accidenti!"
    E i 40 metri di salto sono fatti tutti d’un fiato, a braccia: si fa per dire, ho usato le scalette come fossero una fune; certo, ho rimediato qualche strappo alla tuta, ma è stata l’esperienza finale di tanti piccoli salti fatti senza sicura e a scivolo.
    Sicuramente sarà il solo ricordo della esplorazione di questa grotta della quale dimenticherò il nome. La voce di Giorgio è come al solito calma quando dice: "beh, però senza sicura ..." (1)
    Colgo, sì, la preoccupazione per quello che ormai è fatto, ma anche il compiacimento che comunque un’altra performance si aggiunge alle altre che lo Speleo ha al suo attivo: la prima corda doppia in assoluto da un’altezza di 100 metri; le scalette in filo d’acciaio con i gradini di alluminio liberi di scorrere; il sistema di allarme che, con una sola telefonata, permetteva di arrivare sul luogo dell’intervento in tempi assolutamente brevi ed iniziare tempestivamente il soccorso: come quando Nietta volò e si fece "un po’ male ...". Ed altri ancora. (2)


    (1) Non ricordo se questo episodio sia mai avvenuto, almeno così, su quella lunghezza di scale e con una mia così blanda censura. Ricordo comunque che Isac Santestevan di Pamplona in quegli anni circolava su tratte maggiori di scale a polso e gambe in arco posteriore e che precedentemente Fausto Ignazio Schirò di Roma era sceso e salito dai Meri del Soratte sulle sole scale, senza sicura ...
    (2) Preciso di essere sicuro che l’uso della "corda doppia" in grotta su grandi pozzi sia un nostro primato (corda doppia fatta a spalla, non esistevano discensori).
    (AF) - Gli scalini bloccati da una parte sola sono uno scomodo pedaggio alla rapidità di costruzione e al consistente risparmio pecuniario: due nottolini di Talurit in meno su ogni gradino a distanza di 28 cm ..! E se poi da un Talurit ne ricavi due dimezzandolo, beh ... fate un po’ voi il conto!

***

Quella Domenica, tornato dal Terminillo, dopo una giornata di splendide sciate, ero andato a letto e ...
    "Mamma lasciami dormire ancora un po’"
    "Ha telefonato Carlo, tra cinque minuti passa a prenderti ...".
    Mentre mi semivesto, faccio telefonare ad Italo per avvisarlo che entro cinque minuti siamo da lui, afferro il sacco sempre pronto, scendo e arriva Carlo. Via a tutta velocità.
    La squadra che era andata al Chiocchio non aveva dato notizie all’ora prevista per il rientro. All’imbocco siamo tutti i componenti della prima squadra di soccorso, poi arrivano gli altri.
    Scendiamo immediatamente e raggiungiamo l’infortunata alla quale il medico presta le prime cure.
    Mentre si comincia la difficile risalita ("come sono caduta in basso..." è il commento di Nietta), altri allargano con mazze un passaggio troppo stretto per la barella che a fatica, strettoia dopo salto, salto dopo strettoia, si avvicina all’uscita dove il passaggio stretto e basso potrebbe presentare difficoltà insormontabili se non sufficientemente allargato. (3)
    Siamo bagnati, insonni e soprattutto affamati, la stanchezza è ormai al massimo; comunque, dopo che Lucio, per avere un punto d’appoggio, mi mette uno scarpone in faccia, Nietta esce al sole; ricoverata, ne avrà per mesi: acetabolo sfondato, femore rotto, bacino rotto in due parti, frattura del gomito ...
    Siamo contenti per come sono andate le cose: poteva andar molto peggio; comunque il sistema di soccorso adottato ha funzionato alla perfezione.


    (3) Il medico era Leopoldo Certoni di Fabriano, giunto con gli amici di Jesi in soccorso.

***

Torniamo da Pietrasecca. Arriviamo su una piazza di Carsoli e ... scendere dalla macchina, dirigersi di corsa nella pizzeria, comprare la pizza, rimontare in macchina e ripartire è tutt’uno.
    Giorgio era stato il più veloce ma, per fermarsi e girare nello stesso tempo, si era attaccato al Vespasiano di cemento che, con gran tonfo, non aveva retto alla mole del Pasquini e aveva ceduto per un lato intero. (4)


    (4) Fatto avvenuto a Carsoli al bivio per la vecchia strada di Pietrasecca, dopo il ponte: per la cronaca, il monumento era già lesionato (*).
    (*) Nota alla nota (PS): "Ma dove lesionato ???"

***

Avanziamo nel cunicolo scavato dal fiume sotterraneo che, impetuoso, dopo una cascata di 20 metri, scorre ora lento e poco profondo.
    Il fango fresco che incrosta le pareti testimonia di una piena recente. Vogliamo scoprire dove va a finire. I paesani dicono che dopo una pioggia il lago che sta fuori diventa tutto giallo di fango.
    Ci deve essere per forza un sifone, una risorgenza, un passaggio, un ... ci guardiamo negli occhi non muovendo niente, proprio niente, solo il capo.
    Carlo, Lucio ed io siamo quasi affiancati e, senza dir parola, cominciamo una ritirata strategica continuando ad illuminare il serpentone che sta arrotolato su una grossa pietra in mezzo al passaggio.
    Non so chi fosse più sorpreso e impaurito, se noi o lui, sta di fatto che siamo usciti e ... solo dopo, i primi commenti: "hai visto? non c’erano rane o altri animaletti", "non sembrava una specie nostrana", "oh io lo dico, ho avuto fifa".
    I villici aspettano ancora una risposta al quesito del lago. (5)


    (5) Episodio, secondo me, avvenuto nel quadro dell’attività del Gruppo Grotte Roma, prima della fusione con lo Speleo Club. Non ne esiste alcuna memoria sociale (*).
    (*) Nota di PS: esatto, la grotta era Luppa e si riferisce ad un’esplorazione precedente la fusione dei due sodalizi.

***

"Ce la devi fare da solo!"
    La voce è sgradevole, gracchiante e, al buio, lugubre. Le squadre in uscita che arrivano sotto il salto illuminano un ammasso umano di fango che affonda, senza alcuna speranza di riuscire a salire lo scivolo ricoperto di mota.
    Uno gnomo appollaiato sopra lo scivolo, su un mozzicone di stalagmite, tranquillo, spippetta ed esorta: "ce la devi fare da solo!" (6)
    Le squadre in uscita sorpassano e se ne vanno. L’allievo non verrà più in grotta. (7)
    ...Ma non era cattiveria la mia, avevo sempre pensato che la speleologia fosse un’attività di gruppo dove ognuno dovesse avere prestazioni medie uguali agli altri, in modo di avere la massima fiducia nelle proprie forze e in quelle degli altri.
    In linea di massima quello che fa uno lo devono fare tutti; chi è assicurato deve essere certo che chi lo assicura lo tenga, se vola, uomo o donna che sia; come, quando sono volato sotto una frana, e a tenermi è stata Alberta. (8)


    (6) Seducente immagine di sé, ma per gli ignari lettori preciso che il Selleri, quando si srotola, è uno spilungone di oltre un metro e ottanta.
    (7) Anche qui: non si creda che giaccia sepolto nel fango ... lasciò qualche tempo dopo l’attività.
    (8) Campo al Matese, 1962, il "nostro" perse i sensi per cause imprecisate (forse stress: era giunto da Roma la sera prima dopo un viaggio disastroso) (*) nella verticale di venti metri sottostante lo scivolo franoso del primo salto di Pozzo della Neve; intervenuto, ai richiami di Alberta Felici, la trovai che, a contrasto nel camino soprastante il salto, reggeva a spalla Pier Paolo e, gemendo e imprecando, cercava di issarlo.
    (AF) - A onor del vero lo avevo già recuperato per più di 10 metri, ma lui continuava ancora a fare il "bello addormentato", e io non sapevo più a che santo votarmi, perché ormai era sotto l’orlo del salto e non potevo passarlo dalla mia spalla al chiodo, se non perdendo la mia posizione di "sicura", con rischio di volare anch’io con lui giù nel pozzo. Mi tolse d’impaccio lui, rinvenendo e riprendendo posizione sulle scale.
    (*) Nota nella nota(PS): Fiat 500 col motore appena rifatto, tettuccio completamente aperto fino al cofano motore, zeppa di materiali - guidava Carlo Bellecci, a fianco Lucio, io (il più corto...) dietro, intorcinato, con il freddo; arrivati si fa il sonno? Dopo.

***

Nonostante le cascate, gli spruzzi, l’alto grado di umidità ed il fiume che scorre sono riuscito, unico fra tutti, a rimanere completamente asciutto.
    Non per meriti strani, ma per necessità di luce. Infatti ho una lampada sulla quale normalmente sperimento le qualità impermeabilizzanti e di tenuta delle guarnizioni usando materiali vari di pronto intervento e facile reperibilità come cera, miele, marmellata, ecc. ...
    Però il sistema migliore, quello più affidabile è, questa volta, di non bagnarla mai; infatti non ho messo guarnizioni ...
    Provo pertanto un appiglio, tiene, lascio la scala. Sono sopra una marmitta la cui profondità non era mai stata rilevata.
    La voce di Giorgio mi raggiunge dal buio: "com’è la presa?", "Buona, ottima per la truppa" e sparisco nel vortice d’acqua, trattengo il fiato, tocco il fondo, mi do una spinta a risalire.
    Ora sappiamo quanto profonda è la marmitta; ma chissà, se avessi messo le guarnizioni alla lampada .... (9)


    (9) Eravamo a Luppa, nel ‘61 o ‘62, marmitta battezzata da Pierpaolo, nel disegnare il rilievo, "Lago Antosini", in onore della consocia Antonietta Sinibaldi.

***

L’uscita viene guadagnata carponi, in fila uno dietro l’altro. Questa volta il problema luce ha colpito tutta la squadra; tra tutti e sette non abbiamo che la sorgente luminosa (luminescente) dell’orologio subacqueo del Pasquini ...
    I metri al buio sono lunghi e li percorriamo sentendo il fragore del fiume che scorre sotto di noi. (10)


    (10) L’episodio avvenne alla risorgenza di Morigerati durante il campo al Bussento.

***

Il percorso è tutto curve ed il camion militare arranca in salita, manco fosse un trattore.
    Ho dormito sdraiato su casse contenenti bottiglie di acqua minerale (700 litri) che useremo per tutto, carburo compreso, meno che per bere.
    Brontolo un po’, d’altra parte ho diritto al mugugno riconosciuto e sancito al congresso di Terracina.
    L’automezzo è scoperto, si è fatto buio, siamo addentro i monti del Matese ed il freddo si fa sentire. Si decide di tirare su il telone approfittando della sosta di ... Il camion si ferma sul ciglio della strada; atleticamente salto giù per primo dall’angolo destro del cassone.
    "Paolo dove sei?"
    "Qui!"
    "Ma qui dove?"
    "Qui sotto a voi!"
    Due metri sotto, un arbusto, un cespuglio ha fermato il volo. Supino, sento una gamba che penzola nel vuoto. le portatili mi illuminano, afferro la corda e mi ritrovo con gli altri. "...è un ladro o una spia ..." (11)


    (11) L’episodio è avvenuto sulla Strada delle Calabrie, ai tornanti della "scala" borbonica tra Auletta e Pertosa, nel 1960.

***

Andar per grotte; quanti spettacoli mi vengono in mente: come quello di tutte quelle vaschette concrezionate bianche, scintillanti, piene di acqua limpida, con i riflessi sulla volta ed il laghetto di cristallo dai colori indescrivibili, azzurro, verde, bianco e merletti che non oso toccare e non tocco, perché ...
    "Voi andate avanti con il canotto, io vengo a guado."
    Era il solo tratto bagnato di tutta la grotta. Ed io anche.
    Supero il sifone e rimango senza fiato: sono emerso in uno spazio fuori da qualsiasi immaginazione e, fin dove arriva il fascio di luce, non vedo che centinaia di sottilissime stalattiti che s’immergono nell’acqua e dall’acqua emergono centinaia di stalagmiti esili, in un accecante intreccio di diafane colonne che sembra vogliano sostenere la grotta. (12)
    La luce instabile della lampada moltiplica all’infinito lo spettacolo fantastico. Quanti secoli per creare un’opera alla quale non potrei mai partecipare se non morendo lì, in quel posto, in quel momento.


    (12) Si tratta del forte abbassamento della volta su un lago dell’inghiottitoio di Orsivacca, quello da me ricognito nel ‘52 con la lampada stagna di Carlo Franchetti, legata al braccio con la cintura elastica dei suoi calzoni, e che nel ‘60 esplorammo completamente.

***

Coño! Gli Spagnoli bisogna lasciarli stare, in grotta ci sanno fare, avanzano rapidi, a balzi, da un sasso all’altro; è vero che hanno vari incidenti, però sono bravi, decisi e fortunati. (13)
    I dieci metri di scala dell’ultimo salto, prima dell’uscita, sfiorano la superficie giallastra maleodorante del laghetto. Con un po’ di attenzione, passando in parete, si arriva alla scaletta senza dover entrare in acqua.
    È vero che in uscita ormai uno è più o meno bagnato, ma evitare altri apporti d’acqua non è male.
    Sto studiando il percorso migliore quando Eraso, spagnolo di Navarra, arriva come un treno, mette un piede in mezzo al marmittone, afferra il gradino e sparisce fuori della grotta.
    "Lucio, senza che fai il giro, metti un piede tra la scala e il bordo dell’acqua, Eraso ..."
    E Lucio ... sparisce inghiottito dalle acque.


    (13) Juan Antonio Bonilla, Adolfo Eraso Romero e Antonio Baranda parteciparono alla nostra spedizione del 1960 al Bussento e non posso che sottoscrivere queste lodi.

***

... E mentre Mennea conquista l’oro olimpico, noi finalmente conquistiamo il piatto di spaghetti "napoletani veraci", dopo venti giorni di campo internazionale al Bussento.
    "... e per contorno?"
    "Patate al forno." E il coro di risposta: "Ahò! Ma queste so’ ar sugo!" "Signurì e so’ uso forno! E poi noi il forno non lo teniamo!" (14)


    (14) Episodio avvenuto al ritorno dalla campagna al Bussento 1960.

***

... dicunt che in montagna non ci si perda mai, basta scendere a valle e una strada la si trova sempre. Vero. Come quella volta che andai a Guadagnolo, in memoria di Adriana Androsoni.
    Nebbia. Vediamo al bivio un branco di cavalli bianchi. Memorizziamo per il ritorno. Ritroviamo la nebbia, i cavalli, il sentiero, seguiamo la staccionata verso il basso. Ancora cavalli bianchi, ecc. ...
    Per fortuna si alza il sole, altrimenti ci davano per dispersi. I branchi erano più d’uno.

***

... esco dal mare come un marine a Jwo Jma e il maledetto muso giallo, Befani, mi atterra e mi colpisce alla gola... .
    Tornati da una grotta dalle parti del Circeo, visto il mare e la bella giornata, ci siamo stesi al sole, come lucertole, Lucio, Italo, Paolucci e sorella, Carlo, Giorgio, Alberta, ... . Steso, vedo la parete sui 30 metri che mi sovrasta e: "l’arrampico", mi viene spontaneo.
    Ho due bei compassi e vado su come un ragno, manca poco al culmine che mi incrodo a "X". Con il solo costume indosso, dal basso, devo essere da ridere.
    Italo capisce la situazione, afferra una corda e con gli altri sale per il sentiero, ma alla mia altezza riesco a muovermi e arriviamo insieme sulla cima, in completa, assoluta, arrampicata nuda.

***

"Da lontano non sembrava così grosso e adesso?"
    Siamo arrivati al Mero Grande del Soratte in contemporanea noi del Gruppo Grotte Roma e non so chi altri. Vogliamo tutti scendere per primi; Carlo non fa in tempo a fermarmi, che parto e mi scontro con il loro capo banda che ci si era fatto incontro. Siamo sull’orlo della voragine (e non sarà l’ultima: quante altre volte lui mi terrà la sicura!), lo afferro per il cordino e "se voliamo, voliamo in due".
    Naturalmente ha più buon senso di me e, intervenendo anche Carlo, tutto si appiana, scenderemo fianco a fianco ... e insieme poi ci fonderemo nello Speleo Club Roma.

***

Alle 20 i tubi sono allungati, e noi anche, da dentro la grotta fino giù lungo il pendio, più in basso possibile. Dalla teoria passiamo alla pratica. Funziona! L’acqua comincia a scorrere e il vino anche e calcolando superfici, portate, volumi, ecc., il livello interno si sarà abbassato a sufficienza per quando arriverà il secondo gruppo che, tra l’altro, aspettiamo per mangiare.
    Andiamo dalla trattora perché ormai l’ora dell’arrivo è vicina. Il desco è pronto, l’acqua bolle.
    "Butto?" - "Si, ormai dovrebbero essere qui".
    Noi, Italo, Valerio, Biagio, Massimo ed io ci siamo. Gli altri dieci sono per strada. La pasta è pronta, l’abbacchio e le salsicce pure, la cofana di olive nere anche, pane e vino non mancava e questi non arrivano.
    "Che famo? Volemo incomincià? E quanno ariveno, ariveno". "Damme ‘na manciata de ‘live! Passame er vino! ‘nantri dù spaghetti e mettece pure quarche sarciccia ... tò chiesto er pane ..."
    "Aoh! ma l’artri che se magneno?" - "Poteveno arrivà prima!"

***

... Ultimi cinque metri e sono fuori, ultimo metro e sono fuori, ultimo ... e sono dentro. Per uscire bisogna spostarsi tutto a destra, prendere l’appiglio, lasciare la scaletta e il gioco è fatto.
    Facile.
    Ma dopo cascate, sifoni, scivoli, insomma ore e ore di Luppa, il gioco è difficile. Riscendo e mi sdraio alla base della scaletta.
    "Nino! Fermati e prendi fiato!"
    Conte, col suo sguardo sbiego e quasi torvo, mi sguincia e sale.
    Per cinque volte, e per cinque volte ricade con un sordo tonfo su un sasso alla base della scaletta.
    Esco.
    Ho pena per il sasso.

***

Notte. Limpida notte. Siamo così alti che allungo le mani a toccare le stelle. Attraversata la piana e fatta la prima salita, ci si ferma a rattruppare la fila. Freddo secco.
    E poco manca che secco divento io. Attraversando i Piani di Pezza ho dato la giacca a vento, il maglione e la camicia a tre sprovveduti amici di Italo, ora ho solo la maglietta e una specie di mezzo impermeabile di nailon. Comunque, tiro fuori la grappa e ... adesso ho freddo.
    È un pezzo di ghiaccio. Saliamo verso il rifugio. Neve alta, si affonda fino alla vita. La luna va via, oscurata dalle nubi. Nevica fitto da non vedersi l’un l’altro. L’erta diventa sempre più erta. Saliamo quasi in verticale. Freddo grappa. Mi fermo e guardo intorno. Intravedo gli altri. Mi viene voglia di riposare un po’. Giorgio balza da uno all’altro, scuote, ordina di ripiegare. Ho un principio di congelamento a un piede.
    Stravaccamento generale in trattoria. Durante la notte il termometro era a meno venticinque. E a noi ...

***

... in fila verso Pozzo Consolini, carichi anche di una lapide a memoria, di un argano completo di 500 metri di fune metallica e non so di quanto altro ancora, scarpiniamo da non so quanto tempo.
    Affianchiamo un reparto di alpini. Li superiamo e saliamo dritti per dritto. Neve, luna coperta, "fermi tutti!". Quello è un lupo. Ricompare la luna. È un tronco d’albero.
    Al mattino argano in posizione, stesi lungo il crinale a stendere il cavo che non ha nessuna intenzione di collaborare. Dopo vari infruttuosi tentativi, si torna all’antica trattoria.

***

... "Carlo! porta giù un limone!!!!"
    "Un limone ?! a che te serve un limone?"
    "Porta giù un limone!!"
    Sono sul fondo dei 91 metri del Consolini e ho un mal di pancia bestia; per secondo deve scendere Carlo e, siccome non voglio correre rischi visto che dobbiamo scendere ancora, preferisco mangiarmi un limone e fermare tutto.
    "Accidenti, quanto ci mette Carlo a scendere, e sì che viene in libera". "Porca miseria, non ce la faccio più". Beh, peggio per loro, mi sembra ben ventilato e quell’angolino va bene.
    Sono appena sistemato che vedo la fune muoversi, meglio tardi che mai, ma ormai io stò effettuando il lancio. Non è Carlo quello che scende, ma troppo tardi mi accorgo che è l’igienista, quello che mangia solo in bianco, che non vuole fare il notaio bensì il fotografo di grido, insomma Gian Carlo Costa ... ed io sono il suo primo modello sconcio ...

***

Quanti, quanti ricordi si affannano e mi sembra che i miei si confondano con quelli degli altri; vivo e rivivo, come se fossero mie, le loro esplorazioni in modo da poter dire "le nostre esplorazioni" ed essere un gruppo compatto.
    Ma non posso scriverli tutti. Le pagine sono avare ... ma come fare a non ricordare quando il luminare, titolare della cattedra di ..(15).. in trattoria, ad una cena di fine corso, sotto gli occhi di tutti (ma nessuno se ne accorse, né noi, né l’oste) portò via, avvolgendosele addosso, sotto la giacca, 90 salsicce che facevano bella mostra di sé, pendendo dal soffitto? Certo, poi le abbiamo restituite, insieme anche ad una lonza ...
    E quando, ritornando dal cratere del Vesuvio, molti di noi saltavano a mezzo pendio giù dalla seggiovia, prima dell’arrivo, e l’impiegato che si arrabbiava per telefono con il collega di sopra, ‘che gli mandava giù seggiolini vuoti, dopo averlo avvisato che erano occupati da "quelli della spedizione"! (16)


    (15) Generica espressione Selleriana per indicare una persona al di sopra di ogni sospetto: si trattava di un illustre architetto, Italo Bertolani, allora assistente di Storia dell’Architettura alla Sapienza.
<    (16) Ulteriore amplificazione: un solo doppio seggiolino vuoto, quello abbandonato da Monaci e da me ..... ma ormai, i benevoli lettori avranno compreso lo spirito del narratore, ben dichiarato del resto poco prima, all’incipit: "Quanti, quanti ricordi si affannano!"

***

E quando Carlo ... e quando Adriana ... e quando, dopo 20 anni, ci siamo ritrovati e riuniti in assemblea, nella sede dello Speleo Club, ognuno di noi ha ripreso lo stesso posto, lo stesso atteggiamento ed ha detto le stesse "rotture", come se il tempo non fosse passato e come se non avessimo mai smesso.
    E io sono Pierpaolo.

Post Scriptum

..... Converrebbe tornare, (consensi generali), ma arrivati ad Orte, si decide di proseguire, "tanto cambia".
    Già dalla mattina non prometteva niente di buono. Giorgio era arrivato a passo lento sotto un diluvio e noi, che lo aspettavamo davanti alla vecchia sede di via Catullo non stavamo meglio.
    Piove ancora; all’ultimo casolare: elmetti, tute, cordini, scalette, compaiono come per incanto.
    Fatti pochi metri nel sottobosco di felci stillanti acqua e con la visione in basso del lago artificiale di Corbara, caliamo la scaletta.
    Scendono alcuni di noi, poi le figlie di Lucio, piccole e giovani speleologhe (nove e dieci anni). Segue mia moglie, per capire meglio il marito (lo ha capito tanto bene da lasciarlo).
    Come sempre acqua, fango e, soprattutto, sembra impossibile, ma in dieci abbiamo solo tre torce funzionanti.
    Le neofite "scheggiano" che si fa fatica a controllarle. Ogni tanto Elena, per ricordo, prende di testa le stalattiti; non ha l’elmetto, ma non fiata.

    Saltini, scivolate in pertugi fangosi, guano, pipistrelli. In uscita qualche difficoltà. Piove sempre.
    In trattoria, a sera, per non smentirsi, Elena darà un’altra testata al tavolo, battendomi per tre ad uno. Tenendo conto di varie cose ... "questo vinello non è male!"... direi che è andata bene.
    Anzi, non è cambiato nulla, neanche il tempo. Il figlio di Antonio dorme.

Pierpaolo Selleri
Grotta delle Piane, 29 maggio 1988


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